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Autore: Alexiel94    14/08/2014    4 recensioni
[Settima classificata al contest “Bitch, please: Percy Jackson is the way!” indetto su Efp da King_Peter]
[SPOILER! House of Hades]
[Reyna/Jason | Nico/Reyna Friendship]
Un leader non è il capo di un popolo, ma il suo primo servitore. Deve agire per il bene superiore senza pensare ai propri desideri o fini egoistici e, all'occorrenza, essere pronto a sacrificare anche se stesso in nome dei suoi sottoposti, se ciò può essere utile a salvarli.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jason Grace, Nico di Angelo, Reyna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: All'ultimo respiro
Autore: Alexiel94
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale.
Rating: Arancione.

Categoria scelta: In the name of the King - Blood of Olympus. 
Tema utilizzato: Freccia.
Personaggi: Reyna Avila Ramirez-Arellano, Jason Grace, Nico di Angelo.

Avvertimenti/Note: Incredibile ma vero, sono riuscita a rispettare ampiamente una scadenza e non a consegnare all'ultimo secondo.
Nelle mie storie di solito più amo un personaggio, più soffre. Il mio personaggio preferito della seconda serie di libri è Reyna, per cui ho provato a immaginare la sua morte visto che temo che anche Rick la ucciderà. 
L'ambientazione è dopo la Casa di Ade, per cui vi consiglio vivamente di uscire se non lo avete letto. La storia si svolge al Campo Giove, in quanto ho immaginato che se i Sette avessero sventato i suoi piani in Grecia, Gea avrebbe poi rivolto la propria attenzione ai due campi. 
Mi sono ispirata ad alcune fan art trovate in giro per l'internet.
Buona lettura.



 
All'ultimo respiro

Un leader non è il capo di un popolo, ma il suo primo servitore. Deve agire per il bene superiore senza pensare ai propri desideri o fini egoistici e, all'occorrenza, essere pronto a sacrificare anche se stesso in nome dei suoi sottoposti, se ciò può essere utile a salvarli.
Ma Reyna non stava pensando alle nozioni impartite dal Campo Giove quando agì. Fu un atto istintivo, come un riflesso condizionato.
Quando aveva visto il lestrigone scoccare quella freccia in direzione di Jason, non aveva avuto alcuna esitazione. Il ragazzo, in quel momento intento a combattere un Gegnees, non avrebbe avuto modo di evitarla e così lei si era frapposta sulla traiettora della freccia.
Jason si accorse di quanto stava per accadere solo quando lo stomaco di Reyna era già stato trapassato e la punta del dardo le fuoriusciva dalla schiena. Con un urlo di rabbia trafisse al cuore il nemico e subito dopo scagliò un fulmine sul lestrigone, disintegrandoli entrambi. Corse poi dalla ragazza, accasciata al suolo ma ancora viva.
-Chiamate qualcuno di Apollo! Ho bisogno di un medico!- urlò, ma la sua voce venne persa nel furore della battaglia.
Reyna era consapevole solo del dolore all'addome e delle braccia di Jason che la stringevano convulsamente. Il clangore delle armi, le urla dei feriti e le grida di battaglia si fecero più distanti, mentre immagini della sua vita le scorrevano davanti agli occhi.

Vide se stessa a dodici anni, nel periodo di prigionia dai pirati di Barbanera. Ricordava fin troppo bene la sensazione di impotenza che aveva provato, ma soprattutto il terrore. Quando lei e Hylla scapparono aveva giurato di non avere più paura e di non essere più sottomessa a nessuno.
Poi era stata la volta di sua sorella. Aveva deciso di lasciarla da sola, seguendo la sua strada, e per Reyna era stato un duro colpo. 
-Vattene pure!- aveva urlato al vento, quando ormai Hylla non era più visibile. -Non ho bisogno di te!-.
Con ancora il volto rigato da lacrime amare e il cuore lacerato dall'abbandono della sorella aveva deciso che non avrebbe più avuto bisogno di nessuno a proteggerla. Perché, sebbene non volesse ammetterlo, la verità era che era se erano riuscite a fuggire dai pirati e sopravvivere fino a quel momento era soprattutto grazie a Hylla. Da ora in poi, invece, se la sarebbe cavata da sola.

