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Autore: Sad Angel    12/09/2008    3 recensioni
Bill cucina, ma questo provoca un piccolo problema...Incubi per gli altri tre membri della band. Buona lettura. Sarebbe una cosa da ridere ed io fatto del mio meglio!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hallo, hallo, hallo

Hallo, hallo, hallo!!! Allora…premetto che questa fanfiction è uno scherzo, nel senso che tutto ciò che ho scritto è nato per ridere, non voglio offendere nessuno. Non è mia intenzione e, se dovesse accadere, chiedo anticipatamente perdono. Per concludere…ammetto di non essere un genio della commedia, ma spero che apprezzerete e si vi va, lasciatemi un commento! Grazie a tutti^^! Billou

 

La sera scese velocemente. Dopo aver trascorso tutto il giorno con la mia famiglia, approfittando di una pausa del tour, salii in macchina, per tornare a casa, dove mi aspettavano gli altri. Infilai la chiave e accesi il motore, poi gettai una rapida occhiata all’orologio. Le 20.30. Imprecai mentalmente, rendendomi conto di quanto fosse tardi. Immaginandomi un Bill rantolante al suolo per la fame, accelerai.

 

Infilai la chiave nella toppa. Non girò, allora la spinsi, realizzando che era aperta. Georg dev’essere tornato…, mi dissi, conscio della sua sbadataggine.

La casa, immersa nel buio. Solo uno spiraglio di luce proveniva dalla porta socchiusa della cucina. Mi avvicinai, aprendola lentamente. Sgranai gli occhi, per un decimo di secondo.

Bill, ricoperto di farina da capo a piedi, spostò lo sguardo su di me. Sorride.

“Hallo, Gustav!” mi salutò con voce allegra.

Gli gettai un’altra occhiata. I jeans strappati e la maglia nera col teschio, tutti infarinati. Sorrisi, fissandolo, in attesa di una spiegazione.

Siccome non tornavi e la pizzeria di fiducia è chiusa per ferie, ho deciso di provare a fare da solo…” mi spiegò, sorridendomi ancora, le guance ricoperte di bianco.

Cercando di non ridere, gli indicai il grembiule che usavo di solito, abbandonato su una sedia. Lui sbuffò. “Non ne ho bisogno…”

“Eh, si…lo vedo…Allora stasera pizza fatta in casa?” interloquii io.

Bill scoppiò a ridere, poi si grattò la guancia sinistra “Veramente…no… Stasera pasta col sugo!”

Sgranai gli occhi un secondo, sorpreso “Ma la farina?!?

Lui sbuffò ancora, un secondo dopo una nuvola di farina cadde da una ciocca dei suoi capelli. Io ridacchiai. “E’ stato un disastro…” ammise con voce sconsolata. Un attimo dopo, ricominciò a sorridermi e concluse con allegria “Ma con la pasta sarà diverso! E’ impossibile sbagliare! Soprattutto per un ragazzo dotato di talento come me!!!

Io annuii sorridendo, felice nel vederlo così entusiasta. Bill si voltò, spostandosi ai fornelli, canticchiando allegramente. Passarono cinque minuti, io mi sedetti, osservando le sue spalle, mentre aggiungeva ingredienti al sugo, evitando di prestarci troppa attenzione, consapevole che, forse sarei inorridito se avessi scoperto quale miscuglio il mio amico stava combinando.

Cinque minuti, si voltò di scatto verso di me, spandendo un’altra nuvola di farina nell’aria, l’enorme sorriso sul volto. “E’ pronto!” esclamò, lasciando cadere il cucchiaio di botto, battendo le mani pieno di entusiasmo. Si avvicinò saltellando alla porta, spalancandola “Georg! Tom! E’ pronto!!!

 

“Che cos’è questa cosa?!?” bisbigliò Georg a Tom, indicando quella che Bill aveva definito ‘Pasta al sugo’

Tom si voltò di scatto, gettando un’occhiata al gemello infarinato che, piegato sulla padella, sporzionava, muovendosi al ritmo di una canzone trasmessa dalla radio. Un secondo, si piegò verso Georg. Io, seduto di fronte a lui, notai a malapena il movimento delle sue labbra. “Taci e mangia.” Un secondo dopo, Tom ingoiò una forchettata con una faccia poco convinta, poi si voltò verso Georg, gettandogli un’occhiata esplicativa ‘O mangi o mangi’

Georg deglutì, poi annuì, incominciando a mangiare. Abbassai lo sguardo sul piatto che mi stava di fronte. Presi un bel respiro.

