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Autore: Only Lisa    12/08/2014    1 recensioni
"Caro diario, adesso sono una schiava."
Genere: Avventura, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Diario di bordo of Jasmine Price page 1

Tutto cominciò ieri, mentre ero al porto, seduta sul bordo del molo, disegnando il paesaggio che mi circondava.

Ad un tratto tutta la gente del villaggio incominciò ad agitarsi, creando un gran trambusto.

Persone che corrono da un lato all'altro scontrandosi tra di loro per poi cadere, rialzarsi e continuare a correre.

Si dirigono in direzioni diverse, ma tutti hanno qualcosa in comune, scappano lontano da un punto ben preciso: la banchina.

Alzai il capo per vedere cosa ci fosse in quel punto di tanto grave da spezzare la tranquillità tipica del mio villaggio e vidi una nave.

Pirati.

Corsi in quella direzione facendomi spazio tra la gente per cercare il mio fratellino Benjamin e lo trovai intendo a giocare ancora con la sua pallina, così me lo caricai in spalla e lo trascinai il più lontano possibile, mentre i pirati ormeggiano la loro nave al porto.

Mi diressi prontamente verso casa e in quel putiferio non mi accorsi che mio fratello aveva perso la sua pallina.

Iniziò a scalciare violentemente contro il mio petto fino a farmi davvero male, mi assicurai di essere abbastanza lontani dal porto e presa dal dolore lo poggiai a terra per poi massaggiarmi la parte colpita.

E' un attimo, mi distrassi solo per un secondo e lui già non c'era più, lo intravidi un po' più lontano intendo a rincorrere la sua pallina passando tra le gambe delle persone, così intende a scappare che non fanno caso a lui e per poco non lo calpestano.

Lo inseguii, era molto veloce ma io di più, corsi stringendo i denti e mettendoci tutta la forza possibile, l'avevo quasi raggiunto.

Finalmente lui si fermò dopo aver recuperato la sua pallina che si era fermata a causa di un ostacolo, tirai un sospiro di sollievo ma il fiato mi si strozzò in gola non appena notai che l'ostacolo era in realtà un pirata appena sceso dalla nave.

Ero non molto lontana da vederlo ma non abbastanza vicino per strascinarlo via.

Il pirata abbassò lo sguardo squadrandolo con aria di superiorità, gli strappò la pallina dalle mani e con un calcio lo allontanò.

Il mio fratellino pianse un po' per poi rialzarsi e dirigersi verso quel pirata che ancora rideva soddisfatto e fiero della sua ripugnante azione.

Un altro dei pirati si intromise tra lui e mio fratello, credevo fosse salvo, ma invece quest'ultimo sfoderò un enorme spada e le sue intenzioni mi furono subito chiare.

Mi precipitai velocemente verso di loro per poi, proprio un attimo prima che la spada sfiorasse la pelle di mio fratello, strapparglielo di mano e stringerlo tra le mie braccia poco lontano da loro.

Quello con la spada si avvicinò a me per poi estrarre di nuovo la sua spada alzandola in aria per colpirmi, ma un attimo prima di farlo quello con la pallina gli ordinò di fermarsi mentre a passo lesto si dirigeva verso me.

Mi girai verso mio fratello e gli sussurrai di andare da nostra madre, lui obbedì ed io mi alzai in piedi spalancando le braccia come a volergli fare da scudo.

Avrei impedito anche a costo della mia vita che gli fosse accaduto qualcosa, lo avrei protetto a qualunque costo.

Lui si avvicinò a me e dopo avermi squadrata mi disse che ero stata coraggiosa per poi voltarsi e salire sulla nave mentre altri dei suoi uomini lo precedevano con sulle spalle dei sacchi pieni di cibarie varie rubate poco prima da qualche locanda del mio villaggio.

Credevo di essere salva, che mi risparmiassero, fin quando un altro di loro, un omone alto quasi due metri, gli chiese cosa dovessero fare con me e lui gli ordinò di caricarmi sulla nave.

Quest'ultimo, con un solo braccio, mi prese facilmente gettandomi violentemente sulla sua spalla sinistra a mo' di sacco di patate, come avevo fatto precedentemente io con mio fratello e si diresse sulla passerella che portava all'interno della nave.

Mi ribellai scalciando contro il suo torace, ma niente, per lui era come se nulla stesse accadendo, appena ebbe messo piede sulla nave mi lanciò violentemente a terra.

Levarono l'ancora e la nave ripartì verso nuovi orizzonti.

Ebbi appena il tempo di voltare lo sguardo verso la mia gente, verso quella che una volta era la mia casa, per vedere mio fratello tra le braccia di mia madre che piangeva disperatamente.

Chiusi la mano a pugno baciandomi l'interno per poi alzarla in aria e aprirla.

Mia madre di tutta risposta aprì la sua mano in aria, per poi chiuderla come se avesse preso il mio bacio e portarsi il pugno al petto, dove si trova il cuore aprendola come se vi avesse spinto all'interno il mio bacio.

Era il nostro gesto, lo facevamo ogni volta che io mi allontanavo per qualche tempo, stava a significare che lei si portava il mio ricordo, il mio bacio, nel cuore.

E ogni volta che tornavo poggiava la mano sul petto per poi chiuderla a pugno come se ne avesse estratto qualcosa prendermi la mano fare il gesto come a poggiarmici qualcosa, per poi chiudermela e abbracciarmi.

Questo gesto stava a significare che lei preferiva avere me tra le sue braccia che il mio ricordo nel cuore.

Lo facevamo sempre, ogni volta che una delle due si allontanava lanciava un bacio all'altra e quest'ultima se lo portava nel cuore fino al ritorno dell'altra.

Però, questa volta, ero sicura che quel bacio sarebbe stato l'ultimo che le avrei regalato, avevo la certezza che non l'avrei più rivista.

Le sorrisi per infonderle sicurezza ma dentro me morivo, sembrava che ci guardassimo da un eternità, ma tutto ciò durò solo pochi secondi prima che qualcuno mi trascinò via.

Mi strattonò per poi trascinarmi in una stanza e gettarmici dentro.

Lì trovai una ragazza intenda a cucinare, che non appena mi vide mi aiutò ad alzarmi, si presentò dicendo di chiamarsi Futaba e pur se con molta difficoltà mi raccontò di com'era arrivata su quella nave.

Mi disse di essere una Geisha, è che durante una delle sue esibizioni nella locanda di famiglia, dei pirati la trascinarono via dal Giappone con forza e la portarono sulla loro nave come intrattenitrice o almeno così le avevano detto, ma ciò che le fecero fare su quella nave fu ben diverso, diventò la loro schiava, cucinava, puliva, cuciva e lavava i loro vestiti.

Sentii dei pugni sbattere violentemente sul tavolo e delle posate intrecciarsi tra di loro, mentre i bicchieri si scontravano e delle voci urlare che pretendevano del cibo.

La ragazza si affrettò a prendere ciò che aveva precedentemente cucinato e con lo sguardo indicò mi indicò un vassoio poco distante.

Capii che la dovetti aiutare a trasportare il cibo per quei grezzi briganti e non solo, capii anche che quella non sarebbe stata l'unica volta che avrei dovuto farlo, ma che anche io, come la ragazza che mi aveva precedentemente aiutata, sarei diventata loro schiava.

Festeggiarono e brindarono fino a notte inoltrata per non so cosa mentre noi ci rifugiammo in cucina a mangiare di nascosto alcuni avanzi che Futaba aveva rubato ai pirati e messo da parte per noi.

Dopo ciò dovemmo lavare i piatti, i vestiti e la nave dalle briciole e le gocce che avevano fatto cadere quei briganti.

Finimmo all'alba, dopodiché Futaba mi guidò sottocoperta in quella che sarebbe dovuta essere la nostra stanza.

Una piccola camera con una lampada, un baule e un lettino.

Mi offrì il suo letto e insisté così tanto che alla fine non potei fare a meno di accettare, mentre lei buttò una coperta per terra e si coricò sopra per poi augurarmi la buona notte.

