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Autore: yllel    16/08/2014    2 recensioni
Considera la somma di tutte le cose e rifletti: se togli un elemento, quello che rimane e' ancora accettabile?
Questo e' il seguito di "Broken".
Post terza stagione e sherlolly. Di nuovo.
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grazie a Martiachan che ha commentato il primo capitolo e a chi sta seguendo la storia o l’ha messa fra le preferite.
Spero che il capitolo vi piaccia!
 
LA SOMMA DI TUTTE LE COSE

CAPITOLO 1

 
 
La melodia del violino si poteva sentire fin dai primi gradini delle scale.
John ci era abituato, eppure una parte di lui si stupiva sempre di fronte all’enorme disciplina che una mente in costante movimento come quella di Sherlock riusciva a mettere a servizio dello strumento.
“Oh caro! Sono contenta di vederti! Come sta Mary?”
Il Dottor Watson sorrise alla sua vecchia padrona di casa apparsa sulla soglia del suo appartamento e registrò il sollievo che quest’ultima provava per la sua visita a Baker Street; evidentemente, Sherlock era stato un inquilino ancora meno facile del solito in quei giorni, e una punta di rammarico colpì l’uomo al pensiero di quanto l’anziana donna avesse dovuto affrontare.
Le si avvicinò e le posò un bacio sulla guancia.
“Mary sta bene, Mrs Hudson... tutto procede a meraviglia e non vediamo l’ora che arrivi il gran giorno. E qui come vanno le cose?”
La donna si prese un attimo per fare una leggera carezza a John e poi scosse piano la testa.
“Oh, proprio non saprei... ho davvero paura che ci sia qualcosa che non va”
John corrugò la fronte e il sorriso sul suo volto si fece perplesso.
“Senza offesa, ma su questo non c’è dubbio. Insomma... un uomo morto che è anche uno dei peggiori criminali di sempre riappare a terrorizzare tutti sui principali mezzi di comunicazione, non è di certo una cosa semplice. E se ci aggiungiamo quello che Sherlock ha dovuto fare e passare a causa sua... quello che tutti noi abbiamo dovuto subire...”
Mrs Hudson scosse di nuovo la testa.
“No, caro. E’ naturale che tu pensi che mi riferissi a questo, ma sento che c’è dell’altro”
“In che senso?” chiese curioso il Dottore.
“E’ come se qualcosa stesse tormentando Sherlock, come se oltre a tutto il resto ci fosse altro che lo preoccupa e che lo rende... triste”
Il viso di Mrs Hudson assunse un’aria malinconica, odiava vedere i suoi ragazzi stare male ed era davvero convinta che ci fosse qualcosa che non andasse.
Una donna... una madre, per quanto surrogata, lo capiva.
John sembrò interpretare i suoi pensieri e le diede una leggera stretta alla spalla.
“Non si preoccupi. Ora vado su e vedo di capire che sta succedendo, va bene?”
Martha sorrise.
“Ohh... ma certo caro. Se c’è qualcuno in grado di capirlo quello sei tu. Sono sicura che gli farà piacere vederti, solo... sta attento. Ha promesso di mettere via la pistola ma potrebbe già essersene dimenticato”
John sospirò.
“La pistola, eh?” commento’ scuotendo il capo.
Lei gli strizzò un occhio.
“Lo sai com’è, certe cose non cambiano mai”
Il violino smise di suonare e il Dottor Watson capì che il suo arrivo era stato colto e di essere atteso al piano di sopra, cosi si incamminò su per la scala.
“Ti conviene non spararmi” minacciò quando arrivò sulla soglia dell’appartamento.
Sherlock Holmes girò su sè stesso e la vestaglia svolazzò intorno alle sue gambe.
“Oh, come sei melodrammatico!” esclamò  sbuffando mentre appoggiava il suo strumento dentro la custodia “solo perchè ho esploso qualche colpo in preda alla noia, non significa che io non sia in grado di contenermi. Vieni pure avanti, il campo è libero e non c’è nessun pericolo!”
“Mrs. Hudson sembra pensarla diversamente e francamente non posso darle torto, visto lo stato in cui versa questo posto” con uno sguardo eloquente John accennò  alla montagna di lattine sparpagliate sul pavimento e al tavolo ingombro di materiale alquanto sospetto.
