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Autore: 1rebeccam    11/08/2014    13 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 45
 


Lo studio è immenso, anche se la parte visibile realmente si riduce ad una grande scrivania con alle spalle, uno sfondo dal  colore indefinito. Il resto della stanza l’ha lasciata per un attimo a bocca aperta. E’ abituata al via vai di gente che lavora freneticamente senza fermarsi mai, succede anche al distretto, ma quello che ha davanti al momento è molto di più: grovigli di persone che s’intersecano tra loro, che urlano dentro un microfono senza, apparentemente, infastidire chi gli sta intorno, qualcuno ascolta attentamente una voce dentro le cuffie, annuendo e continuando a girare in tondo, svolgendo mansioni di ogni tipo. Altri si posizionano davanti ai macchinari per controllare che tutto sia a posto e chi si prepara ad un possibile conto alla rovescia.
Si siede alla scrivania, aspettando che tutto sia pronto, come le ha detto di fare l’uomo che, frettolosamente, l’ha accompagnata in quel manicomio. Il piano di legno chiaro le gira intorno come una specie di ellisse, ed ha la sensazione di essere uno di quei satelliti sconosciuti che mostrano nei documentari fantascientifici: lei è un globo tondo all’interno dell’asse circolare, in una parte di cielo completamente dimenticata dal pianeta Terra, che invece continua ad andare avanti frenetico.
 
Giocare…
Beckett le aveva detto che era ora di giocare. Victoria Gates non aveva compreso completamente in che modo intendesse farlo, ma aveva deciso di fidarsi e soprattutto di andare con lei, ma Kate era partita in quarta senza aspettare nessuno. Leggermente stizzita aveva dato ordine agli agenti in divisa di mettersi in bella vista per la via e di setacciare anche la zona della boscaglia sul retro del nascondiglio di Scott Dunn, salendo poi in macchina con Ryan ed Esposito. Destinazione: seguire Beckett. Il suo vantaggio era solo di un paio di minuti.
Kate procedeva a velocità normale, una sola mano sul volante, mentre l’altra, poggiata sul manoscritto sul sedile del passeggero, copriva il viso della donna con la lacrima di sangue sulla guancia. Toglieva la mano soltanto per cambiare la marcia e in quell’attimo, spostava lo sguardo sul manoscritto, come a volersi assicurare che fosse sempre lì, accanto a lei.
Ingranando la quinta aveva posato ancora la mano sulla copertina. Uno strano sorriso le si era disegnato sulle labbra. Se solo Castle avesse saputo quello che stava per fare, avrebbe anche potuto saltellare di qua e di là per l’eccitazione.
Aveva scosso la testa ai pensieri che Castle riusciva ad evocarle e aveva accostato di fronte al grattacielo con la facciata di vetro, sollevando lo sguardo sull’insegna che lo sovrastava e che illuminava, con la sua luce rossa, anche i grattacieli intorno. Le pareti a specchio, invece, riflettevano le diverse sfumature delle luci che avevano cominciato ad illuminare le prime ombre della sera.
Era scesa dall’auto, aveva attraversato la strada e, stringendo il manoscritto al petto, aveva sollevato la testa sull’insegna rossa.
-Ma che diavolo ha intenzione di fare?!-
Aveva chiesto la Gates guardando la stessa insegna, mentre Esposito fermava l’auto dietro quella di Beckett.
-Le ricordo che è stata lei a darle manforte a scatola chiusa!-
Aveva esclamato Ryan senza pensare. Esposito si era girato di scatto verso di lui con lo sguardo torvo e anche gli occhi del capitano erano fissi sul suo collo, riusciva a sentirli grazie al brivido che era sceso dalla nuca alla schiena.
-C… con tut… to il rispetto signore!-
Aveva balbettato girandosi verso di lei, che però non lo aveva calcolato per nulla, scendendo di fretta dall’auto e restando  ferma a guardare Kate con un sopracciglio alzato.
-E’ geniale! Quando ha detto che voleva giocare…-
Aveva scosso la testa compiaciuta.
-…a me non sarebbe venuto mai in mente. E’ davvero geniale!-
Esposito aveva corrucciato la fronte preoccupato.
-Crede davvero che voglia fare proprio quello che stiamo pensando?-
Il capitano aveva annuito con un che di fiero nello sguardo e, facendo segno con la testa di seguirla, avevano attraversato la strada di corsa, in tempo per vederla sparire all’interno della sede della CNN.
 