Diario di bordo page 2

E' passata una settimana da quando sono salita o meglio, mi hanno trascinata a bordo di questa nave oramai, lavoro senza sosta fino all'alba, questi tiranni mi trattano come loro schiava, perché è quello che sono.

Sono capitata su una nave di selvaggi, di esseri senza ritegno, che gettano tutto a terra solo per il piacere di vederci inginocchiate ai loro piedi a sgobbare.

Sono disumani, uno più crudele e raccapricciante dell'altro.

Ma cinque tra di loro sono il terrore dei mari:

Il loro capitano, colui che comanda su questa nave, si chiama Christopher, ed è un cecchino.

Riuscirebbe a colpire la sua vittima anche con gli occhi chiusi e se si trovasse lontano chilometri. Ha un udito sottile che gli permette di scovare ogni minimo movimento che lo circonda.

Il suo braccio destro, John, uno spadaccino, il migliore in circolazione, la lama della sua spada può tagliare l'acciaio e si dice anche che abbia affondato un intero galeone da solo.

Il suo braccio sinistro, Robert, un arciere, centrerebbe il bersaglio anche con la nebbia fitta in un mare in tempesta e se quest'ultimo corresse alla velocità della luce.

Nulla sfuggirebbe alla sua mira perfetta.

Edward, detto anche 'il guerriero', un mostro alto due metri e largo altrettanto, con delle mani enormi capaci di frantumare le ossa di chiunque gli capiti sotto tiro.

Tutti parlano di quando una volta sbriciolò il cranio di un nemico con il solo uso della mano sinistra, mentre quest'ultimo si dimenava dal dolore intanto che lui lo teneva a mezz'aria.

Tom, detto anche il piccolo Tommy, il tuttofare della nave.

Non ho ben presente il motivo per cui la gente possa avere paura di lui, dato al contrario di tutti i presenti sulla nave, non è spaventoso, sta su questa nave solo per seguire suo fratello, Robert.

Però, da quel che mi ha detto Futaba oltre ad essere il navigatore di bordo, è anche il medico.

Fosse è questo il motivo per cui hanno paura di lui, il fatto che è capace di inventare degli intrugli quasi come se fosse un mago, fa sì che la gente gli stia lontano, poiché oltre alle medicine crea anche delle polveri soporifere in grado di stendere un intero battaglione.

Ovunque passino loro, si lasciano dietro una scia di morte e desolazione, sono dei barbari, senza sentimenti e senza pietà.

Per fortuna però non sono sola, Futaba è sempre accanto a me, mi aiuta e rimedia sempre ai miei errori, è il mio angelo custode, anche se a dirla tutta per colpa mia ci va di mezzo sempre lei.

Diario di bordo page 3

Ormai è un mese che non scrivo su questo quaderno, ma mi è stato impossibilitato farlo dato che avevo temporaneamente perso l'uso delle mani.

In quest'ultimo mese ne sono successe di tutti i colori, sono accadute cose impensabili, che non avrei mai immaginato.

E' accaduto tutto un paio di settimane dopo essere salita a bordo di questa nave, Futaba, come al solito mi aiutava molto a sopravvivere tra questi tiranni, finché io non potei essere utile a lei.

Lei stava finendo di cucinare gli ultimi pasti, così chiese a me di andare a servire il pranzo, feci ciò che mi aveva chiesto e presi i piatti da portare a babordo, ma la nave oscillò facendomi scivolare il brodo della zuppa sporcandomi anche il vestito, perciò Futaba si offrì volontaria, avendo finito di cucinare, di portarlo lei.

Però scivolò sul brodo facendo cadere i piatti per terra, ai piedi del capo, che le ordinò di raccoglierle, sapendo però che se l'avesse fatto si sarebbe graffiata le mani e tagliata, così dato che ciò che era accaduto era colpa mia corsi in suo soccorso.

Una tempesta si avvicinava e la nave non la smetteva di ondeggiare.

E nonostante l'oscillare della nave ci faceva barcollare e rendesse impossibile restare fermi io piegai ugualmente per raccogliere i pezzi che si trovavano a terra ma uno dei marinai mi sbatte contro facendomi scivolare ed io d'impulso porsi le mani in avanti per reggermi e non sbattere il volto sul pavimento.

Quello che accadde dopo si può immaginare, poggia le mani sui resti del piatto e me le tagliai, impossibilitandomi ad usarle.

Provai a rassicurare tutti con un sorriso falso, che non era nulla, così che loro non se la prendessero con Futaba, ma fu inutile, le mie mani non mi aiutavano, non smettevano di sanguinarmi, sporcando anche il pavimento, presi uno straccio e ripulii il mio sangue, nonostante il dolore alle mani.

Rimasero tutti sorpresi per la mia forza d'animo, non mi lamentai affatto anche se avrei potuto svenire da un momento all'altro a causa del dolore.

Tom, accorse in mio aiuto, portandomi in stanza per medicarmi ed io insistei che Futaba venisse con me, non mi andava di lasciarla sola con quelli esemplari.

Ne uscii due ore dopo con tutte le mani fasciate.

"Sei una stupida, ma hai del fegato." questa fu la frase che mi disse il capitano Christopher passandomi accanto senza neanche degnarmi di uno sguardo.

Dovevo accontentarmi, lui non aveva parole buone per nessuno, quello era la cosa più simile ad un complimento che potesse mai uscire dalle sue labbra.

Un complimento da parte sua? Facciamo progressi.

L'intera settimana passò con me impossibilitata e Futaba continuamente sotto stress, dato che io non potevo fare nulla, lei era costretta a subirsi tutto il lavoro, anche il mio e lavorare il doppio.

Forse sarebbe stato meglio per lei tagliarsi le mani.

Provai ad aiutarla molte volte e molte volte puntualmente Tom mi rimproverava di tenere le mani al posto o avrei potuto non usarle mai più.

Un giorno, lavorai così tanto sforzando le mani che quando andai a dormire, all'alba, non mi risvegliai fino al pomeriggio seguente e quando lo feci sentii le urla dei marinai farsi spazio sottocoperta mentre i tuoni riempivano il cielo.

Un temporale.

La nave ondeggiava da destra a sinistra quasi a volersi ribaltarsi, avevo paura che da un momento all'altro potessimo trovarci sottosopra, ma loro parevano non farci caso, continuavano a litigare senza sosta visibilmente ubriachi mentre i loro capitano si godeva lo spettacolo senza muovere un dito e i suoi 4 amichetti lo imitavano.

Ridevano di gran gusto mentre quei due poverini si scannavano, anzi, intorno a loro si era formato un cerchio di ubriaconi che li incoraggiavano e facevano il tifo, solo il giovane Tommy cercava di separarli e farli ragionare, ma senza successo, beccandosi anche di tanto in tanto qualche gomitava, così presi in mano la situazione.

Mi intrufolai di soppiatto nella stanza del capitano, rovistai tra le mille scartoffie e alla fine la trovai.

La mappa per l'isola del tesoro.

Nessuno sapeva che io ero al corrente della sua esistenza e ancor meno sospettavano minimamente che io la sapessi decifrare, avrei aspettato a dirlo fino che non avessi potuto ricavarne qualcosa.

Uscii correndo da lì, fino ad arrivare alla prua, urlai invano di smetterla, di fermarsi, ma nessuno mi ascoltò, quella che prima era una lite tra due ubriachi ora era un'azzuffata di gruppo.

In tutto questo Futaba non si era mossa dall'angolino lontano in cui si era rifugiata con ancora il vassoio tra le mani, senza fiatare.

Allora decidi di farlo, sventolai in alto la mappa e li minacciai che se non l'avessero smessa l'avrei gettata di sotto.

Mi notarono e la zuffa si interruppe di colpo, ma la fortuna quel giorno non era dalla mia, o almeno era quello che pensai inizialmente.

