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Autore: Dicembre    14/09/2008    1 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ero in vacanza, ecco perchè l'aggiornamento ha impiegato così tanto ad essere pubblicato '^_^ Vacanza, poi recupero lavoro, poi altro, insomma, non siate arrabbiati con me. Liberaci dal male ritornerà ad essere frequente (ricordo che è già finito), perciò mi farò perdonare. Riprenderò il ritmo, del resto, Settembre richiama all'ordine. sigh... baci baci

 

 

Capitolo Sedici

- Non mi lascerai mai andare -

 

“Se vi posso dare un consiglio, prendete il carro”

“Ma non penso che ce ne sarà bisogno…”

“Se Lord Aaron consiglia il carro, ce ne sarà un motivo”
Il padrone del castello sorrise “I monaci sono molto generosi e dubito che vi lascino tornare senza diverse botti di birra”:
Gli occhi di Luppolo s’illuminarono.

“Mai notizia fu più gradita!”
”Chi lo sente più, adesso? Se davvero ci verrà donata della birra, vi devo avvertire, signore, avremo un ubriaco fra i piedi fintantoché la birra non sarà finita”.

“Guarda che mi so moderare, non come te di fronte a qualunque pietanza”.

“Io vi avviso” continuò Cencio rivolto a Lord Aaron “ve lo dico col cuore, se torniamo con della birra, chiudete quest’uomo nelle segrete del castello”.

Luppolo,per tutta risposta, diede uno scapaccione in testa al ragazzo.

“Taci e smettila di dare inutile aria alle trombe. Ne hai troppa in gola… e troppa in testa!”

Insieme a Luppolo e Cencio, ma diretti altrove, quella mattina partirono Guardia e Levante.

C’era un’atmosfera insolita: tutti erano pronti a partire ma nessuno sembrava veramente volerlo. Con la scusa di aspettare Nero, rimasero alle porte del castello a scambiarsi gli ultimi saluti.

“Eccoti! Iniziavamo a pensare volessi dormire in eterno!”

Nero sorrise e si avvicinò al gruppo. Nulla, nel suo portamento, né nelle sue parole, tradiva la notte insonne appena passata. Era rimasto nella sua stanza, seduto di fronte al fuoco a guardarne i colori, avrebbe preferito non pensare, ma ogni volta che cercava di farlo un profondo senso di colpa lo riportava alla realtà. La pace che Aaron generava in lui, che quelle mura gli avevano portato, veniva resa opaca dalla consapevolezza che Dio avrebbe condannato il suo comportamento.

Quando la pelle del suo viso aveva sfiorato quella della spalla di Aaron, aveva avuto la sensazione che quel calore fosse l’unica cosa che importasse e che quel silenzio potesse nutrirlo fino a renderlo sazio. Che sarebbe stato sufficiente così.

Ma si sbagliava.

Appena non ebbe più modo di ascoltare quel calore e toccare quel silenzio, sentì un frastuono gelido entrargli nel cuore perché quello che desiderava era lì. Ma Nero  aveva imparato l’autocontrollo e la disciplina, era abituato ormai a lottare con se stesso per fare la cosa giusta.

E la parola di Dio è legge.

E la parola di Dio è cosa giusta.

 

“Quindi avete deciso di andare ad ubriacarvi soli”

“Io ho cercato di avvertire Lord Aaron che non è prudente farci andare con un carro. Poi come lo riporto a casa Luppolo? Ma lui ha insistito” disse con aria impotente Cencio.

“In realtà quello che regge male la birra, che canta sui tetti quando ne beve sei tu!”

Nero rise: “Effettivamente, non ho mai visto Luppolo ubriaco”
Ma Cencio non demorse: “Questo perchè è scozzese”

“Che c’entra?”
”Eccome se c’entra. Si sa che al Sud la gente è più calda. Quella volta volevo solo rallegrare gli animi dei passanti. Tu invece, tutto riserbo, non ti diverti mai”.

Luppolo stava per replicare quando Guardia interruppe l’ennesimo battibecco.

“Non vi si può lasciare soli un attimo che subito ne approfittate per litigare,” disse ironico “ma adesso è ora di partire”.