 

Quella notte, mi rigirai nel letto più volte, faticando ad addormentarmi. Lo speciale sugo di Bill, si era rivelato essere la cosa più pesante da digerire che avessi mai mangiato fin’ora. Mi voltai verso Tom, sdraiato nell’altro letto. Russava pesantemente, come tutte le volte che era molto stanco o quando mangiava troppo. Deglutii, cercando di rilassarmi e smettere di pensare al peso allo stomaco. A poco a poco, scivolai nel sonno…

 

Ritter Gustav in Gegenwart von König Artus

 

Le torri del castello si stagliavano nel cielo, gli stendardi e le bandiere si muovevano come dotate di vita propria, nel vento. Il silenzio regnava tutt’intorno.

Boooom!

Il rumore di un’esplosione, squarciò il silenzio. Re Artù, seduto nella sala del trono, si svegliò di soprassalto. Sbatté le palpebre un paio di volte, prima di realizzare dove fosse.

“Che cos’è stato?” domandò poi, asciugandosi la bocca col dorso della mano.

Un cane, unico essere presente nella stanza eccetto lui, uggiolò piano, spostando la testa, risistemandosi per tornare a dormire.

“Come  avevo immaginato…” continuò il re, parlando da solo “Non poteva essere che opera sua…”

Attese un secondo, troppo confuso per sapere cosa fare. Il cane, uggiolò ancora.

“Hai ragione!” esclamò allora il re, prima di urlare a squarciagola “Mago Georgino!!!

Attese un secondo.

Pof!

Un ragazzo, infagottato in una veste che riproduceva il cielo, apparve all’improvviso, in mezzo a una nuvola di fumo. “Cof, Cof…” tossì, portandosi una mano alla bocca.

Cof, cof pure a te, caro Georgino!” esclamò il re, convinto che si trattasse di un nuovo modo di salutare.

Il mago lo osservò allibito un secondo, poi si morse le labbra, tentando di trattenere le risa. “In che cosa posso servirla, mio signore?” domandò poi, quando fu sicuro che la sua voce non sarebbe suonata una presa in giro.

Il re si grattò la testa “Effettivamente, non ricordo perché ti ho chiamato…”

Il mago Georgino alzò lo sguardo al cielo, domandandosi perché era stato così idiota da accettare quel lavoro, senza prima fare un colloquio come si deve con il re.

“Beh, allora, sire, io andrei…Avrei un impegno con il circolo magico…” concluse il mago, immaginandosi già spaparanzato sul divanetto nuovo, nella torre più alta.

“Aspetta un attimo, mago Georgino. Prima vai a chiamare il più prode dei miei cavalieri!” disse il re, pieno di entusiasmo.

Cioè l’unico che non è ancora fuggito, perché tornerà all’incirca fra una decina di minuti, sire?!?” domandò il ragazzo sarcastico, controllando il suo orologio da polso.

“Esatto!” concluse il re, dimostrando di non aver ascoltato nulla.

Georgino inarcò un sopracciglio, sospirando. Se non fosse che il re lo pagava più che profumatamente, se ne sarebbe già andato via da tempo. Tenendo conto che era stato assunto solo il giorno prima, implicava che sarebbe fuggito subito dopo aver firmato.

Sospirò ancora, allontanandosi per raggiungere il cortile, dove sapeva, grazie alle sue doti di chiaroveggente, che a breve sarebbe arrivato l’ultimo cavaliere. Si sedette su una panca di legno, fissando l’orizzonte.

Pochi minuti dopo riconobbe il rumore di un cavallo al galoppo. Vedendo che si avvicinava sempre di più, si alzò in piedi, preparandosi ad accogliere il nuovo venuto. Almeno supereremo la decina…, si disse, contando mentalmente se stesso, il re e i pochi servi.