Il temporale era peggiorato e il vento soffiava forte, tant'è che, non so come, ma la vela non era stata issata bene così ruotò spinta dal vento sino a colpirli e a spedirmi in acqua.

Provai con tutte le mie forze a risalire in superficie ma non sapevo come domare quelle onde prepotenti alte due metri, che mi scaraventavano sempre più giù.

Sentivo spesso dire 'venderò cara la pelle' ma non mi era mai importato il suo significato, credevo che non avrei mai dovuto combattere, lottare sino alla fine, non mollare, tener duro fino in fondo senza mai arrendermi, per rendere cara la pelle.

Ero abituata alla tranquillità del mio paese, alle sue acque calme e non a lottare contro il mare per tenermi stretta la mia vita, sapevo che da un momento all'altro sarei sprofondata sino a toccare fondo e non avrei potuto più risalire.

In quel momento vidi la mia vita passarmi davanti agli occhi, credevo sarei morta da un momento all'altro, così mi arresi all'idea che era arrivata la mia fine e proprio in quel momento, quando credevo che per me ormai non c'era speranza, una mano mi acchiappò e mi trascinò in superficie.

Non sapevo chi fosse, ma di una cosa ero certa, mi aveva salvato la vita e io gli sarei stata eternamente grata.

Questo sconosciuto aveva rischiato la vita per me e ora le onde stavano per sovrastarci entrambi, non riuscivo ad aprire gli occhi mentre colui che mi aveva salvata mi teneva con un braccio, ancor stretta al suo petto mentre con l'altra mano tentava di farci restare a galla.

Le onde ci sbattevano contro la nave e stavano quasi per riuscire a farci sprofondare ma qualcuno dall'alto ci gettò una fune a cui appigliarci e il misterioso uomo me la legò alla vita e diede ordine all'equipaggio di tirarci su.

Conoscevo bene quella voce, pensai a chi potesse essere mente il vento e le onde ci strattonavano da un lato all'altro, ma poi mi feci cullare da loro e mi addormentai.

O almeno così dissi per giustificare il fatto che in realtà fossi svenuta dato che avevo ingerito troppa acqua e sbattuto ripetutamente la testa contro la nave.

L'unica cosa che mi ricordo di quel momento è che qualcuno mi scrollava urlandomi addosso e dandomi della stupida.

Non appena ripresi i sensi sentii qualcosa sulle mie labbra così aprii di scatto gli occhi ritrovandomi il viso del capitano a meno di un centimetro dal mio e lei mie labbra attaccate alle sue.

Lo spinsi subito via tirandogli uno schiaffo facendolo restare spiazzato, strinse gli occhi sino a ridurli in due fessure, contrasse la mascella e serrò i pugni, si stava trattenendo dal ricambiare l'affronto subito, per poi scegliere di alzarsi e voltarmi le spalle, ma prima di andarsene mi lasciò con una frase.

Ricordo ancora le esatte parole, perché mi rimasero così impresse che mi tormentarono per giorni, non tanto per la frase di per se, ma per il suo significato.

"Questo è il modo di ringraziarmi per averti salvato la vita?! Bah, che gentaglia!": ecco cosa disse.

Ciò stava a significare che l'uomo misterioso che aveva rischiato la sua vita per salvare la mia, era lui.

La voce di un mozzo che si lamentava rinfacciando al capitano che avrebbe dovuto fare come da lui suggerito e lasciarmi lì, poiché tanto quella mappa era inutile dato che non la sapevano decifrare, mi risvegliò dal mio stato di trance.

E tra l'altro tutti si lamentavano del fatto che nonostante lui avesse rischiato la sua vita la mappa fosse andata perduta ed era riuscito a salvare solo me.

Eppure, io ricordavo per certo che dopo avermi afferrata lui non si è più immerso in acqua e non avrebbe potuto farlo neanche prima, dato che mi aveva acciuffata pochi secondi dopo che io ero stata scaraventata sott'acqua.

Ciò stava a significare che lui non aveva affatto cercato la mappa e che quindi si era tuffato in acqua per salvare me.

Alla fine anche il più temerario tra gli uomini aveva un cuore d'oro.

Ciò mi diede la spinta per confessargli la verità.

Mi alzai di colpo intimandogli di fermarsi, ma lui non mi diede ascoltò, così confessai a voce alta che io sapevo decifrare la mappa.

Tutti mi guardarono di stucco e lui si voltò spiazzato verso di me per poi rattristarsi dato che ormai la mappa è andata persa.

Ma io lo feci ricredere perché aprii il pugno dove c'era ancora la mappa intatta.

Per tutto il tempo in cui ero stata sul punto di morire non avevo mai aperto quella mano, anche se questo stava a significare che non avrei potuto nuotare bene e quindi annegare, perché una parte di me sapeva che mi sarebbe stata utile per ripagare il mio debito.

I suoi occhi si illuminarono e un sorriso mai visto prima si fece spazio sul suo volto, così tornò sui suoi passi e mi afferrò il polso strattonandomi e scortandomi velocemente e sgarbatamente nella sua cabina.

In quel momento dedussi due cose molto importanti: quel tiranno aveva un sorriso così luminoso da fare invidia agli dei e che la delicatezza non faceva parte di lui.

Non appena fummo entrati, con voce stracolma di entusiasmo mi chiese se davvero sapessi decifrare la mappa o se avevo mentito per attirare la sua attenzione e nel caso fossi stata sincera cosa c'era scritto al suo interno. Così inizia ad illustrargli che le due righe che si congiungevano dividendo il foglio in quattro parti stavano ad indicare i quattro punti cardinali (est;ovest;nord;sud) e che il punto in cui essi si incontravano determinava il luogo in cui si trovava il tesoro. Bisognava prestare attenzione alla longitudine ed alla latitudine dopodiché arrivava la parte più difficile, individuare la posizione dell'isola consultando gli astri e poi non restava altro da fare tranne capire la posizione esatta in cui ci trovavamo noi in quell'istante e il gioco era fatto.

Quando gli chiesi dove ebbero preso quella mappa lui rispose semplicemente che l'avevano rubata ad un tizio che avevano incontrato nella locanda di una delle tante isole che avevano depredato e poi aggiunse senza farci troppo caso che dopo avergliela rubata l'avevano ucciso.

Ovviamente, a quelle bestie non era minimamente passato per la testa di poterlo portare a bordo della nave e farsi aiutare a decifrare la mappa, no, loro da buoni tiranni quali erano l'avevano ucciso, rendendo così inutile il possedimento della mappa e impossibile il ritrovamento del tesoro al quale conduceva.

A bordo di questa nave mancava una navigatrice, qualcuno con un po' di cervello, cosa che loro non possedevano, erano solo forza bruta, niente altro più. Mi meravigliai di come avessero fatto a sopravvivere nel mare, tra le onde così tanto pur essendo sprovvisti di una navigatrice, era certo ormai che qualcuno da lassù li proteggeva, perché nessuna nave sprovvista di qualcuno che decifrasse le mappe era mai durata tanto a lungo.

Tom si era improvvisato navigatore per troppo tempo ormai, ora c'era bisogno di qualcuno che prendesse in mano la situazione, qualcuno che di cartografia e navigazione se ne intenda davvero.

Qualcuno tipo me.

Svelai i miei pensieri al capitano e lui accettò a patto che nonostante ciò non avrei smesso di lavorare per lui.

Diario di bordo page 4

Esplorammo tantissime isole alla ricerca di informazioni sull'isola del tesoro e nella maggior parte dei casi la risposta era sempre la stessa. Secondo molti era solo una leggende ma io lo sapevo, ne ero certa, l'isola esisteva. Il mio rapporto con il capitano e i suoi uomini era molto cambiato, ora mi rispettavano, sapevano che ero io la loro unica speranza per ritrovare il grande tesoro perduto.

Era un giorno come un altro, dopo aver cucinato e ripulito l'intera nave stando agli ordini di quei barbari mi ritraevo un po' di tempo per me. Studiavo attentamente la mappa e i luogo che la "X" stava ad indicare, facevo schemi e supposizioni poi ritornavo a lavoro.

