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Autore: N_faith    15/08/2014    1 recensioni
I suoi vestiti sono ormai incollati contro il proprio corpo come una seconda pelle. E questo grazie all’ingrata umidità di quell’estate. Le braccia sembrano appesantite, i sensi più lenti del normale, e tutti i pensieri convergono in un unico e tipico desiderio: Devo mettermi là fuori sul balcone, sdraiato sull’asciugamano a guardare le nuvole.
Ovviamente il caldo non se ne sarebbe andato con quell’espediente banale.
Non sente ragioni, Shikamaru: attraversa la sala da pranzo di quel minuscolo appartamento per studenti, arriva di fronte alla vetrata della finestra disposta ad altezza d’uomo, la fa scorrere lateralmente, esce sul balcone. Guarda con attenzione se il pavimento è attraversato da qualche fastidioso insetto, controlla se l’ombra sia sufficiente da proteggerlo dai raggi solari.
Poi quell’asciugamano azzurro, impreziosito da guizzanti pesci gialli che sembrano nuotarvi dentro, viene steso a terra e il ragazzo ci si sdraia sopra, le braccia incrociate sotto la nuca, gli occhi socchiusi, lo sguardo levato sul cielo, sgombro di qualsiasi nuvola.
Peccato che mancasse il salvavita estivo: il vento.
[ShikaTema]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Questa è una One Shot che non ha un tema preciso, a parte l'estate e il caldo che ne deriva. La fanfiction è stata scritta con leggerezza, forse con l'intento di far svagare un po' il lettore, per cui mi auguro che sia godibile per voi (:
Buona lettura e buon Ferragosto!













[Caldo dispettoso e ghiaccioli salvatori]



