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Autore: Brooke Davis24    17/08/2014    6 recensioni
Emma Swan e Killian Jones. I ruoli sono invertiti, gli animi diversi. Emma è il capitano della nave pirata più temuta che abbia mai toccato le coste di Thrain, la città in cui Killian è tenente al servizio della Corona, ed Emma ha una missione da compiere, una missione che si porrà in netto contrasto con quella di Killian. E se fosse difficile essere nemici ma non potessero essere altro? E se i sentieri di Emma Swan e Killian Jones si fossero incontrati nella vita sbagliata? E se, invece, non ci fossero tempo, luogo, motivo più esatto?
Genere: Angst, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII
Sono Giuda e questo è il mio bacio

 
«Questo cosa significa?»

Avrebbe potuto rivolgerle un’infinità di domande, alcune appropriate, altre completamente prive di senso logico, e, ancora più di ciò, avrebbe voluto fare ognuna di esse e ripeterle finché non avesse ricevuto una risposta. Ma ogni sua emozione parve fermarsi, rimanere paralizzata nell’attesa di una conferma che non era sicuro di voler ricevere; e la sua mente, in un tacito accordo con l’istinto, gli concesse la fortuna di porgere l’unico quesito che, probabilmente, ricomprendeva ciascuno dei dubbi che le parole e la reazione di lei avevano suscitato nel suo animo.

Emma lo guardò con l’espressione attonita di chi prende improvvisamente consapevolezza delle propria superficialità e realizza di essersi lasciato sfuggire un collegamento, una conclusione tanto ovvi e palesi da farsi beffe della perspicacia che il brillante capitano nella Nostos aveva sempre dimostrato di avere, eccezion fatta per quella circostanza. Una folata di vento, fredda come poco si addiceva a quella serata di un Agosto incredibilmente afoso, sferzò l’aria e un suono tagliente si riprodusse nello spazio tra i loro corpi, dando ad entrambi l’impressione che la loro relazione avesse preso un’inattesa svolta, che qualcosa fosse irrimediabilmente cambiato, benché non conoscessero ancora la direzione di quel mutamento.

Le labbra di Emma si schiusero e chiusero più volte, in tentativi inconcludenti che non avrebbero potuto portarla ad alcun risultato. Una parte di lei avrebbe voluto raccontare la storia connessa alla figura del primo Jones che fosse mai entrato a far parte della sua vita, dirimere i dubbi e le frustrazioni che avevano funestato – e, com’era evidente, ancora funestavano – l’animo di Killian; quella parte di lei non immaginava ma comprendeva, sapeva, condivideva per empatia quello spasmodico bisogno di avere delle risposte, di trovare un segno che desse un significato agli sforzi sostenuti nel tentativo di non arrendersi alle apparenze che, nel caso del tenente, suggerivano la morte del fratello. Un’altra parte di lei, tuttavia, la stessa che la rendeva Capitan Swan e le aveva concesso di mantenere quel titolo per tanti anni, le suggerì di tacere, che rispondere a quella domanda avrebbe fatto sorgere troppi interrogativi e avrebbe svelato troppo della missione che doveva essere compiuta. E questo Emma non poteva permetterselo.

«E’ tempo di tornare alla Nostos.» disse, ma seppe che non sarebbe stato tanto semplice scrollarsi l’uomo di dosso e ne ebbe conferma quando questi, ancor prima che terminasse la frase, avanzò verso di lei, riducendo drasticamente le distanze tra loro. «Killian,» fece lei, lo sguardo che correva da un punto ad un altro senza soffermarsi realmente su qualcosa, finché non incrociò quello di lui e lì rimase. La risolutezza che vi lesse rese abbastanza chiaro quale direzione avrebbe preso la loro conversazione.

«Lo avete conosciuto, dunque.» Le parole furono dure, controllate, come se l’uomo stesse lottando contro se stesso nel tentativo di dare un contegno alle proprie emozioni, ma stesse miseramente fallendo. «Come?»

Le braccia di Emma, pigramente abbandonate lungo i fianchi, risalirono fino ad incastrarsi l’una con l’altra all’altezza del petto. Sospirò piano. «Come ho conosciuto voi,» rispose ed un sorriso le increspò le belle labbra cremisi. «prendendolo come prigioniero sulla mia nave.»

