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Autore: Ribes    16/08/2014    13 recensioni
Highschool!AU | Jasico | Percabeth | Caleo | Reyper | Frazel | Blind!Nico | Deaf!Jason | Amputeed!Calipso.
La squadra di nuoto della Half Blood High School, composta da Percy, Piper, Hazel, Nico, e il Capitano Annabeth, è a pochi passi dallo sfidare la celebre Jupiter High School in un torneo. Ma quando la squadra comincia a "fraternizzare" con il nemico, gli amici improvvisamente cominciano a perdersi, e liti interne a spezzare il team. Ce la faranno i nostri eroi a farcela tanto con la gara quanto con altri problemi?
Dal tredicesimo capitolo:
"Ogni cosa divenne nera. Sentì un grido, ma era debole, e molto lontano. Era la forte pioggia scrosciante che le rimbombava nelle orecchie e cancellava ogni altra cosa. Aveva freddo, e non riusciva più a sentire Nico e Percy discutere.
Qualcosa non andava.
I suoi occhi si aprirono di scatto, ed era seduta sul marciapiede avvolta in una coperta arancio brillante. Percy era vicino a lei, teso e sveglio, mentre la pioggia gli bagnava le guance. O erano lacrime, quelle?
E dov’era Nico?"

Di questa fanfiction mi appartiene solo la trasposizione in italiano.
Genere: Commedia, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Jason Grace, Nico di Angelo, Percy/Annabeth, Quasi tutti, Reyna
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A hand to hold.



 
Ripeto che questa è una traduzione presa da un sito di fanfiction inglesi, il cui link verrà postato alla fine dei capitoli. Attribuisco all'autrice originale la proprietà dei dettagli della trama, e a Rick Riordan la caratterizzazione dei personaggi. Specifico che si tratta della mia prima traduzione - quindi se trovate note stridenti ditemelo pure. Spero piaccia a voi come è piaciuta a me!





 
Anche sott’acqua, il trillo tagliente del fischietto gli trafisse le orecchie.
Uno di questi giorni ho intenzione di sostituire quella merda con un fischietto per cani, pensò Nico tornando in superficie.
L’umidità lo ricoprì come un abbraccio tiepido mentre inspirò profondamente quell’aria che puzzava di cloro. Nell’acqua, Nico si rilassò sulla schiena e chiuse gli occhi, ascoltando l’eco delle voci dei suoi compagni di squadra che rimbalzavano sulle pareti piastrellate della piscina, ma concentrandosi nel zittirne una in particolare, appartenente ad Annabeth Chase.
« Nico! Fuori dalla piscina! Riunione di squadra! » lo chiamò Annabeth lungo la piscina. « Hazel, puoi andare a prendere tuo fratello? Non riesce a sentirmi. »
Hazel si arrampicò fuori dalla piscina e strizzò i propri capelli bagnati. « Nico è cieco, non sordo. Uscirà, dopo un po’, » disse raccogliendo i capelli umidi in una crocchia.
« Semplicemente cominciamo senza di lui. Gli farò un breve riassunto in spogliatoio, » disse Percy mettendo un braccio attorno alla propria ragazza. « Frequentare il capitano della squadra mi rende secondo al comando, giusto? »
« In realtà, come responsabile della squadra, sono io seconda in comando. Ma dato che Frank mi porta a vedere film dopo scuola non vedrò Nico fino a cena, quindi non c’è problema. Comunque, mi potresti fare un favore? »
« Tutto per la mia matricola preferita, » disse Percy.
« Puoi accompagnare Nico a casa? » disse Hazel, incerta.
« Pensavo che Nico prendesse il taxi per andare a casa, » disse Percy confuso.
« Era così, ma da quando papà lo ha iscritto alla squadra con me torniamo a casa insieme tutti i giorni. Voglio dire, lui conosce la strada, ma mi preoccupo comunque, perché, be’… lo sai. Potrebbe accadere di tutto e non potrei vivere con me stessa se succedesse qualcosa perché ero via a divertirmi invece di badare a lui, » disse Hazel velocemente.