Ad un certo punto dalla cabina sentii gli spari dei cannoni e dopo ci fu un gran trambusto, uscii per capire cosa stava accadendo e mi trovai nel bel mezzo di una battaglia, ci stavano attaccando. Non appena il capitano mi vide mi ordinò di prendere Futaba e richiudermi nella stiva, a malincuore obbedii.

I nostri uomini stavano avendo la peggio e sapevo che da un momento all'altro la nave sarebbe stata conquistata da quella ciurma di balordi che ci stavano attaccando e così fu. Udivo chiaramente le urla strazianti dei nostri uomini e distinguevo voci sconosciute che di certo appartenevamo ai membri di quell'equipaggio. Oramai non udivo neanche più il suono dei cannoni, ciò stava a significare che era inutile attaccare poiché erano tutti saliti a bordo della nostra nave perciò mi venne in mente un idea, sgattaiolai di soppiatto dove vi erano i cannoni trascinando Futaba con me, così dopo averne spostato uno, presi una tavola di legno e facendola uscire dove prima vi era posizionata la bocca del cannone andai a colpire contro lo scafo della nave nemica, perciò riprovai, il mio intendo non era quello ma bensì un altro. Dopo vari tentativi riuscii a spingere il cannone nemico facendo si che l'asta di legno restasse in bilico tra le due navi per poi salirci sopra e dopo aver fatto segno di seguirmi a Futaba, entrare nelle stive nemiche, per fortuna erano vuote, nessun nemico all'orizzonte perché ovviamente erano tutti saliti a bordo della nostra nave. Mi diressi velocemente, cercando però di far il più possibile attenzione che non ci fosse davvero nessuno, verso il timone, dopodiché lo girai tutto in direzione contraria alla nostra nave, facendo cadere la passerella che i nemici avevano usate per attraccare a bordo e mi allontanai con la loro nave.

Gli uomini dell'equipaggio nemico si gettarono subito in acqua per raggiungere la loro nave.

Grosso errore.

Il nostro equipaggio gli scagliò contro frecce, coltelli e proiettili, così che nessuno a parte quelli che erano ancora sulla nave a combattere sopravvisse.

Il capitano nemico venne anch'esso sconfitto in quanto ormai superiori in numero, dopodiché Christopher gli staccò la testa dal corpo e la infilo in un paletto che dispose appositamente sulla prua. Quella scena mi diede il voltastomaco e mi fece ricrede e pentire per aver anche solo pensato che infondo egli non era tanto crudele come lo descrivevano.

Il resto dell'equipaggio nemico rimasto venne annientato e gettato in mare e quei pochi rimasti in vita pur se mutilati, vennero presi in ostaggio come schiavi e merce da scambio. Indecisa sul da farsi rimasi pietrificata mentre la nave con a bordo il capitano Christopher e la sua ciurma si avvicinava a noi, mi soffermai per un attimo a pensare e subito un'idea mi baleno in mente, potevo essere libera, scappare da una vita di schiavitù, ma avevo dato la mia parola, avevo giurato a lui che l'avrei aiutato a decifrare la mappa del tesoro e anche se è un tiranno io mantengo sempre la mia parola, così con riluttanza feci dietro bordo e andai incontro alla Jolly Roger, così aveva battezzato la sua nave capitan Christopher.

Purtroppo per me, non ebbi il tempo di controllare se vi fosse qualcuno sottocoperta, credevo, anzi ero sicura che tutto l'equipaggio fosse all'arrembaggio sulla nostra nave, ma evidentemente mi sbagliavo sulla nave era rimasto ancora qualcuno, una dozzina di uomini si avvicinavano sempre si più a noi e fui costretta ad abbandonare il timone. Quegli uomini non avevano affatto un aspetto rassicurante e noi, eravamo senz'armi, prive di ogni abilità e sconosciute ad ogni tecnica di combattimento. Senza giri di parole e in pochi termini eravamo spacciate. Un uomo con una benda sull'occhio destro era sul punto di acciuffarci ma una lama gli si conficcò diritta nella tempia sinistra e la sua punta sbucò fuori da quella destra, gli trapassò il cervello, l'altro uomo quello più basso e paffuto fu colpito da una freccia in pieno petto e anche gli altri tre al loro seguito li seguirono sul pavimento colpiti da qualcosa, ma ne restavano sette, ma non feci in tempo a pensarlo che delle sfere arrivarono ai loro piedi, dalle quali poi uscì una strana nube che capii subito essere veleno così ci allontanammo, mentre quattro di loro cadevano a terra contorcendosi dal dolore con le mani strette al collo, appresi subito essere opera di Tommy e mi indussi a ricordarmi che avrei dovuto ringraziarlo non appena tutto ciò sarebbe finito, ora ce n'erano solo tre da annientare, non erano molti, ma per noi erano sufficienti da incuterci timore. Due di loro iniziarono a fare qualche passo verso di noi e mentre arretravamo ci ritrovammo sul bordo della nave pronte da un momento all'altro a finire fuoribordo, prima che ciò fosse possibile notai ai miei piedi un pugnale che prontamente afferrai e scagliai contro i nostri avversari, la lama gli sfiorò soltanto ed io approfittai di quell'attimo di distrazione per spostarmi ed attirarli verso di me cosi che si allontanassero da Futaba, la mia idea di fare da esca però non fu delle migliori, loro non si mossero di un millimetro anzi stavano per scagliarsi contro Futaba prima che un proiettile gli mandasse in pezzi il cranio. Mi voltai e vidi il volto soddisfatto di Christopher, lo ringrazia con lo sguardo, ma la mia felicità fu troppo avventata poiché i nemici non erano finiti, ne rimaneva ancora uno, quello che capii essere il più scaltro, approfittò del mio attimo di distrazione per piombarmi alle spalle ed afferrarmi per i fianchi per poi scaraventarmi a terra, non appena sbattei violentemente contro il legno della nave lui estrasse un coltello pronto ad uccidermi, pregai Dio di risparmiarmi e le mie preghiere si avverarono quando l'uomo che tentava di togliermi la vita si ritrovò senza la mano destra, guardai oltre la sua schiena e mi scoprii felice di incontrare il volto severo del nostro capitano, lottarono a lungo e mi diede ordine di risalire sulla nostra nave che nel frattempo si era abbordata a quella sulla quale ci trovavamo noi. Fui grata al capitano per avermi salvata e ai suoi uomini per aver impedito che quei bruti ci si avvicinassero e ci facessero del male. Non ascoltai il capitano però, al contrario di Futaba io decisi di rimanere là nel caso ce ne fosse stato bisogno, ma fui solo d'intralcio poiché il pirata nemico prese di mira me e Christopher dovette fare di tutto per impedirli di uccidermi, più volte mi ordinò di andarmene, ma non l'ascoltai finché il nemico non ebbe la meglio su di lui e pur senza una mano rischiava di farlo fuori così distinto gli corsi alle spalle e gli frantumai un barile di rum sulla testa convinta che perdesse i sensi ma invece mi sbagliavo, lui cambio il bersaglio della sua ira indirizzandola verso di me ed io non potei far altro che correre prima che un proiettile non lo colpì tra gli occhi e lui cadde a terra senza vita.

Il capitano mi rivolse uno sguardo severo e di rimprovero dopodiché mi venne in contro con l'aria tutt'altro che felice e mi urlo contro come un cane arrabbiato le seguenti parole.

«Si può sapere cosa ti è saltato in mente? Non hai eseguito i miei ordini perché sei rimasta?» mi ringhiò addosso come fa un cane alla sua preda

Io tacqui e abbassai il capo

«Rispondimi! Avevi per caso in mente di fuggire? Sappi che non te lo permetterò. Abbiamo stretto un patto noi due.» mi rammentò

«Lo so, era un modo per distrarli e dare a voi la possibilità di coglierli alla sprovvista, attaccare e vincere.» ammisi sincera in quel momento

«Non abbiamo bisogno del tuo aiuto e la prossima volta sta più attenta mi servi viva, ma ciò non vuol dire che non posso mutilarti la prossima volta che disubbidisci ad un mio ordine, mi servi viva non intera.» sbottò

«Volevo solo impedire che ti facesse del male.» confessai in un sussurro non udibile, ma capii dal suo sguardo sorpreso che lui aveva afferrato la frase.