C’era qualcosa di ironico nel destino, pensò Emma, qualcosa che ella non avrebbe saputo spiegare, perché non conosceva le architetture di quei piani tanto elaborati, ma non poté che ammirare il sarcasmo di cui erano impegnate. Quelle parole riportarono alla mente ricordi che aveva volutamente messo da parte, tirandoli fuori dallo scrigno ove li aveva relegati soltanto nel buio dei suoi alloggi, per darsi il conforto di cui aveva bisogno; ricordi che avevano come protagonista un capitano della marina reale e che sembravano appartenere ad un’altra vita, una lontana e quasi non sua.

«E’ buffo,» disse e non poté impedirsi di ridere appena e scuotere il capo, prima di tornare al volto del tenente. «Quando ho conosciuto vostro fratello, pensavo che la mia esperienza con la caparbietà dei membri della famiglia Jones fosse terminata.» Qualcosa, negli occhi di lui, si addolcì e la tempesta che infuriava in lui, rendendo i suoi occhi più cupi e blu di quanto non fossero alla luce del sole, parve quietarsi un istante. «E, invece, eccovi qui!»

Le iridi verdi di lei risplendettero di una luce nuova, ma Killian non seppe interpretarne il significato. «Come faccio a sapere che non state mentendo?» chiese ed Emma chinò il capo, sospirando e tornando a guardarlo subito dopo.

«Non ne avrei motivo.» rispose e, in parte, il suo ragionamento non avrebbe potuto essere più sensato. Le sue reazioni erano state troppo spontanee, perché lasciassero margine di dubbio sulla loro sincerità, ed il modo in cui stava temporeggiando, realizzò Killian, la diceva lunga sul fatto che sapesse molto più di quanto non volesse far intendere. «Siete molto diversi, voi due.» disse, infine, e l’espressione del suo viso si ammorbidì. «Vostro fratello è molto più fiducioso, molto meno rigido di voi.» Le certezze dell’uomo cominciarono a sgretolarsi irrimediabilmente a quelle parole ed egli non poté fare nulla per fermarne il decorso. «Non si limita a vedere il buono nelle persone. Lui crede fermamente che ci sia, anche quando non c’è nessun segno che lasci pensare una cosa simile.»

Il mondo di Killian Jones parve crollare in quel preciso istante, come se le fondamenta di quella recita che si era costretto a portare avanti per anni avessero improvvisamente ceduto e, bloccato dalla paura, lui si fosse lasciato cadere senza cercare alcun appiglio. I suoi occhi, solitamente così espressivi nel loro rigore, si fissarono su un punto imprecisato tra la spalla e la clavicola di Emma e il ritmo del suo cuore accelerò fino a che, senza nemmeno averlo realizzato, si trovò boccheggiante, le mani della giovane strette sulle sue spalle nel tentativo di scuoterlo.

«Killian?» la sentì ripetere e, finalmente, trovò la forza e lucidità per incrociarne lo sguardo.

«Parlate di lui al presente…» fece lui, l’espressione terrea, mentre l’implicazione sottesa alla sua constatazione si faceva largo tra i suoi pensieri e le sue mani si posizionavano rispettivamente sulle braccia di Emma e stringevano la presa. La giovane comprese di aver compiuto un passo falso e, svincolandolo dalla morsa in cui l’aveva stretto nel tentativo di fornire da ancoraggio alla realtà contro il turbine di emozioni che aveva minacciato di portarlo via, tornò in posizione eretta, il tocco di lui ancora saldo sulla sua pelle candida.

«Non è una storia che posso raccontarvi, Killian.» disse, gli occhi intensamente fissati in quelli dell’uomo, padrona di un’autorità che il tenente le aveva già visto sfoggiare. Fu la consapevolezza del significato di quell’atteggiamento a spingerlo a rafforzare la presa su di lei, mentre il muscolo della mascella  vibrava minacciosamente. «Non stasera, non ora.»

«Non è una risposta che ho intenzione di accettare, né di farmi andare bene. E’ di mio fratello che stiamo parlando, di tutta la mia famiglia.»

