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Autore: The Red King    16/08/2014    8 recensioni
La soria che sto per narrarvi, è particolare: sì, perché questa è la storia di una ciurma, di una famiglia, ma è anche la storia di un amore senza fine.
La storia di Luffy e Nami.
Una storia che va raccontata.
L'amore è pericoloso, ma l'amore è anche il sentimento più forte, che nemmeno la morte può distruggere.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Garp, Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nami | Coppie: Rufy/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Love is dangerous.

 
Sulla Sunny quel giorno regnava il silenzio più assoluto.
Nessun grido, nessuna risata, nessuna voce.
L’unico rumore presente era quello del mare e di qualche gabbiano di passaggio.
La nave era ancorata in mezzo alle acque, senza nessuna meta.
Il cielo era nuvoloso, e presagiva tempesta.
Le prime gocce erano cadute alle prime ore del mattino, interrompendo quella calma apparente.
Nessuno aveva più voglia di ridire.
I Mugiwara non ne avevano più la forza.
 
Robin sedeva composta su di un letto non suo; stretta nella mano sinistra vi era una cornice, che conteneva una foto che raffigurava la ciurma sorridente.
La mano destra, invece, accarezza un volto solare.
Delle lacrime amare fecero capolino dagli occhi chiari ed arrossati della donna.
Erano giorni che piangeva e che non chiudeva occhio.
Leggeri tremiti, che divennero secondo dopo secondo sempre più violenti, scossero la sua indifesa figura.
Le labbra tremarono, facendo uscire pesanti singhiozzi. Si distese su quel letto, di quella camera silenziosa, portandosi al petto la cornice. Si raggomitolo su se stessa e continuò a piangere, rompendo quella maschera d’impassibilità che mai più riuscirà a mostrare.
 
Sanji era barricato in cucina da diverso tempo. Era stanco, stremato da tutto quel dolore. Era seduto su di una sedia della tavolata, affianco alla sua seduta.
Si portò le mani all’altezza degli occhi, appoggiando i gomiti scoperti dalla camicia arrotolata, sul tavolo di legno.
Posato accanto a lui, giaceva un pacchetto di sigarette completamente pieno. Ormai non aveva più la forza di fumare.
Un sorriso amaro spuntò sulle sue labbra, mentre le prime lacrime gli bagnarono la mano.
Gli occhi fissavano vuoti un punto indefinito di quella stanza deserta, lasciata al buio.
Solo una piccola luce della cucina rischiarava un po’ la stanza.
Il cuoco non ce la faceva più.
 
Zoro era in palestra. Stava sollevando fiaccamente un peso, che gli sfuggi dalle mani, cadendo a terra e creando una piccola crepa.
Avrebbe dovuto chiedere a Franky di aggiustare il pavimento.
Si sedette a terra; erano giorni che andava avanti così.
Si perdeva facilmente a contemplare il vuoto, non riusciva più ad allenarsi, era stanco e non ce la faceva veramente più.
Sentì gli occhi inumidirsi, mentre si portava una mano al volto.
Non voleva, anzi, non poteva piangere.
Se la mocciosa fosse entrata dalla porta in quel momento, lo avrebbe sicuramente sgridato e massacrato.
Già, se fosse entrata. Purtroppo lei non sarebbe mai più entrata in quella stanza e non lo avrebbe più picchiato.
Lei non c’era più.
Ed ecco di nuovo quelle lacrime.
Zoro ricominciò a piangere.
 
Usopp se ne stava seduto nell’officina.
Erano ore che piangeva e che non si dava pace.
Il volto della sua Nakama gli ritornava sempre in mente: il suo sorriso, i suoi occhi vivaci ed il momento.
Quello in cui lei se ne era andata, andata per sempre.
Si portò le mani al volto per asciugarsi le lacrime, non doveva piangere.
Le aveva promesso che sarebbe diventato più forte.
Doveva farlo, doveva…
Usopp ricominciò a piangere.
Purtroppo le promesse a volte venivano infrante.
Avrebbe voluto che quella fosse una sua ennesima bugia, che fosse tutta colpa della sua immaginazione. Ma non era così, era la realtà.
 
Franky era nella sala motori.
Seduto sul pavimento, con le spalle contro la parte in legno, stava sorridendo tristemente.
In quei giorni aveva pensato a tanto ed ormai non trovava pace: i ricordi di Nami entravo prepotentemente nella sua testa.
Da quando l’aveva incontrata la prima volta, a quando l’aveva vista spegnersi tra le braccia del loro Capitano.
Non avrebbe mai dimenticato quella scena; Nami si era messa tra Luffy ed il proiettile di Agalmatolite, diretta al suo cuore. Poi si era accasciata al suolo, tra le urla disperate di tutti. L’avevano vista sorridere un’ultima volta, prima di raccomandare a tutti di avverare i propri sogni. E poi aveva guardato Luffy, dopo che l’aveva raccolta fra le sue braccia, e gli aveva rivelato che lo amava, un attimo prima di lasciarli. Il Capitano fece una strage: uccisi i Marines nel modo più spietato possibile. Sembrava un altro; loro naturalmente lo aveva aiutato.
E Franky sorrise alla sua Nakama, fra le lacrime.
 
