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Autore: germangirl    13/08/2014    11 recensioni
Alla vigilia di un evento importantissimo, uno dei protagonisti principali ripercorre tutto ciò che è successo negli ultimi anni, raccontandolo dal suo punto di vista.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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CAPITOLO 6 – L’ANNO SCORSO

Ero convinto che quello sarebbe stato un addio. E invece, Richard Edgar Alexander Rodgers Castle ci ha spiazzato. Si è messo in ginocchio e ha chiesto a Katherine Houghton Beckett di sposarlo!

 

L’espressione sul volto di Rick non lasciava presagire nulla di buono e invece oh my God ha chiesto a Kate di diventare sua moglie. Non riuscivo a crederci. Non pensavo che avrei mai vissuto tanto a lungo da assistere a questo momento e invece l’inquilino del loft ce l’aveva fatta! Battevo come un tamburo, rimbalzando contro le costole. Sembrava quasi che Kate avesse un temporale dentro di sé, con tuoni, fulmini e saette!

Quella proposta è stata l’ennesima bordata al raziocinio di Kate, tanto che il cervello lì per lì ha reagito balbettando e non riuscendo a mettere in fila tre parole di senso compiuto. Una scena esilarante, vista dall’esterno. Anzi, vista anche dal mio interno!

Appena l’inquilino dell’ultimo piano si è ripreso, però, Kate ci ha tenuto subito a specificare che aveva ottenuto il posto a Washington e che quella era la grande occasione per lei e non vi avrebbe rinunciato. Ma lo scrittore è stato strepitoso. Ha usato le parole giuste – e di che mi stupisco? Lui con le parole ci lavora! Comunque, ha detto che non aveva chiesto a Kate di sposarla per incatenarla a New York. No, lui glielo aveva chiesto perché non riusciva a immaginarsi la propria vita senza di lei. E a quel punto il cervello di Katherine Houghton Beckett e io siamo capitolati su tutta la linea e non abbiamo potuto fare altro che accettare con gioia di diventare la moglie di Richard Edgar Alexander Rodgers Castle e di indossare lo splendido anello che lo scrittore aveva messo all’anulare di Kate.

Insomma, abbiamo iniziato a lavorare a Washington con i federali e la storia con Rick è andata avanti con qualche difficoltà, come spesso capita con le relazioni a distanza: lunghe telefonate, appuntamenti rimandati all’ultimo minuto per problemi di lavoro, videochiamate maliziose e tutto il resto. Finché Rick non ha fatto un’improvvisata a Kate, aspettandola nell’appartamento di DC. Una sorpresa davvero gradita, come abbiamo avuto modo di dimostrargli di persona. Se non fosse che, tanto per cambiare, Castle non si è trattenuto dal ficcare il naso in una storia altamente confidenziale. E visto che siete gente sveglia, so che questo suo comportamento non vi ha certo sorpreso, vero? Ma questa volta le conseguenze sono state quasi fatali. Trovandosi nel posto sbagliato e al momento sbagliato, Rick ha inalato una tossina che lo ha portato a un passo dalla morte.

Non vi dico cosa ho provato appena l’ho saputo.

Mi sono sentito in colpa – per l’ennesima volta – per aver messo in pericolo la vita dell’uomo più straordinario al mondo.

Per aver quasi privato Martha di un figlio e Alexis di un padre.

Un po’ come era successo con la rapina in banca, ma in quel caso non era direttamente responsabilità di Kate. Per fortuna, in modo rocambolesco siamo riusciti ad arrivare all’antidoto appena in tempo per salvarlo. Ma vederlo pallido e debole in quel letto, inerme, indifeso come un bambino, è stato come ricevere una pugnalata in pieno petto. Però, ancora una volta, l’inquilino del loft ha saputo utilizzare le parole giuste per confortarci: a volte le cose più difficili nella vita sono quelle che vale più la pena fare. Ed è bastata questa frase per tranquillizzare il mio battito accelerato e farmi sopraffare dall’ennesima, straripante ondata di amore per lui.