Dopodiché non ci rivolgemmo la parola per l'intera giornata.

Diario di bordo page 5

Ieri siamo sbarcati in questo porto, il capitano e la sua ciurma decisero di fermarci qui per un paio di giorni.

"In questa città non si smette mai di guadagnare." affermarono

E in effetti, questo posto è popolato da gente molto ricca e pieno di tesori, ne approfittammo anche per chiedere qualche informazione in più sul tesoro dell'isola misteriosa e alcuni, dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo, osarono farfugliare che secondo una leggenda, l'isola del tesoro è sprofondata nel nulla, *poof* misteriosamente scomparsa tra il mare.

Ma sappiamo tutti che ciò è impossibile, perciò ignorammo quell'ubriacone e continuammo per la nostra strada.

Durante la nostra permanenza non mi era permesso scendere dalla nave, ma un giorno sgattaiolai giù per poter comprare qualcosa là in mezzo e cucinare qualcosa di nuovo all'equipaggio con le specialità della zona. Sapevo bene che l'indomani loro avrebbero portato tutto ciò che si trovava su quell'isola per poi scapparcene, però volevo stupirli e riuscii bene nel mio intendo, i stupii, ma non nel modo in cui speravo. Quando scesi dalla nave andai per un po' in giro per il posto finché tra la folla non si innalzò una certa agitazione, tutti si spostarono di lato per poter far passare qualcuno lasciandogli libero il passaggio, ciò mi stranì e non poco. Mi guardai intorno per capire meglio e sbadatamente andai a sbattere contro qualcuno facendo così cadere tutto ciò che avevo acquistato con quelle poche monete trovate sulla nave, a terra. Un sospiro si innalzò tra i presenti.

«Santa madre, che sfortuna!» mi lamentai

«Voi! -qualcuno mi urlò addosso- Stupida plebea, come osate infettarmi con il vostro contatto?» mi accusa una voce al di sopra del mio capo, alzo lo sgardo

«Oh... -esclama qualcuno- Padre, non fateci caso è solo una ragazzina, non l'avrà fatto con cattive intenzioni, siate clemente.» continua mentre sento il suo sguardo addosso

Quel ragazzo dai capelli biondo oro e gli occhi color smeraldo era vestito troppo elegantemente per essere una qualunque persona del popolo.

«Sono l'ambasciatore di questa città, non posso permettere a una meretrice di potermi mancare di rispetto.» afferma altezzoso

«Dimostrate al nostro popolo la vostra grande clemenza, e questi schiocchi vi adoreranno.»

«Siete molto astuto figlio. -sorride sghembo l'uomo ricoperto da gingilli- Voi, cortigiana, mostrate gratitudine per la mia enorme clemenza.» mi disprezzò

Quell'uomo mi disgustò a tal punto che non fui capace di trattenere un'occhiata di ripudio.

«Donnaccia! Come osate guardami il quel modo, non tollero che un essere di così basso rango possa alzare il capo davanti la mia persona, figuriamoci osservarmi con quello sguardo malintenzionato.» sentenzia

Capisco di essermi cacciata in un grosso guaio.

«Guardie!» si prepara a dare un ordine ma viene puntualmente interrotto.

«Padre, lasciate che me ne occupi io.»

Non so come ma in un attimo mi ritrovo rinchiusa in delle segrete.

A quest'ora il capitano Christopher e gli altri si saranno già imbarcati e partiti senza accorgersi della mia assenza.

Perché non sto mai al mio posto?

La cella si apre e al suo interno si presenta una guardia che mi ordina di seguirlo dopo avermi ammanettata per bene.

Vengo condotta in una delle stanze del palazzo al cui interno ritrovo il ragazzo dai capelli oro, che ordina alla guardia di togliermi le catene e dopo gli fa cenno di andarsene. «Spero che vi abbiano trattata con riguardo» si premura

Annuisco.

Per un attimo pensai che il peggio era passato, ma poi fui costretta a ricredermi.

«Dai su, accomodatevi pure.» afferma con finta beltà, ma da suo sguardo capisco che è un ordine

Mi avvicino al suo letto e vi siedo sopra mentre egli segue i miei movimenti con sguardo attento.

Capisco le sue intenzioni ed apprendo di essere spacciata, ma uno strano rumore proveniente da fuori le stanze ci distrae.

Ingoio a vuoto mentre egli, dopo aver sfoderato la spada si appresta ad aprire le porte. Non appena lo fa si ritrova la canna di una pistola a meno di un centimetro dalla sua fronte, esattamente fra gli occhi.

Mossa sbagliata.

Quel modo di fare lo riconosco, è la firma del capitano Christopher, ma lui a quest'ora avrebbe già dovuto lasciare il porto.

Nel mio cuore si accende un lume di speranza che mi appresto a veder scomparire non appena il proprietario dell'arma mostrerà il suo volto, ma quando ciò avviene la fiamma del lume divenne un fuoco di gioia.

Conosco bene quegli occhi, conosco bene quello sguardo di rimprovero e quell'espressione severa su quel volto scolpito da mille battaglie.

Christopher.

I miei occhi si inumidiscono e la mia vista si annebbia, mi mordo le labbra per impedirmi di piangere.

Sono così felice che lui sia qui.

«Si può sapere perché non mi ascolti mai?» sbotta in un rimprovero voltandosi nella mia direzione, mantenendo però la pistola ancora puntata sul ragazzo che nel frattempo si e lasciato scivolare la spada ai suoi piedi.

«A quest'ora saremmo dovuti essere già lontani e invece, ancora una volta, per colpa tua, i nostri piani vanno in fumo e siamo dovuti tornare indietro per te.» mi colpevolizza mentre io resto in silenzio.

Non oso ribattere perché ha pienamente ragione, anche se sono ancora meravigliata dalla sua presenza qui.

«Avrei dovuto lasciarti qui, come suggerito dal resto della ciurma, ma non posso. -scuote la testa rammaricato, poi si corregge- Tu sai come decifrare la mappa.» dichiara come per sopprimere la sua precedentemente affermazione da un significato equivoco

In seguito per essere più convincente afferma: «Se non fosse per ciò ti avrei sicuramente lasciata qui a morire, anzi, molto probabilmente ti avrei già uccisa tempo fa con le mie stesse mani.» marca il concetto per farmi imprimere bene nella testa che lui non ha nulla a che fare con me e che io sono solo una merce di transito per il tesoro.

Ammetto di rimanere un po' delusa dalle sue precisazioni, ma cosa potevo aspettarmi? Lui è un pirata ed io la sua schiava, nulla di più.

«Aspettate! -boccheggia agitato il padrone di casa- Il tesoro? State parlando di quel tesoro? Il leggendario tesoro maledetto di Van Der Decken ? Pensavo fosse una leggenda. Esiste realmente? Possedete quella mappa e quella sgualdrina sa decifrarla?» domanda senza prendere fiato

Christopher alza le sopracciglia osservandolo con sguardo incredulo

«Voglio farvi una proposta. La mappa e la meretrice in cambio di tutto il denaro che volete.» domanda speranzoso il giovane

Il pirata di tutta risposta sogghigna divertito da quell'affermazione, poi mi osserva.

Per un attimo pensai che avrebbe accettato la proposta, che mi avrebbe abbandonata nelle mani di quel verme poi però con una singola frase riesce nuovamente a stupirmi.

«Non siete nella posizione di fare proposte.- lo accusa con sarcasmo- E lei -mi indica alzando il mento- non l'avrete mai.» dichiara con disprezzo e irritazione.