Per tutta risposta, il consulente investigativo si lasciò cadere sul divano e rimase a fissare l’amico fino a che quest’ultimo non si diede per vinto e non si sistemò  in poltrona.
“Che succede?” chiese.
Sherlock alzò  un sopracciglio.
“Che intendi dire?”
John rimase a scrutarlo per qualche istante.
“Che cosa c’è che non va?”
La risposta che ottenne venne preceduta da un sorriso di scherno.
“Intendi dire a parte il fatto che ho ucciso un uomo, sono stato mandato in missione all’estero per ben quattro minuti e sono stato richiamato perchè qualcuno ha risuscitato un pazzo criminale con il solo scopo, ben riuscito tra l’altro, di creare il caos e che dopo alcuni giorni di efferati omicidi ora tutto è estremamente noioso?”
Il Dottore socchiuse gli occhi.
“Esatto. A parte questo... che cosa c’è che non va?”
L’espressione di Sherlock si fece tesa, fino a che non rivolse lo sguardo altrove.
“Nulla” rispose infine in tono deciso.
John aveva imparato qualche trucchetto durante gli anni della sua collaborazione con Sherlock Holmes, per cui nel momento in cui il suo amico rispose si concentrò  sul linguaggio del suo corpo e si rese conto con stupore che Mrs Hudson non si era sbagliata.
La mano destra del consulente investigativo aveva avuto un leggero ma netto spasmo e si era contratta per il nervosismo, rivelando la sua bugia.
“Non stai progettando qualcosa di estremamente stupido tipo qualche azione o indagine per conto tuo, vero?” chiese John con una punta di rabbia e preoccupazione.
L’amico roteò  gli occhi al cielo e riprese la sua posa indolente, il capo reclinato sullo schienale del divano.
“Se cosi fosse questa domanda sarebbe alquanto inutile, non credi? Mi vedrei comunque costretto a risponderti di no per continuare a mantenere il segreto” esclamò  in tono ironico, per poi alzarsi di scatto  e raggiungere la finestra per scostare di poco la tenda.
“Non sei divertente” rispose John con voce seria facendolo voltare.
Sherlock rimase ad osservare l’amico per qualche secondo, poi quest’ultimo riprese a parlare.
“So che la situazione non è facile. So che odi questa attesa e questo momento di stasi, ma per favore parla con me... non usare il sarcasmo e non chiuderti in te stesso. Ti ho detto che avremmo affrontato questa situazione insieme e non mi tiro indietro”
“Presto avrai questioni molto più importanti a cui pensare”
John scosse la testa con forza.
“Smettila. Non usare la nascita di mia figlia come scusa per la tua acuta incapacità di condividere le cose! Sappiamo bene che sarà diverso ma non cosi tanto... non tanto da indurmi a lasciarti indietro e la stessa cosa vale per Mary. Sei tu quello che ha fatto un giuramento nei nostri confronti, ma questo non significa che noi non possiamo fare altrettanto... sei il mio migliore amico, Sherlock. Che ti piaccia o no dovrai sempre fare i conti con me”
L’amico sembrò esitare un attimo, poi chinò il capo in segno di assenso.
“Non è una prospettiva che mi dispiace” disse.
La risposta strappò  un sorriso a John e l’atmosfera sembrò  farsi un po’ più  leggera.
“Sta tranquillo... non sto architettando nulla alle tue spalle” riprese infine Sherlock, tornando a guardare fuori dalla finestra “E questo frustrante e inutile periodo di calma sta per finire però, a quanto pare...” un sorriso lieve gli apparve sulle labbra e poco dopo si udì  suonare il campanello.
“Un cliente?” chiese John incuriosito.
“Molto meglio” esclamo’ Sherlock Holmes mentre dei passi cominciarono a salire le scale “poliziotti incapaci che hanno bisogno di un consulente investigativo”
Il Dottor Watson avvertì  un fremito di eccitazione al pensiero che ci potessero essere delle novità e si rese conto che il suo amico stava provando la stessa sensazione, tuttavia non potè  fare a meno di essere dispiaciuto per l’interruzione che gli aveva negato la possibilità di continuare ad indagare sullo stato d’animo di Sherlock.
Quest’ultimo battè  le mani soddisfatto e si affrettò  a spalancare la porta dell’appartamento.