« Ooh. Capito. Nessun problema. Non vogliamo che venga travolto da una macchina o qualcosa di simile, » rise Percy.
« Chi viene travolto? » disse Piper arrampicandosi fuori dalla piscina.
« Nessuno, stanno scherzando e basta, » disse Annabeth, porgendo a Piper un asciugamano. « Ora che siamo tutti qui – be’, a parte Nico –, dobbiamo superare l’imminente torneo contro la Jupiter High. »
« Pensavo che il torneo fosse contro tutte le scuole del distretto, » disse Piper.
« Be’, lo è, ma il resto delle scuole non sono nulla di cui preoccuparsi. Ogni anno scendiamo in campo contro la Jupiter High, e ogni anni vincono loro grazie al loro capitano, Reyna Ramirez. Ma quest’anno le cose cambieranno, » disse Annabeth stringendo i denti.
« E cosa rende quest’anno diverso? » disse Nico, incrociando le braccia sul pavimento, mentre galleggiava accanto al bordo della piscina.
« Prima di tutto, io sono capitano di questa squadra da quando l’ultimo si è diplomato, e noi vinceremo perché abbiamo una squadra imbattibile grazie alle nostre due nuove matricole, » disse Annabeth con orgoglio, battendo la mano sulla schiena di Piper.
« Faremo meglio a vincere, dopo il tuo dannato regime d’allenamento. Mi sono fatta tre bottiglie di lozione questo mese appena passato, cercando di fare in modo che la mia pelle non si seccasse dopo tutto questo cloro, » disse Hazel.
« Oh, vinceremo. Quel trofeo è nostro, » disse Percy fiducioso.
« Be’, allora buona fortuna. Verrei a vedere voi ragazzi a nuotare, ma sapete… » Nico agitò una mano davanti al proprio viso con un ghigno, prima di arrampicarsi fuori dalla piscina.
« Be’, farai meglio a portarti dietro un libro o qualcos’altro, perché tu verrai in ogni caso, » disse Annabeth.
« A fare cosa? Ascoltare la gente che mi urla nell’orecchio? Lo sai che non nuoto nei tornei. Mi sono unito alla squadra solo perché mio papà mi sta iscrivendo a corsi extracurricolari per il curriculum del college. »
« Hai superato le selezioni, sei venuto per allenarti e hai eseguito il regime come tutti gli altri. Sei un membro della squadra sia se nuoti sia che non lo fai, perciò mi aspetto di vederti lì, » disse Annabeth fermamente.
« E se mi capitasse di non esserci? » disse Nico, strappando il polsino del proprio bastone da cammino dalle scale della piscina.
« Sei fuori dalla squadra, » disse Annabeth.
« Va bene. Qualunque cosa accada, » disse Nico freddamente, camminando di fretta verso lo spogliatoio.
« Crudele. I tornei dureranno metà giornata. Perché si deve presentare se poi non nuota? L’ultima volta ho visto che la staffetta è permessa solo a quattro membri della squadra, » disse Piper.
« Primo, Nico è un membro di questa squadra proprio come tutti quanti quindi non c’è ragione per cui non dovrebbe essere lì. Secondo, ogni membro della squadra deve essere presente, o, altrimenti, dovremo fare una penitenza. Le regole di quest’anno sono molto più severe, perché l’ultimo anno qualcuno ha tentato di sabotare un’altra scuola, » disse Annabeth.
« Che è successo? » domandò Piper.
Un lampo scuro balenò in Annabeth e la ragazza fissò la squadra per un attimo, come se stesse decidendo attentamente che frase dire. « Non importa, è passato e non accadrà mai più. In ogni caso, se qualcuno di voi si ferisce, o non può competere per qualsiasi ragione, lo vogliamo lì. Speriamo che non succeda, ma abbiamo comunque bisogno che Nico ci sia, non importa altro. La partita è questo venerdì, quindi cercate di starvene fuori dai guai per tre giorni e riposatevi molto. Capito tutto? » disse Annabeth.
« Signorsì capitano! » urlarono le due matricole.
« Non vi sento! » urlò Percy. di rimando.
