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Autore: Emelyee    14/08/2014    1 recensioni
Il buio talvolta fa paura e si ha bisogno di molto più di se stessi per rimanere a galla.
Dal testo: "Non devi rimanere per gli altri, devi rimanere per te stessa"
"Non ci riesco a rimanere per me"
"Allora forse è meglio che tu te ne vada"
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOME SU EFP E FORUM: LeliEly (EFP), Fra.EFP (Forum)
TITOLO: Margherita in un campo di rose
RATING: Giallo
GENERE: Introspettivo, malinconico, triste, sentimentale
AVVERTIMENTI: /
PACCHETTO: Bella di notte
NOTE DELL’AUTORE (FACOLTATIVA): In questa storia Penny rappresenta il fiore che mi è stato assegnato. Lei non ha paura del buio, ci convive senza nessun problema, e detesta tutto ciò che vive di troppa luce. Sua sorella Aline ha paura del buio e ha bisogno di luce, una luce che Penny cerca di darle senza molto successo con il suo calore e il suo amore. La ‘bella di notte’ significa timidezza, un tratto che Penny cerca di nascondere per sembrare forte dopo la morte della sorella, ma che si rivela mentre parla con Brad, il suo fidanzato. Il buio talvolta fa paura e si ha bisogno di molto di più di se stessi per rimanere a galla.
Partecipante al contest §"Un fiore per ogni personaggio"§ di Scarlett.Brooks indetto sul forum di EFP. DECIMA CLASSIFICATA.



