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Autore: Weasley_and_Black    16/08/2014    0 recensioni
Emma ha ventiquattro anni ed è una scrittrice senza parole. Da mesi non riesce a scrivere nemmeno una riga eppure l'incontro con Wendy, un'australiana in viaggio studio a Londra, smuove in lei qualcosa. La cambia e le stravolge la vita. Eliminando ogni sua certezza e facendole vedere il mondo da un'altra prospettiva.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Image and video hosting by TinyPic Questa storia è interamente dedicata al mio primo amore, una bionda dagli stupendi occhi azzurri che mi ha conquistato.
 
-Ci credi nel destino?- furono le parole della mia migliore amica Angelica a riportarmi sulla terra. – È?- lei sbuffò dandomi un buffetto sulla testa –Ci credi nel destino?- risi –Ma che diamine dici!- -Ma dai! Insomma quello che dice che ogni cosa che ci succede e ogni nostro incontro hanno un perché. Il destino ci fa incontrare la nostra anima gemella! La metà della tua mela- aggiunse con aria sognante. Io finsi di tossire e sussurrai –Cazzate- lei tornò seria –O mio dio! Insomma dovresti essere una scrittrice. Gli scrittori credono a questo genere di cose. No?- scossi la testa e buttai l’ennesimo foglio. Si ero una scrittrice. Una scrittrice senza parole. Non riuscivo a creare una storia da mesi. Angelica lo chiamava blocco dello scrittore mentre io la chiamavo incapacità. Come mai non ci riuscivo più? Forse la vera domanda che mi sarei dovuta porre era: A me piace scrivere? Avevo scelto lettere perché sapevo fare solo quello ovvero scrivere due cose su un foglio. Non mi ero mai applicata a scuola e non mi interessava il mio futuro. A stento sapevo cosa avrei mangiato a cena  pensate seriamente che io mi sia mai chiesta seriamente di cosa farne della mia inutile vita? Così alla patetica domanda “Cosa vuoi fare da grande?” io rispondevo “La scrittrice”. Così un po’ per abitudine e per comodità. Sapevo fare solo quello. E ora? Ero lì in quel minuscolo appartamento londinese,che condividevo con Pierre e Angelica due ragazzi francesi, a cercare parole su parole. Le parole che mi erano state rubate e che non mi avevano mai permesso di tirar fuori. E ora che potevo non ci riuscivo. Eccomi, Emma Green inglese doc sognatrice infiltrata in quel appartamento con gli unici due esseri che molto probabilmente mi sopportavano e mi amavano. Ma insomma non ero uno di quegli ospiti indesiderati poiché con il mio squallido lavoro in quello squallido negozio d’antiquariato in uno squallido centro commerciale pagavo regolarmente l’affitto. La mattina mi rifugiavo all’università il pomeriggio, quando non facevo da servetta al proprietario del negozio, studiavo al parco. Eppure studiare tutti quegli scrittori  che tanto ammiravo non mi serviva riguardo la pratica in cui ero un disastro. Ma visto che anche nella vita lo ero, era tutto dannatamente coerente. –Che hai sei triste?- mi chiese lei evidentemente preoccupata –No- sforzai di mantenere il sorriso ma non ci riuscivo. La vidi correre nella mia stanza e prendere la mia borsa ritornare buttarci: il diario rosso, le penne, il taccuino, il cellulare e le chiavi. Mi prese per mano e poi aprì la porta spingendomi fuori con la borsa. –Ora vai da Pierre e gli parli!-. Ero stata letteralmente buttata fuori di casa. Mi sbatté la porta in faccia. Le suonai e le bussai insistentemente ma lei non cedeva. Sentii la porta del nostro vicino aprirsi –Burlesque aprimi cazzo!!- -NO!- urlò lei. Quando mi voltai vidi una ragazza fissarmi evidentemente infastidita. –Ah tu sei la vicina! Quella che è venuta qui dall’Australia piacere!- esclamai sorridendo. Lei mi squadrò male e chiamò l’ascensore lasciandomi lì come una scema con la mano a penzoloni. –Qualcuno ha le sue cose qui…- canticchiò Angelica, io diedi un colpo alla porta e la restai a fissare. –Scusala è la mia coinquilina!- lei si voltò e se ne andò ignorandomi completamente. –Che stronza- esclamò Angelica aprendo la porta. Io ero rimasta ancora a fissarla come un’idiota –Oh! Sassy ci sei?- non risposi ancora.