« SIGNORSI’ CAPITANO! » urlarono tra le risate.
Annabeth e Percy scoppiarono a ridere insieme a loro.
L’ultima campanella dopo la scuola suonò. Il gruppetto si salutò e sfrecciò via, verso i rispettivi spogliatoi.
 

 
×

Percy entrò nello spogliatoio maschile per trovare Nico già vestito nella sua solita t-shirt a bande scure, logori jeans neri e una giacca da aviatore troppo grande per lui che riduceva la sua figura già piccola, rendendo Nico il primo scolaro metallaro del mondo. Era seduto sulla panca con gli auricolari, che esplodevano in qualche tipo di musica spazzatura mentre armeggiava con il proprio telefono.
« Nico, è suonata la campanella, » disse Percy, sfilandosi il proprio costume da bagno.
Ovviamente, Nico non mostrò alcun segno di averlo sentito e continuò a giocare col telefono. Con un sospiro, Percy legò un asciugamano attorno alla propria vita e scosse la spalla di Nico, sorprendendo il ragazzo e portandolo a cadere dall’altra parte della panchina, per il divertimento di Percy. Nico strappò gli auricolari via dalle proprie orecchie e lanciò un’occhiataccia alla direzione dove più o meno si trovava Percy qualche secondo prima, cosa che lui trovò ancora più divertente.
« Quello per cos’era?! Mi hai fatto prendere un infarto! »
« Scusa, bello. Non riuscivo ad attirare la tua attenzione con quelle cuffie. »
Nico sogghignò al commento. Come se non avessi sempre la mia attenzione, pensò.
« Aspetta, lascia che ti aiuti, » disse Percy. Allungò la mano per un attimo, ci ripensò, e prese entrambe le mani del ragazzo, alzandolo con disinvoltura.
« Mi potresti passare il telefono? L’ho perso e non ho davvero voglia di tastare il pavimento per trovarlo. »
« Oh, nessun problema, » disse Percy, afferrando il cellulare.
Nico sapeva perfettamente dove si trovava il telefono. Dopo essersi sfilato gli auricolari, in quello spogliatoio silenzioso lo aveva chiaramente sentito cadere sul pavimento più o meno a venti centimetri da lui. Ma Percy questo non lo sapeva. Quel cavolo di idiota non sapeva un sacco di cose, e ciò era esattamente il motivo per cui Nico provava tutto il piacere possibile nel giocare allo storpio bisognoso attorno al ragazzo. Dopotutto, a meno che Percy non fosse in modalità buon samaritano, sembrava quasi che Nico nemmeno esistesse per lui.
« Ecco, » disse Percy tendendogli il telefono.
Nico prese il cellulare, tentando di non far indugiare le proprie dita su quelle di Percy.
« Grazie, » disse Nico con calma.
« Oh, aspetta, posso usare il tuo telefono molto velocemente? Il mio è morto e ho bisogno di mandare un messaggio ad Annabeth, » disse Percy prendendo i propri vestiti.
Nico esitò per un secondo, e poi gli porse il cellulare.
« Grazie. »
Percy armeggiò con il telefono, e una voce robotica sbatté fuori il nome di ogni bottone che toccò. « Nico, che problema ha il tuo telefono? » disse velocemente, l’agitazione che cresceva mentre tentava disperatamente di manovrare il cellulare.
« Oh, è la modalità d’accesso per ciechi. Ecco, lascia che faccia io. Ci metterei troppo a spiegarti come usarlo, » disse Nico, la mano aperta in attesa del cellulare.
Percy esitò.
« Cosa c’è? Volevi scriverle qualcosa di sporco? » scherzò Nico.
« No! » rispose Percy, mentre una sfumatura rosea gli si insinuava sul collo. Semplicemente non voglio che tu sappia che Hazel mi ha chiesto di fare la babystter del tuo culo sulla strada per casa, sbuffò Percy nella sua mente mentre cominciava a vestirsi.
« Va bene, va bene. Qual è il suo numero? » disse Nico, sistemandosi una cuffietta e inserendo la presa nel cellulare.
Percy recitò il numero.
