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Autore: _vivodilibri_    15/08/2014    6 recensioni
Eva è una semplice ragazza di 16 anni: ama la musica,i libri e i pigiama-party con le amiche. Non potrebbe desiderare altro dalla vita. Ma un giorno arriva un segno a sconvolgerla, un segno che cambierà completamente l'idea che Eva aveva di se stessa.. lei è ciò che non avrebbe mai immaginato
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
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17 Maggio, era una calda giornata estiva: il sole era azzurro,gli uccellini cinguettavano e nell’aria si sentiva odore di rose rosse appena sbocciate … e bla bla.. NO.

Ci sono vari modi di incominciare una storia e a dirvi la verità io odio quel tipo di storia talmente sdolcinata e mielosa,dal quale puoi aspettarti anche unicorni rosa che volano sopra nuvole bianche che sembrano dello zucchero filato o quelle storie,talmente belle e ben costruite, di cui non puoi fare a meno se non altro leggerle e rileggerle più volte. Nulla di questa storia sarà così, non vi saranno unicorni, né tanto meno arcobaleni, ma sarà una storia.. la mia storia basata essenzialmente sulla mia vita e di quanto un semplice segno ha potuto rivoluzionarla completamente.

Mi chiamo Eva,16 anni, e vivo in un piccolo paesino americano nel nord California: un paesino talmente tranquillo e semplice che stenterete addirittura a credere che si trovi proprio in California. Per farvi qualche esempio: non vi è neanche ombra di un Mcdonald, o di strade a quattro corsie,talmente trafficate che non si riesce neanche ad attraversare  in un’unica tirata. Non vi sono street-club,( o almeno io non ne ho mai visto uno ), non esistono grattacieli di duecento piani o enormi stadi,dove la domenica è possibile riunirsi con la famiglia per assistere ad una partita di football. Diciamo che non è il classico stereotipo di città-americana e credo che mai lo sarà. Ai Mcdonals,alle strade a quattro corsie si sostituiscono piccole panetterie che profumano di buon pane fresco e strade semplici dove  capita spesso di incontrare piccoli e grandi ciclisti. Agli sreet-club,ai grattacieli e agli stadi si sostituiscono piccoli bar nel centro, nei quali capita,il sabato sera, di vedere qualche ubriacone con la bottiglia di Whisky in mano ormai vuota, casette di massimo tre piani coi fiori sui balconi e un piccolo orticello davanti casa e di stadi non ne abbiamo neanche uno, l’unico centro sportivo efficiente è la palestra comunale,nella quale qualche volta, capita di assistere ad una partita di pallavolo. La mia casa si trovava esattamente a qualche chilometro dal centro: una casa semplice, a due piani e, anch’essa, con un piccolo giardino davanti casa. Ed io amo la mia casa, nella quale mi piace trascorrere la maggior parte del tempo, con le cuffie e magari un buon libro da leggere in tutta tranquillità. La mia stanza si trova al piano di sopra, isolata da ogni odore della cucina o urla di mia madre. È la camera più  bella del mondo forse perché dentro di essa ho raccolto tutto ciò che mi piace: la musica,i libri e la fotografia. Ho una libreria in mogano vicino alla finestra, colma di libri (ovviamente tutti già letti)  e una piccola mensola dove amo collezionare i cd dei miei cantanti preferiti. Qualche tempo fa ho fatto montare sopra il letto un pannello in legno nel quale attacco tutte le foto mie, del mio cane e delle mie migliori amiche; il pannello è ancora un po’ vuoto, ma credo che riuscirò a ricoprirlo completamente entro la fine del mese. Ho anche due chitarre: una classica e una acustica, che ho da quando avevo sei anni, un regalo di mio padre per il giorno di Natale … ricordo che erano troppo grandi per me e riuscivo a stento a toccare le corde con la mia manina piccola e paffuta, ma col tempo ho preso lezioni e ora,ammetto, che me la cavo.

Era una mattina primaverile ed ero  seduta sul letto,con la chitarra in posizione pronta per strimpellare qualche canzone, afferrai il plettro bianco ormai consumato dal tempo ed iniziai a suonare: la chitarra in qualche modo mi rilassava e ancora di più quando la suonavo di mattina, in cui tutto sembra più calmo e in cui  la mamma ancora  dormiva. Alzai lo sguardo per controllare  l’orologio e assicurarmi di non essere in ritardo: 8.05 forse sarà meglio posare tutto,far colazione ed andare a scuola. Sistemai  la chitarra nella sua custodia,infilai  il paio di jeans e la maglia azzurra che trovai ammucchiati sopra la scrivania. Per fortuna avevo un bagnetto in camera e non mi veniva troppo scomodo,la mattina, scendere le scale ancora assonnata ed andare a lavare i denti. Presi un po’ di phard e lo passai sul collo, giusto per coprire una macchia sotto l’orecchio destro che avevo sin da quando ero bambina, e sin da allora l’ho sempre odiata nonostante i capelli la coprissero. Quel giorno sembrava ancora più grossa rispetto ai giorni precedenti e l’idea che,tra qualche anno, potesse coprire circa metà collo mi spaventava. Scostai i capelli e misi la matita sugli occhi: ora ero pronta per uscire. Afferrai lo zaino ed andai in cucina per preparare la colazione – Buon giorno Eva-  era mio fratello Erik, il fratello migliore che una ragazza potesse desiderare. Era un tipo piuttosto sveglio e simpatico, non ci assomigliavamo tanto ma eravamo tanto uniti, troppo. Era due anni più grande di me  ma lo consideravo come un secondo padre e,ogni volta che qualcosa non andava, sapevo a chi rivolgermi. Aveva dei capelli marroni lisci, con un ciuffo che  amava alzare con del gel e dei bellissimi occhi verdi.. invidiavo i suoi occhi verdi, forse perché era l’unico della famiglia ad averli o semplicemente per pura invidia. – buon giorno anche a te!- risposi prima di  dargli un bacio sulla guancia, poi afferrai del toast e vi passai sopra un velo di Nutella: l’avrei mangiato per strada,anche perché si era fatto tardi e, a piedi, non avremmo mai fatto in tempo. Ogni mattina,percorrevo la strada per raggiungere la suola assieme ad Erik,lui era all’ultimo anno; era stato sempre un tipo bravissimo,quelli da tutti 10 in pagella senza studiare più di un’ora il pomeriggio, il ‘’cocco’’ dei professori, ma se parlavi con lui non vedeva l’ora che finisse la scuola per essere libero, uscire con gli amici e andare in discoteca ogni sabato sera . Io invece non amavo la scuola, o forse non amavo chi vi stava dentro: odiavo quasi tutti i professori, e i bidelli, ero la ragazza dal ‘’si impegna ma potrebbe fare di più’’ , comunque riuscivo a mantenere una media sopra il sei. Prendemmo la solita strada, dritta e piena d’alberi nel quali ormai stavano sbocciando i primi fiori. Dopo circa dieci minuti la vidi da lontano… eccola… gialla, un edificio imponente con una grande scritta che padroneggiava tutta la struttura ‘’liceo scientifico’’










 

Ho pubblicato anche il secondo capitolo, se vi va, andate a leggere :) grazie in anticipo







   
 
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