Sapete, lavorare a Washington si è rivelato più complicato di quanto l’inquilino dell’attico pensasse. E non perché l’incarico in sé fosse più difficile rispetto a New York, ma per le implicazioni. Lì tutto non è bianco o nero. Lì ci sono situazioni particolari che cozzano con il senso del dovere e della giustizia che ha sempre contraddistinto Beckett. Mi viene in mente un libro letto ai tempi della scuola, in cui l’autore, George Orwell, diceva che tutti gli uomini sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Ecco, a Washington molti uomini sono decisamente molto più uguali degli altri. E in un mondo simile Kate non poteva resistere. Infatti ha commesso – volutamente – un passo falso, fornendo alla stampa le informazioni per smascherare un intoccabile che aveva legami con la criminalità organizzata russa. E più che altro per liberare una ragazza da certi legami familiari fin troppo stretti, mettiamola così. Perché ciò che da sempre conta per noi è onorare le vittime, in barba ai giochetti dei federali e dei politici. E questo ci è costato il posto all’FBI.

Così ci siamo ritrovati, di punto in bianco, e per la prima volta da secoli, senza nulla da fare. Certo, c’era il matrimonio da organizzare, ma voi ce la vedete Kate Beckett a trascorrere le giornate sfogliando riviste di abiti da sposa e allestimenti per il ricevimento? No, infatti, nemmeno io. Né io né il cervello sapevamo più cosa inventarci. Per fortuna, lassù qualcuno ci ama (e mi riferisco al nostro ben noto angelo custode!) e ha fatto sì che il blocco delle assunzioni all’NYPD potesse essere aggirato, così che abbiamo ripreso il posto alla nostra amatissima scrivania al Dodicesimo, riportando i preziosi elefantini e tutte le nostre cose lì dove dovevano stare, con buona pace di Frank Sullivan e del suo disordine.

Ora però c’era un problema più serio da affrontare: Alexis.

Sapete, lei e suo padre hanno sempre avuto un rapporto splendido, un legame invidiabile da cui, in qualche modo, ci siamo sempre sentiti esclusi. La piccola rossa ha un posto speciale in me, non lo nego, ma non era facile trovare il giusto equilibrio in una situazione che di equilibrato non aveva nulla. Alexis stava crescendo e aveva bisogno dei suoi spazi. Un concetto che papà orso non riusciva ad accettare pienamente.

Senza contare Pi e le sue improbabili bistecche di papaya.

Senza considerare che il rapporto fra padre e figlia era minacciato anche dalla nostra presenza. Eh sì, ci siamo sentiti in colpa anche in quel caso (strano, vero?). Ma fortunatamente tutto si è aggiustato: una bella chiacchierata a cuore aperto – passatemi la metafora – con quella giovane donna dai capelli rossi ha permesso di appianare qualsiasi contrasto.

Avere una famiglia non è una cosa semplice. Non lo è quando ti inserisci in un legame già consolidato, né tantomeno quando un esserino minuscolo incrocia la tua esistenza. Vi confesso che io ho sempre adorato i bambini: il loro profumo di latte e borotalco, le loro smorfiette, quel modo particolare che hanno di fissarti negli occhi. Ma l’inquilino dell’ultimo piano sostiene che Kate non sia una baby person. Lo fa con una tale forza che alla fine Kate stessa se ne è convinta. Invece i fatti hanno dimostrato, ancora una volta, che io avevo ragione. Mi riferisco alla storia di Benny, pardon… Cosmo. Il razionale ha tirato fuori la scusa che non ci si può affezionare a un neonato sapendo che poi verrà affidato a qualcun altro. Però poi il baby whisperer ha suggerito di portare Cosmo al loft per prendersi cura di lui ed è emerso che la detective Beckett è deliziosa con un cucciolo in braccio. Specialmente quando se ne può occupare insieme a quel Ruggedly Handsome Dad. Vederlo gironzolare per casa con quel bambino e osservare la delicatezza e la tenerezza con cui si prendeva cura di lui mi ha riempito di una sensazione meravigliosa: la consapevolezza che solo lui poteva essere il padre di tutti i figli che avremmo avuto. Certo, sui nomi da dare ai suddetti figli c’era ancora molto da lavorare, ma su chi ne sarebbe stato il papà non c’era alcun dubbio.