Un accesso di tosse le fece sputare sangue, rendendo Jason ancora più pallido. 
Avrebbe voluto chiamare aiuto, ma non poteva abbandonare Reyna in quello stato. Guardò il volto del Pretore, che perdeva colore mano a mano. La ragazza tanto forte che aveva conosciuto stava morendo lì, tra le sue braccia, senza che lui potesse farci nulla e lui sentì una morsa al cuore, colma di dolore, rabbia e impotenza. 
Si aggrappò di più a lei, come se il suo contatto avesse potuto ancorare la sua anima al mondo mortale.
-Resisti, ti prego- disse con voce rotta. -Troveremo il modo di salvarti-.
Lo sperava davvero. Doveva crederci. 
Lei sentiva un dolore acuto in tutto l'addome, ma non per ciò si sarebbe messa a urlare di dolore o lamentarsi. I polmoni erano più pesanti e non sapeva per quanto ancora avrebbero continuato la loro funzione. Era solo certa di non volere morire.
Si concentrò sulla respirazione, mentre altri ricordi venivano richiamati contro la sua volontà.

Era al Campo Giove da pochi mesi e stava parlando con Jason sul muretto che recintava i Giardini di Bacco. Il ragazzo aveva la sua stessa età ma era cresciuto nel campo da quando aveva tre anni, così che il tatuaggio SPQR sul braccio contava nove linee. Reyna guardò il suo, fresco di poche settimane, che invece ne contava solo una.
-Perché hai scelto la Quinta Coorte?- gli chiese.
Da quando lei era stata ammessa nella Prima si era chiesta come Jason era potuto finire nella Coorte peggiore della Legione, ma aveva ben presto saputo che entrarci era stata una scelta spontanea del ragazzo. Non riusciva proprio a spiegarsi come il semidio più potente del campo avesse potuto scegliere la Quinta Coorte.
Il biondo strinse le labbra in un modo che fece risaltare la sottile cicatrice verticale e lei si ritrovò a pensare quanto fosse carino questo particolare. Poi si chiese da dove le fosse uscito questo pensiero. 
-Nessuno ha fiducia nella Quinta- rispose lui, dopo un lungo attimo di silenzio. -Voglio fare vedere a tutti quanto si sbagliano-.
La ragazza rimase colpita dalla sua risposta. Non si era sbagliata quando, appena accolta nelle Legione, aveva pensato che fosse un bravo ragazzo. 
Senza volerlo arrossì, mentre il cuore accelerava spaventosamente i battiti. 
Anche allora era stata colpita da una freccia, ma di quelle più infami e letali: quelle di Cupido.

Dei passi fecero temere a Jason l'arrivo di un nemico, ma quando si voltò e vide Nico di Angelo per poco non svenne di gioia.
-Nico, vai a chiamare qualche guaritore!- urlò.
Il figlio di Ade rimase pietrificato alla vista di Reyna e, se possibile, divenne ancora più pallido. La freccia sporgeva ancora dal suo stomaco mentre sul suo addome e sotto di lei si stava formando una pozza di sangue misto a un altro liquido scuro. Quando comprese cosa fosse inorridì.
Acidi gastrici. Il corpo della ragazza veniva corroso dall'interno, mentre l'emorragia non sembrava volersi fermare. 
Sarebbe stato impossibile guarirla, persino per il migliore guaritore dei ragazzi di Apollo.
-Jason...- trasse un profondo respiro, insicuro di riuscire a continuare la frase. -Sarebbe inutile. Sta morendo-.
-No!- il grido del figlio di Giove fu pervaso di dolore, carico di rifiuto. Gli occhi bruciavano e la mente rifiutava di accettare l'evidente realtà, mentre sentiva come se avesse delle scaglie di vetro nel petto.
La ragazza, contro ogni aspettativa e logica, sorrise.
-Aveva ragione quella stupida dea dell'amore...- mormorò.

