Quando Arthur si svegliò, la prima cosa di cui fu consapevole fu il raggio di sole che gli stava incenerendo la retina.
La seconda venne in coda al tentativo di alzarsi per chiudere le tende per bene: il braccio di Francis.
Si voltò lentamente nell’abbraccio caldo, facendo con grazia e calma per non svegliare il biondo che, contrariamente a quanto credeva, era come un bambino mentre dormiva.
Il braccio che gli cingeva la vita era ben saldo, sopra le lenzuola.
Il viso, mollemente appoggiato alla spalla dell’inglese era rilassato come il resto del corpo, ancora nudo dalla notte prima, steso di pancia.
Inghilterra, aggrottando le sopracciglia, pensò distrattamente alle lenzuola macchiate da mettere a lavare, dal tappeto da spolverare e, dato che Francis, la stupida rana, era riuscito a farcelo venire sopra, anche il muro da rimbiancare.
Fu mentre era preso a ricordare gli eventi del famigerato muro che il braccio si strinse ancora di più a lui e lo attirò verso il petto caldo.
- Non starai pensando a cose da casalinga isterica vero Lapin?
In un moto di dolcezza si girò verso di lui e si accoccolò al suo petto.
- Sto pensando al muro, quella roba non va via!
Francia mugolò compiaciuto afferrando i fianchi del compagno e tirandoselo addosso.
Con le mani scese sulle natiche, stringendole e tirandolo verso di sé, facendo scontrare i bacini.
Francis dava il meglio di se quando era a sedere con Arthur sulle gambe, proprio come ora.
Si guardarono, dopo un gemito piuttosto acuto dell’inglese, negli occhi e neanche si resero conto delle bocche che si avvicinavano.
Si ritrovarono semplicemente allacciati in un bacio mozza fiato dove le lingue si abbracciavano, combattevano, giocavano tra loro.
Le mani di Francis calarono ancora e ribaltarono il compagno sul letto in una sola mossa.
Arthur, ritrovandosi la rana in mezzo alle gambe, stava per dire qualcosa di contrariato ma la bocca di Francis glielo impedì nuovamente.
Riprese lo sfregamento, riprese il bacio, ripresero i gemiti.
Le mani dell’inglese erano impegnate in una lotta corpo a corpo con i capelli biondi del francese, le gambe erano serrate in una morsa sui suoi fianchi.
Tutto, tutto in quella posizione sembrava dire mio.
- Arthùr, je t’aime, je t’aime, je t’aime…
Mugugnò qualcosa di indistinto.
- Mon amour, non riesco a capirti, puoi ripetere?
- I love you too…
- F-Francis, non nhha, n-non ce la faccio p-più, fai qualcosa!
- Ohh oui oui chérie
E con piacere.
L’avrebbe fatto se non che la porta si spalancò malamente ed Alfred entrò correndo, trascinandosi dietro il piccolo Matthew, e saltando sul letto.
- Andiamo al luna park! Avevate detto che oggi andavamo al luna park!
Arthur cacciò un urlo decisamente poco virile e si nascose nell’armadio trascinandosi dietro il lenzuolo.
Francis, che era sopra di lui, venne sbalzato a terra, fortunatamente per i bambini di pancia, proprio vicino ai pantaloni della tuta che, la sera prima, il suo inglese aveva scaraventato lontano.
Alfred, essendo più grande, guardò malizioso l’armadio, non capendo però buona parte dei fatti.
Mentre Matthew si era messo a sedere sulle coperte ammonticchiate malamente alla fine del letto, stringendo a sé Kumajirou.
- Allora? Andiamo al luna park?
Il viso determinato di America si volse verso il suo daddy che, guardandolo dall’armadio, si sentì dannatamente fiero, anche per quel suo cipiglio leggermente arrogante.
Papa e daddy si guardarono per qualche secondo.
- Vestitevi, tra dieci minuti in salotto.
Alfred si catapultò giù dal letto, diede un bacio di sfuggita all’inglese e corse fuori urlando qualcosa a proposito dell’otto volante.
Matthew rimase un momento lì a guardare i genitori.
- Matt? C’è qualcosa che non va mon petit?
All’ultimo si girò.
- Scusate se vi abbiamo interrotti mentre vi facevate le coccole…
PERORIAMO LA CAUSA FRUK!
Sono qui, di nuovo direte voi, ebbene si, di nuovo! Yeah! Musichina alla Horatio Cane.
Volevo ringraziare chi ha letto e chi recensito la mia storia precedente, spero che questa possa piacere!!
Bacionissimi EM&C!!