Un sospiro, leggero e quasi impercettibile, sfuggì dalle labbra di lei e, per una frazione di secondo, il tenente ebbe l’impressone che ella capisse, che sapesse; ma fu più di un mero presentimento, perché gli tornarono alla mente le sommarie spiegazioni che aveva sentito sul come fosse diventata la persona che era, sulla perdita che aveva subito, e quella deduzione divenne presto una certezza. Osservando le proprie mani stringere la pelle candida di lei, Killian realizzò di aver aumentato la presa più di quanto non avesse avuto intenzione di fare e, per un attimo, riuscì a provare qualcosa che non fosse lo sgomento connesso alla recente scoperta; i suoi occhi cercarono quelli verdi nel tacito intento di capire come fosse possibile che l’altra non avesse mosso neppure un muscolo per fermarlo, per porre fine alla morsa nella quale l’aveva braccata e, sorprendentemente, trovarono Emma su quel viso, non Capitan Swan. Ma era una Emma che non avevano mai visto, una Emma dalla quale non avrebbe saputo cosa aspettarsi.

Fu per una simile ragione che, quando la vide avanzare a chiudere definitivamente lo spazio che li separava fino quando i loro corpi non si sfiorarono, non riuscì ad anticiparne le mosse e a far fronte al suo attacco. Con un unico, fluido movimento, il pirata fece strisciare la mano contro il ventre e il petto dell’uomo e, quando fu arrivata all’altezza delle clavicole, allontanò l’arto quel tanto che bastava a caricarlo della forza necessaria per abbattersi senza pietà sulla gola di lui, mozzandogli il respiro. Killian indietreggiò, boccheggiante, e condusse ambedue le mani a coprire il punto leso. Era come annegare senza la dolce carezza dell’acqua.

Emma posizionò un braccio a cingergli il costato e, con l’altro, batté una sequenza di vigorosi colpi tra le scapole di lui, aiutandolo a trovare quel briciolo di ossigeno che gli avrebbe evitato di piegarsi carponi sul pavimento; e la sua intenzione doveva essere quella di andarsene e lasciare che si riprendesse da sé, avendo tutto il tempo per sistemarsi nei propri alloggi, dove sapeva che i suoi uomini non gli avrebbero mai concesso di arrivare: ma fece male i suoi conti. Sottovalutando il potenziale fisico del tenente e le sfide con le quali aveva dovuto temprare il suo corpo, ella fece per sfilare il braccio, quando le dita di Killian si strinsero attorno al delicato polso e, in una sequenza che il capitan pirata non aveva previsto, lo torsero all’indietro in una morsa dolorosa che la fece mugugnare.

Vista dall’esterno, agli occhi di uno sprovveduto o di un ubriaco, sarebbe stata una vista estremamente ridicola: un uomo che faticava a respirare ed una donna piegata leggermente in avanti con un arto in una torsione che minacciava di divenire innaturale di lì a poco; ma, quando Emma realizzò di aver commesso l’errore di sottostimare il suo nemico come era accaduto la sera del ballo, quando non aveva creduto che potesse scovare il passaggio per le segrete e, invece, aveva rischiato di essere catturata, non trovò una sola ragione per ridere. La sua bocca si mosse a simulare un’espressione rabbiosa e, sfruttando la posizione di svantaggio nella quale Killian continuava a trovarsi per via del colpo infertogli, mosse la testa all’indietro in uno scatto che colpì il naso del tenente senza pietà alcuna, costringendolo ad allentare la presa finché Emma non si fu svincolata.

La loro non era più semplicemente una guerra tra mondi diversi ed antitetici, bensì uno scontro personale di proporzioni addirittura maggiori. Avrebbero combattuto tutta la vita, fino allo stremo delle forze, se fosse stato necessario per imporre il proprio dominio e la propria supremazia sull’altro. Era una battaglia tra ragione e istinto, tra giusto e sbagliato, tra bianco e nero, tra etichetta e forza bruta. Nelle rispettive diversità, nessuno dei due aveva mai incontrato un avversario più feroce e caparbio e non era un caso che parte di ciò che ambedue temevano di più fosse il legame che quell’ultima scoperta aveva generato tra loro. Liam aveva inaspettatamente cambiato le carte in tavola, stringendo dei nodi che entrambi si erano ben guardati dall’intrecciare: Killian doveva sapere cosa fosse accaduto al fratello, quale sorte gli fosse toccata e, ancor prima che per consegnarla alla giustizia, non le avrebbe consentito di muovere un passo senza sentire l’intera storia che realizzò essere disposto a strapparle perfino con la forza. Quanto ad Emma, aveva, sì, troppo da perdere per consentirgli di costituire un ostacolo alle sue mire, ma, al di là della promessa di prendersi i suoi ideali che gli aveva atto a suo tempo, aveva una ragione in meno per ucciderlo.