Un cavaliere, ricoperto da una candida armatura, tirò le redini, fermando il cavallo. Un secondo dopo, si voltò, fissando il mago.

“Voi chi siete?” domandò con voce seria.

Il ragazzo sorrise “Sono il nuovo mago. Mago Georgino.”

Il cavaliere tacque, smontando velocemente da cavallo. Tirando il suo destriero per le redini, lo portò fino alla stalla. Il mago lo seguiva, aspettando che dicesse qualcosa.

Giunto nella stalla, il cavaliere si levò l’elmo, appoggiandolo su uno sgabello. Il mago lo fissò esterrefatto. L’ultimo cavaliere aveva una massa di capelli biondi e riccioluti. I suoi occhi scuri, rivelavano una serenità e pacatezza che mai si sarebbe aspettato di vedere in un uomo d’arme.  L’altro, notando lo sguardo del mago, accennò un sorriso lievissimo, prima di voltarsi per nutrire il cavallo.

Comunque, sei venuto ad accogliermi solo perché eri curioso?” domandò il cavaliere, ora con pezzi di fieno che gli sbucavano dai riccioli.

Georgino sgranò gli occhi di colpo “No, accidenti! Ti vuole re Artù!”

Il cavaliere sorrise ancora “Andiamo, allora…”

 

Al cospetto del re, di nuovo addormentato sul proprio trono, il cavaliere si inginocchiò. Il mago invece, si avvicinò lentamente al proprio sovrano e lo scosse lievemente.

“Eh…cosa…chi…?” balbettò lui, svegliandosi.

“Sire, è tornato…” iniziò il mago, bloccandosi all’improvviso, improvvisamente conscio di non conoscere il nome del cavaliere.

Sir Gustav da Magdeburgconcluse il cavaliere, abbassando rispettoso la testa, un solo istante.

“Bene, bene!” iniziò re Artù “Ma perché mi hai svegliato?” domandò un secondo dopo, rivolgendosi al mago.

Georgino lanciò un’occhiata a Gustav, poi sospirò, esasperato “Sire, siete stato voi a dirmi che volevate vederlo…”

Un lampo passò negli occhi del sovrano “Ah, sì! Ho una missione da affidarvi, mio prode! Alzatevi in piedi!”

Gustav si alzò, appoggiando lo sguardo sereno sul volto del re “E’ ora che io abbia una sposa…” iniziò il re, sorridendo “…per questo Gustav, voi andrete nella foresta nera, dove si dice si trovi prigioniera la fanciulla più avvenente del reame e la porterete da me…”

Il cavaliere annuì.

E il mago Georgino verrà con voi…”

Il mago e il cavaliere si scambiarono un’altra occhiata. Sorrisero.

 

“Allora…che informazioni abbiamo?” domandò il cavaliere con voce calma mentre, a cavallo del proprio destriero, si avvicina ai margini della foresta nera.

Il mago, un po’ instabile in groppa al proprio cavallo, continuò a fissare davanti a sé, mentre rispondeva “Scarse. Praticamente sappiamo solo che si trova in questa foresta…”

Gustav, sorrise, tranquillo. “Beh, ce la caveremo comunque…”

 

Dopo tre ore di marcia a piedi, per via della vegetazione troppo fitta, Mago Georgino, esausto e infangato, si appoggiò ad un albero.

Gustav…” chiamò, senza fiato.

Il cavaliere, che camminava davanti a lui, si voltò. Lo fissò un secondo, poi sorrise “Fermiamoci qui…” disse.

Georgino, abbozzò un leggero sorriso, poi si lasciò cadere al suolo.

 

“Secondo te il re mi ha mandato con te per dispetto?” domandò il mago all’improvviso.

Gustav, che sfregava velocemente due pezzettini di legno, per accendere il fuoco, si voltò ancora verso l’altro, prima di rispondere “Forse ti vuole morto…” rispose, vedendolo completamente senza forze.

Sul volto di Georgino si schiuse un sorriso.

“Adesso però, renditi utile!” continuò il cavaliere “Vai a cercare dei funghi!”

Il mago si alzò con un notevole sforzo, allontanandosi.

 

“GUSTAV!”