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Penny aveva sei anni quando capì che il buio non le faceva paura. Era stesa nella sua stanza e osservava il soffitto stretta a Tamtam, il suo orsetto di peluche preferito, e pensava che non c’era nulla di male nell’oscurità perché, se ci fosse stato, sarebbe venuto a prenderla molti anni prima. Eppure i suoi amici e sua sorella temevano le ombre, lo sapeva.
A quel tempo era considerata la più coraggiosa della classe; le maestre la prendevano come esempio per i coetanei spaventati dicendo “Guarda Penny, lei non è spaventata. Non c’è bisogno di aver paura” e lei era infastidita da tale comportamento perché, pensava, se devono smettere di temere qualcosa lo devono fare da soli. I suoi genitori erano molto orgogliosi di lei e dicevano sempre a sua sorella Aline che avrebbe dovuto prendere esempio. A quel tempo Aline aveva dieci anni e si svegliava la notte urlando. Penny odiava quando succedeva; allora si alzava, andava in camera della sorella, si infilava sotto le coperte con lei e le sussurrava che le voleva bene e era tutto a posto.
Penny non aveva capito cosa spaventasse tanto Aline fino a quando non aveva iniziato a crescere e a vedere con quanta cattiveria i bambini potessero prenderti di mira.
Aveva dieci anni quando i suoi compagni decisero che era strana e doveva essere allontanata da loro. Solo una rimase, si chiamava Charlene ma l’avevano soprannominata Cherry fin dalla prima elementare per via del colorito rosso delle sue guance. Lei era rimasta perché continuava a credere che la piccola Penny fosse qualcosa di speciale e che un giorno sarebbe diventata la persona più importante della sua vita.
Aline aveva quattordici anni e usciva raramente dalla sua camera e, quando lo faceva, non parlava con nessuno che non fosse sua sorella Penny e per pochi secondi, solamente per rassicurarla che stava bene. La bambina tutte le volte pensava che se crescere significava mentire e soffrire in quel modo, non voleva farlo mai.
Successe quando aveva quattordici anni; era il 27 ottobre, un giorno particolarmente caldo per essere autunno, ed era il diciottesimo compleanno di Aline. I suoi genitori se ne erano completamente dimenticati, tanto poco vedevano la figlia maggiore, ma Penny no: le aveva comprato un regalo, due braccialetti uguali, uno per lei e uno per sua sorella, per farle capire che ci teneva tanto a quei pochi momenti che trascorrevano insieme e avrebbe voluto che fosse sempre così. Aveva bussato alla sua porta senza ricevere risposta. Aveva provato un’ora dopo e l’ora dopo ancora, aveva battuto forte la mano sul legno fino a rischiare di sanguinare; i suoi genitori avevano sentito ed erano saliti per vedere cosa stava succedendo. Due ore dopo Aline stava lasciando per sempre la loro casa a bordo di un’ambulanza con le sirene spente. Penny era distrutta e chiamò Cherry perché la consolasse. Fu allora che scoprì che tutti, a scuola, davano della poco di buono a sua sorella. Chiuse il telefono in faccia a Charlene e corse in camera di Aline senza un motivo preciso, forse solamente per sfogarsi, forse per sentirla di nuovo vicina, forse perché ancora non riusciva a credere che se ne fosse andata.
Sulla scrivania trovò un bigliettino; era piccolo, ripiegato talmente tante volte che poteva sembrare una semplice pallina di carta rosa, ma era un biglietto, un biglietto che spiegava con una semplice frase il perché di quel gesto.
«A cosa pensi?» Brad si avvicinò a lei con un bicchiere di vodka in mano e una sigaretta nell’altra e le lasciò un bacio sulle labbra facendole fare una smorfia.
«Ad Aline. Oggi sono esattamente tre anni che è morta» disse lei appoggiandosi al muretto alle sue spalle e incrociando le braccia la petto, pensierosa. Il suo fidanzato buttò la sigaretta e mise il bicchiere sul muretto prima di abbracciarla stretta.
«Non starci troppo male, Penny; in fondo è stata una sua scelta» la ragazza alzò lo sguardo e si scostò, accigliata e irritata.
«No che non è stata una sua scelta, Brad. È stata costretta da tutte le persone che le davano della troia, non è stata assolutamente una sua scelta» il ragazzo la guardò e sospirò, consapevole che Aline era un argomento delicato per Penny, molto delicato. Da quando se n’era andata non aveva fatto altro che difendere tutti coloro che erano vittime di bullismo ed era diventata amica di tutti gli emarginati della scuola per impedire loro di compiere lo stesso gesto della sorella. L’unica vecchia compagnia che aveva mantenuto era stata Cherry, la sua migliore amica dai tempi delle elementari.
«No, non lo è stata, ma non è stata nemmeno colpa tua, Penny. Smettila di comportarti come se lo fosse» Brad bevve un sorso di vodka e poi la indicò con il bicchiere mezzo pieno «Il senso di colpa ti ucciderà, Pen» lei scosse la testa.
«Non succederà» disse convinta «Io sono qui per aiutare gli altri, non posso andarmene» il suo fidanzato si accese una sigaretta e aspirò un paio di boccate di fumo prima di rispondere alle parole di Penny.
«Non devi rimanere per gli altri; devi farlo per te stessa, perché ti vuoi abbastanza bene da restare e continuare a sorridere, nonostante tutto» spiegò mentre la gola bruciava per via della nicotina e lo stomaco iniziava a dare i primi segni di cedimento dopo l’alcool che aveva ingerito quella sera.
«Non ci riesco a rimanere per me» rispose lei.
«Allora forse è meglio che tu te ne vada» così dicendo si alzò e fece per andarsene ma la ragazza lo fermò un momento prima che fosse troppo lontano per sentire le sue parole.
«Aspetta... Se decidessi di rimanere, tu mi prometti che mi aiuterai a ritrovare me stessa ogni volta che la perderò nel buio?» Brad sorrise e si voltò verso la sua fidanzata. Aveva sempre pensato che fosse bellissima, fin da quando, in terza elementare, l’aveva vista dare uno schiaffo ad un suo compagno di classe perché aveva fatto piangere Cherry, ma in quel momento, sotto la luce della luna, timida come cercava di non essere mai, era ancora più bella di come l’avesse mai vista. La più bella. I capelli lunghi e rossi le scivolavano sulle spalle, sfiorandole a malapena, la frangia le copriva gli occhi, grandi e grigi come se nascondessero le nuvole, il vestito si alzava lievemente ad ogni folata di vento e lasciava intravedere le lunghe gambe ancora abbronzate dopo un’estate di mare e sole. Ma quello che preferiva di lei era il suo naso; era piccolo e all’insù e Brad pensava che la rappresentasse perfettamente.
«Ti aiuterei a ritrovarla anche se dovessi andare a cercarla in capo al mondo» si avvicinò e la baciò per farle capire che era vicino a lei. Quando si staccarono Penny gli stava porgendo un braccialetto.
«Questo è lo stesso che volevo regalare ad Aline il giorno del suo diciottesimo compleanno perché sapesse che la volevo sempre al mio fianco. Ora lo regalo a te per farti sapere che proverò sempre ad esserti vicino, in tutti i modi possibili» Brad sorrise e lo infilò al polso. Penny lo guardò e pensò che aveva fatto la scelta giusta a non lasciarlo andare, perché lui era la stessa cosa che era Aline, la stessa cosa che credeva nessuno volesse.
«Posso chiederti una cosa?» la ragazza annuì e lo abbracciò.
«Perché non avevi paura del buio?» Penny lo strinse più forte e sorrise. Non era il primo a farle quella domanda, ma sarebbe stato il primo al quale avrebbe risposto per davvero.
«Perché le cose cattive non si nascondono; le cose cattive nascono, vivono e crescono nella luce, siamo noi che non riusciamo a vederli. Non abbiamo davvero paura del buio, abbiamo paura di scoprire che tutto quello che temiamo non si nasconde dietro l’oscurità della notte, ma nelle nostre cucine mentre facciamo colazione».

La tomba di Aline era semplice e spoglia; nessuno si sforzava di portare dei fiori alla poco di buono suicida della scuola, forse troppo spaventati da ciò che avrebbero visto nel suo sorriso. Penny ripensò alla frase che aveva scritto sul bigliettino rosa prima di uccidersi:
Chi sceglierebbe una margherita in un campo di rose?
Si inginocchiò sulla terra nuda e posò un piccolo fiore bianco sulla tomba guardando sua sorella negli occhi scuri. Sorrideva come non la vedeva fare quasi mai, ma il suo sguardo raccontava di una guerra contro se stessa. Penny pensò che lei sarebbe stata per sempre la persona alla quale avrebbe voluto più bene al mondo. Si rialzò e, mentre se ne andava, pronunciò le stesse parole che aveva pensato quel 27 ottobre.
«Non mi sono mai piaciute le rose»




  
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