«Maledizione

Il tenente non poté fare altro che gemere e registrare la bassa imprecazione di lei, prima che Emma si abbattesse su di lui con una furia che avevano ben poco di umano. Afferrandolo per il colletto della camicia e costringendolo ad indietreggiare con ferme spinte degli avambracci, premette saldamente il gomito sul suo plesso solare e fece per scaraventarlo contro un mucchio di barili, quando le dita di lui si chiusero attorno alle sue spalle e l’attirarono nella sequenza che la giovane aveva sperato fosse la fine di quella stupida rissa. Caddero e lo fecero in malo modo, Killian atterrando contro il pavimento, Emma battendo il fianco contro un barile rovesciato prima di accasciarsi sull’uomo; ed entrambi gemettero, ma, in quell’occasione, fu il tenente a dimostrarsi più rapido e, con un ultimo, ostinato sforzo, diede una spinta con i fianchi, costringendo Emma contro il pavimento.

«Arrrgh!» fece lei, un ringhio basso e roco di esasperazione, di indignazione, e si dimenò sotto il peso di Killian, selvaggia quasi ad uno stadio primitivo, come se il solo pensiero di essere braccata non si confacesse al suo animo e, in quanto tale, tutto il suo corpo non potesse che ribellarsi all’assurdità di una simile condizione. I muscoli di lei guizzarono scattanti, una, due, tre volte e, ad ogni tonfo sordo contro il pavimento, l’uomo ebbe l’impressione che ella si caricasse di nuovo odio, di rinnovato vigore. Era come una bestia intrappolata: indomabile, fiera e disperata.

«Fermatevi.» le intimò Killian a denti stretti e, nel tentativo di evitare che fuggisse al suo controllo, strinse la presa attorno ai polsi di lei così forte che le nocche delle mani sbiancarono e finalmente Emma mugugnò di dolore.

Libera dai legacci di compostezza e razionalità che raramente le capitava di sciogliere, dando sfogo a quanto non avesse il coraggio di esprimere, Killian vide un lato della donna che aveva avuto occasione di scorgere in un’unica occasione, la stessa che lo aveva visto sul punto di perdere la vita nelle segrete abbandonate di un palazzo che conosceva come le proprie tasche. Ed ebbe la sensazione – neppure troppo latente – che quella follia che le leggeva negli occhi fosse la stessa che l’aveva resa il pirata che era, perché, scrutando le sfumature di quel mare di verde delirio, Killian realizzò che Emma desiderasse ucciderlo con un ardore che mai aveva provato fino ad allora, un ardore brutale e spaventosamente ancestrale come di un sentimento troppo grezzo per essere provato senza i freni dell’inibizione. Lo vide e capì per quale ragione nessuno degli uomini della Nostos fosse ancora intervenuto in soccorso del suo capitano: non era lei ad essere in pericolo, in quel momento.

«Siete un uomo morto.» ringhiò, i lunghi capelli indomabili sparsi sul lastricato in pietra del molo di Durin come tanti filamenti d’oro puro, le guance arroventate dal miscuglio di sentimenti che, come soldati di una legione, correvano tutti in un’unica direzione, scomposti sebbene uniti.

«Ditemi di Liam.» ribatté, incurante delle minacce rivolte al suo indirizzo.

«Morirete nel cocente dubbio che possa essere vivo, Killian Jones.» gli disse, dimenandosi ancora e ancora, finché Killian non fu costretto a premere il proprio corpo contro quello di lei così forte da renderle il respiro affannoso. Ma, stavolta, ella non mugugnò.

«Parlate!» Senza troppa grazia, senza alcuna premura, la tirò su quel tanto che bastava a rispedirla contro il pavimento e una parte di lui godette di quel gesto come se da tempo desiderasse arrecarle il dolore che si era meritata di subire. «Aprite quella maledettissima bocca, perdio

Un baluginio guizzò nei suoi occhi, travolgente e pieno di sottintesi. «Spero che il vostro Dio abbia un posto in paradiso per voi, Jones.»