Ovviamente sapeva il numero della propria ragazza a memoria, ma la cosa irritava comunque Nico per qualche ragione. Onestamente Nico non sapeva nemmeno perché stava aiutando la sua cotta a organizzare un appuntamento, o qualsiasi altra cosa lui fosse intenzionato a scriverle. Tutto pareva organizzato contro di lui e ora il ragazzo si complicava la vita da solo.
Wow, ora non sono nemmeno più dalla mia parte, pensò Nico. « Afferrato, » disse ad alta voce.
« Dille solo che sarò occupato dopo la scuola, oggi, quindi non lo posso fare. »
« Non puoi fare cosa? »
Nico si pentì immediatamente di averlo chiesto. Più o meno mille scenari inondarono la sua mente, tutti quanti incentrati sull’essere di Percy e Annabeth la perfetta e felice coppia che erano.
« In realtà dimentica che te l’ho chiesto, » disse Nico velocemente, accendendo il proprio bluetooth braille per digitare rapidamente il messaggio. « Le dirò che il tuo cellulare è morto e stai usando il mio, nel caso provi a scrivere messaggi al tuo telefono o altro. »
« Buona idea, » disse Percy, ignorando il primo commento.
Dimentica che te l’ho chiesto. Cosa stava a significare, quello? Questo tizio pensava che l’unica cosa che lui facesse fosse nuotare e scopare Annabeth? Be’… in realtà non sembrava tanto male come affare, ma comunque. Stava cominciando a irritarsi sempre di più, e anche a diventare un po’ imbarazzato.
Dava davvero agli altri quel tipo di impressione? E se Annabeth pensava che quello era tutto ciò che lui voleva dalla loro relazione? E se Nico aveva ragione? Al diavolo se a lui stava bene, chi lo sapeva cosa pensava Annabeth. Dio, ora tutto quello che voleva era andare a vederla e assicurarsi che Annabeth sapesse che lui amava tutto di lei. L’ultima cosa che voleva fare era portare a casa il fratello di Hazel come se avesse bisogno di un dannato accompagnatore ovunque andasse. La ragazza non aveva detto che lui conosceva la strada per casa? Percy stava per dire a Nico di cancellare il messaggio e per cambiare piani, quando improvvisamente ricordò un’altra cosa che Hazel gli aveva detto.
Potrebbe accadere di tutto, e non potrei vivere con me stessa se-
Percy scosse la testa terminando lì il pensiero. Giusto. Glielo aveva già promesso e non poteva deluderla in quel modo. Ancora peggio, se fosse accaduto qualcosa a Nico sarebbe stato perché lui era stato egoista, e nonostante quel tizio gli dava sui nervi, Percy metteva sempre i suoi amici al primo posto.
« Percy! » urlò Nico.
« Huh? Che c’è? » chiese Percy, uscendo improvvisamente dai propri pensieri.
« Dio, e io che pensavo che Hazel fosse con la testa tra le nuvole. Mi ha risposto dicendo che ha riorganizzato alla stessa ora domani, e vuole che tu le dica quando ricarichi il cellulare. Va bene? » disse Nico, afferrando lo zaino.
« Grazie, » disse Percy rapidamente, indossando la maglietta. Non poteva perdere Nico in corridoio, perché non conosceva la strada per casa sua.
« Va bene allora, ci vediamo, » disse Nico, sistemandosi il polsino del bastone al braccio.
« In realtà sono già vestito, » mentì Percy. Aveva indosso solo una canottiera sottile, i pantaloni erano ancora sbottonati, e non portava le scarpe. Era una buona cosa che Nico fosse cieco, ma se non lo fosse stato, non avrebbe dovuto accompagnarlo a casa, innanzitutto.
« Oh. Okay, allora, » disse Nico.
Mentre Nico si avviava verso le porte della palestra, i passi dei piedi di Percy erano irregolari e uscivano in brevi scoppi, come se lui si fermasse ogni pochi centimetri e si affrettasse poi a raggiungerlo.
« Stai bene? Cammini in modo strano. Ti sei ferito l’anca o roba del genere? » disse Nico.