Quella era Wendy. Quella era una stupida giornata estiva di luglio. E quello era stato il nostro primo incontro.
*°*
 
Le cinque. Ero insolitamente in ritardo. Ogni pomeriggio ero solita andare ad un caffè vicino casa. Era piccolo ed accogliente e,soprattutto, c’era un’atmosfera calma. Era una sorta di seconda casa per me ogni giorno mi ci rifugiavo per studiare e intanto osservavo le persone che mi erano attorno: i ragazzi che ci lavoravano, i clienti e i passanti in strada.  Eppure quel giorno non c’era nessuno. Decisi di staccarmi dalla solita routine che mi portava a sedermi al mio solito tavolino accanto alla vetrata e di trasferirmi al bancone. Non l’avevo mai fatto ed ero un po’ tesa. La ragazza al bancone appena mi vide alzò gli occhi al cielo e sbuffò. Mi odiava, lo sapevo avevo ragione. Insomma si poteva notare dal modo in cui mi squadrava con i suoi enormi occhi gialli. –Ciao anche a te…-  sussurrai sperando in Pierre. Pierre era l’altro cameriere nonché proprietario del piccolo caffè, a quanto pare l’aveva ereditato da una sua lontana parente. Pierre era un ragazzo sulla ventina e da come si poteva dedurre dal nome era francese. –Pierre!!- urlò la ragazza facendomi sobbalzare –Dove cavolo è Emma!- il moro uscì dalla cucina –Non lo so- esclamò lui gesticolando esageratamente. Poi mi guardò –Ciao!- mi sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, mi limitai a sorridergli a mia volta –Okay puoi andare!- la ragazza non se lo fece ripetere due volte e recuperando la borsa scappò verso l’uscita –Ma stasera lavi tu i piatti!- non ricevette risposta –Ingrata!- sussurrò lui cominciando a preparare la mia solita cioccolata calda. Fece il giro del tavolo e mi servì la cioccolata con un ricciolo di panna sopra che la rendeva ancora più dolce. –Oggi avrò l’onore di sapere come ti chiami?- mi chiese sedendosi acconto a me –Perché dovrei?- non ero mai stata brava a fare amicizia e soprattutto non volevo fare molte amicizie per non soffrire il giorno della partenza. –Per rendere tutto più facile! È da due mesi che ci incontriamo tutti i giorni ad esempio io sono- -Pierre- -Brava e la nervosetta era..- -Angelica- il ragazzo inarcò le sopracciglia evidentemente sorpreso –E tu sei..?- -Wendy-. Mi portai la tazza alle labbra e lui cominciò ad armeggiare con il suo cellulare ultrapiatto. Passammo qualche minuto in totale silenzio. All’improvviso la porta si aprì facendo trillare il campanello –Pierre non puoi capire l’incazzatura!- esclamò una voce piuttosto acuta alzai lo sguardo e subito la riconobbi. Era la ragazza del pianerottolo quella che incontravo quasi tutti i giorni. –Emma…- tentò di rimproverarla lui tentando di farle capire che c’era qualcuno nel locale, e che quel qualcuno ero io. Ma la ragazza si diresse dietro il bancone e si preparò un caffè continuando a blaterare. –Non puoi capire.. un giorno lo picchio. E so che stai per dire “È vecchio Em!!” ma io sai quanto me ne sbatto! La prossima volta che osa lamentarsi per come lavoro…- m’ignorò ancora mentre Pierre ormai esausto si era poggiato sullo schienale della sedia a braccia conserte –Emma…- -E no caro!- lo interruppe lei –È da più di quattro anni che gli faccio da schiavetta e ora non lo sopporto più!- sbraitò lei voltandosi. Quando mi vide sgranò gli occhi –Emma abbiamo ospiti… lei è Wendy- lei mi sorrise tendendomi la sua pallida mano –Emma- aveva uno smalto blu e un anello con una croce argentata sull’indice. –Dov’è la despota?- -È andata dal suo Harold- forse non era il caso d’intromettersi nella loro conversazione quindi estrassi il libro di anatomia dal mio zaino e ci sprofondai dentro tentando di non distrarmi. –L’altra sera se l’è pure sognato!