Poi di colpo prende con forza la mascella del biondo tra la mano e la volta con prepotenza verso me.

«La volete?» domanda

Il giovane resta inerme.

«Rispondete!-ordina con aggressività. La volete?» domanda con più energia

Egli di risposta annuisce.

«Vi piace?»

Il biondo osservandomi continua ad annuire.

«E' bella vero?» domanda con più intensità della volta precedente

Annuisce di nuovo.

«Se io non fossi venuto l'avreste fatta vostra?» domanda stavolta con più calma ma si sente una nota di brutalità nella sua voce.

L'uomo lo guarda incerto sul da farsi, lui di risposta strizza gli occhi sino a fargli diventare due fessure e lo incita a rispondere.

Dopo aver ingoiato a vuoto con sguardo terrorizzato annuisce, poi con voce supplichevole implora il pirata di non fargli del male.

«Non preoccupatevi, non vi farò nulla, continuate da dove vi ho interrotto, andate su. -ordina con finta gentilezza e sarcasmo- Io vi aspetterò, restituitemela quando avrete finito.» lo incoraggia spingendolo verso di me

L'uomo lo guarda confuso e poi si dirige verso me che sono ancora sul letto.

Al primo passo il primo colpo alla gamba destra.

«Su continuate! -ordina con aggressività- O volete morire?» domanda puntandogli la pistola addosso

Il giovane ancora accasciato a terra si sorregge ai piedi del letto per alzarsi e *boom* un altro colpo alla gamba sinistra. Il sangue non la smette di fuoriuscire.

«Continuate ho detto!» ordina ringhiando mentre l'uomo si contorce e urla dal dolore.

Resto inerme ad osservare la scena, poi quando egli ricomincia a strisciare nella mia direzione ecco che arriva il colpo finale che lo prende in piena nuca.

Osservo l'espressione soddisfatta e arrogante del capitano, con ancora la mascella tesa e i denti stretti segno della sua estrema collera.

Di colpo si volta nella mia direzione con sguardo rancoroso e con disappunto si avvicina.

La vista mi si offusca e d'un tratto la stanza inizia a girare, alzo lo sguardo al soffitto e l'immagine diventa sfocata finché a un certo punto non vedo il buio.

Diario di bordo page 6

L'indomani mi sveglio nel mio letto, osservo intorno a me e riconosco essere la mia stanza della nave, dopo essermi completamente ripresa, ignara ancora però di come possa ritrovarmi lì e di cosa possa essere accaduto dopo che svenni, mi alzo diretta alla porta, pronta per svolgere i miei compiti sulla nave e alle ramanzine dei presenti. Con mia grande sorpresa però la porta è bloccata, provo ancora a girare la maniglia ma nulla, la porta è stata chiusa a chiave ed io sono stata segregata qua dentro.

Passo la prima mezz'ora in silenzio, poi decido di tirare qualche pugno alla porta ed urlare, ma nulla, nessuno ha intenzione di ascoltarmi. Tre ore dopo la fame inizia a farsi sentire così ricomincio a bussare alla porta ed urlare.

«Apritemi per favore, sono qui dentro da non so quanto tempo, voglio uscire!» nulla

«Ho fame!» mi agito di più

So che farei meglio a starmene calma e zitta ma ho bisogno di alcune spiegazioni.

«E' da ieri pomeriggio a quest'ora che non mangia, fatemele portare almeno un pezzo di pane e un po' d'acqua.» odo la voce di Futaba supplicare qualcuno

«Va bene, solo del pane e un po' d'acqua, -accetta il capitano- ma sarò io a portarglieli.»

Sento una chiave girare nella serratura e finalmente la porta si apre, vedo entrare Christopher che richiude la porta al suo seguito.

Forse avrei preferito restarmene da sola. Starò più attenta a ciò che chiedo la prossima volta.

Lui mi osserva con un espressione mista fra la compassione e l'ira.

«Si può sapere cosa ti è saltato in mente? -sbotta infine- Potevi fare davvero una brutta fine. -mi avvisa- Se solo io non fossi arrivato in tempo, chissà cosa...» lascia la frase in sospeso scuotendo la testa

La scena di come sarebbe potuto andare se lui non fosse accorso in mio aiuto si fa spazio prepotentemente nella mia testa.

Un brivido mi scuote la schiena e quasi senza accorgermene inizio a singhiozzare senza alcun ritegno, provo più volte a coprirmi la bocca con la mano per fermare i singhiozzi ma fallisco spudoratamente.

Lui è pronto per l'ennesimo rimprovero, ma dopo avermi vista in quelle condizioni si trattiene da ogni tipo di calunnia.

«E' meglio non pensarci adesso -cerca di consolarmi- l'importante è che sia andato tutto bene.» mi ricorda

Le lacrime non cessano di scendere e istintivamente Christopher mi abbraccia stringendomi forte al suo petto.

Rimango sbigottita e anche lui resta scombussolato quanto me dal suo gesto, non appena si rende conto di ciò che ha fatto si ricompone subito e dietro un colpo di tosse si congeda agitato lasciandomi lì confusa e con il battito accelerato.

Diario di bordo page 7

Le prime due settimane passarono senza che io ed il capitano ci rivolgessimo più la parola, entrambi troppo imbarazzati dal nostro ultimo incontro per poterci anche solo guardare in faccia. Una notte come le altre però, ero nel più profondo sonno quando qualcuno mi svegliò pronunciando ripetutamente il mio nome e scuotendomi. Stavo per urlare quando una mano mi tappò la bocca impedendomi di farlo, andai nel panico, ma la stessa voce che prima mi chiamava ora mi rassicurava.

«Shh! Sono io, Cristopher.» mi calmo e lo guardo perplessa.

«Cosa ci fai qui e per di più a quest'ora?» domando confusa

«In queste ultime due settimane ci ho pensato molto su e sono arrivato alla conclusione che tu sei troppo debole, persino un bambino potrebbe farti del male. così ho deciso che ti allenerò io personalmente, in modo che tu diventa più forte e ti sappia difendere da sola senza bisogno del mio aiuto o di nessun altro intervento.»

«Cosa? -sono stupida dalla sua affermazione- Combattere non fa per me, non ne sarò mai capace.»

«E' proprio per questo che ti allenerò io, diventerai sicuramente un buon combattente."

«Ma perché?»

«E se un giorno ti trovassi nei guai e né io, nè nessun altro riuscissimo ad arrivare in tempo per salvarti? -sul suo volto leggo la sua preoccupazione- Non farti strane idee, ci servi viva e poi così sei solo un peso per noi, poiché dobbiamo sempre occuparci di te e difenderti.»

«Mi impegnerò affinché voi non dobbiate più preoccuparvi e mettervi nei guai per me.»

Da quel giorno si impuntò per allenarmi, ogni giorno mi chiamava all'alba prima che tutti gli altri si svegliassero e iniziava il nostro duro allenamento. Con me non ci andava affatto piano, non gli importava che fossi una donna e per di più inesperta, combatteva come se fosse davvero un duello, con la differenza però, che per fortuna almeno a me non amputava nessun arto o mi sgozzava.

«Dai su! Sei una rammollita, non hai un minino di forza. Potrei ucciderti qui, in questo momento e senza che tu te ne accorga, se solo lo volessi.»

Alzo la spada con una certa fatica e provo, se non a rispondere ai suoi attacchi ma perlomeno a pararli. Il suo primo affondo mi sfiora deliberatamente la spalla sinistra, senza che io mi sia minimamente accorta del suo repentino movimento. Punto i piedi sul legno della nave e lo osservo attenta per scrutare ogni suo possibile movimento, tengo entrambe le mani sull'impugnatura della spada e i gomiti alzati la porto all'altezza del petto, con la lama che sorpassa la mia altezza. Egli porta un piede in avanti ed io contraggo i muscoli, mi accorgo che ciò era una finta per mettermi in guardia, alza la spada e io nascondo il mio viso dietro la mia lama, porgo la mia spada in avanti e volto il viso verso sinistra stringendo gli occhi e tremando istintivamente. Senza che me ne accorgo lui mi disarma, gettando la mia spada dietro se ove non avevo notato aver già gettato la sua. Era riuscito a disarmarmi a mani nude, riconosco essere proprio una debole codarda. Mi prende il mento tra il suo pollice e l'indice e mi volta nella sua direzione costringendomi a guardarlo.