Cazzo, pensò Percy. « I-io ho dimenticato di allacciarmi le scarpe, » disse ad alta voce.
E per la maggior parte non stava mentendo; si stava allacciando la scarpa. E indossando l’altra. E allacciando la cintura. E provando a mettere una maglia attraverso la quale non si vedesse niente.
« Se vuoi ti aspetto. Non ho esattamente fretta, sai, » disse Nico.
Nonostante le circostanze fossero strane, Nico era euforico di spendere più tempo con Percy.
« Grazie, » rise Percy nervosamente. Grazie a Dio, pensò.
Percy indossò rapidamente il resto dei propri vestiti mentre Nico giocava distrattamente con il cellulare.
« Fatto. »
Ci ha messo un po’, pensò Nico.
Gli si presentò improvvisamente l’idea che Percy potesse essere stato in mutande e avesse sistemato non solo le scarpe. Per quale motivo voleva stare con lui con tale forza? Di solito saettava fuori dallo spogliatoio senza niente più di un veloce “Ehi” per riempire il silenzio imbarazzante che si sentiva sempre tra i due. E se…
Nico scosse immediatamente via il pensiero dalla testa.
Sì, certo, come se fosse quella la ragione per cui gli stava intorno. Pensare minimamente che Percy Jackson potesse mai avere una cotta per lui. In un milione di anni. Nico si affrettò verso le porte della palestra anche se non aveva alcuna fretta. Improvvisamente non voleva più essere in compagnia di Percy Jackson, e tentò di piantarlo in asso. Fortunatamente per Percy, l’intera scuola sapeva che Nico era cieco e, dal momento che il ragazzo spuntava come un dito dolente, le piccole folle che stavano intorno alla scuola si dividevano come il Mar Rosso per lui ovunque egli andasse, lasciando un chiaro sentiero che Percy poteva seguire con discrezione.
« Pensavo che non fosse di fretta. Perché si sta muovendo così velocemente? » brontolò Percy a fiato corto.
In poco tempo erano fuori e camminavano lungo il marciapiede di un’ampia strada accerchiata da varie grandi abitazioni ad entrambe le parti, davanti a cui stava un prato delle dimensioni di un piccolo parco giochi.
E’ qui dove vive? Non sapevo che il ragazzo fosse ricco, pensò Percy rivolto a se stesso mentre camminava distrattamente.
Dopo qualche minuto di camminata il sole uscì da dietro le nuvole e cominciò a battere sopra i due. Nonostante Nico sembrasse impassibile nonostante la sua grande giacca, gocce di sudore si formarono sulla fronte di Percy mentre quello arrancava. Quanto distante è questa cavolo di casa?, pensò.
Più Percy si soffermava sul pensiero, più caldo sentiva sotto il sole che lo rendeva ancora più irritabile mentre marciava avanti, mugugnando quanto Hazel fosse in debito con lui per questo ridicolo favore. Nico stava bene e basta! Cosa sarebbe potuto accadergli in quel cazzo di super vicinato? Travolto da una Lamborghini? Attaccato da un chihuahua delinquente? Percy rise pensando ad ancor maggiori incidenti spiacevoli quando, improvvisamente, quello che sembrava il pezzo di un tubo di plastica lo colpì sulla parte posteriore della testa con la forza di un’altalena di pastella.
« AHIA! » esclamò Percy.
« Chi sei tu e perché mi stai seguendo!? » gridò Nico, stringendo il proprio bastone da passeggio come una mazza.
« Cazzo, Nico, sono io. Che diavolo stai facendo? » urlò Percy, sfregandosi il capo.
« Cosa diavolo sto facendo io? Perché diamine mi stai seguendo? L’ultima volta che ho controllato vivevi dall’altra parte della città! » gridò Nico in risposta.
Merda, pensò Percy.
Nico non aveva tutti i torti. Percy viveva dall’altra parte della città, e non aveva detto niente a Nico riguardo al fatto che sarebbe andato a casa con lui.
« I-io… uh, Hazel mi ha chiesto di prenderle una cosa, » disse Percy, sputando la prima cosa che gli venne in mente.