- esclamò lui mentre l’altra preparava la lavastoviglie –Tu invece quando ci presenterai il tuo ragazzo?- chiese lei. Subito alzai lo sguardo contrariata, pensando che si riferisse a me ma a quanto pare mi sbagliavo perché il moro si passò una mano tra i folti capelli neri e sbuffando disse –Si… credo…ehm…verso il…MAI- sgranai gli occhi -Come scusa? Ragazzo? Ma sei…- -Gay.. sveglia mi dicono!- disse lei sarcasticamente mentre Pierre la guardava male. Possibile che in questo bar siano tutte stronze mestruate? La bionda mi guardò sorridendo. Il suo sorriso era diverso.. non era sincero era più per me che per lei. Non era un sorriso sprezzante né un sorriso goduto era come se me lo stesse regalando. Era così strano, singolare direi. Era durato un impercettibile secondo. Il suo sorriso la piccola fossetta a destra al limite della guancia che smuoveva quella a sinistra all’angolo della bocca. Quel semplice gesto aveva smosso in me tante cose. –Ragazze io vi lascio!- esclamò Pierre guardando l’ora. Raggiunse Emma dietro il bancone e la baciò poi mi diede un buffetto sulla testa scompigliandomi tutti i capelli. Entrarono delle persone, un gruppo di ragazzini sui quattordici anni, che la salutarono. E io ero lì a guardarla preparare i loro succhi e portare i dolci al loro tavolo. Più la osservavo più m’incuriosiva. Aveva un vestito nero che svolazzava a destra e a sinistra, sopra aveva il solito grembiule bianco, aveva i capelli raccolti in una piccola treccia e sul capo indossava una singolare coroncina di fiori, le sue converse nere erano consumate come le sue calze un po’ strappate, sul polso sinistro indossava una ventina di bracciali e al collo portava una collana con il segno del tao. Subito mi porsi una domanda. Ma perché stavo pensando a cosa stesse indossando? Forse perché con la mia t-shirt rosa, i miei jeans e le converse basse bianche mi sentivo la banalità fatta persona. O forse perché non avevo mai incontrato una come lei. E di strani ne avevo incontrati. Forse non in Australia lì si fa di tutto per essere la classica famiglia perfetta.. chissà com’era la sua famiglia. Anzi. Chissà dov’era la sua famiglia. Basta. Mi sarei dovuta concentrare. Per il resto del pomeriggio lessi qualche paragrafo qua e là. Finii la cioccolata e la pagai rimettendomi a leggere. –Posso sapere che cosa stai leggendo?- la sua voce mi fece sobbalzare, appena alzai lo sguardo notai che era china su di me. –Studio..- -Mh. Medicina?- annuii. Lei trattenne una risata. –Che c’è!- esclamai –Niente è che…. Non mi posso trattenere dal dire che sei un cliché.- -Un che??- lei rise ancora più forte. –Cliché… cioè sei comune..- -Grazie questo lo sapevo anch’io.. ma non mi pare che tu sia una grande attrice o scrittrice. Hai per caso inventato un nuovo vaccino?- lei scosse la testa divertita –Ecco allora…- lasciai in sospeso la frase per non essere troppo sfacciata. –Ecco allora..- mi provocò lei. A mali estremi, estremi rimedi. –Taci!- lei rise ancora più forte. –Okay basta… dimmi questa tua teoria del cliché- chiusi il libro. –Sei bionda, con gli occhi azzurri, magra, alta, ben educata.. credo, sei vestita con abiti costosi,  di sicuro in viaggio studio, e se sei in viaggio studio significa che sei piena di soldi e in più studi anche medicina! Mi dispiace cara ma sei il massimo del comune!- non ebbi il coraggio di replicare. Perché aveva ragione. –Oh scusa se non siamo tutti dark o punk! O Hippie o qualunque cosa tu sia…cosa diamine sei tu?- -Homo sapiens sapiens- rispose lei sorridendo –Non dicevo in quel senso.. e scusami se non ti piaccio!- lei spalancò gli occhi. –E chi ti ha detto che non mi piaci?- -Beh sai quando dai a una persona del cliche..