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Autore: Maia_Auro    15/08/2014    1 recensioni
Pur vivendo nella Grande Mela, Aurora è una ragazza semplice: ama leggere, disegnare e danzare. Di carattere timido, le persone più importanti sono la sua famiglia, Kristopher e le sue migliori amiche Chelsea e Tamara; tutto sembra andare bene ma dopo una serata in discoteca niente sarà più come prima... Persino le sue migliori amiche, di cui Aurora si è sempre fidata, sembrano avere un enorme segreto...
Ispirato a "Città di Ossa"
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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«Oh dai mamma, ho 16 anni! E poi ci saranno anche Tamara e Chelsea. Tu le adori!»
«Mmm… non lo so. Finirete così tardi.» storse un poco le labbra.
«Andiamo in biblioteca per leggere libri, ci saranno altri studenti e poi andremo a dormire a casa di Chelsea, è li vicino.»
«Ma domani non avete scuola?» stava cercando solo delle scuse per non farla andare.
«No mamma» Aurora roteò gli occhi «domani è sabato e cosa ancora più importante è iniziata l’estate già da 2 giorni.»
«D’accordo, ma mi raccomando, andate spedite a casa!»
«Oh grazie grazie grazie! Ti voglio bene!» si sporse dalla sedia per abbracciare la madre. Tutta la famiglia era riunita in cucina per la cena, Aurora guardò di nuovo il suo piatto di minestra con un certo disgusto, la madre non era un’ottima cuoca ma la ragazza era così contenta che con uno certo sforzo si mise a mangiare.
«Chiedilo però anche a tuo padre» disse la madre sorseggiando il bicchiere di vino che si stava portando alle labbra. Aurora si rivolse verso il padre, seduto alla sua sinistra, con gli occhi lucidi e dilatati come quelli di un cucciolo e il labbro inferiore in fuori.
«Basta che fai attenzione» lo disse facendo un grande sbuffo e fissò la moglie con un’espressione indecifrabile sul volto, rimasero a guardarsi per un lungo istante probabilmente stavano cercando di parlare tra di loro senza che la figlia li sentisse. Aurora non ci diede peso, spesso i  genitori assumevano quell’atteggiamento, soprattutto se si trattava di farla uscire sola o con le amiche alla sera, così si offrì di sparecchiare senza aggiungere altro.
Dalla finestra della cucina si vedeva il sole tramontare su New York, abitava in un appartamento al secondo piano di un’antica casa coloniale mentre al piano inferiore vi abitava la proprietaria, un’eccentrica donna anziana che rimaneva sempre chiusa dentro al suo appartamento, Aurora l’aveva vista poche volte. Riempì il lavandino di acqua e iniziò a strofinare le stoviglie, sovrappensiero si mise a guardare il suo riflesso nella finestra. Era così diversa dai suoi genitori: gli occhi azzurro-grigi grandi e circondati da lunghe ciglia nere, i capelli neri mossi e lunghi poco più oltre le spalle, il fisico formoso ma non particolarmente slanciato; i genitori invece erano alti, magrissimi, con i capelli rossi e gli occhi marrone cioccolato. Non aveva mai avuto il coraggio di chiedere se fosse stata adottata ma pensando alla sua vita si rendeva di essere felice con loro, le sue amiche e il suo amore per la musica, la danza, la lettura e il disegno.
La Grande Mela era squisitamente illuminata, persino Central Park era un insieme di luci, stava ancora guardando fuori quando qualcosa le passò davanti appoggiandosi sui fiori del davanzale.
 

   
 
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