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Autore: Gmergots    12/08/2014    1 recensioni
Ancora una volta amore, avventura, coraggio e giustizia sono le parole-chiave, nonché i temi dominanti di una storia che ha come protagonista una "eroina".
"-Io non voglio andarmene! - mi sforzo di non piangere, ma devo mettercela veramente tutta.
- Immaginavamo che avresti reagito in questo modo. È per questo che non te ne avevamo ancora parlato, stavamo solo aspettando il momento giusto. Dobbiamo andarcene, Bessie –
Ritraggo le mani, facendole scivolare sotto quelle ruvide e callose dello zio e mi alzo da tavola correndo in camera. Mi lancio sul mio letto lasciando sbattere la porta e sfogo le lacrime che ormai non sarei più riuscita a trattenere. Pensano che sia una bambina? Che non sia in grado di ragionare? Mi rigiro su un fianco asciugando il viso sulla piega del lenzuolo. Si aspettavano che non sarei stata d'accordo e hanno ben pensato di fare tutto loro. Comunque sia, io non me ne voglio andare e non me ne andrò; non mi interessa se l'esercito verrà anche qua, potrebbe essere solo che una fortuna per me e per loro. Non ho paura, né intenzione di arrendermi."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Quando mi sveglio Ginevra è già uscita. Mentre aspetto di trovare le forze per alzarmi e iniziare una nuova giornata, osservo il suo letto vuoto e la trapunta bianca coi fiorellini azzurri perfettamente stesa sul materasso. Mi infonde un famigliare senso di sicurezza. L'ordine è sempre stata una caratteristica di mia cugina; c'è un qualcosa di straordinariamente affascinante nel modo in cui mette apposto le cose e non parlo solo della camera.Assaporo ancora per qualche istante il calore delle coperte e la morbidezza del cuscino, poi costringo me stessa a mettermi seduta e i miei piedi a cercare le pantofole.La stanza profuma di sonno e dalle persiane ancora chiuse filtra parecchia luce, segno che il sole è già alto nel cielo; non riesco a credere di aver dormito tanto. Poi mi ricordo: stanotte c'è stato un temporale e ovviamente ho fatto fatica ad addormentarmi. Credo di essere una delle poche ad avere ancora paura dei tuoni a quasi diciassette anni, ma è una cosa che non riesco a controllare. Forse è perché quella notte c'era il temporale, perché ero rimasta sola e perché avevo solo nove anni. È incredibile quanto tempo sia già passato; credo ormai di averci fatto l'abitudine, sì, cioè all'idea di non avere più dei genitori, a non pensarci più tanto spesso e a svegliarmi in questa stanza. Ma no, purtroppo non è così semplice. Non ci si può abituare a queste cose e non è possibile da un giorno all'altro decidere di dimenticarle. Sarà un dolore che mi accompagnerà ogni volta che vedrò una donna pettinare i capelli della sua bambina, o un padre insegnare ad un giovane uomo i trucchi del suo mestiere, ogni volta che ci sarà il sole e si potrebbe fare una passeggiata, ogni volta che pioverà e farà freddo e dovremmo stare tutti insieme in casa davanti al camino, ogni volta che tutti gli altri avranno un posto in cui rifugiarsi, in cui essere capiti, perdonati e amati. Sarà un dolore che mi accompagnerà per il resto della mia vita. Apro appena la finestra per cambiare l'aria viziata e subito s'intrufolano spifferi gelati. L'inverno si fa sempre più vicino e mi chiedo se anche quest'anno nevicherà come quello passato. Da una parte non potrebbe che essere una fortuna, dato che lo zio Gerard fa il taglialegna e, quando qui ad Anthos la gente è obbligata ad accendere la stufa o il camino per non morire congelata, la sua piccola impresa fa affari d'oro; ma dall'altra temo che molti miei compaesani, soprattutto bambini e anziani, si ammalino di febbre o di altre malattie causate dal freddo e non riescano ad arrivare alla fine dell'anno, come già è successo molte volte. E ultimamente è sempre più difficile comprare farmaci adeguati o medicine efficaci o qualsiasi altra merce prodotta in Città; da quando il re ha iniziato a mandare tutti questi controlli, i venditori ambulanti clandestini che passavano almeno una volta a settimana, non si sono più visti da queste parti. Suppongo sia giusto far rispettare le leggi stabilite, ma in questo caso non si tratta di fare a meno di vestiti all'ultima moda o “cibi di lusso” come il caffè o la cioccolata: c'è in gioco la vita di milioni di sudditi di tutto il regno di Kora e Albert, il nostro re, ne è consapevole; tuttavia non mi stupisco, per quanto ne so, non è che l'ennesima dimostrazione da parte sua di quanto poco gli importi di chi vive fuori dalle mura.