- -Cliché.. non si pronuncia come “che” ma con la esse- -E sei pure una so.tutto.io!!!- esclamai esasperata. –Scusa…- farfugliò lei andando dall’altra parte del bancone. Aveva la testa bassa e sembrava veramente dispiaciuta.. forse le avrei dovuto dare una possibilità. -Hey non fare così!- la raggiunsi tentando consolarla ma quando alzò lo sguardo scoppiò a ridere. Brutta stronza! Mi stava solo prendendo in giro! –Ti sei presa gioco di me!- -Sempre più perspicace!- -BENE! BENISSIMO!- urlai voltandomi e ritornando seccata al mio posto. –Dai Wendy non fare così..-. Il campanello trillò di nuovo lasciando entrare degli altri ragazzi che a quanto pare Emma conosceva perché una volta entrati si fiondarono da lei ad abbracciarla. Lei si poggiò alla parete e iniziò a parlare con loro. Così. Che si fosse già dimenticata di me? Parlava. Mi accorsi che mi stava fissando. Distolsi subito lo sguardo eppure sentivo sul mio corpo i suoi occhi. Quando rialzai lo sguardo lei parlava ancora con le ragazze e ogni tanto mi volgeva un’occhiata. Si poggiò al bancone e per un secondo i nostri occhi s’incontrarono. Poi una ragazza le prese la mano ed iniziò a giocherellare con i suoi bracciali e di punto in bianco le baciò il polso mentre l’altra si mordicchiava il labbro. Cos’era questa sensazione? Sentivo qualcosa dentro ed era come se da un momento all’altro fossi in procinto di scoppiare. –Ora dobbiamo tornare a lavoro!- disse uno finendo il suo caffè. La ragazza del bacio esclamò –Oggi a chi tocca pagare! Ieri l’ho fatto io!- aveva dei lunghi capelli rossi portava una bombetta, aveva anche lei una t-shirt e un paio di jeans… ma era come se li portasse in una maniera diversa dalla mia.. sarà forse per la giacca nera che portava o per i suoi innumerevoli bracciali ma lei era molto più… molto più originale. -Marea ha ragione ragazzi!! E stavolta tocca a Tony!!- il ragazzo di prima alzò le mani in segno di difesa –Nikita mi ha colto con le mani nel sacco- aprii il suo portafoglio e pagò –Naike!!!- esclamò l’altra i due salutarono in fretta e furia Emma. Mentre Marea, a quanto pare era questo il suo nome, parlottava con Emma. Alla fine le poggiò le sue labbra rosso sangue sulla guancia e la salutò. –Ciao anche a te bionda!!- disse verso la mia direzione. –Splash ci vediamo stasera!- -Non conosco nessuna Splash!- esclamò l’altra irritata –Oh scusa onda blu!- -Basta con questi nomi acquosi!! Se mi devi dare un soprannome chiamami Effy!!- la bionda sorrise –Certo che… Ariel i tuoi soprannomi fanno acqua da tutte le parti!!- l’altra la fulminò con lo sguardo –Io vado che è meglio! A dopo panda-. Corse di fuori ma Emma urlò –E BASTA CON STO STUPIDO SOPRANNOME!!-. Erano pazze. Tutte le persone in quel bar erano pazze. Forse anch’io ero pazza… ma non l’avrei mai ammesso. Alla fine si avvicinò e si mise a pulire i bicchieri accanto a me. Solo il bancone ci divideva. Intanto lei fischiettava. Fece scivolare una fetta di torta al cioccolato nella mia direzione. –Non avevo chiesto una fetta di torta- -Lo so- si poggiò di nuovo sul bancone davanti a me. Dovetti distogliere lo sguardo per non far cadere lo sguardo sulla sua scollatura. Certo che la sua era una mania. Si poteva chiamare la sindrome del poggiarsi ovunque. –Come regalo.. per fare la pace- -Non accetto cose dagli sconosciuti- -Ma io non sono una sconosciuta, bellissima- quando finì la frase raggelai. –Come scusa?- -Per la mia impicciona preferita- -Smettila- -Di fare?- si voltò poggiando entrambi i gomiti sul retro del bancone. –Di chiamarmi in quei modi- -Non ti piace?- -No non è che non mi piace è che..