Il cavaliere, seduto accanto al fuoco, fischiettava tranquillo.

Gustav! Gustav!”

Mago Georgino, la veste un po’ tirata su, piena di funghi di un vistoso color rosso sangue, corse in fretta nella radura, dove si trovava il suo compagno.

Gustav, vedendolo così, sorrise, mentre un luccichio divertito attraversava le sue iridi scure “Lanci una nuova moda, Georgino?” domandò, indicando con un braccio le gambe esposte del mago.

Georgino sgranò gli occhi. Imbarazzato, scoppiò a ridere, lasciando cadere la veste all’improvviso. I funghi rotolarono al suolo con diversi tonfi.

Gustav! Ho trovato la principessa!” continuò il mago, l’enorme sorriso sulle labbra.

Il viso del cavaliere si irrigidì, facendosi serio “Ne sei sicuro?” domandò.

Il mago annuì “Quante fanciulle pensi che se ne starebbero nel bel mezzo del bosco, in una torre altissima, a fissare il cielo e a cantare sconsolate…?!?” fece notare coerentemente Georgino.

“Non hai tutti i torti...” iniziò Gustav poi, dopo aver dato una poderosa pacca sulla spalla del mago, concluse “Fammi vedere dov’è allora…”

Georgino, pieno di entusiasmo, si mise a camminare velocemente verso il punto da cui era arrivato. Un secondo, il suo stomaco brontolò rumorosamente. Il mago si fermò di botto, voltandosi verso il fuoco. “Mangiamo qualcosa prima?” domandò, incapace di controllare la sua fame.

Gustav lo fissò allibito “Abbiamo una damigella da salvare e tu pensi al cibo?!?” chiese con voce inorridito

“L’uomo è uomo!” interloquì saggiamente il mago, fregandosi la pancia.

Il cavaliere rise “L’uomo sarà anche uomo, Georgino…” iniziò “…Però quei funghi sono velenosi…” concluse, precedendolo.

Georgino, rassegnato, gettò un ultima occhiata affamata ai funghi. Sospirò.

 

“E’ questa la torre?” domandò Gustav, avvicinandosi alla costruzione traballante.

Georgino, al suo fianco, annuì. “Più avanti c’è la finestra da dove cantava…” spiegò.

“Sei sicuro fosse lei?” iniziò il cavaliere con voce divertita “No, perché sai…dopo i funghi…è meglio chiedere…”

Il mago non ebbe nemmeno il tempo di rispondere. Un attimo dopo una voce celestiale risuonò dalla finestra. I due si misero proprio sotto di essa. Le tende erano tirate, della donzella nessuna traccia.

Che se ne farà mai delle tende in una foresta disabitata?” domandò Gustav, buttandola sul ridere.

“Ci terrà alla sua privacy…” concluse Georgino, strizzandogli l’occhio.

Un secondo ed entrambi ridacchiarono, poi lo stomaco del mago riprese a brontolare e lui ne approfittò per riprendere la parola “Allora, ora che sappiamo dove si trova, che ne dici di una bistecca?!?”

Gustav scosse il capo “Sei davvero pessimo…” iniziò “…piuttosto, siccome non ci sono porte, che ne dici di fare un incantesimo, di modo che possiamo raggiungere la finestra?!?”

Georgino aggrottò le sopracciglia, riflettendo fra sé “Uhm…potrei usare l’incantesimo di levitazione…”

Il cavaliere sorrise “Va bene.”

Un quarto d’ora dopo, il mago rifletteva ancora fra sé, seduto su una roccia “Oppure, far apparire una scala…o…un ascensore! Che ne dici di un ascensore, Gustav?!?” domandò all’improvviso, alzando la testa.

Del cavaliere nemmeno l’ombra. Il mago impallidì. “Gustav?!?” chiamò preoccupato poi, non ricevendo subito risposta, iniziò a parlare a se stesso, a voce alta “Possibile che la mia magia sia così potente da averlo fatto sparire senza volere?!?”

Tlack.

Un sassolino rotolò giù fino ai suoi piedi. Il mago alzò il capo. Gustav, attaccato al muro come un ragno, stava scalando la torre. “Gustav! Ma che cosa stai facendo?!?” domandò Georgino incredulo.