I suoi vestiti sono ormai incollati contro il proprio corpo come una seconda pelle. E questo grazie all’ingrata umidità di quell’estate. Le braccia sembrano appesantite, i sensi più lenti del normale, e tutti i pensieri convergono in un unico e tipico desiderio: Devo mettermi là fuori sul balcone, sdraiato sull’asciugamano a guardare le nuvole.
Ovviamente il caldo non se ne sarebbe andato con quell’espediente banale.
Non sente ragioni, Shikamaru: attraversa la sala da pranzo di quel minuscolo appartamento per studenti, arriva di fronte alla vetrata della finestra disposta ad altezza d’uomo, la fa scorrere lateralmente, esce sul balcone. Guarda con attenzione se il pavimento è attraversato da qualche fastidioso insetto, controlla se l’ombra sia sufficiente da proteggerlo dai raggi solari.
Poi quell’asciugamano azzurro, impreziosito da guizzanti pesci gialli che sembrano nuotarvi dentro, viene steso a terra e il ragazzo ci si sdraia sopra, le braccia incrociate sotto la nuca, gli occhi socchiusi, lo sguardo levato sul cielo, sgombro di qualsiasi nuvola.
Peccato che mancasse il salvavita estivo: il vento.
Aggrotta la fronte, aspettando inutilmente il primo alito di vento.
Un lontano rumore di passi risuonano ovattati all’interno dell’appartamento. Una voce che parla, dal tono a metà tra il seccato e il curioso. Shikamaru non si alza per andare incontro al nuovo arrivato, sempre convinto di riuscire a sconfiggere il caldo.
« Avrei dovuto immaginarlo di trovarti qui. »
Temari si accovaccia accanto alla sua testa, l’espressione fintamente bellicosa. I quattro codini, che raccoglievano i lunghi capelli biondi, si muovono appena da destra verso sinistra appena la giovane scuote leggermente la testa con aria rassegnata.
Shikamaru fa finta di niente, spostando gli occhi su quel firmamento celeste, così vivido e intenso da sembrare una fresca pennellata di colore. « È l’unico sistema per rimediare un po’ di refrigerio. » commenta a bassa voce, dicendosi che la sua ragazza, a volte, era una vera seccatura. Quella relazione si stava protraendo da un anno e mezzo, e ancora non era riuscito a far luce su quell’intricato rebus vivente. Possedeva molte qualità, la bionda, ma lei lo aveva attratto per il suo carattere tosto e quasi da maschiaccio. Ed era brava a farlo rigare dritto, a svegliarlo grazie a certe sue minacciose occhiate.
Ora quegli occhi verdi rilucevano di una luce stranamente non beffarda, ma quasi affettuosa. Che strano… Temari non era una ragazza per così dire espansiva e dispensatrice di baci e coccole varie, e l’unico gesto che si concedeva era, appunto, guardarlo quasi con amore, come potrebbe fare una ragazza innamorata. Questo perché lei era più incline a vivere l’amore come una cosa seria, senza per forza abbassarsi nel fare la smorfiosa. « Guardati… Sei tutto appiccicoso. Vai a farti una doccia. »
« E chi sei tu per ordinarmelo? » ribatte piccato il diciottenne, girandosi su un fianco e dandole così le spalle.
La risposta non si fa attendere per molto. « Sono la tua ragazza, pigrone di un Nara. »
Quella frase sferzante gli ricorda, inevitabilmente, i rimbrotti di sua madre Yoshino.
Rimembra ancora una volta le similitudini caratteriali tra Temari e Yoshino. Non ne bastava una, di lagna sempiterna?
La mano della bionda lo scuote per la spalla, né troppo bruscamente, né troppo dolcemente. Una dignitosa via di mezzo. « Forza, vai a rinfrescarti che dopo usciamo. »
« No… » Shikamaru sospira annoiato, socchiudendo le palpebre. « Preferisco stare qui. »
Alzandosi, Temari si lascia andare in un sogghigno alquanto sagace, rientrando dentro. « Allora non lamentarti di quanto trovi insopportabile questo caldo. » lo avvisa, la voce che si fa più debole, fino a svanire del tutto.
Lui reprime dietro le labbra la solita, abituale frase. Poi doveva eseguire alla lettera ciò che Temari gli diceva, o meglio, ordinava, altrimenti una catastrofe di proporzioni atomiche si sarebbe abbattuta su Tokyo. Per niente convinto in quel che stava per fare e che aveva fatto in tutti quei noiosi diciotto anni di vita, si rialza, brontolando sottovoce e grattandosi il braccio.
Mezz’ora dopo. Centro. Caldo infernale. Disidratati e semoventi pedoni che avanzano sui marciapiedi. Rare macchine di passaggio.
Shikamaru avverte la maglietta blu polvere fondersi quasi con la sua pelle. Ancora. Il sudore gli scorre lungo la spina dorsale. Ancora. La mano di Temari, piccola e innaturalmente fresca, stretta nella sua.
Stranamente non formula un pensiero negativo in merito. Ne è quasi sorpreso, più che altro per la sua innata capacità nel non versare litri di sudore, a differenza sua che pareva tramutatosi in una fabbrica del suddetto liquido ipotonico. Poi la sua attenzione viene improvvisamente attirata da quelle labbra che stavano sbocconcellando una pallina di mitarashi dango. Un piccolo grumo dello sciroppo di salsa di soia le si incolla in un angolo della bocca. Il Nara alza la mano, il polpastrello che raccoglie quel minuscolo puntino, portandosi poi il dito alle labbra, storcendole dopo una frazione di secondo per il sapore. Nota l’occhiata curiosa di lei, svia qualsiasi domanda spostando gli occhi altrove. Interrogatorio evitato.
Passano accanto a un chiosco di gelati e granite. La mano della bionda sguscia dalla propria. Una frase quasi buttata di fretta. Shikamaru non si dà pena nel seguirla con lo sguardo, preferendo invece osservare una nuvola dalla forma curiosa, che arranca lenta nel cielo. Un nuovo rivoletto di sudore inizia a scorrergli sulla nuca, pronto a tuffarsi sotto la stoffa della maglietta e proseguire così lungo la schiena, quando qualcosa di ghiacciato neutralizza quella bagnata minaccia. Il ragazzo trasalisce e si volta, scoprendo Temari alle proprie spalle, la mano sollevata, e quel ghiacciolo all’amarena scostato dalla propria pelle.
« Non puoi tenermi nascosto nulla, Nara. »
Gli passa il ghiacciolo, scrutandolo divertita, gli occhi verdi guizzanti di personale soddisfazione.
Shikamaru scuote la testa, stupito dalla sua premura. L’aveva sottovalutata, e giudicata male per di più.
Temari non era una seccatura, ma una dolce seccatura.
   
 
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