- Bessie, ben svegliata! Ero giusto venuta a vedere se stavi ancora dormendo. Hai idea di che ore siano? - la zia Sandra appare da dietro la porta sorridendo.È entrata da un pezzo nella quarantina, ma quando sorride come in questo momento, sembra avere almeno vent'anni di meno. In mano ha il mestolo con cui di solito mescola il preparato dei dolci o le bevande calde.
- Ho... ho avuto difficoltà a dormire stanotte -
- Lo immaginavo... Ginevra mi ha detto che devi aver fatto anche qualche brutto sogno –
- Già... -
- Ne vuoi parlare? - fa per entrare nella stanza.
No zia, non preoccuparti, sto bene. Mi metto dei vestiti e vi raggiungo in cucina – rispondo raggiungendo l'armadio e sforzando un sorriso.
D'accordo, vado a prepararti qualcosa di caldo allora – annuisco e lei sparisce dietro la porta.
In realtà non sto affatto bene, ma non voglio che si preoccupi, tanto non potrebbe comunque farci niente. È da quando i miei genitori sono morti che mi capita di svegliarmi durante la notte a causa di qualche incubo, anche se in quest'ultimo periodo è qualcosa che accade sempre più assiduamente e i sogni sono sempre più terribili; mi divincolo e mugolo e a volte mi sveglio persino gridando. Ho paura che con il passare del tempo la situazione possa solo che peggiorare e so che non potrò evitarlo in nessun modo. Mi cambio il pigiama come promesso alla zia e scendo al piano di sotto. In confronto alle altre case di Anthos, questa è piuttosto grande, forse addirittura la più grande di tutte e ad ogni modo una delle poche ad avere due piani e i servizi igenici all'interno. Un falegname di umili origini come mio zio non se la sarebbe mai potuta permettere, se non avesse sposato Sandra. Infatti questa casa fa parte dell'eredità della zia: i suoi antenati di qualche generazione fa, vivevano in Città, poi si trasferirono fuori dalle mura - a quanto dice lei, per condurre una vita più tranquilla e a contatto con la natura. A mio parere ebbero qualche problema con la monarchia dell'epoca che, se non vado errata, dovrebbe essere stata governata dal trisnonno dell'attuale re -, acquistarono questo terreno sopra il paese e costruirono la casa. Quando gli zii si sposarono, decisero di costruire qui il loro nido d'amore, anche se c'erano un bel po' di cose da sistemare dato che per decenni era rimasta inabitata, e anche se è un po' più su rispetto al centro abitato.
Quando entro in cucina, non mi sorprendo di trovare il resto della mia famiglia con le tazze già vuote e il tavolo cosparso di briciole, ma sono ancora tutti seduti a tavola ad aspettare educatamente che anch'io faccia colazione. Tutta la stanza è invasa da un intenso profumo di erbe aromatiche, probabilmente si tratta di quelle che ho raccolto settimane fa nei prati vicino al bosco.