Chopper era in infermeria.
Stava piangendo da diverse ore. La pelliccia era bagnata ed ispida per via delle lacrime, il piccolo corpicino tremava fra i singhiozzi.
Tra le mani aveva un album fotografico: stava sfogliando le foto della Navigatrice.
Un singhiozzo gli fece cadere l’album dalle zampette tremanti.
Si chinò per raccoglierlo, notando che qualche centimetro più in là, era caduta una foto.
L’immagine ritraeva la Navigatrice abbracciata al Capitano.
Stavano sorridendo entrambi.
Chopper li trovò bellissimi.
Prese, tremante, la foto e se la portò vicino al viso.
La guardò un’ultima volta, prima di ricominciare a singhiozzare.
 
Brook era nella sala dell’acquario.
Teneva gli spartiti affianco a lui, mentre il violino era tra le mani scheletriche.
Suonò una triste melodia che raggiunse tutta la nave, e poi scarabocchiò qualcosa sui fogli, forse il testo della canzone.
Una piccola lacrima gli uscì dalla cavità degli occhi.
<< Gli occhi mi piangono, anche se gli occhi non ce li ho! Yohohoho… oh >>
L’iniziale allegra risata, si trasformò in un singhiozzare sommesso.
Brook non aveva più voglia di scherzare.
Ritornò a suonare il suo violino, continuando a far cadere qualche lacrima.
 
Luffy sedeva sulla polena della Sunny.
Lo sguardo fisso verso l’orizzonte.
Gli occhi erano secchi, come se non avesse più acqua per inumidirli.
Non aveva versato più una lacrima da quel giorno.
Era sempre stato impassibile, come se fosse diventato un automa.
Luffy non provava più niente: né dolore, rancore, tristezza…
Nulla.
Sentiva solo il vuoto.
Sì portò una mano al capo, ma non vi ci trovò il suo cappello di paglia.
Lo aveva lasciato da qualche parte, non ricordava nemmeno più dove.
Ricordava solo lei: in quei giorni rivisse ogni singolo istante passato con Nami.
Che siano stati divertenti o dolorosi, quei ricordi li voleva.
Nella sua mente tornarono gli ultimi istanti della ragazza: quando aveva sentito il rumore di un colpo indirizzato a lui, si era subito aspettato di sentire dolore.
Dolore che non arrivò.
Quando si girò, trovò Nami, la sua Nami, tra lui ed il Vice Ammiraglio incaricato di arrestarli.
Sgranò gli occhi quando vide sgorgare del sangue dalla ragazza.
La vide accasciarsi a terra sotto lo sguardo di tutti.
Luffy cadde in ginocchio accanto a lei, prendendole il viso tra le mani.
Le sentì dire a tutti di essere forti, e di perseverare nella realizzazione dei loro sogni, senza pensare che il suo era finito.
Iniziò a piangere insieme a lei.
Gli disse che lo amava e morì senza ottenere una risposta, risposta ben chiara al Capitano.
Da quel momento fu l’Inferno: massacrò i Marines ed il Vice Ammiraglio.
Luffy non era più se stesso e mai più lo sarebbe stato.
 
La tempesta iniziò che erano ormai le ventitré passate.
I Mugiwara avevano finito di “mangiare” da ormai un’ora.
Nessuno di loro aveva toccato cibo, tranne Luffy: aveva continuato ad ingozzarsi come prima, pensando che prima o poi la voce di Nami lo avrebbe rimproverato come al solito, ma non fu così.
Continuò a mangiare anche se non aveva fame, anche se lo stomaco era chiuso. Aumentò sempre di più il ritmo finché Sanji non gli urlò addosso.
<< Luffy! SMETTILA D’INGOZZARTI! >> Sanji si alzò in piedi facendo strisciare violentemente la sedia.
Luffy, sull’orlo dell’esasperazione, lanciò il tavolo dall’altra parte della cucina.
La ciurma si allontanò bruscamente per non essere travolti dai piatti e dai bicchieri.
Il suono dei vetri che si frantumavano riempì il silenzio.
Luffy prese una bottiglia di Rhum ed uscì dalla stanza lasciando dietro di sé il pianto silenzioso di Chopper e Robin, e lo sguardo affranto del resto della ciurma.
Lo sguardo di tutti i presenti cadde sul cappello di paglia abbandonato al suolo.
 
