What have I done to me?
“Che
cosa ho fatto?”
Grace Sullivan fissava il tetto deturpato
dall’umidità, sentendosi sempre più amareggiata; era come se fosse rimata
paralizzata dalla sua infamia, stesa su quel letto sfatto e cigolante, altro
inconfutabile segno di squallore. Lei, dottoressa in Chimica Farmaceutica da dieci
anni, proprietaria di una delle più rinomate farmacie della città, si era
abbassata a tanto: cosa le era passato per la testa?
Quelle lenzuola logore e sudice sembravano
stritolarla, mentre ripercorreva quanto avvenuto in quella disdicevole serata:
Lois Denver, la sua migliore amica, si sarebbe sposata la settimana successiva,
così aveva deciso di festeggiare con lei e altre loro vecchie colleghe. Un
bicchiere di champagne dopo l’altro, erano tutte alticce quando avevano
iniziato a ballare, ma nessuna delle presenti era caduta tanto in basso;
difatti Grace aveva perso a tal punto il controllo da essersi spogliata in quel
locale malfamato ed essere salita in macchina con un perfetto sconosciuto, di
cui ricordava solamente gli occhi neri come la pece velati dal desiderio
carnale.
Era andata con lui in quel lurido motel e aveva
trascorso la notte in sua compagnia, lasciandosi toccare e penetrare
ripetutamente su quel disdicevole letto; perché una donna seria, benestante e
piacente come lei si era fatta trascinare in una schifosa camera lercia da un
attempato verme depravato? Per quanto le costasse ammetterlo, era tutta colpa
dell’invidia che covava da tempo nei confronti di Lois, poiché la sua amica,
pur essendosi dedicata al lavoro come lei, era riuscita a trovare un uomo con
cui condividere la propria vita.
Grace era sempre troppo impegnata per concedersi
qualche svago al di fuori della propria farmacia, per questo il matrimonio
della collega la faceva soffrire, spingendola a cedere alle lusinghe di un animale.
Entrambe appartenevano a importanti famiglie ed erano cresciute in un ambiente
sofisticato, fatto di apparenze e di ostentata perfezione: dopo quella notte,
il mondo in cui avevano vissuto avrebbe potuto accogliere solo una di loro,
perché l’altra non ne era degna.
Tutto ciò che le rimaneva era un’unica ed effimera
consapevolezza, talmente bruciante da farla piangere: aveva capito che
l’ambiente dove uno era cresciuto era la chiave della propria identità, ma che
il suo ambiente era una chiave che aveva ormai perso. Grace passò l’intera
giornata a piangere su quel letto, devastata dalla vergogna e dall’invidia
mentre la sua anima si sbriciolava inesorabilmente...
“Che
cosa ho fatto...?”