Forse la follia è previsione senza calcolo ~
Segreti e paure
Un giovane uomo
ben distinto guarda
attraverso il vetro dell’auto le affollate vie del centro con
aria malinconica.
Le ombre dei cartelloni pubblicitari e delle insegne sono sformate dai
raggi
del sole obliquo nel cielo annuvolato.
Durante la notte pioverà, ma lui in poco
tempo raggiungerà il suo studio e lì
rimarrà fino a domani mattina. Ha molto
lavoro da sbrigare, non può permettersi ritardi.
Però è così debole…
Si
era sempre trattenuto, per il bene delle persone a cui teneva.
Aveva sempre cercato di controllarsi, così non
l’avrebbero scoperto.
Non aveva bisogno di aiuto, lui, riusciva a cavarsela.
Solo, non dovevano scoprirlo. Altrimenti si sarebbero potuti spaventare.
E lui non voleva far paura…
“I-Io sono buono…! N-Non volevo… Ti
prego, prometto che non lo faccio più!”
Scuote la testa,
come a svegliarsi. E’ da
tanto che non si nutre, e questo gli provoca strani
pensieri… Strani ricordi…
Lui non ha bisogno di ricordarsi cos’è,
né di cosa ha bisogno per vivere.
Per suo padre, i suoi dipendenti, il suo lavoro, per il mondo intero
quel che
importa è che abbia sempre la cravatta tesa e la risposta
pronta in ogni
discussione: del resto nessuno si occupa, e lui se la cava da
sé.
Lo prende un capogiro nel momento in cui l’autista gli apre
la portiera dell’auto
annunciandogli il loro arrivo, e ignora il cellulare che sta vibrando
nella
tasca interna della giacca.
Appoggiandosi allo stipite del grande portone per non cadere, Kidou
Yuuto entra,
debole e provato, nell’edificio dove lavora, decidendo che la
chiamata che sta
ricevendo non è poi così importante. Magari dopo
richiamerà…
La
sua prima vittima fu sua madre stessa.
Non se ne accorse nemmeno da quanto era piccolo, sentì
l’istinto di mordere e
infilò i dentini aguzzi nel seno della donna che lo stava
allattando.
Lei venne ritrovata morta dissanguata dopo qualche tempo, il bimbo
piangeva al
suo fianco e nessuno pensò che potesse essere stato lui.
Quel giorno i suoi occhi si iniettarono del sangue della madre e
rimasero
rossi.
Come un marchio, un segno indelebile della sua vera natura.
Quella di un mostro.
-Buona sera
signore. Siete al lavoro anche
oggi?-
Kidou ricambia il saluto della segretaria nella hall con uno sguardo
deciso.
Attraverso le spesse lenti d’occhiale i suoi occhi tentano
disperatamente di
rimanere aperti, alcuni spruzzi di luce attraversano il suo sguardo
come
ballerini affaticati ma che seguitano la loro danza, eppure la giovane
da dietro
la scrivania sobbalza lo stesso, colpita dal cipiglio affilato
dell’uomo.
Con un movimento impercettibile della bocca riprende fiato, e conta i
passi che
lo distanziano dal suo ufficio.
Passò
qualche anno prima che il bisogno si ripresentasse.
Quella volta Yuuto lo avvertì chiaramente, ma non
trovò motivo per trattenersi.
Era all’asilo, gli insegnanti erano distanti in quel momento
e alcuni bambini
lo stavano infastidendo.
Lui non era mai stato un bambino dedito ai piagnistei: voleva qualcosa
e la
otteneva, oppure se non la voleva la rifiutava.
Non aveva bisogno dell’aiuto degli adulti, lui.
Così senza troppe storie, quando per l’ennesima
volta si ritrovò un bambino
attaccabrighe fra i piedi, non fece altro che piegare il capo e
morderlo
all’altezza del collo.
Il suo istinto gli consigliò, non aveva altro a cui far
riferimento.
Il bimbo urlò, e a Kidou parve di svegliarsi da un sogno.
Si allontanò subito dal coetaneo chiedendo scusa, dicendo
che non sapeva cosa
gli era preso.
Arrivò un istruttore che capita la situazione lo prese e lo
punì severamente.