“Ahh... Detective Ispettore Lestrade... e il sergente Donovan!” esclamò, provocando un moto di stupore in John che si ritrovò  a fissare la donna a occhi spalancati.
Sherlock osservò  per qualche secondo i nuovi arrivati e poi incrocio’ le braccia dietro alla schiena.
“Sembra che io mi debba correggere, dopo tutto” commentò  con un cenno del capo rivolto verso Sally, che fece un sorriso storto ma esibì contemporaneamente un accenno di divertimento negli occhi.
“Potrei dirti che non mi interessa sapere da che cosa l’hai capito geniaccio” disse “ma tanto tu me lo dirai ugualmente. Sono sicura che non hai perso il tuo tocco magico, ma visto che non ho molto tempo da perdere e vado un po’ di fretta... cerca di essere conciso. Per favore
“Le tue scarpe indicano chiaramente” comincio’ Sherlock, che però  fu subito interrotto.
“Che diavolo ci fa lei qui?” domando’ John con astio.
Tre paia di occhi si puntarono su di lui.
“Tu...” riprese il Dottore alzandosi in piedi e puntando un dito verso Donovan “tu non hai nessun diritto di essere qui, non dopo quello che hai fatto anni fa!”
La donna sembro’ per un attimo a disagio, ma poi raddrizzò le spalle.
“Io ho fatto solo il mio dovere e non ho difficoltà ad ammettere di avere sbagliato, ma a quel  tempo non sono stata l’unica a pensarla a quel modo”
“Questo non toglie che tu ci abbia provato un gran gusto!” replico’ John arrabbiato.
“Per lo meno non mi sono ridotta come Anderson!”
Per lo meno lui ha chiesto scusa!”
“La vogliamo smettere?!” la voce irritata di Greg Lestrade risuonò per l’appartamento “non è  il momento di recriminare, abbiamo importanti novità. La situazione è seria”
“Va tutto bene, John” disse con calma Sherlock, spostandosi di lato per far entrare i due ospiti “sono sicuro che possiamo dimenticare il passato e ascoltare con attenzione quello che l’agente speciale dei servizi segreti Donovan ha da dirci”
Il Dottor Watson fece una smorfia.
“Oh, adesso è una spia. Non posso dire di esserne sorpreso” borbottò senza abbandonare la sua aria ostile.
Sally si limitò a roteare gli occhi e cominciò a parlare.
“Abbiamo notizia sicura che i fratelli Kybransky sono entrati nel paese nelle ultime ventiquattro ore”
L’espressione di Sherlock tradì un accenno di sorpresa, poi si sedette in poltrona e congiunse le mani al mento.
“Quanto sicura è la fonte della notizia?” domandò chiudendo gli occhi.
“Molto”
“Chi sono i fratelli Kybransky?” chiese John.
Il consulente investigativo continuò  a tenere una posa di concentrazione ma rispose ugualmente.
“Una coppia di sicari con una grande preparazione in chimica e biologia. Il loro modo preferito di uccidere è quello che si affida alla scienza. Virus, contaminazioni, attacchi chimici”
Sally Donovan annuì.
“Sono fra i primi venti ricercati dalle polizie di tutto il mondo, responsabili di diversi attentati, omicidi politici e regolamenti di conti fra criminali di alto profilo. Non hanno nessuna remora, lavorano semplicemente per chi li paga di più.
Il loro ingresso in Gran Bretagna dopo la “risurrezione” di Moriarty non puo’ essere una coincidenza”
“Moriarty è morto” disse con fermezza Sherlock.
“Lo eri anche tu” rispose semplicemente Donovan “eppure adesso sei qui”
John si voltò  a fissare l’amico con preoccupazione: fin dall’inizio di tutta quella storia Sherlock aveva mostrato una cieca fiducia nel fatto che Moriarty si fosse davvero ucciso su quel tetto, ma esisteva sempre la possibilità che si fosse sbagliato e in quel caso, la situazione già di per sè grave si sarebbe complicata ancora di più. Non era poi cosi sicuro che Sherlock fosse in grado di accettare il ritorno del suo nemico più acerrimo, non dopo quello che aveva dovuto affrontare per risolvere la questione Magnussen.
“Tu conosci i fratelli Kybransky, speravamo potessi darci una mano a individuare la loro base operativa e il loro obiettivo” la richiesta di Donovan lo distolse dai suoi pensieri.