S’inchinò ai piedi di Lord Aaron e così fece anche Levante

“Vi ringrazio per la vostra premura, per la vostra gentilezza e soprattutto per le cure prestate a Forgia”.
Aaron sorrise.

“Ci rivedremo in primavera, siate prudenti e buon viaggio”.

E così partirono, senza indugiare oltre.

“Mi rende triste questa separazione…”
”E’ solo momentanea”
”Lo so, è che….non sono abituato”
Luppolo annuì e cercò di sdrammatizzare “Vedrai che la birra ti farà dimenticare dolori e nostalgie”

Cencio annuì e s’affrettò a preparare il carro.

“A stasera” salutarono quando anche loro partirono.

Nero e Aaron guardarono per un po’ il carro allontanarsi. “Se conosco bene la generosità dei frati, torneranno con una quantità di birra sufficiente per l’intero inverno”

Nero rise: “Con Cencio e Luppolo nelle vicinanze, nessuna quantità di birra potrebbe durare tanto”

Si guardarono negli occhi, con mille cose da dire e nessuna sulla labbra, eccetto un sorriso. Era un’alba come mille altre, la foschia si stava abbassando, il sole bianco illuminava tutt’intorno. Loro ci si nascosero.

 

 

“Dicevi sul serio quando parlavi degli scozzesi?”
”Dicevo cosa?”
Luppolo roteò gli occhi esasperato: “Santo Cielo, Cencio, l’hai detto poco fa!”

“Che gli scozzesi siano riservati?”

Luppolo annuì, pensieroso: “Non penso sia una bella cosa”.

Cencio si strinse nelle spalle: “Io la trovo interessante”.
”Ma te ne lamenti sempre!”
”Me ne lamento perché non riesco mai a capire quello che pensi e a volte mi dispiace”.

La bruma mattutina ormai si stava completamente scogliendo nell’aria e Luppolo si perse per un attimo dietro di lei. Risultava a volte difficile non essere curioso nei confronti dei pensieri del ragazzo, quindi spesso li lasciava correre, terrorizzato di essere frainteso. O forse capito appieno.

“Ti dispiace?” poi disse d’improvviso

“Sì, mi dispiace…” poi trasse un profondo respiro, prima di riprendere: “Sin da quando ci siamo conosciuti, so che m’hai visto come un ragazzino. Un moccioso fastidioso che ha l’aria in testa”. Si prese in giro facendo un’espressione così tenera che Luppolo ebbe una fitta al petto: “Perciò mi chiedo quando e se mai mi considererai tuo pari”

“Sei uno sciocco se pensi questo” riuscì a bisbigliare Luppolo “Non ti ho mai considerato inferiore o…”
”Non inferiore” lo interruppe Cencio “solo troppo piccolo per essere considerato…” si fermò  e si mise le dita sulla fronte come a cercare lì la parola che non trovava “tuo compagno”

Ci fu un pesante velo di malinconica che passò davanti agli occhi di Luppolo, quegli occhi verdi e brillanti vennero appesantiti da un’ombra che lui non seppe subito nascondere. Cencio se ne accorse ma non la comprese e non chiese spiegazioni, temendo di sentire la risposta che non voleva: sei troppo piccolo. Risposta che a volte aveva sentito e l’aveva ferito più di quanto non avesse mai ammesso.

“Quando arrivai in Italia, tutto mi sarei aspettato, tranne che di incontrare un ladruncolo come te e continuare a vederlo anni dopo” Sorrise al ricordo.

“Quando m’hai rubato il mantello, il mio unico pensiero era quello di ucciderti: dovevo fartela pagare. Poi però ti ho visto e, nonostante mi apparissi piccolo, un vero e proprio moccioso, ho come avuto l’impressione che… che fossi troppo grande per la tua età”.

Cencio corrugò la fronte aspettandosi una spiegazione.

“Quel Guido non l’ho ammazzato, ma solo perché me l’hai chiesto tu. Avrei di sicuro provato un enorme piacere nel farlo…”
Si fermò, altrimenti la rabbia gli sarebbe salita di nuovo, fresca, come se il tutto fosse successo qualche giorno prima.