Era passato un anno da allora, ma erano successe talmente tante cose da quel giorno che sembrava molto di più. Lei e Jason erano stati incaricati di recuperare l'Oro Imperiale nel museo di Charleston, quando avevano visto il fantasma. Reyna aveva deciso di affrontare da sola lo spettro, scoprendo poi non essere altri che la dea Venere.
-Ti aspettavo, cara- aveva detto con un sorriso, per poi offrirle del thé.
La ragazza era rimasta impietrita, ma la dea la costrinse a sedersi su un comodo sgabello e a prendere una tazza piena di fumante bevanda.
-Il tuo amore è di quelli così tragici che mi commuovono quasi. Non mi capitava di interessarmi così tanto a una coppia sventurata dai tempi di Euridice e Orfeo-.
Sebbene il thé fosse rovente, Reyna sentì una sensazione di gelo all'altezza dello stomaco. Non era brava a riconoscere i miti greci come quelli romani, ma questo era abbastanza sicura di sapere di cosa parlasse. Era certa al cento per cento che Euridice fosse morta e il fatto che venisse usata questa analogia su di lei non faceva presagire nulla di buono.
-Potreste spiegarvi meglio, divina Venere?-.
La dea aveva sorriso amabilmente.
-Tu sei consapevole di amare un ragazzo che non ricambierà mai, eppure saresti pronta a morire per lui. Romantico, vero?-.

Nico non riusciva a muoversi. 
Il viaggio verso gli Stati Uniti con la Athena Parthenos aveva cementato la sua amicizia con la semidea romana, riuscendo addirittura a fidarsi tanto da confidarle la propria omosessualità. Adesso, vedere la sua anima venire reclamata dal regno di suo padre era inaccettabile.
Aveva imparato a volerle bene nonostante i suoi difetti e stare lì senza avere il potere di fare nulla per impedire la sua morte era uno strazio. Si inginocchiò dal lato opposto a Jason, afferrandole la mano.
-Assisterò al tuo processo- le promise. -Non ti lascerò affrontare i tre giudici da sola-.
Era ben consapevole di non potere fare altro e la cosa lo feriva. Aveva un nodo alla gola ma non riusciva a piangere. Forse era meglio così; ai romani non era concesso mostrare debolezza e probabilmente a lei non avrebbe fatto piacere assistere alla sua.
Reyna gli strinse la mano, segno che apprezzava quell'ultimo gesto dell'amico per lei. Non poteva ancora abbandonarsi alla morte, aveva bisogno di qualche istante in più per fare ciò che avrebbe dovuto fare mesi, se non anni, prima. 
Cercò gli occhi del figlio di Giove, che erano lucidi di lacrime. Queste scendevano lungo il suo viso e cadevano sulle vesti della ragazza.
Si sforzò di inspirare, nonostante i polmoni sembrassero non risponderle più. Quando riuscì a prendere abbastanza aria cercò di alzare il capo per quanto più le fosse possibile.
-Ti amo, Jason- disse col suo ultimo respiro.
La luce abbandonò i suoi occhi, il suo volto si fece cereo e lei cadde sul braccio del ragazzo che la sorreggeva. 
Reyna Avila Ramirez-Arellano era morta.
Jason urlò di dolore, mentre le lacrime sembravano non volersi fermare. Nico stringeva ancora la mano della ragazza, un ultimo gesto di affetto che non voleva abbandonare.
-Mi dispiace, Reyna- mormorò il figlio di Giove tra i singhiozzi. -Mi dispiace-.
Strinse di più il corpo di quella che era stata la sua più cara amica, col cuore lacerato dal dolore e gli occhi colore del cielo dai quali scendeva una pioggia di lacrime. Lei lo aveva amato a tal punto da dare la vita per proteggerlo, mentre lui non era neanche stato in grado di comprendere i suoi sentimenti. Avvertì il senso di colpa schiacciargli il cuore per non essere mai stato in grado di ricambiarla.
Ormai era troppo tardi per i rimorsi, ed egli non poteva fare altro che piangere tutto il suo dolore sul corpo senza vita di Reyna mentre tutto attorno la battaglia turbinava con furia distruttiva. Jason però non l'avvertiva quasi nemmeno più; il tempo si era fermato quando la ragazza che ancora stringeva tra le braccia si era sacrificata per lui.
Nessuna altra cosa aveva importanza.

 
   
 
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