Con le mani incrociate sul piano della scrivania, si guarda intorno senza fare realmente attenzione, cercando di abituarsi alle luci troppo forti e calde che gli elettricisti di scena stanno posizionando proprio su di lei. Per un attimo la sua attenzione viene richiamata da uno schermo gigante che mostra il primo piano di un affascinante Cary Grant in bianco e nero.
Il vociare continuo le arriva smorzato quando si concentra completamente sullo schermo, riconoscendo senza difficoltà la trama del film che sua madre adorava. Amava Hitchcock e ripeteva sempre che in ‘Notorious’ il fascino di Cary Grant era irresistibile, divertita dal finto disappunto di suo marito. Increspa le labbra in un sorriso, ripensando a quella vecchia video cassetta che le aveva regalato Jim per uno dei suoi compleanni, nonostante fosse geloso dell’interprete. Lei e Johanna l’avevano letteralmente consumata per quante volte l’avevano guardata, accompagnando la visione con pop corn, noccioline, aranciata e lacrime. Sorride malinconica a quel ricordo, pensando a come sia ironico che stiano trasmettendo proprio quel film. Cary Grant cerca di salvare la vita all’amata Ingrid Bergman che, scoperta dai nazisti a fare la spia per l’America, viene avvelenata giorno dopo giorno, con piccole dosi di veleno nel suo caffè.
 
Era arrivata davanti alla grande porta imbottita di pelle bordeaux, inseguita dalla voce stridula della segretaria e il ticchettio fastidioso dei suoi tacchi a spillo. Aveva messo le mani sui pomelli delle due metà, spalancandole e facendo ingresso nel regno del direttore di rete della CNN.
-Mi dispiace signor Bell, ho cercato di farle capire che lei è occupato, ma la signorina…-                        
-Detective!-
L’aveva zittita Kate, facendola sobbalzare e Trenton Bell aveva sollevato la mano sospirando.
-Va bene Carly, puoi andare.-
La donna aveva annuito stizzita ed era uscita di scena, mentre il capitano, Ryan ed Esposito erano rimasti fuori dalla porta.
-Che diavolo vuole detective?-
Kate aveva messo il manoscritto sulla sua scrivania e Trenton Bell aveva sospirato ancora.
-Senta, qualunque cosa sia, io non c’entro stavolta. Da questa rete non è uscita nessuna notizia segreta, anche perché voi non me ne avete dato!-
Aveva esclamato torvo, spostando lo sguardo sul capitano Gates che aveva storto le labbra.
-Questo è il nono capitolo di Scott Dunn.-
Aveva sussurrato Kate guardandolo dritto negli occhi, con uno strano ghigno sulle labbra che lo aveva preoccupato.
-Non mi interessa cos’è, io non l’ho mai visto, perciò…-
Kate aveva sollevato una mano per bloccarlo.
-Non mi sono spiegata bene signor Bell. Sono qui per darle notizie fresche sull’andamento delle indagini. Vengo direttamente dal nascondiglio di Scott Dunn!-
Trenton Bell si era alzato di colpo, spalancando gli occhi.
-Avete trovato il covo dell’assassino silenzioso? Quando, dove si trova?-
Kate lo aveva bloccato di nuovo e aveva scosso la testa.
-Questo non è importante. La cosa importante è che questo è un capitolo inedito.-
Aveva sollevato un sopracciglio per essere incisiva.
-Ora mi sono spiegata meglio, signor Bel!?-
L’uomo era rimasto a bocca aperta ed era tornato a sedersi, guardando attentamente la copertina del manoscritto.
-Questo capitolo era destinato al cadavere di Richard Castle… quanto crede che farebbe di share la sua emittente, se adesso lo leggessimo in diretta?-
 
Districa le mani e poggia entrambi i palmi sulla copertina del manoscritto. Il caos dentro lo studio la raggiunge di nuovo, come se avesse alzato d’improvviso l’audio delle sue orecchie. Solleva lo sguardo seguendo i movimenti frenetici, il labiale di tutti, i preparativi immediati.
E’ stato organizzato tutto in un paio di minuti e resta piacevolmente stupita del numero incalcolabile di persone che si nascondono dietro quello schermo rettangolare che mostra il mondo intero 24 ore su 24.
 
