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Autore: happley    11/08/2014    4 recensioni
Faceva decisamente, decisamente strano avere una quarta persona in casa. (...)
Con Tenma lì, seduto sul divano e schiacciato tra Yuta e Shun, la stanza sembrava aver assunto colori diversi, come se avesse improvvisamente ripreso vita. Sì, Tenma faceva un po’ quell’effetto.

Matatagi Hayato/Matsukaze Tenma, fic scritta per il Mataten day (11/8)! È una sorta di sequel di 'Ordinary' e un miscuglio di vari headcanon che ho su questa coppia. Come 'Ordinary', gli avvenimenti sono cronologicamente situati dopo la fine del Galaxy :)
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matatagi Hayato, Matsukaze Tenma
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera e buon Mataten day! Lo aspettavo con impazienza e sono felice che la mia connessione abbia gentilmente deciso di funzionare a dovere per permettermi di pubblicare. Ho scritto questa fic pensandola come una sorta di sequel di 'Ordinary', anche se non è davvero necessario leggere quella per capire questa (?) (insomma, avete capito). L'ho divisa in quattro momenti, ognuno segnalato da titolo, e... beh, in effetti è solo un miscuglio di headcanon sulla coppia :'D Rispetto all'anno scorso, le persone che shippano Mataten sono aumentate un bel po'... sono contenta ;u;  
Spero che la fic vi piaccia! Bacioni, Roby.

 
Ordinary days
 
1.1 home
Yuta e Shun entrarono spingendosi l’un l’altro, come se entrando per primi si vincesse qualcosa.
Tenma li seguiva, e chiudere la porta dietro di lui diede a Matatagi una strana sensazione: si sentiva a disagio nel vedere un’altra persona in quell’appartamento. Gli spazi tanto familiari apparivano improvvisamente stretti ed estranei. Tenma sembrava fuori posto, lì. Ma ormai l’aveva invitato ed era tardi per cambiare idea.
“Tenma-niichan, sai che Hayato-niichan mi ha comprato un Nintendo?” esclamò Shun, i suoi occhi neri brillavano di gioia come se il Natale fosse venuto in anticipo.
Matatagi sentì un senso di trionfo ed orgoglio strisciargli su per la pancia. Aveva preso un part-time come fattorino per accontentare quel piccolo, egoista desiderio di Shun; i clienti sgarbati e il caldo insopportabile avevano finito con l’aumentare il suo odio verso l’umanità, ma ne era valsa la pena per vedere il volto infantile di Shun illuminarsi a quel modo.
“Andate di là a giocare” disse. “Vi chiamo io per la cena.”
I due bambini annuirono con vigore. Tenma, invece, gli rivolse uno sguardo ansioso.
“Non vuoi che ti aiuti? Mi spiace farti fare tutto da solo.”
Matatagi studiò per un attimo la sua espressione. Il fatto che il capitano (ex, ex, ex) si preoccupasse per tutti era uno dei lati più gradevoli ed al tempo stesso odiosi del suo carattere. Quindi no, decise, non gli avrebbe permesso di preoccuparsi inutilmente per lui.
“Non ce n’è bisogno, me la cavo alla grande” rispose.
Tenma continuò a guardarlo, dubbioso. “Ma…”
“Stai tranquillo, Hayato-niichan è bravissimo, sa fare tutto in casa” lo interruppe Yuta, fiero, come se si stesse vantando di qualcosa, in un certo senso, di proprio.
“Dai, muoviti!” esclamò Shun, afferrò il braccio di Tenma ed iniziò a tirarlo verso l’interno della casa. Il ragazzo lanciò un’ultima occhiata a Matatagi, che gli sorrise, e poi si lasciò trascinare via.
 
1.2 shine
Faceva decisamente, decisamente strano avere una quarta persona in casa. Da quando sua madre era entrata in ospedale, Matatagi non ricordava di essere mai stati in più di tre nell’appartamento. Nessuno aveva amici da invitare, d’altronde, o un parente che fosse disposto a far loro visita, o una ‘fidanzatina’ da presentare. Erano solo lui, Yuta e Shun: non c’era mai stato nessun altro.
Con Tenma lì, seduto sul divano e schiacciato tra Yuta e Shun, la stanza sembrava aver assunto colori diversi, come se avesse improvvisamente ripreso vita. Sì, Tenma faceva un po’ quell’effetto.
Mentre li osservava, accostato allo stipite della porta con braccia e gambe incrociate, Matatagi sentì una sensazione di calore aggrovigliargli lo stomaco. Era strano, ma nient’affatto sgradevole.
La cena era pronta, il riso caldo e appiccicoso nelle scodelle, il sashimi[1]  ben condito e le bacchette in attesa di essere usate. Però non riusciva a decidersi a parlare: gli pareva quasi un peccato, guastare un scenetta così piacevolmente domestica. Quando gli occhi di Tenma, di quel blu tenue come acquerello, si sollevarono dal Nintendo e si posarono, quasi per caso, su di lui, Matatagi trasalì.
“Che succede? Ti serve una mano?” domandò Tenma, alzandosi così rapidamente che per poco non fece ruzzolare Yuta giù dal divano. Matatagi trattenne a stento la leggera risata che gli era salita in gola. “No,” disse, “in realtà è già pronto, se vi degnate di venire.” Il suo tono blandamente sarcastico fece arrossire Tenma. Matatagi si girò e tornò in cucina, soddisfatto.
Fece in modo di sedersi proprio di fronte a Tenma, così da non perdersi neanche una delle sue reazioni mentre assaggiava e poi mangiava con gusto tutto ciò che lui aveva cucinato. Per la fine della cena avevano comprato dei dorayaki[2], che grazie al complicato pacchetto di plastica si erano mantenuti caldi e morbidi come appena sfornati. Una cena perfetta.
 