“Vederti ancora così preoccupato per me mi commuove… Dai, smettila, altrimenti divento serio e poi, se non metto io un po’ di allegria qui o al monastero, rischiamo di morire di noia”

Ironizzò, ma Cencio fu davvero commosso dall’atteggiamento dell’amico.

Lo guardò, mentre l’altro guardava la natura circostante: la strada aveva da un lato un bosco di conifere e dall’altro una distesa piatta e verde d’erba, l’acciottolato irregolare faceva sobbalzare di tanto in tanto i due uomini. Questo movimento, irregolare ma continuo, riportò alla mente di Luppolo un trascorso dove sia lui che il suo amico si erano trovati in una situazione molto simile. E sorrise.

“Stai anche tu pensandola sig. Cencio?”

 “Non ne ho potuto fare a meno”

Luppolo si mise a ridere e poi indossò l’aria più seria di cui era capace in quel momento. “Lei ragazzino, lei chi è?” chiese con una voce baritona che non gli era propria. “Ritengo che sia uno di quei bastardini scappati di casa” proseguì cantilenando un accento compunto e petulante, al che Cencio non si tirò indietro

“Ma no signore, cosa andate pensando?” rispose in falsetto “Io appartengo a lui!” disse indicando una persona immaginaria al suo fianco

“A lui?” proseguì Luppolo con la stessa voce piena di poco prima “e di grazia chi è costui?”

Allora Luppolo si schiarì la voce e si spostò leggermente sul sedile: “Sono l’incaricato del vescovo: porto i bambini a Londra per educarli e crescerli nel Nuovo Ordine richiesto espressamente dal papa per i giovani perduti”

Poi si fermò, trattenne una risatina e, ancora, si spostò per riprendere a parlare con voce bassa.

“Nuovo Ordine?” chiese lisciandosi una barba che non aveva “E quale ne è il nome?”

“Ma signore” disse Cencio sempre nella sua vocina alta e studiata “l’ordine del Cencio”

Luppolo non ce la fece più e rise apertamente “non potevo credere alle mie orecchie!” Ma poi riprese il tono serio:

“Ohhh” disse solamente e l’amico rispose

“Per mortificare la carne e per avvicinarsi a Dio, abbiamo bisogno sin da bambini di vivere come aveva vissuto il Cristo…”

“E ci ha lasciati andare! Incredibile!” scosse la testa Luppolo che ancora rideva di quel funzionario che s’era lasciato schernire così stupidamente.

“L’ordine del Cencio… Guardando con cosa ero vestito, è davvero la prima parola che m’è venuta in mente… meno male… meno male che c’eri tu”

Luppolo corrugò la fronte.

“Nessuno m’avrebbe retto il gioco,” spiegò Cencio “chiunque altro m’avrebbe lasciato andare”.

“Saresti passato dalle mani di un grassone italiano a quelle di un grassone inglese, e questo non mi sembrava saggio”

“Saggio?” fece il verso a Luppolo. “Però” disse d’improvviso quasi sussurrando “Però…” e sembrò desistere “Però promettimi una cosa Luppolo”

L’aria seria del ragazzo ebbe tutta l’attenzione dello scozzese che guardò quegli occhioni capaci di molte, troppe espressioni per non esserne travolto

“Dimmi” bisbigliò anche lui, quasi ci fosse un segreto da mantenere

Cencio prese una mano di Luppolo, imbarazzato, e giocherellò con le sue dita per un secondo. Poi appoggiò il suo palmo su quello dello scozzese constatando quanto fosse più esile e piccolo. Sorrise.

“Che non mi lascerai mai andare. Che qualunque cosa succeda, mi tratterai con queste mani e mi stringerai, se è necessario, mi strattonerai se devi, ma mi terrai sempre vicino…”

L’impatto di quelle parole su Luppolo fu così intenso da essere doloroso, la sua pelle gridò dal dolore.

“Io” continuò il ragazzo “non voglio ritrovarmi di nuovo solo”. Era imbarazzato e continuava a guardare quella mano che ora teneva solo per un dito, quasi fosse bollente.