Trenton Bell aveva sollevato lo sguardo su di lei e non aveva potuto fare a meno di sorridere.
-Non riesco nemmeno ad immaginarlo…-
Si era rabbuiato di colpo però, sollevando un sopracciglio.
-Un momento. Non è che vuole prendermi in giro? Non è che mi fa leggere questo coso in diretta e poi mi arresta per intralcio alla giustizia?!-
Kate aveva sorriso divertita.
-Se lei leggesse questo manoscritto, Scott Dunn le darebbe la caccia fino all’inferno.-
L’uomo si era rabbuiato ancora di più deglutendo.
-Perché dovrebbe darmi la caccia? E’ quello che vuole! Fare conoscere al mondo il suo libro!-
-Vero! E’ quello che vuole, quando lo vuole lui però. Leggerlo adesso, mentre Richard Castle è ancora vivo, lo manderà in bestia.-
Bell continua a guardarla confuso e lei si sporge di poco, sussurrando come se stesse per rivelargli un segreto.
-Lui vuole Nikki. IO. Quindi sarà proprio Nikki a leggerlo. IO!-
Bell non aveva capito del tutto il significato di quel ragionamento, ma aveva scosso la testa energicamente.
-Nemmeno per sogno. Sa che catastrofe ne verrebbe fuori se lei si facesse prendere dall’emozione, bloccandosi?-
Kate aveva appoggiato entrambe le mani sulla scrivania e si era sporta verso di lui, fissandolo negli occhi.
-Uno psicopatico uccide per me, immedesimandomi in un personaggio inesistente. Ha avvelenato Richard Castle e io sono disposta a farmi ammazzare pur di salvargli la vita. Mi guardi bene signor Bell. Crede davvero che potrei bloccarmi davanti ad una telecamera!?-
Si era abbassata ad un paio di centimetri dalla sua faccia, notando delle piccole gocce di sudore sulla sua fronte.
-Allora direttore Bell, vuole o non vuole questo scoop?-
Trenton Bell era sembrato pensieroso con lo sguardo chino sul manoscritto.
-Ci sono tante emittenti signor Bell…-
Aveva detto con calma, sollevando il manoscritto dalla scrivania, ma l’uomo era scattato dalla sedia sbuffando.
-Ok, ok… non sia permalosa. Due minuti ed i microfoni saranno tutti suoi.-
Si era diretto svelto verso la porta, voltandosi verso di lei.
-Vado in sala stampa, nel frattempo le mando la truccatrice, così la sistema per le telecamere…-
Lo sguardo eloquente che gli aveva rivolto Beckett lo aveva costretto a fermarsi e a schiarirsi la voce.
-In… in ef… effetti non ne ha bisogno, lei è perfetta così per il video…-
Era uscito veloce andando verso gli studi e urlando i nomi di un paio di tecnici.
 
China lo sguardo sulla copertina e stringe le labbra.
L’immagine è diventata ormai familiare e non può fare a meno di disegnarla passandoci sopra le dita. Quel viso dai tratti appena accennati, gli occhi chiusi come a non voler vedere il dolore, il rosso della sua lacrima di sangue quasi sbiadito e quella rosa accanto al viso, a ricordare qualcosa di bello che però punge con le sue spine.
Alza gli occhi tornando a seguire il lavoro della troupe aspettando, in silenzio, l’inizio del gioco.
 