Il cavaliere si voltò un secondo versò di lui poi, con voce scherzosa, rispose “Secondo te, cosa sto facendo?!? Vorrei risolvere questa faccenda, prima che la bella diventi una novantenne….Ed ora muoviti e vieni a darmi una mano!”

Il mago si avvicinò al muro, appoggiandoci le mani, titubante. “Devo farti una confessione…”

L’altro si voltò di nuovo “Oh, Gott! Dimmi solo che non mi trovi attraente!!!

Il mago arrossì, giocherellando con le mani, fissandosi i piedi “effettivamente…” iniziò, poi alzò di colpo il capo, mettendosi ad urlare “MA CHE RAZZA DI INSINUAZIONI FAI, IDIOTA?!? SE MI FAI CERTE BATTUTE, LO SAI CHE NON RIESCO A NON STARE AL GIOCO! E POI STAVO PER DIRTI UNA COSA IMPORTANTE!”

Gustav, quasi arrivato alla finestra, si fermò per ridacchiare. “dimmi, dimmi…”

Pof.

I due si voltarono immediatamente, guardando alla loro sinistra, improvvisamente seri. Il fumo si dissolse subito, rivelando un cavaliere con una luccicante armatura nera. Con una mano, aprì l’elmo, di modo che gli altri due potessero vederlo in volto.

“Ciò che voleva dirti è che, in realtà, il debole l’ha sempre avuto per me, sin dai tempi delle scuole…” scherzò il nuovo venuto, un sorriso accattivante sul volto.

Gli altri due lo fissarono esterrefatti. “E tutto gli si può dire, eccetto che non ha buon gusto…” concluse.

“Questo è fuor di dubbio!” confermò Georgino, ancora ai piedi della torre.

“Ma allora lo conosci?!?” gridò Gustav, dall’alto.

Georgino fissò il cavaliere un paio di secondi poi rispose “Sinceramente…no…”

Gustav, preso alla sprovvista dalla sua risposta, dovette aggrapparsi ad una pianta rampicante, per non cadere di sotto. Quando si fu ripreso, si voltò ed urlò al nuovo venuto “Anche tu sei qui per fare della donzella la tua sposa?” domandò, per sincerarsi delle sue intenzione.

Il cavaliere nero rise. “Certo, certo…” iniziò, sorridendo ancora accattivante “Farò di lei la mia sposa, almeno per stanotte…”

L’altro lo fissò allibito poi, un secondo dopo, il mago Georgino, sgranò gli occhi, urlando “Thomas! Tu non puoi essere che Thomas!”

Il cavaliere nero gli sorrise, poi gettando un’occhiata a Gustav, si presentò “Sir Thomas. Qui per aiutarvi…che tradotto, significa, qui per fregarvi la bella…”

Non appena ebbe finito di parlare, pronunciò una formula e spiccò un poderoso saltò, arrivando al balcone.

“Magia!” esclamò Georgino, sorridendo compiaciuto.

Thomas rise, scostando piano le tende, mentre Gustav si voltava a gettare un’occhiataccia ai piedi della torre “Hai forse dimenticato che sei un mago pure tu?!? Fai qualcosa!”

“Ah, già!”

Georgino, sfruttando lo stesso incantesimo di Thomas, spiccò un salto, atterrando a sua volta sul balcone. Si avvicinò alle tende.

“Non dimentichi qualcosa?!?” lo ribeccò ancora Gustav, un po’ irritato.

Il mago impallidì, voltandosi subito ad aiutarlo. Un minuto dopo, entrambi si accasciarono sul balcone, esausti. “Grazie..” disse Gustav.

“Non c’è di che…” rispose subito il mago, sorridendogli.

Un attimo di silenzio poi, all’improvviso, un urlo.

Gustav saltò subito in piedi, sguainò la spada “Dobbiamo salvarla!” esclamò deciso, gettandosi attraverso le tende.

 

Sgranò gli occhi, la spada gli cadde di mano. Thomas imprecava senza sosta, tirando calci al muro. Gustav e il Georgino lo fissarono increduli. Il cavaliere nero, ricambiò il loro sguardo, il viso rosso.