“In collaborazione con tutti noi” specificò Greg Lestrade con tono serio.
Sherlock riaprì gli occhi di scatto e li fissò  sull’Ispettore.
“Siete tutti convinti che io possa architettare qualcosa per conto mio e voglia muovermi in maniera autonoma” constatò con tranquillità e una punta di curiosità.
“Perchè ti conosciamo bene”  ribattè John, attirando la sua attenzione con una domanda subito dopo “come hai avuto a che fare con  i fratelli Kybransky?”
Sherlock distolse lo sguardo.
“È successo molto tempo fa... non ha importanza, ora”
“È successo mentre eri via? Mentre eri morto?” si trovò a insistere John, mentre una piccola parte di lui non poteva evitare di pensare che erano molte le cose che ancora non sapeva di quel periodo e di cui  invece Sally  sembrava essere a conoscenza.
“Si” fu la risposta secca di Sherlock “ma sta tranquillo... Miss Donovan non è cosi ben informata come sembrerebbe, l’unico motivo per cui è qui è che qualcuno si è premunito di farle avere qualche informazione affinchè mi contattasse.
Come sta il mio caro fratello, Sally?”
“In buona forma, grazie per aver chiesto”
Tutti si voltarono verso la soglia dell’appartamento, dove Mycroft Holmes aveva appena fatto capolino per rispondere alla domanda di Sherlock.
Il taglio impeccabile dell’abito e l’onnipresente ombrello avrebbero potuto facilmente distogliere l’attenzione dall’aria leggermente incerta che il maggiore dei fratelli Holmes aveva sul volto,  ma John non si fece ingannare.
L’atmosfera  si era fatta improvvisamente molto pesante.
Sally Donovan scattò in piedi.
“Signore. Non pensavo sarebbe venuto di persona” commentò.
Mycroft piegò le labbra senza veramente sorridere.
“Non si senta messa in discussione, agente Donovan. Ho solo pensato che fosse ora di far visita a mio fratello e in questo modo si eviterà ogni ulteriore perdita di tempo”
John notò che l’uomo non aveva fatto nessun movimento per oltrepassare la soglia della porta, come se aspettasse di essere invitato ad entrare.
Sherlock non aveva mosso un muscolo dal suo arrivo e non disse una parola.
“Hai mandato lei in una specie di avanscoperta?” chiese meravigliato il Dottore indicando l’ex sergente di Scotland Yard.
Mycroft tenne gli occhi fissi sul fratello e rispose con un’alzata di sopracciglio.
“L’agente Donovan sta seguendo i movimenti dei fratelli Kybransky da molto tempo, può essere considerata un’esperta della questione... ma naturalmente Sherlock può dare un apporto significativo”
“In verità volevi assicurarti che non facessi di testa mia e non eri sicuro che Donovan sarebbe riuscita a controllarmi. Dopotutto non sei stato tu ad assegnarla a questo caso, ti è stata imposta. Stai perdendo il tuo smisurato potere decisionale, Mycroft?”
Il maggiore dei fratelli Holmes inalò a fondo e la sua espressione si fece dura.
“Può capitare, quando si ha un fratello come te e si deve fare i conti con le sue azioni e i suoi colpi di testa”
Sul viso di Sherlock passò un’espressione piena di sarcasmo.
“Oh... la famiglia può essere una vera disgrazia, non è cosi?”
John osservò incuriosito lo scambio che stava avvenendo tra i due, era come se si stessero rinfacciando qualcosa e non era sicuro che si trattasse solo della morte di Magnussen e del conseguente invio di Sherlock all’estero da parte del governo e quindi di suo fratello.
Sembrava esserci di più.
“Non c’è nessun bisogno di controllare che io faccia il bravo” riprese Sherlock dopo una breve pausa “Puoi andartene, essendo rimasto sulla soglia potrai facilmente trovare la strada per l’uscita”
L’affermazione sembrò spiazzare tutti tranne la persona alla quale era stata rivolta.
“L’ingresso in Gran Bretagna dei fratelli Kybransky può essere potenzialmente pericoloso. Una vera minaccia, se associato a quello che sta succedendo... non è certamente il momento adatto per essere ostinato in modo ridicolo. Non credo tu possa biasimarmi per aver voluto essere sicuro della tua capacità di giudizio” commentò Mycroft  come se non fosse appena stato cacciato.