Dopo aver dato ordini a destra e a manca di preparare un’edizione straordinaria del telegiornale, Trenton Bell era rimasto a controllare tutto, borbottando tra se e se qualcosa d’incomprensibile, mentre Kate si era avvicinata ai colleghi.
-Sei sicura Beckett? Sai cosa scatenerà tutto questo?-
Le aveva chiesto il capitano, dando voce anche ai punti interrogativi di Esposito e Ryan.
-Castle ha ragione, signore. Questa non è più un’indagine. Non possiamo continuare a cercare indizi e stargli sempre dietro. Abbiamo fatto esattamente quello che ha voluto e solo perché ha messo in gioco i sentimenti di ognuno di noi. Lui sta giocando capitano. Ogni gioco ha le sue regole, ed è ora che Dunn conosca quelle di Nikki!-
Il capitano l'aveva guardata sorridendo e le aveva messo una mano sul braccio.
-Va allora… va, il video ti aspetta.-
 
Volta lo sguardo alla sua destra e Cary Grant stringe tra le braccia la donna che ama, sofferente per il veleno. Appoggia il viso contro il suo e le dice che la salverà.
Stringe i pugni e guarda ancora la donna disperata della copertina e ogni paura o dubbio su come arrivare al veleno, sparisce del tutto. Scott Dunn crede di avere tutto sotto controllo. Ha sistemato la sua trama, ha calcolato il tempo non contemplando nessun tipo di inconveniente. Non ammette l’imprevisto. Non ha nemmeno messo insieme alle tabelle il foglio in cui il Professore prospetta un’azione più veloce o più lenta della tossina.
Gli imprevisti però possono non far parte della trama di un libro, ma fanno parte della vita reale.
Abraham è stato il suo primo imprevisto. Impedirgli di tornare a casa, il secondo.
Castle le ha detto che deve leggere dalla sua prospettiva, immaginarsi una fine diversa. Ha ragione. Il detective Beckett deve riscrivere un finale alternativo e per fare questo Nikki deve giocare…
 