A proposito di bambini, c’è mancato un pelo che Sarah Grace Ryan venisse al mondo senza conoscere suo padre. Sapete, durante un’indagine Kevin e Javier sono finiti in un edificio in cui poi è scoppiato un incendio. Sembrava non ci fosse modo di tirarli fuori e io battevo all’impazzata, cercando di far affluire più sangue possibile all’inquilino dell’attico così che riuscisse a trovare una soluzione per salvare la vita dei nostri amici. Anche se non sempre siamo andati d’amore e d’accordo, so che il cervello di Kate sa lavorare bene e l’unico contributo che potevo fornirgli io era quello di mantenerlo ben ossigenato. Comunque, vi ho già detto che Ryan ed Esposito hanno un posto speciale in me e quella volta ho davvero temuto di perdere entrambi. Sarebbe stato come veder morire dei fratelli. Avevamo già perso una madre e non avevamo alcuna intenzione di dire addio ad altri membri della famiglia. Quando li abbiamo visti uscire da quell’inferno, accompagnati dai vigili del fuoco, ho provato una sensazione di sollievo tale che gli occhi di Kate si sono inumiditi, e non certo per colpa del fumo. Ma mi sono riempito di gioia vera quando finalmente la famiglia Ryan si è riunita a bordo di quell’ambulanza. Insomma, anche in questo caso vi lascio immaginare la quantità di adrenalina che scorreva nelle vene di Kate.

In tutto questo, non dimentichiamoci che dovevamo organizzare il matrimonio. Ebbene, il primo abito da sposa ci è stato gentilmente donato da Matilda King, una vecchia conoscenza risalente al brevissimo periodo in cui Kate ha fatto la modella.

Quando gli occhi mi hanno mostrato lo specchio che rifletteva l’immagine di Kate che indossava quel vestito bianco, ho provato una fitta dolorosa.

Perché in quello specchio mancava qualcosa.

Quel vetro non rifletteva l’immagine di Johanna, sorridente accanto a sua figlia.

Lei avrebbe adorato Rick – di questo sono sicurissimo. Sarebbe stata così fiera di Kate e del suo fidanzato, avrebbe partecipato con gioia ai preparativi del matrimonio, alla scelta dell’abito, dei fiori e della location, con un entusiasmo paragonabile a quello di Martha ma con un approccio un tantino meno… teatrale.

E invece lei non c’era.

O almeno non era lì fisicamente, a sorridere e a commuoversi con gli altri membri della famiglia. A sostenerci in quel particolare momento della nostra vita. E la nostalgia per lei ci ha fatto vacillare. Ho perso un battito chiedendomi se saremmo mai riusciti ad affrontare tutto senza averla accanto. Però poi ho ripensato all’amore che Richard Castle aveva per noi e non ho più avuto dubbi. Anzi, ho suggerito a Kate di anticipare il matrimonio. Perché quando capisci che vuoi passare il resto della tua vita con qualcuno, vuoi che il resto della tua vita cominci subito. Oh, lo so che questa è una frase da film. Ma se una è una fan di “Temptation Lane” potrà anche aver visto più di una volta “Harry ti presento Sally” tanto da saperne le battute a memoria, no?

