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Autore: aduial    14/08/2014    3 recensioni
"«In alcune culture l'amaranto è anche simbolo di disperazione. Immortalità significa perdita. Insomma, si immagina cosa significherebbe essere l'unico immortale in un mondo mortale?»aggiunse con un sorriso tirato.
Quelle parole mi colpirono con la forza di un uragano. Io sapevo cosa significava. Non lo immaginavo, lo sapevo."
Ottava classificata al contest "§ Un fiore per ogni personaggio §" indetto da Scarlett.Brooks sul forum di EFP.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nome su EFP e forum: aduial (EFP), aduial95 (forum)
Titolo: Aeternam
Rating: arancione
Genere: Fantasy, Slice of Life, Introspettivo
Avvertimenti: nessuno
Pacchetto: Amaranto
Note dell’autore (facoltativo): Ad essere sincera, inizialmente, il fiore non mi ispirava molto. Poi ho letto il significato e mi ha entusiasmato. Nella storia è tutto spiegato, quindi non anticipo niente, ovviamente a chi non lo conosce già, sul significato di questo fiore molto particolare. Spero che leggere la mia storia sia piacevole tanto quanto per me è stato scriverla.
 
Aeternam
 
Guardai giù. Mi trovavo esattamente sull'orlo del precipizio. Respirai a pieni polmoni l'aria fredda che saliva dal vuoto davanti ai miei piedi. Alzai lo sguardo verso il cielo limpido, mentre il sole mi guardava beffardo.
«Non ridere di me!» gli urlai sconvolta, anche se sapevo che non mi avrebbe ascoltato. Respirai profondamente per calmarmi. Poi, semplicemente, mi lasciai cadere.
Sentii ogni sporgenza che mi colpiva la schiena, ogni roccia che mi dilaniava le carni. Sanguinante, rotolai fino a terra e lì giacqui. Sopra di me solo il sole, con il suo sorriso di scherno.
Mi rialzai. Nessun segno rovinava il mio corpo. Passai la mano sulle gambe, la pancia, i seni, il viso. Nulla.
 
Allora mi incamminai verso la città più vicina. Avvicinandomi ai palazzi, spazzolai via la polvere dai vestiti per poi proseguire per la mia strada.
Su una panchina erano sedute alcune nonne, che controllavano i nipoti nel vicino parco giochi. Anziane. Quello che io non sarei mai diventata. Sì, perché il tempo non lasciava segni sulla mia pelle. Una benedizione? No. La più grande delle maledizioni.
Immortale. Sembra quasi una parola volgare. Io ho visto le ere succedersi l'un l'altra, intrappolata però in un attimo eterno. Vagai per le vie grigie d'asfalto e cemento, finché una cascata d'oro attirò la mia attenzione. Continuai a camminare e giunsi a un porto, dove vidi uno spettacolo a cui, nonostante i secoli, non mi sarei mai stancata di assistere: il tramonto del sole sul mare. Il globo luminoso si tuffò allegro tra i flutti, illuminandoli di mistici bagliori. Rimasi lì finché l'ultimo raggio non sparì nell'acqua ormai scura.
Con un sospiro voltai le spalle a quelli che erano i miei compagni per l'eternità, tornando alle mie peregrinazioni.
 