 
Dopo la forte crisi di Castle per la febbre alta, Ben Travis rientra nello studio con il viso cupo e lo sguardo basso sul vassoietto di metallo su cui ha sistemato la siringa e i flaconcini vuoti, che finiscono immediatamente nel sacchetto dei rifiuti da smaltire.
Poggia il vassoio sulla scrivania e solo in quel momento nota la cartellina sistemata sul piano di legno chiaro.
Digrigna la mascella ancora una volta, come gli era successo nella stanza di Castle, spinge via il vassoio quasi con stizza e sospira, prendendo la cartella tra le mani.
Le ultime analisi dello scrittore saggio non dicono nulla di buono.
L’attività ematica è completamente alterata. I globuli rossi continuano a scendere, distrutti come bolle colpite da un raggio laser, i bianchi invece, mostrano che l’infezione ha preso piede incontrastata.
Le cure che sta praticando hanno rallentato sicuramente l’azione della tossina, ma non l’hanno fermata per nulla. Il resto dei valori è una confusione totale, come se i dati fossero stati scritti alla rinfusa, senza un ordine preciso. La funzionalità del pancreas comincia a creare problemi e ci sono sbalzi evidenti degli zuccheri nel sangue.
Reni e fegato fortunatamente sembrano resistere ancora, ma l’attività polmonare è disastrosa.
Il polmone destro è del tutto atrofizzato e l’apporto di ossigeno nel sangue è troppo lento.
Getta la cartellina sulla scrivania con una tale forza che i fogli all’interno si spargono disordinati per tutto il piano. Chiude gli occhi respirando profondamente. Si passa le mani sul viso e sente la barba ruvida sotto i palmi. Guarda il suo riflesso sulla vetrinetta dei medicinali e anche lui si rende conto del passare del tempo. Si sciacqua il viso nel piccolo bagno dello studio, una cosa che ha fatto spesso nelle ultime 24 ore, rinchiuso in ospedale, senza mangiare, senza dormire, senza arrivare ad una soluzione.
Non sarei dovuto restare qui tutte queste ore. Dovevo andarmene a fine turno, lasciare che un altro medico si occupasse di lui…
Si asciuga il viso lentamente, la tovaglietta usa e getta finisce nel cestino e, senza pensare, si ritrova fuori dallo studio ad usare le scale, invece dell’ascensore, per scendere sei piani di corsa, come se avesse bisogno di muoversi, di correre, di scappare da quel reparto che lo soffoca, per ritrovarsi davanti ad un citofono e alla targhetta che lo contraddistingue:
LABORATORIO DI BIOLOGIA E ANALISI CLINICHE - DOTTORESSA CLAIRE DOBBSON.
Legge le parole con attenzione, come se non le avesse mai lette, come se non fosse mai sceso al piano interrato e non avesse mai percorso quel corridoio sempre troppo buio anche con i neon accesi, per ritrovarsi a suonare il campanello in attesta di risposte.
Appoggia la fronte sull’acciaio freddo del citofono, sospirando.
Perché sono qui!?
Scuote la testa e con le spalle curve si siede su una delle poltroncine a ridosso del muro, appoggia i gomiti alle ginocchia e si prende la testa tra le mani.
Le due metà della porta del laboratorio si aprono con quello strano rumore simile ad un soffio appesantito, solleva la testa di scatto, vedendo uscire la dottoressa Dobbson, che si ferma di colpo quando lo vede seduto lì davanti.
-Ben! Che fai qui?-
-Dimmi che hai trovato qualcosa. Dimmi che sai come salvarlo.-
Ha gli occhi cerchiati dalla stanchezza, ma la voce non è stanca, è rotta dal dolore, un dolore che un medico non dovrebbe mai mostrare, almeno è quello che lui le ripete di continuo. Claire deglutisce e abbassa lo sguardo sulla cartella che ha tra le mani, per tornare poi a guardarlo, sentendo il cuore pesante.
-Stavo appunto venendo da te. Siamo riusciti a catalogare due delle sostanze che compongono la tossina, reagiscono con i campioni di sangue, ma dobbiamo ancora capire le quantità e quale altra sostanza ha usato per sintetizzarle, ed è importante avere la dose giusta.-
Ben solleva le mani, facendole ricadere poi sulle ginocchia.
-Quindi non abbiamo nulla!-
Claire abbassa di nuovo lo sguardo.
-Ci stiamo lavorando Ben, in poche ore stiamo facendo il lavoro di giorni, la stanchezza non aiuta, ho diviso i turni tra i tecnici, ma Lanie ed io non ci siamo fermate un momento. Stiamo tentando davvero l’impossibile!-
Le sue parole gli giungono all’orecchio in un sussurro, non con risentimento come se lui avesse denigrato il suo lavoro, ma come se la colpa di tutto quello che succede, fosse proprio sua. Ben solleva lo sguardo su di lei e sospira.
-Scusami Claire. Non intendevo dire che…-
Sospira ancora sentendo un groppo in gola e Claire gli si siede accanto.
-Che succede Ben!?-
Gli chiede senza guardarlo, continuando a stringere la cartellina al petto.
-Sta morendo! Ecco cosa succede.-
-Sapevamo fin dall’inizio che non sarebbe stato facile, abbiamo troppo poco tempo.-
Continua lei sempre sussurrando, come se parlare a voce alta la facesse stare ancora peggio, mentre lui annuisce.
-Lo so, ma questo non mi fa sentire meglio.-
Lo dice con rabbia e Claire si volta a guardarlo. Gli occhi fissi in un punto, il profilo teso per la mascella serrata, le mani incrociate insieme e strette a penzoloni tra le ginocchia. E’ stanco e pieno di rabbia.
-Stiamo qui giorno e notte per dare sollievo a chi soffre. A volte ridiamo il sorriso a chi vince la malattia, a volte non ci riusciamo. Ci sono malattie che non possiamo ancora a sconfiggere, ma è normale, rientra nell’ordine delle cose, per capire quanto siamo ancora limitati in certi campi, ma questo…-
Gesticola freneticamente appoggiandosi alla spalliera della sedia.
-…questo non è normale. Quello che sta succedendo a Rick è una cosa al di fuori di tutto. Uno psicopatico si è innalzato ad essere Dio e si prende la briga di decidere della vita e della morte delle persone.-
Ha alzato la voce senza rendersene conto. Claire continua a guardarlo sentendo il nodo alla gola sempre più pressante. Non è più il signor Castle, il paziente adesso è diventato Rick e Ben è stanco quanto e più di lei. Chiude gli occhi rendendosi conto che lui continua a parlare e voce sostenuta.
-Voleva vendetta? Perché non sparargli un colpo in fronte, così adesso sarebbe tutto finito. Almeno non dovrei stare a guardarlo spegnersi lentamente senza potere fare altro.-
