Note
dell’autrice:
non
sono di mia proprietà e non ci guadagno un bel niente se non
la gioia di
distorcere a mio piacere quello che non mi ha soddisfatto della s3. Non
nascondo che è una grande gioia, ma che io sappia non
è ancora possibile
convertirla in denaro. So.
Uno
dei finali che mi sarebbe piaciuto vedere per HLV. Dedicata a Cey che
come al
solito si è dovuta cuccare l’anteprima delle mie
malsane idee, poveretta.
Guardare i lavori per strada dev’essere più
divertente.
“Meno
male che le donne non sono il tuo campo” disse sbattendo il
giornale sul
tavolo. “Pensa se lo fossero stato.”
Sherlock
batté le palpebre e allontanò lentamente il viso
dal microscopio. Lo sguardo
gli cadde sulla prima pagina.
“Oh”
fu tutto quello che riuscì a dire.
John
emise una risata acida.
“Già.
Oh.”
Sherlock
si lasciò andare contro lo schienale della sedia e lo
fissò con sguardo
indecifrabile.
“Qualche
problema?”
“No”
disse John scuotendo la testa, un sorriso pericoloso sulle labbra.
“No.”
Il
detective aggrottò le sopracciglia.
“Un’elementare
deduzione suggerirebbe di sì” disse strascicando
le parole.
Il
suo viso era una maschera di indifferenza, ma teneva le braccia
incrociate sul
petto, e il suo tono era troppo neutro per essere sincero.
John
si leccò le labbra, cercando di calmarsi. Sapeva di non aver
nessuno appiglio
per poter fare una scenata e uscirne dalla parte della ragione.
Tecnicamente,
Sherlock non gli aveva fatto nessuno sgarbo. Loro due non
erano… così. John era
ancora legalmente sposato, maledizione.
E
allora perché si sentiva così orribilmente,
dolorosamente geloso?
“Credevo
che Janine fosse una copertura”.
Sherlock
annuì. Poi inspirò con fare vagamente seccato,
come se tutta quella faccenda lo
annoiasse nel profondo.
“Esatto.”
“E
allora perché?”
“Perché
cosa, John?”
John
riprese il giornale in mano e glielo spinse a due centimetri dal naso.
“Sette
volte a notte a Baker Street” recitò sprezzante il
dottore. “Hai proprio fatto
di necessità virtù, eh?”
Sherlock
scostò il quotidiano con un gesto secco e si alzò
in piedi.
“Ancora
non capisco il motivo della tua irritazione. Ti prego gentilmente di
spiegarmelo, oppure di smetterla di sprecare il mio tempo.”
Raccolse il violino
dalla poltrona e si mise a suonare qualche nota distratta.
John
fissò le sue scapole prominenti con aria testarda, tentando
di ignorare
quell’odioso nodo in gola a cui non aveva diritto,
ma che gli rendeva difficile respirare.
“Credevo
che non ti interessasse” disse poi, piano.
Sherlock
tornò a voltarsi verso di lui.
“Cosa?”
“Il
sesso.”
Sherlock
rimase immobile.
“Nella
gran parte dei casi, no” disse.
“Ma
con Janine sì.”
“Anche
se fosse vero, si tratterebbe di mie questioni private”
replicò lentamente
Sherlock, inchiodandolo sul posto con uno sguardo duro come il ferro.
“Non
credo ti riguardino.”
John
emise una risata incredula.
“Certo.
Ma certo. Tu che mi dici di essere più rispettoso della
privacy. Tu, Sherlock Holmes, il
più grande
ficcanaso che il mondo abbia mai-”
“Consulente
investigativo” sibilò Sherlock, le labbra pallide
di rabbia.
“Hai
idea di quanti appuntamenti mi hai mandato all’aria? Di
quante volte hai sabotato
la mia vita sentimentale?”
“Oh,
non essere ridicolo” sbottò
Sherlock.
“Se una di quelle insipide donnette ti fosse veramente
piaciuta, non ti saresti
mai fatto trascinare via da loro. Non erano che un frutto della tua
frustrazione sessuale. Hai sempre preferito di gran lunga-”
Sherlock
si bloccò di colpo, guardandolo con aria esterrefatta, come
se non credesse a
quello che era appena successo.
John
deglutì, strinse i pugni, lo guardò fisso.
“Dillo.”
“John,
io-” Sherlock sembrava turbato.
“Ho
detto” mormorò John in tono quietamente
minaccioso, “dillo.”
Il
detective scosse la testa. Di riflesso aveva portato una mano sopra la
zona del
suo petto che ospitava il foro del proiettile di Mary.
John
gli si avvicinò di un passo.
“Ora
non mi sembra il momento più adatto per avere questa
conversazione, John” disse
Sherlock con voce cauta, evitando il suo sguardo.
John
allargò le braccia in un gesto provocatorio.
“Perché?
Io ormai ho sposato un’altra persona, tu sei quasi
morto… Per la seconda
volta…” Gli rivolse un sorriso senza allegria.