1.3 breath
Yuta e Shun si erano addormentati l’uno addosso all’altro; delicatamente Matatagi e Tenma li separarono e li trasportarono nella loro camera. Una volta assicuratosi che stessero ben avvolti nei loro futon[3],  Matatagi andò verso l’armadio e prese il proprio. Afferrò anche un vecchio pigiama e, quando si girò per parlare con Tenma, lo sorprese a fissare Yuta e Shun con tenerezza. Gli si avvicinò e gli diede un colpetto tra le scapole. L’altro sussultò e lo guardò sorpreso.
“Uh. Scusa. Cosa c’è?” bisbigliò. Matatagi sospirò.
“Ecco, prendi questo.” Gli ficcò tra le mani il pigiama, impaziente. “Il futon lo dividiamo.” Srotolò il futon e si sedette tra le coperte. Si sforzò di non fissare troppo ostentatamente il compagno che si stava cambiando. Non erano pensieri salutari, decise. Soprattutto se restavano solo pensieri.
 “Yuta e Shun sono adorabili” commentò Tenma all’improvviso. “Sono molto simpatici e ti vogliono molto bene.” Matatagi si voltò sul fianco per guardarlo.
“Ovvio che mi vogliano bene. Sono i miei fratelli” si accigliò, “Anche io gli voglio bene.”
“Sì, si vede” disse Tenma, in fretta, forse un po’ troppo in fretta. Stava giocherellando con i lacci della maglietta. Matatagi fermò le sue mani con le proprie, irritato da quei movimenti che lo distraevano. Solo allora, Tenma sollevò gli occhi e lo guardò: nel buio, i suoi occhi avevano una sfumatura color notte… variavano come il cielo.
“Ti sei sempre preso cura di loro, grazie a te non sono cresciuti cupi o tristi. E sei fantastico. Però non hai nessuno a prendersi cura di te” aggiunse, incerto.
Matatagi pensò per un attimo a sua madre, ma scosse subito il capo per scacciare i ricordi più foschi. Sorrise debolmente. “Mm? E quindi? Vorresti assumerti tu quel compito?” Non poté evitare una nota maliziosa nella voce.
Tenma si girò dall’altro lato, dandogli le spalle: difficile dire se fosse arrossito.
“…se ti vado bene” rispose, con una voce così sottile che Matatagi non fu neanche sicuro di averla sentita davvero. Rimase a fissare la sua schiena. La stanza era buia, quieta eccetto per quel respiro accanto al suo –Matatagi pensò che non ci fosse nulla di più rassicurante.
 
1.4 tiptoes
Matatagi si portò una mano sotto la maglietta slabbrata e si grattò la pancia, assonnato. Era quasi del tutto certo che i suoi capelli fossero in condizioni pessime, sparati da tutti i lati senza un perché.
“Shun, piantala. Non possiamo certo tenerlo qui per sempre!”
“Perché no?! Tenma-niichan sarebbe felice di restare qui con noi, vero?!”
Sorprendentemente, il battibeccare mattutino dei suoi fratelli non riguardava loro stessi, i giocattoli, i compiti delle vacanze, il possesso del divano o l’ultimo gamberetto rimasto nel piatto. Una volta finito di fare colazione, infatti, Tenma aveva dichiarato che era ora per lui di tornare a casa: era stato cortese e gentile nel salutarli, ma ovviamente non avrebbe dovuto dire altro per scatenare l’indole capricciosa ed egoista di Shun, che si era saldamente attaccato al suo braccio, supplicandolo di restare. A niente erano valsi, finora, i tentativi di Tenma e Yuta di dissuaderlo.
“Tenma-niichan vuole bene a Hayato-niichan, giusto? Quindi deve per forza restare qui!” stava arguendo Shun in quel preciso istante, e Matatagi non poteva dirsi del tutto contrario.
Però Tenma non poteva restare. Un solo giorno con lui bastava a sfiancarlo; viverci per sempre sarebbe stato come stare costantemente sotto un sole bollente. No, per favore.
Afferrò Shun per le spalle e lo strappò da Tenma, attento a non far male a nessuno dei due, poi gli disse qualcosa all’orecchio. Shun si calmò subito e, sebbene rattristato, seguì Yuta nella cucina come Hayato gli aveva detto; non appena furono spariti alla vita, Matatagi si voltò verso Tenma.
“Gli ho promesso l’ultimo dorayaki avanzato da ieri” disse, rispondendo ad un’implicita domanda. Tenma annuì (pareva che il pensiero di essere stato barattato con un dolcetto non lo turbasse affatto) e sorrise allegramente. Camminarono insieme fino alla porta, poi Tenma scese dal gradino e s’infilò le scarpe. “Allora, io vado” esclamò. Prima che Matatagi potesse replicare, Tenma si rialzò, fece un rapido giro su se stesso e lo baciò, stando sulle punte per coprire la differenza di altezza.
“Prenditi cura di me anche in futuro” disse, allontanandosi. Aveva le guance rosse come mele. Matatagi sorrise e fece un cenno col capo. “Anche tu.”
 
 


[1] fette di pesce crudo, servite normalmente con il riso.
[2] dolce formato da due strati di pancake ripieni di marmellata di fagioli rossi.
[3] il ‘letto giapponese’ formato da materasso, trapunta e cuscino. Viene disteso a terra per la notte, mentre di giorno è normalmente piegato e riposto negli armadi.
  
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