«Apri gli occhi. Non bisogna mai abbassare la guardia durante un duello e ancora meno non bisogna, mai e ripeto mai, chiudere gli occhi in presenza di un avversario perché saresti spacciata.»

Apro gli occhi e lo osservo, siamo a meno di un centimetro di distanza, il mio sguardo dentro il suo, non avevo mai notato la sua bellezza, ne tanto meno i suoi occhi blu, tanto profondi da scorgerci il mare dentro. Non so perché ma l'istinto mi porta ad avvicinarmi di più a lui, così da poter osservare e scrutare meglio quegli occhi, egli non si allontana affatto, anzi si sporge di più verso di me, sino a ritrovarci a meno di un centimetro l'uno dall'altra e sfiorandoci con la punta del naso. I nostri sguardi sono ancora incatenati l'uno nell'altro, i nostri respiri sono così vicini e in sintonia che sembrano fondersi in un tutt'uno, mentre le nostre labbra si cercano desiderose di un contatto. Nessuno dei due riesci a capire cosa sta accadendo ed a spiegarsi il perché di quella situazione, ma l'unica cosa chiara è che non riusciamo a staccarci, a distogliere lo sguardo e che c'è un qualcosa che ci spinge ad avvicinarci sempre di più, per quanto sia possibile essere più vicini di così.

Istintivamente porto le mani sulle sue guance mentre lui le lascia scivolare sulla mia schiena ed entrambi attiriamo l'altro sempre di più a noi stessi, finché finalmente le nostre labbra non si sfiorano, non mi ero mai accorta di aver desiderato così tanto quel contatto finché non è accaduto. Sento il petto martellarmi e la testa vuota, tanto da poter sprofondare, sbattere a terra priva di forza, l'unica cosa che mi regge ancora in piedi sono le sue possenti braccia che mi sorreggono il busto e le sue labbra attaccate alle mie, non sono sicura di tutto ciò, né tanto meno conosco il motivo per cui sta accadendo una cosa del genere, però, se c'è una cosa di cui sono sicura è che non voglio interrompere quel contatto per nessun motivo al mondo e che lui sembra essere del mio stesso parere.

D'improvviso lui spalanca gli occhi per poi allontanrmi da se respingendomi, non capisco il motivo di questo gesto così improvviso. Sono confusa, un attimo prima siamo lì, stretti l'uno all'altra con le labbra appiccicate e i cuori a mille e l'attimo dopo mi spinge via così.

Lo guardo interrogativa ed egli di tutta risposta finge un colpo di tosse avvertendomi che avremmo continuato l'allenamento l'indomani per poi andarsene e sparire mentre il sole indiziava ad alzarsi in cielo e le prime luci del mattino illuminavano la prua della nave, facendomi istintivamente strizzare gli occhi per poter veder meglio, prima che potessi abituarmi alla luce del sole.

Alla sera, mi rendo conto che il capitano Christopher non ha fatto altro che evitarmi per l'intera giornata e non me ne capacito, non capisco perché possa aver reagito in quel modo e nonostante mi sforzi non rammento nulla che io possa aver fatto per far si che quest'ultimo si arrabbiasse con me.

Ho anche sospettato che forse io non gli piaccia affatto, anzi che gli faccia schifo e che in quel momento il suo gesto è stato impulsivo, dettato dal corpo e che magari io abbia fatto qualcosa per fargli pensare che desiderassi quel contatto così egli non ha potuto far altro che accontentarmi, ma poi la ragione ha preso il sopravvento e lo ha fatto ricredere.

Diario di bordo page 8

«Capitano! Guai in vista capitano!»

E con queste parole urlate nelle orecchie che mi sveglio.

Neanche oggi il capitano Christopher è venuto ad allenarmi, sono stata sul ponte sino a che il sole non si è alzato in cielo, poi sono tornata nella mia stanza e non mi ricordo neanche di essermi addormentata.

Ormai è così da più di un mese, lui mi evita ed ignora per tutte le ore del giorno e della notte ed io non ho il coraggio di avvicinarmi ad egli, figuriamoci di chiedere spiegazioni.

All'alba però, spero sempre che lui venga ad allenarmi, così mi preparo e lo aspetto fino al mattino, quando lo stomaco di questi marinai pretende cibo e il resto della ciurma si alza aspettando che io glielo prepari e serva.

«Si può sapere che succede?» domando confusa non appena metto piede fuori dalla cabina.

Tommy si volta verso si me, con uno sguardo spaventato e un espressione di puro terrore stampata in viso.

«Siamo incappati nel triangolo delle bermuda.» sussurra agghiacciato

La mia bocca si spalancò spontaneamente e un brivido mi trapassò la colonna vertebrale.

Il triangolo delle bermuda? Siamo fritti.

«Guarda! C'è qualcosa nel mare.» grido in direzione di Tom indicando un punto ben preciso

«Ma è un uomo. -afferma lui confuso- Uomo in mare!» continua

Tutta la ciurma sia appresta a prestargli soccorso e dopo aver gettato una fune in mare a cui l'uomo si aggrappa, lo trascinano sulla nave.

«Una donna.» afferma in coro alquanto stupito l'intero equipaggio

C'è chi lancia occhiate in segno di apprezzamento, chi sorride malizioso difronte all'immagine di quella giovane donna mezza nuda.

Corro in suo soccorso, non mi va di lasciarla sola in mezzo a quei bruti, ci sono passata anch'io, so cosa vuol dire sentirsi i loro sguardi addosso, così le lancio addosso una coperta e lei anziché ringraziare me, lancia un'occhiata di gratitudine al capitano.

«Ehi tu! Come ti chiami?» le domanda poco gentilmente Christopher

«Azzurra.» sussurra alzando quei suoi occhi blu mare in direzione del capitano.

D'un tratto lui sembra privo di risposte, quasi paralizzato, come se si fosse addormentato con gli occhi aperti, poi ella inizia ad intonare un leggero canto e la stessa fine spetta al resto della ciurma, l'uniche a sembrar immuni a questo attacco di sonno improvviso sembriamo essere io e Futaba, che guarda la giovane con sguardo terrorizzato e poi inizia a tremare.

Io non capisco sono confusa, così mi avvicino alla mia amica.

«Cos'hai?» le domando preoccupata

«Lei. -trema- Li ha incantati.» afferma

«Ma che stai dicendo, sono solo uomini, motivo per cui sono rimasti soggiogati dalla loro bellezza. Vero Tommy?» domando girandomi in direzione di quest'ultimo che noto essere nella stessa situazione degli altri.

Ora sono ancor più confusa, Tom non è tipo da farsi incantare da un bel visino e neanche il capitano a pensarci bene.

Che sta succedendo?

Vado in panico, mentre la ragazza si accorge di noi e il suo sorriso tramuta in un espressione feroce che mi spaventa e non poco.

«E' una sirena.» balbetta Futaba al mio fianco

Sussulto.

Una sirena? Ne ho sentito parlare in alcune leggende, ma tutte parlano di donne incantevoli con una coda da pesce e una voce soave.

Quasi come se avesse ascoltato i miei pensieri Futaba risponde.

«Le sirene hanno poteri magici, una volta usciti dall'acqua possono trasformarsi e in più, con la loro voce sono capaci di incantare gli uomini piegandoli al loro comando. Secondo te perché chi finisce nel triangolo delle bermuda non torna più? -mi domanda retoricamente- Perché deve affrontare tre pericoli, il primo dei quali sono le sirene e gli altri due sono sono supposizioni poiché si da il caso che nessuno è mai riuscito a superare il primo ostacolo.» mi avvisa

No, non è possibile.