Poi venne chiamato suo padre che una volta scusatosi per
l’incresciosa
situazione -così la chiamò – lo
portò subito a casa e lo punì ancora.
Da
quel momento Kidou capì che il suo desiderio di bere sangue
–sangue umano – non andava bene. Era sbagliato.
Gli
pare che il corridoio sia infinito, e
quando finalmente si ritrova davanti alla rampa di scale viene colto da
una
vertigine pazzesca così opta per l’ascensore.
Ora è seduto alla sua scrivania. Tira un sospiro di
sollievo, guarda fuori
dalla finestra il sole che finalmente cala e tira le tende. Si bea per
qualche
istante della penombra in cui la stanza sta sprofondando, delle tinte
tenuamente bluastre che le cose attorno a lui stanno prendendo. Poi
accende la
lampada che tiene sulla scrivania e lo sguardo gli cade su una vecchia
foto lì
appoggiata.
Ci sono due ragazzini –uno con i capelli noisette tutti
acconciati in rasta e
tenuti su da una coda alta e l’altro con un ciuffo di capelli
mori e un pallone
sottobraccio- appoggiati ad uno steccato con le braccia di uno intorno
alle
spalle dell’altro. Sorridono all’obbiettivo e
sembrano invincibili, Kidou strizza
l’occhiolino mentre il compagno ha un sorrisetto divertito
dipinto sul volto.
Fudou,
Fudou Akio si chiamava.
Era l’unica persona che aveva dimostrato davvero di amarlo.
Era l’unica persona per la quale Kidou aveva pianto.
Ricordava
i suoi anni di liceo come i più sereni di tutta la sua
esistenza.
Prima di allora si era deciso a non avvicinarsi più al
sangue, a controllarsi
in modo tale da non avvertirne più il bisogno.
Era stato male per lungo tempo, sempre più debole e sempre
più pallido, si era
ridotto a uno scheletro rivestito di pelle trasparente.
Poi
era arrivato Fudou.
Quel ragazzino che come tutti aveva iniziato a prenderlo in giro, nei
primi
tempi.
A furia di ronzare attorno a Yuuto in qualsiasi momento della giornata
però, forse
qualcosa aveva capito.
Forse non era così insensibile come invece si diceva in giro.
Tanto fece che prese praticamente il posto dell’ombra del
ragazzo con gli occhi
rossi; questo all’inizio non lo considerava, ma lentamente
prese confidenza con
quello strambo ragazzo che voleva stare proprio con lui. Era
interessato a
parlare proprio con lui e non per profitto o per scherno.
Non aveva mai avuto un amico prima, e Fudou fu il migliore amico che
potesse
desiderare.
Per quegli anni che si frequentarono, Kidou riprese la voglia di vivere
che a
lungo gli era mancata.
Quando era con Akio, con quel Ciuffo arrogante e ribelle, sentiva di
poter fare
qualsiasi cosa: sentiva che insieme avrebbero potuto conquistare il
mondo.
Poi si accontentavano di un campo erboso dove dare calci a un pallone
raccattato per strada, fra i bidoni dove Fudou tirava la coda ai gatti
randagi.
Però era pur sempre un piccolo mondo, il loro. E andava
benissimo così.
Poi
un giorno- maledizione- si era svegliato e si era sentito
debole.
Era da troppo che non ingeriva sangue e cominciava ad affaticarsi.
Era a casa da solo e non voleva che Fudou lo vedesse nel suo lato
più terribile;
così quando l’amico passò a chiamarlo
sotto casa non rispose, sperando con
tutto il cuore che Akio capisse e lo lasciasse in pace.
Non fu così, e mentre sentiva i passi del moro salire le
scale pensava a
qualcosa, qualsiasi cosa da dire per tenerlo lontano.
Non voleva fargli male… Gli voleva bene… Ma
sapeva che non si sarebbe potuto
trattenere, e questo lo terrorizzava.
Quando sentì il respiro di Fudou dietro la porta della sua
camera si maledisse
per avergli dato una copia delle chiavi della casa.
L’ultima
cosa che vide furono gli occhi di Fudou.
Quel colore indicibile fra grigio e verde, quel mescolarsi continuo di
tonalità
che rendevano il suo sguardo imprevedibile.