Pronunciò quelle parole in rapida successione ma in maniera distinta abbastanza da permettere al tenente di cogliere la sfida e la minaccia di cui erano portatrici. A quel punto, con uno scatto, si fece in avanti col capo e, impietosa, centrò la fronte di lui. Killian guaì, ed Emma con lui, ma non poté impedirsi di allentare la presa nella quale l’aveva costretta mani e corpo. La giovane fece per divincolarsi e, benché il suo proposito fosse sul punto di realizzarsi, dovette fronteggiare la rapida ripresa dell’avversario, nel momento in cui avviluppò per l’ennesima volta le proprie dita su uno dei suoi avambracci e la tenne saldamente legata a sé. Emma, tuttavia, non era disposta a dargliela vinta, tanto quanto Capitan Swan non aveva intenzione di perdere.

Quella che seguì fu una rapida, ben poco chiara successione di eventi: a dispetto di qualunque previsione, Emma ricambiò il gesto dell’uomo e, mantenendo saldamente la presa sulle maniche della camicia, lo tirò a sé e lo spinse via contemporaneamente, invertendo le posizioni. Mentre torreggiava su di lui, bella e feroce, i loro sguardi s’incontrarono, sospesi a mezz’aria, nello spazio occupato dai loro respiri affannosi; poi, contro qualunque aspettativa, Emma cominciò a rotolare, costringendo Killian ad assecondarla. Quando furono arrivati al margine del molo, le spalle di entrambi che sporgevano appena oltre le levigate pietre del porto di Durin, Killian scorse negli occhi di lei le fiamme di un fuoco che ardeva  di colori troppo vividi perché lasciassero spazio alla resa. Torreggiava su di lei, coprendola col proprio corpo come fossero un’unica cosa, ma non si era mai sentito più sopraffatto che in quel momento.

«Non sarà finita finché non mi avrete detto di mio fratello.» le disse e quella stessa luce che aveva intravisto nell’indomito verde si accese ancora, più calda e spaventosa della volta prima.

Lei sorrise, melliflua, ancora folle, sempre pirata. Infine parlò. «Avete ragione,» disse, il respiro corto, le gote imporporate, «non è ancora finita.»

E, con un ultima spinta dei fianchi ed un ultimo strattone, li gettò in acqua.

*

Emma osservò la fiamma della candela vibrare e acquietarsi, vibrare ancora e tornare allo stato iniziale, rubizza e bellissima come solo il fuoco avrebbe potuto essere nella sua forma più misera e piccina. C’era qualcosa, nella quiete dei suoi alloggi, che doveva essere impregnato di magia, qualcosa che rendeva quelle quattro mura di legno il posto più sicuro e confortevole al mondo, o, almeno, così parve a Emma nell’osservare i guizzi della fiammella a poca distanza dal suo viso: perfino essa, fragile come a volte la stessa Emma credeva di essere, appariva spavalda in quel luogo. Sorrise, stanca e spossata, ma non vi badò, consapevole che quel momento tutto suo le sarebbe servito per raccogliere le emozioni e fare di esse il proprio punto di forza, lasciandosi il resto alle spalle come se non fosse mai esistito, come se un passato non l’avesse avuto e, con esso, neppure un’identità.

Non poteva permettersi di essere qualcuno, buono o cattivo che fosse, perché questo avrebbe implicato dover rendere conto delle proprie azioni; ed Emma, questo, non poteva lasciare che accadesse. Aveva bisogno di trasformarsi nel mostro che sapeva di essere per ottenere ciò che aveva più a lungo agognato, ciò per cui aveva strenuamente lottato fino a rendere le memorie della persona che era stata vaghe, insensate immagini delle quali non sapeva che fare. L’Emma di quei ricordi era una persona sola, sofferente, prigioniera, indicibilmente stupida, vigliacca ed era quello a farle più male, la piena consapevolezza di essere stata causa dei propri mali, di non avere altri da biasimare se non il proprio riflesso nello specchio, quello specchio in cui non vedeva nient’altro che un pirata del quale non sarebbe stata in grado di dare spiegazioni, se mai fosse riuscita a salvare l’unica persona che avesse mai amato da che aveva respiro: suo figlio.

Henry era il bambino più fiducioso ed adorabile su cui i suoi occhi di giovane ragazza impreparata si fossero mai poggiati, il bambino cui aveva dato la vita in un moto di inesperienza mista a curiosità. Ricordava nitidamente di non aver mai amato il giovane uomo con cui lo aveva concepito, ma era certa  di aver voluto Henry come nient’altro e nessun’altro al mondo. Lui rappresentava tutto quello che le era sempre stato negato, tutto quello che il suo scellerato padre si era premurato non soltanto di farle mancare, ma perfino di portarle via. Il suo cuore batteva ancora il ritmo di una vendetta di cui avrebbe sempre avuto sete al pensiero delle parole che le aveva rivolto quel giorno di tanti anni prima, quando, tornando a casa con un sorriso soddisfatto ed un sacchetto di monete d’oro tra le mani, l’aveva trovata alla disperata ricerca di Henry. “Cerchi il ragazzo?” aveva biascicato, l’odore dell’alcool sui vestiti e sulle labbra annerite dal vino, “Oh, ci ha fruttato un bel gruzzolo! Siamo ricchi, adesso!”