Si passa la mano tra i capelli sempre più nervoso.
-Il suo corpo lo sta abbandonando, ma il cervello no, quello resterà lucido fino alla fine.-
Scuote la testa deglutendo, continuando a chiedersi perché sia andato da Claire e perché le stia parlando così. Resta in silenzio per un paio di secondi, un silenzio che lei non si azzarda ad interrompere, fino a che lo sente sospirare pesantemente.
-Gli sta portando via tutto Claire, non solo la vita in senso letterale. Lo sta uccidendo lentamente, lasciandogli il tempo di rimuginare su quello che sta perdendo. Sta morendo… e l’unica cosa a cui pensa è che non vuole deludere la donna che ama…-
Stringe i pugni alzando il tono della voce.
-…e poi è un impiccione. Non ha fatto altro che tormentarmi perché non devo perdere altro tempo…-
Senza rendersene conto ricomincia a gesticolare, sempre con lo sguardo perso in un punto imprecisato del pavimento ai suoi piedi, mentre Claire si ritrova a perdere il filo del discorso.
-…dice che non esiste il momento giusto, che tutte le difficoltà che mi pongo sono solo frutto delle mie paure…-
Claire aggrotta la fronte sulla cartellina che continua a stringere al petto come un appiglio per non cadere, avendo perso del tutto il significato di quelle parole sconnesse.
-…dice che devo inventarmi il momento e dirti senza mezze misure che sono follemente innamorato di te, che ti amo… ma lo sa perfettamente quanto è difficile, lui ci è passato, come può dire una cosa del genere?-
Claire solleva la testa di scatto, posando gli occhi sbarrati sul muro di fronte a lei, il muscolo cardiaco ha preso una strana velocità e le mani si sono strette sulla cartellina così tanto, da piegarla da entrambi i lati e ad un tratto le parole sconnesse prendono significato, proprio nel momento in cui Ben si rende conto di quello che ha detto, ammutolendosi all’improvviso e, senza girare la testa, sposta lo sguardo verso di lei.
-L’ho… l’ho detto davvero… a voce alta?-
Claire si morde il labbro e si gira di poco a guardarlo senza dire una parola, ed è proprio in quell’attimo che anche Ben si gira finalmente a guardarla. Ha gli occhi lucidi e le guance rosse e quella cartellina stretta addosso che ormai sembra fare parte di lei.
-Scusami Claire!-
Esclama in un sussurro, restando incollato ai suoi occhi azzurri tanto stanchi, ma altrettanto belli dietro quegli occhiali dello stesso colore.
-Scusarti? Perché quello che hai detto… non è vero?-
Mentre si perde nel suo sguardo, per la prima volta da quando la conosce, Ben crede di vedere paura, paura che lui dia davvero una risposta alla sua domanda. Scuote la testa e sorride, tornando improvvisamente calmo e in possesso delle sue facoltà mentali.
-Ricordi il tuo primo giorno di lavoro qui?-
Lei si ritrova ad annuire, senza distogliere lo sguardo e lui continua a sorridere con una strana luce negli occhi che le blocca il respiro.
-Stringevi al petto un paio di carpette come adesso, eri già in ritardo, nervosa e di fretta. Ti guardavi intorno per capire da che parte era l’ufficio in cui ti aspettava il direttore e mi sei arrivata addosso come un camion perché non guardavi dove mettevi i piedi, mi hai scaraventato contro la macchinetta degli snack, facendomi versare addosso il caffè bollente. Te lo ricordi?-
Claire sorride annuendo e diventando ancora più rossa mentre si sistema gli occhiali sul naso e lui inclina la testa sorridendo a sua volta.
-Hai fatto esattamente questo gesto, mentre balbettavi le tue scuse e cercavi di ripulirmi, senza successo. Parlavi di continuo, ma io non ho capito una sola parola di quello che hai detto.-
Solleva una mano e con il dorso delle dita le sfiora il viso.
-Credo di essermi innamorato di te in quel preciso istante. Sono un medico, non posso credere ai colpi di fulmine, ma in quel momento io sono stato colpito, non so se da un fulmine, ma mi ha preso in pieno.-
Claire chiude gli occhi mentre lui continua a sfiorarla. Li riapre quando non sente più il suo tocco e sorride.
-Rick dice di inventare il momento, ma adesso… direi che ho scelto proprio quello sbagliato!-
Esclama facendola ridere.
-Si, direi che uno peggiore non potevi trovarlo.-
Incatena lo sguardo nei suoi occhi e sorride.
-Dovrai inventarne un altro, magari un po’ più romantico!-
Esclama mordendosi il labbro e Ben corruccia la fronte.
-Significa che non mi mandi al diavolo per questa dichiarazione insensata e sconclusionata?-
-Perché dovrei?-
Sospira anche lei, sistemandosi ancora gli occhiali, abbassando lo sguardo.
-Io non lo so quando è successo, nemmeno io credo ai colpi di fulmine, sono troppo irrazionali per uno scienziato, però so che quel giorno ho sperato con tutta me stessa che il direttore non mi cacciasse via per il mio spropositato ritardo.-
Torna a guardarlo con un sorriso dolcissimo.
-Avrei fatto qualunque cosa per restare a lavorare in questo ospedale.-
Ben sorride abbassando la testa, ruotandola verso di lei quando gli stringe la mano.
-Siamo tanto stanchi e abbiamo ancora tanto lavoro da fare, pensiamo al signor C… a Rick, rimettiamolo in piedi e poi… e poi inventiamo un altro momento giusto, che ne dici?-
Ben annuisce senza dire nulla, lei si alza e si dirige verso il laboratorio, con il cuore in gola.
-Claire!-
La richiama lui, alzandosi e avvicinandosi pericolosamente. Si ritrovano occhi negli occhi. Ben le mette entrambe le mani sul viso e la bacia dolcemente al fior di labbra.
-Sono due anni che voglio farlo…-
Le sussurra senza staccarsi da lei. Il suo fiato l’avvolge in un calore dolcissimo e si rende conto di aver chiuso gli occhi solo quando lui le lascia il viso e si allontana senza dire altro.
Lo guarda allontanarsi per un momento, toccandosi le labbra con le dita e sorridendo senza volerlo, mentre rientra in  laboratorio.
Ben si gira un attimo quando sente il rumore della porta che si apre e richiude contemporaneamente, pensando che non ha ancora capito il vero motivo per cui è sceso di corsa in quel corridoio, perché si è fermato ad aspettarla, perché le ha detto tutte quelle parole sconnesse… perché hanno aspettato tanto per ammettere qualcosa di così bello.
 