Quando Luffy raggiunse il parapetto della nave, era ormai bagnato fradicio: i capelli appiccicati al volto, i vestiti che gli facevano da seconda pelle e le infradito ruvide e scivolose.
Finì di bere il liquido dentro la bottiglia trasparente.
Nella gola divampò l’incendio, mentre gli occhi si appannavano per l’alcool.
Appoggiò le mani sul paraetto in legno e guardò il mare.
Per un attimo, un solo attimo, gli sembrò di vedere Nami al di là del rialzo.
Allungò la mano, ma lei si allontanò di un passo.
Si sbracciò appoggiando il busto sul legno freddo e bagnato, mentre la violenta pioggia continuava a colpirlo.
Il vento gli sferzava il volto.
<< Nami! Dai, vieni qui! NAMI! >>
Il Capitano si sbracciò di più, finché, con uno slancio, non decise di buttarsi in mare per afferrarla.
Ad impedirglielo furono due forti braccia ambrate.
Quando girò il volto, si trovò quello di Zoro fissarlo terrorizzato.
Non voleva perdere anche Luffy.
<< Zoro! LASCIAMI! Voglio andare da lei, LASCIAMI! >>
Delle lacrime salate fuoriuscirono dagli occhi scuri del Capitano della Sunny, che andarono a mischiarsi alla pioggia fredda.
<< Lasciami… ti prego! Non ce la faccio più… >>
Ad ogni parola si strinse sempre più al suo migliore amico.
Per la prima volta si lasciò andare.
La ciurma, radunata attorno a loro, pianse in silenzio la scomparsa della loro Nakama.
<< Luffy, devi reagire! >>
<< Zoro, tu non capisci! Prima Ace ed ora lei! Sono morti per colpa mia! >>
Zoro si fece passare il cappello di paglia da Sanji, per poi posarlo sul capo bagnato del moro.
<< Lei non avrebbe voluto questo. Nami avrebbe voluto che noi ridessimo come prima! Non avrebbe mai voluto vederti, anzi, vederci così! >>
Luffy smise di parlare. Continuò a sfogarsi in silenzio, annegando il dolore nella pioggia.
 
Dalla morte di Nami, erano passati tre anni.
In quel periodo ognuno di loro si era accasato od era serenamente single: Robin con Franky, Sanji con Violet, Usopp con Kaya, Zoro con Perona e Brook e Chopper all’amore non ci pensavano.
L’unico solo con la sua amarezza era Luffy.
Aveva rifiutato Boa per l’ennesima volta, ma era parzialmente felice.
Ognuno di loro aveva realizzato il proprio sogno.
Chi si era accasato, viveva col proprio compagno sulla Sunny.
C’era chi pensava già ai figli od al matrimonio.
Quel giorno erano sbarcati su di un isola per il rifornimento.
Essendo ormai fin troppo famosi avevano deciso di restare in gruppo.
Purtroppo un gruppo di Marines capitanato da Monkey D. Garp li aveva trovati.
Ora stavano combattendo in cima ad un promontorio. I giornalisti stavano riprendendo ogni attimo, trasmettendo la “lotta” su ogni schermo.
Rufy era in piedi sulla punta della sporgenza.
Davanti a lui i Marines e suo nonno.
I suoi compagni stavano combattendo poco più in là.
Per lui sarebbe stato facile sbarazzarsi di loro, ma non lo fece.
<< Che c’è nipote, ti stai rammollendo?! Ahahahahahah! >>
Garp gli sorrise.
<< No nonno, credo solo che sia giunta la mia ora >>
Quelle parole fecero sgranare gli occhi a Garp, ed i suoi compagni, così come i Marines, lo guardarono.
Koby lo fissò spaventato.
Che aveva intenzione di fare?
<< Ragazzi, compagni… nonno, sono giunto al capolinea. Questa è la mia fermata! Grazie di tutto. E’ anche merito vostro se ora sono il Re dei Pirati, se sono riuscito a rialzarmi da ogni caduta. Il mio viaggio, però, finisce qui.
L’unica cosa che voglio, per essere veramente felice, è riunirmi con la mia Regina. Ragazzi, vi affido il mio cappello. Abbiatene cura e se vedete Shanks, ringraziatelo per avermelo fatto tenere.
Vi saluterò Nami! Abbiate cura di voi! >>
E mentre il Mondo assisteva all’ultimo attimo dei Re dei Pirati, una ciurma diceva addio al suo Capitano, ed un nonno al suo nipote.
Luffy poggiò il suo cappello a terra, e poi indietreggiò, lasciandosi cadere nel vuoto.
Il Mare abbracciò con le sue lunghe mani il ragazzo ormai uomo.
Luffy poté giurare di aver visto Nami nuotare verso di lui ed abbracciarlo, aiutandolo ad attraversare quelle onde, fino a lei.
La Morte, non ebbe sapore più dolce del suo.
 
Garp, ancora in piedi sul promontorio, sorrise al cielo, mentre una lacrima gli solcava una guancia.
“Ace – pensò l’uomo – prenditi cura di loro”
<< Andiamo uomini! Oggi abbiamo assistito alla morte di una grande persona! Sono orgoglioso di essere suo nonno! >>
 
Quel giorno la ciurma si divise per sempre.
E’ vero, si rincontrarono, ma non navigarono più insieme.
Ai loro figli raccontarono la loro storia, che venne raccontata ai figli dei loro figli e così via.
Sì, perché questa è la storia di una ciurma, di una famiglia, ma è anche la storia di un amore senza fine.
La storia di Luffy e Nami.
 
FINE
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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