“La donna che aspetta mio figlio
ha le mani sporche del tuo sangue. Cosa può andare peggio di
così?”
“Credevo
che non ti interessasse” disse Sherlock, piano.
“Cosa?”
“Cosa
faccio con il mio corpo.”
John
si leccò le labbra.
“Mi
avevi fatto intendere che non significava niente per te. Che era
solo…
Trasporto.”
“E’
una cosa di cui ho sempre tentato di convincermi.” Gli
rivolse un sorriso triste.
Era diventato ancora più pallido del solito.
John
fece un altro passo avanti e lo afferrò per la vestaglia.
“Se
solo tu mi avessi fatto capire che avevo una possibilità in
quel senso” sibilò,
furioso, disperato, “anche solo per un attimo,
io…”
Sherlock
coprì i suoi pugni tremanti con le mani e chinò
la testa, lo sguardo grave.
“Tu
cosa?”
I
loro nasi si sfiorarono. John riusciva a sentire la tensione nelle sue
braccia,
il suo respiro sulle labbra.
“Avrei
preso tutto quello che mi avresti offerto” disse con voce
tremante. “E ti avrei
dato tutto quello che potevo offrirti.”
Sherlock
gli prese una guancia nella mano. Sorrideva. Era uno spettacolo crudele.
“Saperlo…
è più di quanto abbia mai osato
sperare.”
“Dimmi
che fra te e Janine non è successo niente”
mormorò John affondando il naso nel
suo collo. Sherlock lo strinse fino a fargli male. “Dimmi che
sono io che
avresti scelto, se mai avessi avuto voglia-”
“Fra
me e Janine non è successo niente”
mormorò obbedientemente Sherlock. “Tu sei
l’unica persona che io abbia mai desiderato.”
John
scosse furiosamente la testa.
“No.
No. Smettila.”
“Immagino
di spogliarti in ogni momento del giorno” sussurrò
Sherlock, prendendogli il
viso nelle mani e baciandogli le tempie con una dolcezza
insopportabile. “Di
notte non sogno altro. Spesso non so come andare avanti. Tu mi insegni,
mi
mostri dove mettere le mani, la bocca-”
“Non
dirmi quello che voglio sentirmi dire” implorò
John voltando il capo per
baciargli le dita.
Sherlock
si allontanò per guardarlo negli occhi.
“E
allora cosa vuoi che ti dica?”
“La
verità.”
Il
detective strinse le labbra. I suoi occhi erano chiarissimi, come pezzi
di
vetro. John ebbe la sgradevole sensazione di riuscire a vedere sino in
fondo
alla sua anima senza che lui lo volesse.
“Fra
me e Janine non è successo niente. Tu sei l’unica
persona che io abbia mai
desiderato” disse Sherlock. “Immagino di spogliarti
in ogni momento del giorno.
Di notte non sogno altro. Spesso non so come andare avanti. Tu mi
insegni, mi
mostri dove mettere le mani, la bocca. Mi fai cose che non ho mai
permesso a
nessun altro di fare e io ti faccio cose che non mi sono mai permesso
di
volere.” Distolse lo sguardo come se non potesse sopportare
oltre il peso delle
sue stesse parole. “Ma ora è troppo tardi
perché questo succeda.”
John
scosse la testa, inspirando nervosamente.
“È
così, John” gli giunse la voce rassegnata di
Sherlock. Fu quella spenta
rassegnazione a far scattare qualcosa di coraggioso e violento dentro
di lui.
“Lascia
almeno che ti baci” disse passando una mano attorno alla sua
nuca e stringendo
forte. “Una volta sola.”
Sherlock
impallidì e tentò di divincolarsi.
“John,
ti prego di risparmiarmi almeno-”
John premette con forza le
labbra contro le sue e
lo strinse a sé per la vita. Sentì le mani di
Sherlock spingere sulle sue
spalle per allontanarlo, ma John era più forte,
più motivato, e così stanco
di subire le decisioni degli
altri. Succhiò con decisione il suo labbro superiore per
spingerlo ad apire la
bocca e gemette entusiasticamente quando finalmente riuscì a
trovare la sua
lingua.
Sherlock
tolse le sue mani dalle sue spalle e gliele strinse sotto la mascella,
graffiandolo, cercando di fargli allentare la presa, sottraendosi alla
sua
vicinanza e persino pestandogli un piede. Ma passò poco
prima che gli mordesse
le labbra con un misto di abbandono e rabbia e si lasciasse andare.
Prima che
John potesse fare qualcosa, aveva preso il controllo del bacio e lo
stava
spingendo contro il muro. John gli tolse la vestaglia con gesti
frenetici e si
aggrappò alla sua schiena, soffocando un lamento eccitato
quando Sherlock
premette la sua erezione sulla sua coscia.