 

Vide le luci rosse e blu riflettersi nel cielo, che scuriva di minuto in minuto.
Il molo era dall’altra parte della città, era stato costretto a prendere la metropolita e aveva dovuto attivare tutta la sua attenzione.
L’intera città era presidiata dalle forze dell’ordine.
Prima di lasciare Abraham si era camuffato. Solo un paio di baffi ed una parrucca con la capigliatura riccia e scura, occhiali da vista che cambiavano comunque la sua fisionomia, visto che le tenebre stavano prendendo piede e gli occhiali scuri avrebbero dato troppo nell’occhio.
Farsi beccare adesso sarebbe stato stupido e non da lui. Non avrebbero risolto nulla, visto che il veleno era al sicuro e lui non avrebbe rivelato il nascondiglio per niente al mondo, ma aveva una trama da seguire e Abraham gli aveva già fatto perdere troppo tempo.
Restò con lo sguardo fisso sul movimento di colore che macchiava il cielo.
Si sentì attraversare da un brivido.
Capì subito che le luci erano lampeggianti della polizia e il punto da cui nascevano sembrava proprio casa sua.
Inarcò un sopracciglio abbozzando un ghigno sul viso.
Nikki lo aveva trovato!
Si dimenticò del brivido e contrasse la mandibola. Strinse i pugni e roteò il collo sospirando, come a volersi calmare.
Aveva messo in conto che potesse avvicinarsi a lui pericolosamente, ma non credeva ci sarebbe riuscita così presto e in maniera così precisa.
Erano riusciti a captare il segnale del server, Nikki aveva una bella squadra!
Non sapeva se essere arrabbiato o provare orgoglio per la sua eroina che, anche in preda alla disperazione, non si arrendeva mai.
Non poteva fare a meno di provare ammirazione per lei. Un’ammirazione che si era tramutata in odio, ma che lo stupiva comunque piacevolmente.
Prese il sentiero che costeggiava la zona e salì sulla collinetta che la sovrastava.
Un’auto con i lampeggianti accesi era davanti alla porta del suo nascondiglio e agenti in divisa facevano avanti e indietro nella via.
Sorrise compiaciuto.
Lo aveva trovato.
Avrebbe potuto lasciare tutto al buio, nascondersi in attesa del suo arrivo, invece gli stava sbattendo in faccia la sua nuova vittoria.
Voleva che sapesse che lei era lì.
Ancora una volta ha conferma della loro connection. Lo conosce bene. Sa che non ha più con sé quello  che desidera più di ogni altra cosa al mondo in quel momento: il veleno. La salvezza per il suo uomo!
Digrignò la mascella ancora una volta.
Aveva portato con sé il portatile, ma aveva dimenticato il manoscritto. Abraham lo aveva distratto. Doveva portarlo con sé, doveva sistemarlo aggiungendo al paragrafo le disavventure con l’omino storpio, invece lo aveva dimenticato.
Si abbassò dietro la collinetta battendo i pugni sulla roccia.
La pelle diventò rossa e piccole macchioline di sangue, grandi quanto la capocchia di uno spillo, cominciarono ad intravedersi.
Non se ne curò. Non sentiva dolore. Era solo arrabbiato.
Aveva tutto sotto controllo e si era fatto prendere in giro, come un pivellino, dal Professore e dal suo amico grillo parlante.
Si sedette sulla terra umida e appoggiò la testa contro la roccia su cui aveva riversato la sua rabbia.
Inspirò ed espirò più volte, per cercare di calmarsi e trovare il modo di sistemare tutto.
Aveva il file nel computer, poteva rifinirlo e stamparlo . Aveva ancora tempo, poteva farcela, probabilmente Nikki lo aveva portato via per leggerlo, ma non era importante, lei in fondo, sapeva già quale sarebbe stata la fine. Sarebbe stato comunque accanto allo scrittore e i suoi ultimi istanti di vita sarebbero stati proprio come da lui descritti.
Strisciò sulla terra per tornare al punto di partenza, stringendo lo zaino, come se avesse paura di perderlo.
Si sentì avvolgere da una sensazione che fino a quel momento non aveva ancora provato: ansia.
Non nel corpo. Non quell’ansia che non fa respirare. La sentiva nella testa.
Sentiva la testa pulsare per il lavoro frenetico che facevano i pensieri, per cercare di sistemare il suo piano, per trovare il modo di presentare comunque il suo capitolo al mondo.
S’incamminò piano, chino e attento a guardarsi intorno.
Doveva trovare un posto per sistemarsi, stampare il capitolo e mettersi al sicuro per le ore che lo separavano dalla morte dello scrittore.
Doveva sbrigarsi.
Per la prima volta da quando aveva sfidato Nikki, si ritrovò anche lui a dovere inseguire il tempo…