Dall’altra parte della stanza, la donzella seduta davanti ad uno specchio, si pettinava i lunghi capelli scuri. Sembrava non essersi ancora accorta che nella sua camera da letto si erano insinuati tre uomini.

Appoggiò la spazzola sul tavolino, si voltò.

“Oh, Gott!” esclamò Gustav.

“Oh, Gott!” ripeté Georgino, sgranando gli occhi.

“Qua l’unico autorizzato a dirlo sono io…” disse Thomas, avvicinandosi al mago, afferrandolo per le spalle ed iniziando a scuoterlo “Ti rendi conto?!? Mio fratello è vestito da donna!!! Ed io, per questo, stasera andrò in bianco!!!”

Bill, si voltò un secondo verso il cassettone. Aprendo un cassetto, ne estrasse una padella stracolma di pasta al sugo. Sorrise.

Gli altri tre si abbracciarono, ricominciando ad urlare.

 

 

Sdraiato nel letto, dormivo tranquillo quando, all’improvviso, nel sonno, mi parve di sentire un urlo. Mi ci vollero un paio di minuti per rendermi conto che l’urlo era reale e che non faceva parte del sogno. Quando poi riuscii ad aprire un occhio, mi guardai attorno.

La stanza era deserta. Di Georg, nemmeno l’ombra.

Preoccupato, mi alzai, avvicinandomi al corridoio. Dalla porta della cucina, un piccolo spiraglio di luce, correva sul pavimento. Passando di fianco alla stanza di Tom e Gustav, gettai una rapida occhiata pure al suo interno. Vuota. Sempre più preoccupato, accelerai il passo. Appoggiai la mano sulla maniglia, spalancando la porta.

Tom e Georg, seduti al tavolo, si voltarono subito a guardarmi, gli occhi sgranati. Gustav, vicino ai fornelli, versava qualcosa di caldo nelle tazze. Si avvicinò agli altri due, porgendogliele. Io li fissai, senza capire. “Ma che…?!?” domandai.

“Incubi…” rispose Georg, prima di prendere una sorsata dalla tazza.

“Incubi?!? Tutti e tre?!?” domandai incredulo.

Annuirono, fissando la tovaglia. In silenzio, bevevano dalle tazze. Mi avvicinai, sedendomi. “Ma com’è possibile?!?” chiesi ancora.

Georg fissò Gustav, Gustav fissò la tazza. Allora il bassista spostò lo sguardo su mio fratello. Tom annuì. “Scusa, Bill…” iniziò Tom, guardandomi negli occhi “Scusami…ma la cucina non è, non è mai stata, ne sarà mai, il tuo talento…”

Io lo fissai allibito, sbattendo le palpebre “Mi stai dicendo che faceva schifo?” domandai.

Mio fratello spostò lo sguardo un secondo sugli altri. Deglutì poi tornò a fissarmi, annuì.

“Allora perché lo avete mangiato?!?” chiesi ancora.

“Per farti contento, ovviamente!” rispose Tom, esasperato da una domanda che considerava scontata. Georg e Gustav annuirono, dietro di lui.

Kyaaaaaaaaa!” urlai io, saltellando felice.

Georg gettò un’occhiata a Tom “Ma è impazzito?” domandò “Gli abbiamo appena detto che la sua cucina è penosa e lui saltella felice come quando lo portiamo allo zoo….”

Tom sorrise, alzandosi in piedi, la tazza in mano. Mi si avvicinò, tendendomela “Bevi” disse.

Cosa?!? Perché?!?” domandai, stupito.

“Ti farà digerire…Noi tre abbiamo fatto un incubo…”

Io annuii, afferrando la tazza di mio fratello.

Nacht, bruder” disse Tom, uscendo dalla cucina, subito seguito da Georg e Gustav. I miei amici, passando, mi sorrisero.

Rimasto solo in cucina, fissai la tazza ancora mezza piena di mio fratello. Sorrisi, pensando a quanto fossi importante per lui. Si preoccupava di me, anche quando era lui a stare male. Sorridendo, mi portai la tazza alle labbra. Bevvi.

 

Das Ende

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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