- stavo balbettando. Dio stavo balbettando. Io? Ma perché? Perché amava mettermi a disagio? Perché ero a disagio? La risposta era: Perché nessuno ti ha mai chiamato bellissima. –No splendore mi piace eccome- lei diventò paonazza e mi diede le spalle. Colpita ed affondata. –Scusa. Ora, potresti per favore mangiare quella fetta di torta?- Feci spallucce e la mangiai. Con mio grande stupore anche gli ultimi clienti se ne andarono. Lei si levò il grembiule prendendo e radunò tutta la sua roba nella sua borsa. –Perché ti prepari?- -Perché è ora di tornare a casa- disse lei sorridendo. Riposi il mio astuccio e i miei quaderni nello zainetto e aspettai che Emma chiudesse il caffè. -Ecco fatto- esclamò chiudendo la porta a chiave. Mi rendevo conto solo ora del freddo che faceva. Mi poggiò sulle spalle la sua giacca di pelle nera. –Prendila così non ti ammalerai- diventai paonazza –Grazie…-. Prese da terra la sua borsa –Andiamo- -Dove?-le chiesi seguendola. Lei estrasse un mazzo di chiavi ed entrò in una macchina –A casa tua. Credi davvero che io ti lasci girare per Londra a quest’ora?- risi –Guarda che sono le otto e mezza- -Entra!- mi ordinò lei. Il suo tono non accettava repliche. Così mi sedei davanti con lei. Una volta dentro mise in moto –La cintura..- -La smetti di comportarti come mia madre?- -La smetti di fare la ragazzina? Mi correggo SEI una ragazzina e io le ragazzine non le lascio andare in giro da sole!-. Ragazzina? Cosa? Ma come si permetteva? –Senti..- ma lei m’interruppe –Quanti anni hai detto di avere?- -Diciotto, il trenta diciannove.- lei trattene una risata –Che vuoi! E tu quanti anni hai?- -Ventitre, a giugno ventiquattro- con quella risposta mi fece tacere.
*°*
I suoi occhi mi confondevano così azzurri e così puri. La sua pelle era illuminata dai lampioni. Le sue labbra e i suoi capelli. Tutto mi piaceva di lei. Tenni lo sguardo fisso sulla strada perché sapevo che l’avessi guardata i miei occhi si sarebbero rifiutati di guardare altro. Era perfetta.  La riaccompagnai a casa. –Grazie..- disse lei, io feci spallucce. Quando mi voltai mi accorsi che mi stava fissando. Per qualche minuto restammo a guardarci. –Credo di dover andare- annuii –Lo credo anch’io. A domani- le baciai una guancia e la guardai entrare nel lussuoso palazzo. Mi ero sbagliata non viveva accanto a noi con Lux lei era solo una sua amica che le teneva compagnia. Chiusi gli occhi cercando di fare mente locale, ma l’unica cosa che vedevo era lei.
Partii sempre più confusa e me ne tornai a casa.
 
 
 
HELLO!!!!
 

Ciao a tutti! Vorrei cominciare con un avviso non ho mai scritto una slash. Quindi mi scuso con tutti voi se questo primo capitolo vi ha deluso. Okay ora vorrei precisare sulla dedica, non sono lesbica ma bisessuale, volevo solo precisarlo. Comunque il personaggio di Wendy è preso.. diciamo…è ispirato barra dedicato a isabella (tanto love uniqueen). Non posso fare a meno di metterla in ogni mia storia, forse è perché è una delle persone a cui tengo di più su questa terra. O forse è per farle capire quant’è speciale. Poi c’è Angelica la mia migliore amica (viene calcolata con Isabella Elisa e Federica tra le persone a cui tengo di più su questa terra) che non si accorge, o non vuole accorgersi, della sua unicità e di quanto sia stupenda. Fede verrà aggiuta nel prossimo capitolo e.e che con Elisa non si perde nemmeno un mio capitolo. La dovrebbero far santa per tutte le volte che ha dovuto sopportare le mie lagne da ragazza friendzonata e per tutte le figuracce che le ho fatto fare. Elisa che dire l’amo. Punto. È mia. Ora ho finito con i ringraziamenti quindi… me la lasciate una piccola recensione?? Okay evaporo perché vi ho rotto fin troppo.

Grazie per avermi sopportato e per aver letto il capitolo.
Un bacio
La vostra Weasley
 
   
 
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