«Perché su noi non ha avuto effetto?» domando

«Mia nonna mi raccontava spesso che le sirene trascinano gli sfortunati marinai in mare per poi dar inizio ad una 'danza' dell fertilità, dopo aver raggiunto il loro obbiettivo li lasciano sprofondare infondo al mare. Penso che sia questo il motivo per cui noi siamo immuni, poiché siamo donne non possiamo essere di nessuna utilità.» confessa infine

La giovane si dirige verso di noi, ma io prontamente prendo una botte che si trovava là vicino e gliela tiro addosso, Futaba mi imita iniziando a lanciargli tutto ciò che ci viene sotto mane e ciò rallenta la sua corsa verso di noi. Approfitto del momento di distrazione, mentre Futaba lancia gli oggetti e corro a recuperare la spada più vicina. Faccio appena in tempo, mentre lei si precipita su Futaba, io la infilzo con la spada trapassandole l'addome, quest'ultima cade a terra, ma poi si riprende, così spingo la mia amica giù nella stiva e serro la porta ordinandole di non muoversi. Ce la saremo vista noi due.

Adesso che la guardo bene, non è più la bella donna di prima, ma ha più l'aspetto di una strega, la sua pelle è diventata di un ciano tendente al verdastro, i suoi capelli sembrano alghe e i suoi occhi sono giallastri, a guardarla così mi spaventa.

La ferita si è rigenerata, cerco di colpirla, ma inutilmente, così corro dal resto della ciurma sperando che potessero aiutarmi. Li scuoto, ma loro sembrano non essere lì in quel momento, hanno tutto l'aspetto di essere delle statue.

Osservo il volto privo di espressione di Christopher e sento un tonfo al cuore, gli accarezzo delicatamente il volto mentre sento i passi di quella megera dirigersi verso me.

«Non lascerò che tu finisca infondo al mare, per nessuna ragione al mondo permetterò a qualcuna di farti del male.» sussurro tra i singhiozzi per poi stampargli un delicato bacio sulle labbra e correre incontro al mio nemico.

Lei evita il mio affondo ed io sbatto a terra, avvicina i suoi artigli al mio viso ed io sono certa che questa è la mia fine, il mio primo pensiero va a Futaba.

Cosa le accadrà adesso?

Poi pensa alla promessa che avevo fatto al capitano e che non potrò mai mantenere.

Sto per chiudere gli occhi, ma le parole di Christopher mi tornano in mente, così osservo il mio nemico e guardo in faccia la morte.

Me l'aspettavo diversa la mia morte, di certo non credevo che quest'ultima mi sarebbe crollata addosso come un peso morto, ma chi lo sa, ognuno immagina la sua morte in maniera diversa.

«Vedo che hai appreso i miei insegnamenti.» afferma una voce dietro le spalle della sirena

Solo in quell'istante noto che quest'ultima si è trasformata in pietra, la scosto di dosso e noto il sorriso di scherno sulla labbra dell'uomo di fronte a me.

Christopher.

«Ma come...» sto per domandare prima di vedere l'espressioni confuse sui volti del resto della ciurma che pare essersi appena ripreso da quello stato di trance.

Senza indugiare oltre, il capitano si dirige verso il suo equipaggio e solo in quel momento io mi ricordo di Futaba, corro ad aprile la porta e non appena lei mi vede, mi salta addosso con lacrime di gioia.

«Sei viva.» afferma tra le lacrime

«Si lo sono, anche se non capisco per quale assurdo miracolo lo sia.» confesso sorridente

Lei mi guarda incitandomi a continuare.

«Quando stava per uccidermi, il capitano mi ha salvata. Non si sa come, ma si era risvegliato.» ammetto

«Hai fatto qualcosa?» domanda lei

«No, affatto.» rido sollevata di essere ancora a questo mondo

«Cos'hai fatto?» insiste

«Ti ho già detto che non ho fatto nulla.» ripeto

Non capisco perché continui ad insistere su quest'argomento se le ho già detto che non ho fatto nulla di speciale.

«Ho capito, devo cambiare domanda. -afferma- Lo hai baciato?» domanda seria in volto

Sbarro gli occhi.

E' vero, l'ho baciato, ma lei come fa a saperlo?

«Lo hai baciato vero?»

«Shh, abbassa la voce. Vuoi che ti senta l'inetra ciurma?» la rimprovero

Lei mi guarda preoccupata.

Ho capito, ho sbagliato, non avrei dovuto baciarlo, ma non è mica così grave.

E' poi non è la prima volta, tempo addietro ci eravamo già baciati, non ci vedo nulla di male a baciare un uomo che pensi di non rivedere mai più.

«Tu non sai davvero in che guaio ti sei cacciata. -mi avvisa mentre io la guarda stranita- Quello non era solo un bacio. -continua ed io sono sempre più confusa- Ti ho già detto che a mia nonna piaceva raccontare leggende vero? Bene, la leggenda sulle sirene che ella mi raccontava recitava anche una filastrocca che faceva così: "Un bacio d'amore a chi ha il ghiaccio nel cuore.", questa filastrocca stava a significare che solo il bacio del vero amore avrebbe potuto spezzare l'incantesino delle sirene.» conclude

Il bacio del vero amore? Che sciocchezza è mai questa?

«Jasmine! -urla qualcuno alle mie spalle ed io so già a chi appartiene quella voce- Ti devo parlare, seguimi.» mi ordina

«Da dove iniziare... -riflette- Ecco vedi, concordi con me nel dire che è stato parecchio strano il fatto che io stia stato l'unico a risvegliarmi dall'incantesimo prima che quella megera morisse. -annuisco mentre il mio battito accelera- Tu non hai fatto nulla di speciale? Mi spiego, non hai fatto nulla per far si che io mi svegliassi? » perdo un battito e scuoto la testa.

Come potrei dirgli che l'ho baciato?

Mi guarda di sottecchi con aria sospettosa.

«Sai, io non credevo alle leggende, così come non ho mai creduto alle sirene, eppure, sappiamo bene entrambi che quell'essere era una sirena, perciò non posso più negare la loro esistenza. Ora però mi sorge un dubbio, se le sirene esistono è possibile che anche le leggende sul loro conto siano vere. -il cuore mi sale in gola. Dove vuole andare a parare?- Ce n'era una filastrocca in particolare che spiegava come 'scongelare' chi era stato colpito dalla sua maledizione. Non la ricordo molto bene, ma recitava più o meno così: "un bacio e un abbraccio a chi ha il cuore di ghiaccio.", non so se sia esattamente così, sai non sono tipo da filastrocche. Tu puoi aiutarmi?» domanda con aria saccente

Arrossisco e abbasso lo sguardo sulle mie scarpe.

«Jasmine, vuoi che ti spieghi per bene la domanda che voglio porti o l'hai già capita da sola? Non penso che tu sia così ottusa da non capire cosa voglio che tu mi dica.» afferma convinto

Mi alzo di scatto dirigendomi verso la porta mentre lui scruta i miei movimenti, sono troppo imbarazzata per poter dire qualcosa.

Poggio la mano sulla maniglia e prima di uscire pronuncio una frase.

«"Un bacio d'amore a chi ha il ghiaccio nel cuore." è questa la filastrocca giusta.» lo correggo con non so quale coraggio per poi lasciare quella stanza dall'aria ormai pesante.

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Questo è un pezzo della storia che sto scrivendo, è solo l'inizio ma aggiornerò questo capitolo non appena avrò finito di scriverla. Ho deciso di pubblicare questa one shot anche se non era completa solo perché mi è accaduto varie volte che il computer mi si rompesse mentre stavo scrivendo una storia e quindi perderla e anche perché spesso mi vengono delle idee per le storie, le scrivo nel mio computer e magari tempo dopo se ne esce qualcuna con una trama simile ed io non posso più pubblicare la storia nonostante l'avessi già scritta perché altrimenti mi accuserebbero di aver preso spunto da quest'ultima.

  
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