Insomma, le cose stavano andando bene: i preparativi procedevano, l’amore che ci lega a Rick cresceva in modo esponenziale giorno dopo giorno, il rapporto con Alexis si era rafforzato, quando ecco che il destino ci ha fatto incontrare nuovamente una vecchia conoscenza. Vulcan Simmons, il signore della droga. Durante un’operazione rischiosa in collaborazione con la Narcotici, siamo finiti nelle sue mani. E la tortura che ci ha inflitto è stata tale che ho temuto non avrei retto. Sia io che il cervello sapevamo che sarebbe stato quasi impossibile sopravvivere, quindi c’era un’unica cosa da fare. Dire addio a Rick. All’amore più grande della nostra vita. E l’unico modo per farlo era lasciargli una lettera. "Babe, it's your letter, and I hope you never have to read this... that I can tell you all of these things in person, but if something happens and I don't make it, I need you to know that our partnership, our relationship is the greatest thing that has ever happened to me. You're an amazing man, and I love you with all of my heart. Always.” Per nostra fortuna, Rick non ha mai dovuto leggerla, perché Bracken – proprio lui – ha fatto in modo di risparmiare la vita di Kate. Come lei lo aveva protetto l’anno precedente, quando qualcuno aveva tentato di ucciderlo, adesso era stato il suo turno di restituirle il favore. Comunque, vi confesso che l’unica cosa che ci ha dato il coraggio di resistere alla tortura è stata pensare a Rick e al futuro che volevamo con lui. Proprio come quando il cecchino ha mirato al petto di Kate, anche in questo caso è stato l’amore dello scrittore a mantenerci in vita. Oltre all’intervento di Bracken.

E così è tornata l’ossessione per il senatore.

Quella che ci aveva consumato nei primi anni dopo la scomparsa di mamma.

Ma questa volta sentivamo di essere vicini alla meta. Naturalmente, le cose si sono complicate, di mezzo c’è stata una fuga, un sequestro lampo, un combattimento e ricordi.

Un fiume di ricordi ha invaso la memoria di Kate.

Ricordi di Johanna e di Roy Montgomery.

Che era morto per proteggere Kate e che le aveva fornito la chiave per risolvere l’omicidio di sua madre sin dal loro primo incontro. Proprio i preziosi elefantini che da sempre adornano la scrivania di Beckett contenevano la risposta a tutte le nostre domande. Racchiudevano una registrazione audio: la prova della corruzione del senatore Bracken che aveva ricattato Raglan, Montgomery e McAllister. E la dimostrazione definitiva della sua colpevolezza in merito all’assassinio di Johanna Beckett.

Quando abbiamo arrestato quel lurido bastardo… oh, spero che il linguaggio scurrile non vi abbia offeso, ma comprenderete bene che di fronte a lui mi è praticamente impossibile rimanere distaccato e neutrale. E poi le persone vanno chiamate con il loro nome e concorderete con me che William Bracken rientra di diritto nella categoria dei bastardi, anzi, ne è l’esponente di maggior spicco. Ma non distraiamoci. Dicevo, quando abbiamo messo le manette a quell’infame ho avuto la sensazione che finalmente mamma potesse riposare in pace.

Non solo.

Adesso finalmente Kate poteva ricominciare a sorridere, vivere ed essere felice senza sentirsi in colpa.

Pensavo che ormai niente avrebbe più impedito a Kate e Rick di stare insieme, di coronare finalmente il loro sogno d’amore. Avevamo superato ogni prova, compresa quella sciocchezza del primo marito sposato a Las Vegas e che avevamo rimosso da cuore, in cui in realtà non è mai stato, e cervello. E invece, le cose sono andate diversamente.

Il destino, ancora una volta, ci ha messo di fronte a un enorme ostacolo: a pochi minuti dal matrimonio, una telefonata improvvisa ci ha comunicato una notizia agghiacciante. L’auto di Rick era in fiamme in fondo a una scarpata. E io lì ho avuto la percezione che non sarei sopravvissuto anche a questo dolore, che mi ha squarciato proprio come quando abbiamo saputo di mamma. L’inquilino del loft era da tempo diventato proprietario di una parte di me. E senza di lui, quella parte di me sarebbe morta e per Kate sarebbe stata la fine. Come qualcuno ha detto, non si può vivere con un cuore a metà.

 

Nota dell’autrice

Mai un po’ di pace per questo povero Cuoricino, vero? Un’altra annata costellata da episodi rocamboleschi finché a pochi minuti dall’agognato matrimonio arriva quella terribile telefonata e il cuore di Kate riceve l’ennesimo bruttissimo colpo.

E ora?

Vi aspetto sabato per l’epilogo della storia e vi ringrazio ancora una volta per avermi dedicato il vostro tempo ed essere arrivati fino qui.

A presto,

Deb

  
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