Angolo di Rebecca:

Un angolo che si rispetti comincia sempre con dei tontoloni, quindi ovazione per il dottor Travis e la bella dottoressa Dobbson che finalmente hanno trovato il (poco) momento giusto (ringraziamo tutti Richard Castle naturalmente :D)

Parliamo adesso di Kate... nel senso, vogliamo parlarne davvero??? Alla CNN è andata!!! Con la benedizione della Gates (che ormai abbiamo perso del tutto) e lo stupore di Esposito e Ryan (che non sta mai zitto, ormai è appurato!)

Vogliamo parlare di Dunn? Stavolta parliamone. Si ritrova a rincorrere il tempo. Anche lui! :D

Vi rubo ancora qualche secondo. 
Sono arrivati i parenti per la villeggiatura, siamo tanti, il tempo è poco e lo stress alle stelle :p
Tutto questo per dirvi che per qualche settimana stacco anche da EFP, mi spiace ma davvero non riesco a sistemare i capitoli, a fare i banner e soprattutto a scrivere altro, almeno per questo mese. Mi scuso anche per non avere ancora risposto alle recensioni, cosa che farò prima possibile!
Quindi... a presto! (se vorrete ancora starmi appresso *-*)
Grazie infinite e buone vacanze a tutti <3
 
  
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