Lo aveva venduto ad un peschereccio di manigoldi dall’accento straniero e dalla carnagione scura, trattandolo con lo stesso, inesistente riguardo che era solito riservare al bestiame di cui si curava durante il giorno per garantire loro il necessario per sfamarsi. Lo aveva gettato come fosse un peso, aveva incassato i suoi guadagni ed era andato a bere fino a svenire e quasi ammazzarsi in un accesso di tosse. Lo aveva dato via come se non avesse una madre, come se una manciata di monete potesse sanare la ferita che quel gesto aveva aperto nel cuore di Emma, squarciandola fin nell’animo e cancellando buona parte di ciò che era stata fino a quel momento. Il suo petto si stringeva come la prima volta, a distanza di cinque anni, al pensiero di quanto a lungo e disperatamente avesse cercato Henry, prima che un’anziana megera si prendesse la briga di dirle che, sì, aveva visto un bambino di non più di sei anni piangere e dimenarsi a bordo di un vascello che aveva lasciato il porto nella tarda mattinata.

«Stupida…» sussurrò, gli occhi inumiditi tra le folte ciglia chiare, e, stringendo il pugno, non poté impedirsi di trabalzare quando quel gesto la costrinse a guardare in basso per, poi, avvicinare l’arto alla fiamma della candela. C’era uno squarcio profondo che le attraversava obliquamente il palmo della mano sinistra, sulla pelle candida i residui del sangue che aveva tentato di lavare via prima di accingersi a rimuovere le schegge di legno che vi erano rimaste conficcate. Doleva, ma non quanto il pensiero di suo figlio e del modo in cui lo aveva perduto.

La porta dei suoi alloggi si aprì e richiuse poco dopo, ed Emma non ebbe bisogno di volgere il proprio sguardo verso l’ingresso per capire di chi si trattasse. Allungandosi appena sulle assi della sporgenza su cui era seduta, prese il proprio pugnale e lo accostò alla fiamma, osservandola lambire la consistenza fredda e dura del metallo, dapprima, da un lato e, infine, dall’altro. Puzzava di rum, lo stesso che aveva utilizzato per disinfettare la ferita, e trattenne a stento un moto di fastidio al ricordo di quanto a lungo avesse trasalito al contatto tra il liquido scuro e la carne viva.

«Perché non lasciate che sia il medico a vedervi la mano?!» La voce del tenente giunse da qualche parte oltre la scrivania alla sua sinistra e le labbra di Emma si piegarono in un sorriso. «Sembra messa male.»
Il capitano della Nostos non rispose, non subito almeno. Con la mente, ripercorse i momenti della caduta in acqua, il modo in cui si erano staccati l’uno dall’altra per cercarsi il momento immediatamente successivo, sebbene per ragioni diverse. Emma era stata implacabile, furiosa, assassina e i suoi pugni si erano abbattuti impietosi sul viso di Killian; ma non si era limitata ad attaccare perché aveva anche subito: nel tentativo di fermarla ed evitare che annegassero entrambi, l’uomo aveva mosso le braccia al fine di catturare quelle di lei e, al contempo, avvicinarla a sé, mentre la brezza notturna scuoteva mare e imbarcazioni rendendo quel posto una trappola mortale per chiunque vi si fosse trovato; i suoi calcoli erano stati errati, tuttavia, e, mentre Emma si divincolava con l’intento di colpirlo, la mano di lui si era scontrata con violenza con il viso dell’altra, facendole sanguinare un sopracciglio. Colta di sorpresa dalla virulenza del colpo, il pirata aveva smesso di nuotare per un attimo e, se non fosse stato per il bruciore che l’acqua salmastra le aveva provocato a contatto con la lieve ferita e per le braccia di Killian che l’avevano prontamente tirata su, ne avrebbe bevuto più di un semplice boccone.