Quando
finalmente si staccarono per riprendere fiato ne approfittò
per invertire le
posizioni. Se un secondo prima si era quasi sentito soffocare sotto il
peso del
corpo di Sherlock, ora gli stava costringendo le mani ai lati della
testa,
ansimando, guardandolo come se fosse la cosa più bella e
incomprensibile che
avesse mai visto in vita sua, un fenomeno naturale di incredibile
potenza cui
nessuno aveva ancora dato un nome né una spiegazione.
“John”
cominciò a protestare Sherlock, ancora a corto di respiro e
incredibilmente
arrabbiato. “Lasciami andare.”
John
rise e gli schioccò un bacio per niente tenero sulle labbra.
“Gli
svantaggi di possedere una personalità incline alle
dipendenze” disse con voce
falsamente zuccherina, strattonandolo per la camicia e guardandolo con
una muta
preghiera negli occhi. “Si farebbe qualsiasi cosa pur di
riavere un’altra dose.”
“Non
posso averti” sibilò Sherlock con violenza.
“Non
ci stai nemmeno provando.”
“È
troppo tardi ormai!” sbottò Sherlock spingendolo
via. “Perché non lo vuoi
capire?”
“No”
disse John tornandondogli vicino come se nulla fosse. “Ormai
non è più troppo
tardi. Ormai è già successo.”
Lo
afferrò per i capelli e lo baciò di nuovo, senza
delicatezza, prepotentemente,
con tutto l’amore che aveva.
“Spingimi
via” disse sulle sue labbra non appena Sherlock
cominciò a ricambiare il bacio.
“Che
cosa hai fatto, John” rispose Sherlock con un gemito
famelico, scoprendosi
incapace di farlo.“Che cosa hai fatto.”
“Sto
chiudendo il cerchio” disse John staccandosi ancora una
volta. “Eri e rimani un
drogato. Ricordi?”
Sherlock
deglutì e lo guardò con occhi pieni di
frustrazione e desiderio.
“Ma
questo” continuò John accarezzandogli gli zigomi
con i pollici, “questo è
quello di cui davvero non puoi fare a meno.”
Gli
morse il collo e poi lo leccò in gesto di scusa, premuroso,
spietato. Sherlock
rovesciò la testa indietro e sospirò.
“Faresti
qualsiasi cosa per non sentire più la noia.”
Il
rumore di una zip che si abbassava. Un gemito di sollievo e di
sconfitta.
“Non
sei annoiato ora, non è vero?”
Sherlock
si agitò, spinse incoerentemente nella sua mano calda,
afferrò le sue spalle e
venne sulla sua camicia con un urlo roco. John si lasciò
cadere contro di lui e
strinse una sua coscia fra le gambe, gli occhi serrati, spingendo con
frenesia
contro di lui fino a che non sentì il cavallo dei suoi
pantaloni bagnarsi.
Una
volta che il biancore accecante provocato dal piacere fu sparito dalla
sua vista,
John sospirò soddisfatto e gli ricoprì la fronte
di baci. Sherlock rimase
immobile nelle sue braccia e si concentrò soltanto sul
riprendere fiato.
“Poi
tu mi hai salvato” mormorò poi dopo un breve
attimo di silenzio.
John
affondò il naso nei suoi ricci e lo strinse forte.
“Questa volta ci
salveremo entrambi. Ma ho
bisogno del tuo aiuto.”
Sherlock
assunse in rapida successione un’espressione terrorizzata e
una più
moderatamente intimidita, ma con un fondo di vibrante, arrogante
caparbia. John
si accorse di quanto gli fosse mancata solo quando la rivide di nuovo.
“Non
voglio vivere senza di te” disse. Malgrado il romanticismo
insito nella frase,
Sherlock la pronunciò come una dichiarazione di guerra.
John
sentì qualcosa di bello e luminoso sbocciargli nel cuore.
La
speranza. Finalmente.
“Trova
un modo per riuscirci. Io ti coprirò le spalle. Come
sempre.”
Note
dell’autrice:
per
motivi di trama ho immaginato che John fosse stato in grado di udire il
discorso di Jefferson Hope in ASIP. Sorry, canon-addicted fans.
Quando
ho cominciato a scrivere questa storia, il finale era molto diverso. A
dir la
verità finiva quando Sherlock diceva “Ma ormai
è troppo tardi”, dopo aver
confessato la verità a John.
Ma
visto che le cose che più mi fanno male in HLV sono proprio
la rassegnazione
pseudo-eroica pseudo cretina di Sherlock e l’impasse emotiva
pseudo-collasso
nervoso in cui si trova il povero John, e siccome uno dei tanti lati
belli
delle fanfiction è proprio il poter cambiare quello che non
ci è piaciuto nella
serie, ho deciso di sconfiggere le mie attitudini angstose e di
sforzarmi di
farli reagire, e di far finire bene questo pastrocchio. E, anche solo
per amor
di variazione, sono contenta di averla fatto.
Grazie
di aver letto, come sempre, e spero vi sia piaciuta. :***