Forse nella bramosia del momento qualcosa disse: una parola di
scusa… d’amore…
di morte…
Sperò con tutto il cuore, successivamente, di aver detto
qualcosa a Fudou.
Sperò nel suo perdono, anche se sapeva di non meritarlo.
Quando si svegliò e si ritrovò il corpo del suo
amico fra le mani pianse per
giorni interi.
Suo padre era via per lavoro. Suo padre non c’era mai. E
forse era meglio così.
Pianse Fudou e chiese perdono continuamente, fra sangue e lacrime.
Continuò a bere il sangue nel corpo del suo amico anche se
non aveva più fame,
perché non voleva che andasse sprecato.
Akio era stato splendido con lui in vita, e anche nella morte era stato
fin
troppo buono.
Si era fatto uccidere senza emettere fiato. Forse l’aveva
abbracciato.
E lui l’aveva ucciso. Era un mostro, un vero mostro.
Ma il suo cuore era quello di un uomo, e da quel momento non aveva
smesso un
attimo di piangere.
Ogni mattino e ogni sera Kidou si sveglia ancora con
l’immagine del suo amico
esangue fra le sue braccia, e grida, e piange e chiede perdono. Ma sa
benissimo
che per un mostro come lui non esiste perdono. Si merita di vivere
ancora, di
vivere per sempre con questo peso tremendo addosso. Non merita la
morte,
sarebbe troppo facile. Non merita di raggiungere Akio dove ora si
trova. Lì
Akio starà bene, anche senza di lui…
Ora
ha di nuovo fame, e si odia per questo.
Sente crescere dentro di sé un odio tremendo quando avverte
il desiderio di
sangue.
Perché sa che entro poco una persona morirà e lui
non vuole essere un
assassino. Non vuole fare del male, non vuole essere un
mostro…
Ma è nato così, i suoi occhi sono rossi come il
sangue di cui ha bisogno per
vivere.
Questa è la verità, e lui si odia per questa
verità che da sempre lo
imprigiona.
-Signore
è piuttosto tardi ormai. Le ho
portato un caffè, spero lo gradisca. Vuole che le accenda la
luce?-
“No
bella fanciulla lascia spenta la luce.
Non c’è bisogno di luce quando dentro di me sono
freddo e buio come un morto.”
Va
verso di lei con un mezzo sorriso sulle
labbra. La ragazza abbozza una riverenza e i suoi capelli blu si
piegano con
lei mentre porge la tazza.
**
Il
caffè ha macchiato il pavimento. Era
caldo, brucia ancora. Brucia insieme al sangue di lei, ai capelli che
si sono
macchiati del suo sangue.
Dolce, tiepido, come un bacio.
Un bacio sul collo, poi un altro e un altro ancora.
Yuuto continua a mordere, leccare e baciare il collo della sua giovane
segretaria con bestiale cura, mentre lei che non ha più
fiato per respirare lo
guarda, supplicandolo.
Ma Kidou ha smesso di guardare negli occhi le persone di cui si nutre,
fa
troppo male; qualcosa ora tuttavia lo spinge a guardare il viso di lei.
“Haruna Otonashi si chiama”, improvvisamente,
sfiorando quel grigio ceruleo dei
suoi occhi, gli viene in mente.
Smette per un attimo di respirare anche lui, tanto quello sguardo
sofferente lo
colpisce.
“Ti
ho sognata questa notte, dolce
principessa celeste.
Perdona questi miei baci. Perdona questo mostro che ora amandoti ti
uccide. “
Angolino sovrannaturale
-ho deciso di farci una
raccolta
perché sì (?). Sono piena di idee *w*
E’ la mia
prima KidoFudou…
E’ la mia
prima YuuHaru…
E sono morti entrambi!
(?)
Cose che capitano, su
su! XD
Una dedica speciale va
a _Juddy_ per il suo
compleanno~
Tanti auguri fatina
<3
Ho fatto il
possibile per rendere la shot credibile, ma non gradisco molto
l’ambiente dei vampiri a essere sincera. Kidou
però mi ispirava troppo in
questa parte, spero sia sufficientemente IC ^^
Un commentino piccino
piccino me lo lasciate?
A presto, e un forte
abbraccio alla festeggiata <3
Ps: Happy KidoFudou day a tutti! (?)
Sissy