Lo zio Gerard è immerso nella lettura del quotidiano nazionale; è una cosa che fa tutte le mattine, come se ogni giorno sperasse davvero di trovare scritta lì sopra una notizia vera, obiettiva, magari sfuggita per caso agli editori reali e resa pubblica agli occhi di tutti – o almeno di chi è in grado di leggere -. Intanto accarezza la nuca di Ginevra; lei è talmente presa dalla conversazione con Fabrizio, suo fratello, che quasi non si accorge del mio arrivo. La zia, mescolando con il suo mestolo qualcosa che bolle sul fuoco, osserva silenziosa e fiera i suoi bellissimi figli sorridere e gesticolare tra loro. Resto qualche secondo sulla soglia della stanza davanti al perfetto quadro famigliare in cui la vita mi ha forzatamente incluso. Loro fanno e hanno fatto davvero di tutto per farmi sentire una figlia e una sorella, ma in momenti come questo non posso che sentirmi in colpa. Non dovrebbe andare in questo modo, dovrebbero essere liberi di condurre la loro vita senza avere me fra i piedi. Per quanto mi riguarda, me ne andrei anche adesso da questa casa, ma so che nessuno di loro me lo lascerebbe fare; credo che mio padre abbia fatto promettere a suo fratello di occuparsi di me almeno finché salute ed età glielo avessero permesso e sono sicura che Gerard lo farà. Cercando di non disturbare occupo il mio solito posto, di fronte a Ginevra e accanto a Fabrizio, mio cugino. Lui è il fratello maggiore che tutti vorrebbero: dolce, divertente, premuroso, e soprattutto sempre pronto a prendere le mie difese in qualunque tipo di controversia o discussione. Assomiglia molto a sua sorella eccetto che per il colore dei capelli: i suoi sono neri corvini, mentre quelli di Ginevra dell'acceso rosso carota che deve aver avuto anche mio padre da ragazzo; in compenso hanno lo stesso naso sottile e leggermente appuntito di Gerard, gli occhi grandi e verdi di Sandra e una spruzzata di lentiggini sul naso che hanno ereditato da entrambi i genitori. Sono davvero bellissimi, quasi brillano esposti alla luce di mattine come questa e con me non sembrano avere neanche un lontano legame di parentela; Gerard dice che è perché io ho preso tutto dalla parte di mia madre, ma per quanto ricordo, anche lei era molto più bella di me, con gli occhi da cerbiatta, i capelli biondi e tutto il resto. E questo mi fa sentire ancora di più un pesce fuor d'acqua. Fabrizio mi porge l'ultima fetta della torta di mele preparata ieri dalla zia; probabilmente l'ha risparmiata per me alle fauci di Gerard. Mio zio è un pozzo senza fondo e mia zia un'ottima cuoca; impossibile non riconoscerli una coppia perfetta.
L'ho appena tolta dal fuoco, stai attenta a non scottarti la lingua - mi sollecita Sandra servendomi una tazza fumante di tisana casereccia.
Che piani hai per la giornata? - la voce di mia cugina è allegra e cristallina. Presumo che lei abbia già degli impegni, ma, come sempre, vuole assicurarsi che io non resti sola; apprezzo molto che se ne preoccupi, tuttavia sa benissimo che non mi lascio coinvolgere in programmi che comprendano le sue stupide amiche. E qualcosa mi fa pensare che anche oggi si tratta di qualcosa del genere. Alzo le spalle.
Jasmine... - azzarda - ...Ci ha invitati tutti a casa sua, puoi venire anche tu, se ti va – mando giù un sorso di tisana.
No, grazie Ginnie, sai che Jasmine... diciamo che non mi sta molto simpatica – addento il dolce.
- Non ti sta molto simpatica? - Fabrizio scoppia a ridere – È un'oca travestita da zoccola! - lo zio alza gli occhi dal giornale. Mio cugino è tanto dolce quanto spontaneo e questo non è sempre un qualcosa di positivo.
Quindi immagino non voglia venire nemmeno tu, giusto? - Ginevra sembra più irritata che offesa.
No, grazie, credo che passerò per questa volta – ironizza mio cugino continuando a ridacchiare. Mi rendo conto di quanto i suoi denti bianchi risaltino fra la barbetta nera. Non è molto che se la lascia crescere, direi dal mese scorso, quando ha compiuto diciotto anni e, anche se ci ho messo un po' ad abituarmici, adesso devo riconoscere che gli dà decisamente un'aria più interessante. Cerco di camuffare una risata sorseggiando dell'altra tisana. Ginevra sospira.
Come volete – si alza da tavola e sale in camera. Segue qualche secondo di silenzio di cui approfitto per finire la mia colazione.
Fabrizio, vai subito a scusarti con tua sorella! - interviene poi la zia interrompendo le sue mansioni di casalinga.
Ma...-
Niente ma, giovanotto! Non mi piace che i miei figli usino questo linguaggio! Gerard, tesoro, dì qualcosa anche tu! –
Tua madre ha ragione. Dovresti imparare a essere più educato o...-
-
...O ad usare qualche eufemismo quando si parla delle sue amiche – concludo io sorridendo.
Sandra si sforza di mantenere un'espressione seria e inflessibile, ma credo che sappia anche lei di non essere per niente credibile; né lei né lo zio sono mai stati due genitori severi, soprattutto Gerard che adesso, da dietro la pagina di giornale, se la ride sotto i baffi ancora bagnati di latte. 

   
 
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