Sherlock emise un suono di scherno.
“Non sta succedendo nulla. La serie di omicidi si è interrotta due settimane fa...e non siamo riusciti a delineare bene i collegamenti fra tutte le vittime.  I fratelli Kybransky possono essere arrivati nel paese per motivi totalmente differenti” disse.
“Non lo crederai sul serio?” fu il commento incredulo di Greg Lestrade.
“Sto solo valutando tutte le possibilità”
L’atmosfera all’interno dell’appartamento continuava ad essere tesa e John si schiarì la voce.
“Bene” disse guardandosi intorno “e pensare che fino a pochi attimi fa Sherlock si stava lamentando di questo inutile e frustrante periodo di calma. Sembra proprio che sia finito”
 “Si fratellino... è una fortuna, non pensi anche tu? Credo che la tua scorta di lattine a cui sparare stesse per terminare” commentò Mycroft con tono ironico.
Il consulente investigativo serrò le labbra e si alzò in piedi, poi raggiunse la soglia dell’appartamento e si fermò a pochi centimetri dal viso del fratello maggiore.
“Voglio che una cosa sia chiara.
Io. Non. Sto. Lavorando. Per. Te” scandì con calma lasciando però trasparire una profonda rabbia.
Mycroft sorrise a labbra strette.
“Non per me, ovviamente. Per il governo britannico, con il quale ti ricordo hai ancora un grosso conto in sospeso. Risolvi questo caso, Sherlock, e potrai aver fatto un considerevole passo avanti verso quello che potremmo definire... un perdono. Potresti addirittura ritrovarti libero di muoverti di nuovo a tuo piacimento”
Sherlock alzo’ un angolo della bocca in una smorfia.
“Quanta generosità. Mi chiedo però se questo comporti anche il potermi liberare di te” commentò.
Mycroft lo osservò per un attimo, poi si voltò per uscire dall’appartamento.
“Non sono io la fonte dei tuoi attuali problemi, Sherlock. Di nessuno di essi.” gli rispose da sopra le spalle “Sei stato bravissimo a crearteli da solo.
Mi aspetto un rapporto esaustivo quanto prima, Agente Donovan.
Buongiorno a tutti”
I quattro rimasti nell’appartamento rimasero per qualche secondo in un silenzio imbarazzato, poi Lestrade fu il primo a parlare.
“Beh, non si può dire che ci si annoi, con voi due”
John tornò a guardare con preoccupazione l’amico in attesa che commentasse qualcosa, ma Sally fu più veloce a riprendere il filo del discorso.
“Suppongo che tu abbia le tue fonti a cui rivolgerti per cominciare a raccogliere informazioni” esclamò rivolta a Sherlock.
“Le consulterò quanto prima” le rispose lui.
“Gradirei essere presente, se non ti dispiace”
“Si, mi dispiace” fu la risposta secca che ottenne “sono sicuro che le persone che devo incontrare non vedrebbero di buon occhio il fatto che io sia accompagnato da un ex agente di Scotland Yard che ora fa la spia per il governo. Sai... niente di personale. O forse si, dipende dai punti di vista naturalmente”
“Se ti aspetti che io mi sieda in un angolo e aspetti che tu condivida le informazioni ti sbagli di grosso...” disse la donna risentita.
“Lo accompagno io. E mi assicurerò che ti faccia rapporto quanto prima”
John intervenne con un tono fermo e uno sguardo altrettanto deciso rivolto al consulente investigativo.
Sherlock sembrò sul punto di replicare con qualche commento sarcastico ma si astenne non appena colse l’espressione dell’amico.
“Ohhh... va bene. Ti ragguaglierò non appena avrò raccolto delle informazioni utili, contenta?” disse con impazienza a Sally.
“Non dimenticare anche me, per favore” aggiunse Lestrade con un sorriso che però non nascose un tono di minaccia.
Sherlock serrò le labbra e li guardò con irritazione.
“Posso almeno andare a vestirmi senza che qualcuno pretenda di venirmi dietro?” chiese con fare petulante.
Lestrade e Donovan alzarono le mani in segno di resa e uscirono dopo un veloce congedo.
John si sedette sul divano, allungò le gambe davanti a lui con aria soddisfatta  e sorrise a Sherlock.
“Fai pure con calma. Io ti aspetto qui”
 
 
 
 
 
 
  
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