Entrai in un bar e mi sedetti al bancone, ordinando qualcosa di forte. Subito un tizio mi si avvicinò, tentando di abbordarmi. Pensai alla noia, alla disperazione, al tormento che era diventata la mia esistenza. E lo seguii nella sua casa.
Appena entrati nell'ingresso angusto, mi spinse contro il muro, divorandomi la bocca con i suoi baci aggressivi. In pochi minuti mi spogliò, lanciando i miei vestiti in giro per la casa. Mi sollevò, portandomi in cucina e distendendomi sul tavolo, dove mi allargò le gambe con forza. Prima che fossi pronta per accoglierlo, si spinse dentro di me. Inizialmente urlai dal dolore, ma dopo poco cominciai a godere al ritmo delle sue spinte vigorose.. In un crescendo di sensazioni raggiungemmo l'apice, urlando tutto il nostro piacere. Poi caracollò verso la camera e si accasciato sul letto.
Io rimasi distesa sul legno duro e freddo, con il suo seme che ancora mi colava tra le cosce. Poco dopo mi alzai, stirando la schiena anchilosata e mi diressi verso la camera. Mi avvicinai al corpo che riposava tra le coperte. Non respirava più.
«Sciocco - sospirai - non sai che i sacrileghi vengono sempre puniti?».
Tornai in cucina e vidi un vaso di fiori secchi e, seguendo uno strano istinto, invece di buttarli via, diedi loro dell'acqua. Questi subito rifiorirono, guadagnando nuova freschezza e bellezza. In un momento di folle disperazione, afferrai un coltello e mi squarciai i polsi, ma le ferite si rimarginarono immediatamente
 
Mi infilai nuovamente i vestiti e scesi le scale, tornando in strada. Tra le mani stringevo ancora un fiore di colore porpora intenso.
Vagabondai fino all'alba, poi giunsi davanti alle vetrine di un fioraio. Spinsi delicatamente la porta, credendo di trovarla chiusa, ma questa si aprì. Un campanello riempì il negozio con il suo suono argentino.
«Spiacente, siamo ancora chiusi» mi avvisò una voce dolce, proveniente dal retrobottega.
«La prego, ho solo un'informazione da chiederle» risposi.
Una donna sulla cinquantina si avvicinò, sorridendo disponibile.
«Mi dica»
«Vorrei sapere di che pianta si tratta»spiegai, porgendole il fiore. La donna lo prese tra le mani con delicatezza, solo sfiorandolo con la punta delle dita.
«È un amaranto. Il fiore immortale. Nell'antichità veniva spesso offerto agli dei come simbolo di fedeltà eterna». La guardai confusa per alcuni istanti. Lei sorrise alla mia espressione e continuò: «Questo fiore é simbolo di immortalità, di ciò che dura nel tempo. Quando è secco, infatti, basta rimetterlo in acqua perché torni a fiorire nuovamente». Rimuginai alcuni istanti su quello strano fenomeno a cui avevo già assistito. Guardai di nuovo la fioraia, che sembrava assente, persa nei suoi pensieri.
«In alcune culture l’amaranto è anche simbolo di disperazione. Immortalità significa perdita. Insomma, si immagina cosa significherebbe essere l'unico immortale in un mondo mortale?»aggiunse con un sorriso tirato.
Quelle parole mi colpirono con la forza di un uragano. Io sapevo cosa significava. Non lo immaginavo, lo sapevo. Ringraziai la donna e uscii. Avevo bisogno di aria.
Presa dallo sconforto cominciai a correre e mi fermai solo quando arrivai di fronte al mare. Ansimante, percorsi il pontile e mi tuffai nell'acqua fredda, sprofondando sempre di più. L'aria mi usciva dai polmoni, risalendo verso la superficie sotto forma di piccole bolle. Mi adagiai sul fondale e attesi, ma nemmeno allora la morte giunse per portarmi via con sé. Il mare, come mosso da una mano crudele e compassionevole, mi riportò sulla spiaggia, regalando il mio corpo distrutto alla sabbia bagnata. Le lacrime si confusero con le gocce d'acqua salata che mi scivolavano sul viso. Non sarei mai riuscita a uccidermi. Perché io ero come l'amaranto. Immortale.
 
Mi rialzai, come avrei fatto ancora migliaia di volte durante la mia esistenza, e mi incamminai lungo il bagnasciuga, sapendo di avere di fronte un’eterna vita di peregrinazioni.
Dietro di me, solo le mie impronte sulla sabbia, cancellate dall’infinita azione del vento e delle maree.
   
 
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