Che fare? Che dire? Cadere ai suoi piedi? O solo guardarlo negli occhi nella speranza che capisse ciò che è nascosto sotto strati e strati  di negazione? Ma non riuscì a pensare, di fronte a quegli occhi, e allora lo abbracciò, semplicemente.

 

Era successo diverso tempo fa, ma Luppolo non riusciva a dimenticare la paura provata quando il funzionario del porto aveva afferrato con forza Cencio e l’aveva strattonato, prendendolo per uno di quei vagabondi, figli bastardi che infestavano le strade delle grandi città e che erano un pericolo per i nobili e per il buon nome dei quartieri.

I suoi sentimenti nei confronti del ragazzo erano cambiati da allora, Luppolo non avrebbe saputo dire né come né quando si era trovato alla mercé di quegli occhi sbarazzini e quel sorriso aperto tuttavia, sin dal loro primo incontro, Luppolo aveva sviluppato un senso di protezione nei confronti di Cencio che non aveva eguali. Non riusciva bene a spiegarsi neanche lui il perché.

Nonostante l’apparente infantilismo, Cencio era freddo e calcolatore in battaglia, la sua abilità nell’utilizzo dell’arco lungo era rara. Non aveva bisogno di alcuna protezione. Tuttavia l’aria spaurita di Cencio quando gli era stato presentato schiavo e sottomesso a Guido, il suo sguardo perso e disperato avevano svelato  qualcosa in Luppolo che lui stesso si stupì d’avere. Uno spirito protettivo, un sentimento così intenso da fargli prendere parte alla fuga del ragazzo che allora era ancora uno sconosciuto, fargli mentire al porto inglese sulle sue origini, aiutarlo a raffinare l’arte della spada e dell’arco… E da allora, da quel giorno al castello di Guido, Luppolo s’era preso cura di quel bambino che ormai era diventato un uomo.

Non mi lascerai mai andare.

Aveva detto…

Sciocco moccioso, stupido e splendido.

Non l’avrebbe mai fatto.

 

Il monastero comparve in lontananza, subito dietro ai boschi. Era una costruzione piccola, piuttosto bassa ma aveva un’aria solenne. La natura intorno sembrava rigogliosa, nonostante ormai l’inverno fosse alle porte. Luppolo guardò quella costruzione, tenendo ancora fra le braccia Cencio che s’era appoggiato al suo petto e rimaneva immobile e stretto, lasciandosi cullare dall’andatura del carro.

Uomini devoti a Dio. Quel monastero era abitato da uomini devoti a Dio. E lui? Poteva definirsi tale?

Non era importante, in quell’abbraccio così dolce, perché non avrebbe mai posto la domanda ad alta voce. La paura di essere rifiutato era più forte di qualunque altra, terrena o celeste.

E allora, pensò, era meglio non dire nulla e chiedere l’aiuto del tempo, nella speranza che diluisse quell’affetto non richiesto.

 

***
 

Armelle: Non me ne volere per l'interruzione, ero in luoghi dimenticati da tutti, dove internet è una leggenda, più che una quotidianità '^_^ L'innamoramento in LdM è davvero graduale, sono una a cui piace, in un certo senso, tirarla per le lunghe (Nero e Aaron non sono personaggi da uno sguardo e via, dopo tutto...). Baci

Emerald: Grazie!! Sono contenta che la "tensione" si percepisca. era proprio quello che volevo. Alla fine si sta costruendo anche un qualcosa di fisico *_* (è la mia vena shounen-ai/yaoi che deve essere saziata, in qualche modo XDD). Baci

Bigi: Emozionata, addirittura? Grazie!! Scusa per l'aggiornamento dopo un bel po' di tempo :/

Stateira: Ciao *hug* La tensione erotica fra i nostri baldi giovani a volte preme. In un mondo dominato dalla religione, sembra quasi uscire OOC in personaggi da me creati -_- Ma spero di essere riuscita a dosarla bene. Per quanto riguarda la svolta, c'è e sono felice che si noti, man mano che si procede sarà sempre più netta...Dopo tutto non potevo divertirmi troppo a lasciare i miei personaggi nel limbo dell'incompiuto. Hah, mi sarebbe piaciuto però XD Bacione

 

 

  
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