1)Farewell my hell.
Sofia p.o.v.
Ho sempre vissuto come le persone
mi dicevano di vivere.
Non ho mai vissuto una vita che potesse definirsi mia,
mia madre ha sempre controllato tutto.
Sono una bella ragazza e, maledico Dio per questo, perché
è la mia maledizione personale. Mia madre voleva essere una
modella quando era
giovane, ma i suoi genitori non gliel’hanno permesso e
l’hanno costretta a
studiare, così quando sono nata io ha deciso che avrei
vissuto la vita che lei
non aveva potuto vivere.
Quando avevo quattro anni mi ha portato in un’agenzia per
modelle e così la mia carriera è cominciata con
qualche pubblicità per bambini.
Questo è durato fino a quando avevo quattordici anni,
sfortunatamente sono rimasta una ragazza carina – non come
alcuni bambini che
si imbruttiscono durante l’adolescenza –
così ha deciso che dovevo essere una
modella.
Mi chiamo Sofia Ortega, ma lei ha scelto un altro nome
per la mia carriera da modella: Michelle Blanchard.
E così tutto è cominciato: fare la modella,
servizi
fotografici, calendari.
Odio questo ambiente è pieno di persone strane e di
nemici. Le altre modelle ti odiano, gli stilisti ti vogliono sempre
più magra e
sempre più carina e lo stesso fanno i fotografi.
Questa è solo una parte dell’inferno.
L’altra è che non potevo mangiare quello che
volevo, solo
verdura, un po’ di carne a volte ed ero obbligata a sniffare
cocaina per non
avere fame.
Mia madre era d’accordo su tutto. Era orgogliosa della
mia carriera come se fosse la sua.
La terza parte dell’inferno è che a volte le
persone con
cui ho lavorato mi hanno fatto capire che dovevo succhiare qualche
cazzo o
qualche vagina per essere più famosa.
Fanculo!
Non l’ho mai fatto, ero una bambola nelle mani di mia
madre, ma non potevo permettere che mi facessero anche questo, ho una
mia
dignità anche io, porco Dio!
Ovviamente quando non facevo queste cose mia madre mi picchiava, ma non
era una
cosa molto importante per lei, come ha sempre detto: “ Un
po’ di make-up copre
tutto!”.
La odio per questo e perché ignora la mia sorellina
Viviana, che ha solo due anni meno di me. Così quando mi
guardavo allo
specchio la maggior
parte delle volte
vedevo con i capelli tinti di biondo, degli occhi azzurri assenti e un
corpo
scheletrico.
Non ero felice.
Ho iniziato a tagliarmi a diciott’anni, mia madre lo
sapeva, ma tutto quello che fatto è stato dire alla mia
truccatrice di coprire
le cicatrici.
Non le interessava e io camminavo sul filo del rasoio,
sempre più vicina all’autodistruggermi.
È successo a vent’anni, ho avuto un esaurimento
nervoso e
ho provato a uccidermi, ho fallito, ma dopo quella volta ho deciso di
essere un
pochino ribelle.
Mi sono iscritta a un college, ho frequentato i corsi
d’arte per poter diventare una musicista o almeno un tecnico
per chitarre. Ho
sempre amato la musica, ho imparato a suonare la chitarra quando ero al
liceo e
quella era l’unica cosa che mi tenesse viva insieme alle band.
I Blink-182, i Good Charlotte,i Simple Plan, i Rancid etc.. mi
hanno salvato la vita un sacco di volte.
Il liceo è stato un inferno per me: le cheerleader e le
puttane volevano essere mie amiche, ma io non le volevo
e i solitari, gli skater e i perdenti mi
rifiutavano.
Ora ho venticinque anni, ho la mia laurea in musica e
sono pronta a volare via: sono stanca d essere un uccellino in gabbia.
Così oggi ho impacchettato tutte le cose che mi
serviranno (niente più vestiti da zoccola, solo cose che ho
comprato io), ho
scritto un biglietto a mia madre e ho caricato tutto in macchina.
Ho acceso la macchina e ho iniziato la mia nuova vita.
Dopo alcune ore di guida sono stanca, in più il motore fa
strani rumori.
Dio, per favore, non dirmi che si sta per rompere perché
sono nel bel mezzo del deserto.
L’ultima cittadina è a molte miglia da qui, mi ci
sono
fermata solo per mettere della tintura azzurra sui miei capelli, farmi
un piercing
e per mangiare qualcosa.
Accosto ed esce del fumo dal cofano.
Cazzo, cazzo, cazzo!
Prendo rabbiosamente a calci una ruota. Sono nel bel
mezzo del deserto e nessuno mi potrà aiutare.
Cosa dovrei fare?
Il mio smartphone è morto qualche ora fa.
L’unica soluzione è provare a fare autostop,
così mi
metto in parte alla strada e alzo il pollice.
Nessuno si ferma. Sono fottuta, signori e signore!
Vedo un autobus e comincio a muovere freneticamente le braccia,
sperando con
tutta me stessa che si fermi.
È successo! Si è fermato!
La porta si apre e un ragazzo con dei capelli neri irti scende, non
posso credere di
essere così fortunata: è Jaime Preciado, uno dei
membri delle band a cui devo
la vita.
“Hai bisogno di una mano?”
“Sì, la mia macchina è morta, idem il
cellulare.”
Guarda il fumo e annuisce.
“Ti porteremo fino alla prossima cittadina, così
potrai
riparare la macchina.
RAGAZZI, VENITE QUI! ADESSO!”
Urla e gli altri tre fanno capolino: Tony Perry e i due
fratelli Fuentes.
“Cosa succede, Jaime?”
“Aiutatemi a caricare le cose di questa ragazza sul pullman,
le daremo un
passaggio fino alla prossima cittadina.”
Sospirano tutti e caricano la mia roba sul pullman, tranne la roba di
cui avrò
bisogno questa notte e la mia chitarra.
“Grazie, ragazzi. Sono Sofia Ortega e vi devo la vita
un’altra volta.”
“Fan?”
Chiede Vic.
“Fan.”
Saliamo tutti sul tourbus e ci sediamo su un divano.
“Sono Sofia Ortega, felice di conoscervi e grazie per
l’aiuto.”
“Jaime Preciado. È sempre un piacere aiutare una
ragazza carina.”
“Vic Fuentes, felice di conoscerti.”
“Mike Fuentes, tesoro.”
“Tony Perry.”
Sorrido.Penso che la mia vita cambierà presto.