« Cosa? » disse Nico aggressivamente, mentre la sua espressione si trasformava in un cipiglio minaccioso.
« Lei, uh… aveva bisogno di una cosa. Roba da ragazze, » balbettò Percy, pentendosi amaramente di aver tirato fuori il suo nome.
« Ehi, Percy, tu lo senti? » disse Nico, portando una mano all’orecchio.
« Sento cosa? » disse Percy, chinandosi.
« E’ il suono… di una FOTTUTISSIMA STRONZATA CHE ESCE DALLA TUA BOCCA, » urlò Nico, spintonando la schiena di Percy. « Perché sei qui in realtà?! »
« Non sto mentendo! »
Il viso di Nico si contorse in un cipiglio sospettoso, mentre cominciava a pensare a qualsiasi possibile ragione per cui Percy Jackson dovesse in alcun modo seguirlo verso casa. Solo all’Inferno Hazel si sarebbe dimenticata qualcosa a casa prima di un appuntamento. Se c’erano due cose al mondo per cui lei non avrebbe mai smesso di agitarsi, quelle erano il suo ragazzo e suo fratello maggiore, e quello fu il momento in cui la risposta gli si sbatté contro.
« Ti ha detto di accompagnarmi a casa, o no? » disse Nico, con furia silenziosa nella voce.
« Cosa? N-no, lei- » cominciò Percy.
« SI’, LO HA FATTO! » urlò Nico.
« E allora? Me lo ha chiesto, okay!? Hazel si prende semplicemente cura di te! » gridò Percy in risposta.
« Oh mio Dio! » Nico fece un passo indietro e si passò una mano fra i capelli, cercando di contenere la rabbia. « Non sono un fottuto bambino! Solo perché sono cieco pensano tutti che io sia una specie di storpio indifeso! »
Ora Percy stava cominciando a preoccuparsi. Non aveva mai visto Nico così arrabbiato, e una piccola parte di lui stava già pensando a cosa fare se l’altro avesse cominciato ad agitare quel bastone da passeggio un’altra volta.
« Nico, calmati, » disse Percy afferrandogli una spalla.
« Vattene via da me! » gridò Nico spingendolo via. Il ragazzo afferrò il proprio zaino da terra e cominciò a correre lungo la strada.
« Nico, aspetta! » urlò Percy, correndogli dietro. In poco tempo Nico aveva superato la linea di suddivisione e stava puntando dritto verso una strada senza segni di stop, il traffico a senso unico che usciva dall’autostrada.
« NICO, FERMATI! » gridò Percy scagliando via il proprio zaino.
« Lasciami da s- »
Nico si era fermato, quando un’auto con eccesso di velocità squillò il clacson, senza alcun punto in cui virare. Il suo cuore si fermò e il tempo parve rallentare. Il rumore del traffico e delle urla era distante, e ciò significava che era corso fuori dalla suddivisione senza rendersene conto. Il suono del clacson era probabilmente a meno di quattro metri da lui, e stava per essere investito da un’auto perché non sapeva vedere, o pensare, se era per questo.
Morirò, pensò Nico.
Quello, e così tanti altri pensieri, arrivarono insieme tutti in una volta così velocemente da fargli avere un capogiro.
Non avrò mai più la possibilità di nuotare.
Non avrò mai la possibilità di andare al college.
Papà riceverà una chiamata a lavoro in cui gli diranno che suo figlio è morto.
Non avrò mai più la possibilità di vedere Hazel. Oh, Dio, Hazel piangerà per settimane.
Il mio corpo schizzerà roba dappertutto come la carcassa di un animale.
L’ultima cosa che Nico ricordò fu sentire il suo nome venire urlato da nient’altro che Percy Jackson.
Non gli ho mai detto quello che provavo, e l’ultima cosa che ho fatto è stata colpirlo con il bastone da passeggio.
Un piccolo sorriso strisciò nell’angolo della bocca di Nico e, con un terribile impatto che lo scagliò a vari centimetri a lato, ogni cosa si trasformò in un mortale silenzio.



 
   
 
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