A quel punto, aveva tossito, e forte, e si era lasciata guidare contro la parete del molo, entrambi più lenti di quanto non sarebbero stati in condizioni migliori. I colpi che avevano rispettivamente ricevuto e inferto li avevano indeboliti e i movimenti dell’acqua avevano reso difficoltoso perfino il più semplice dei compiti. “Killian!” aveva urlato a quel punto la voce di Stecco, “Corpo di mille balene, vi ammazzerete! Vado a chiamare aiuto!”  aveva proseguito e Killian non avrebbe potuto essere più d’accordo, considerato il modo in cui Emma continuava a dimenarsi. “State ferma, dannazione! Potrete ammazzarmi quando saremo sulla terraferma, ma, adesso, evitiamo di fare la fine dei miei soldati” le aveva detto, lo sguardo di fuoco nonostante avesse evidentemente fatto dell’ironia, ma lei lo aveva guardato con fare torvo, colpendolo alla spalla più duramente di quanto non si fosse aspettato. “Razza di idiota! Datemi una mano e ci penso io a farci uscire di qui!”

E aveva mantenuto la sua parola… più o meno. Accostandosi ad uno dei pali in legno della banchina, il capitano della Nostos aveva estratto il coltello che teneva alla cintola e, conficcandolo nel corpo dell’asta, aveva fatto leva con l’altra mano nel tentativo di scalarla; stranamente collaborativo – o, almeno, era quello che Emma aveva pensato per convincersi che l’idea di scalciare fino a colpirlo, per quanto allettante fosse, non li avrebbe aiutati in alcun modo -, Killian era venuto in suo soccorso e le aveva fatto da supporto, rendendole più semplice la salita. Era stato a pochi centimetri di distanza dal pavimento della banchina che la situazione era precipitata, nel momento in cui il colpo del pugnale era penetrato troppo a fondo, spezzando il palo nella parte alta e costringendo Emma ad agire d’impulso prima che fosse troppo tardi: sorretta da Killian, la mano di lei aveva raggiunto la sommità del palo ed era stata ad un passo dall’issarsi con le forze che le rimanevano e raggiungere la salvezza, quando, complici l’umidità che impregnava le tegole del pavimento e l’acqua che le bagnava le dita, la sua presa era venuta a mancare e d’istinto aveva stretto la porzione del palo divenuta sporgente, conficcandosela nel palmo. Aveva imprecato in modo neppure troppo signorile e sarebbe precipitata nuovamente in acqua, se Diego non l’avesse prontamente afferrata, lasciando a Stecco, Julio e un altro dei loro il compito di occuparsi del tenente. Perfino in quel momento, Emma aveva compreso che la loro diatriba non fosse finita lì.

«Mai quanto la vostra faccia, tenente.» disse, l’espressione impertinente mentre si voltava, ma priva dell’usuale tono di scherno con cui era solita farsi beffe di lui. E Killian lo comprese, perché c’era qualcosa di estremamente fragile nella figura accovacciata in prossimità del cero, con i lunghi capelli umidi che le sfioravano le spalle coperte da una camiciola bianca e l’arcata sopraccigliare attraversata il verticale da un taglio netto. Il senso di colpa, benché sul suo stesso viso fossero presenti molte più tumefazioni, gli strinse lo stomaco: non aveva mai, mai alzato le mani su una donna in tutta la sua vita.

Piano, avanzò verso di lei finché non l’ebbe raggiunta, i rispettivi sguardi impassibili l’uno nell’altro. «Fatemi vedere.» fece lui, cauto, e si protese per prenderle la mano. Emma lo lasciò fare, ma trasalì e tentò di ritrarla quando l’uomo sfiorò la porzione vicina alla ferita; la stretta di lui, tuttavia, rimase salda e continuò ad osservarle la mano con quello stesso fare intento che, si disse la giovane, doveva adottare quando studiava una mappa o un prigioniero gli dava troppo da pensare. Piano, rise. «Cosa trovate tanto divertente?»

Se possibile, il tono severo con cui le pose la domanda, mentre accostava appena la candela all’arto e lo ispezionava attentamente, acuì il suo divertimento. «A parte il fatto che siete sempre così serio?» chiese retorica, prendendosi gioco di lui com’era solita fare, e il suo spirito parve rinvigorirsi. «Immaginavo che, se foste riuscito a catturarmi e fossi stata vostra prigioniera, la vostra espressione sarebbe stata perennemente quella che avete adesso in volto.»

A quelle parole, Killian sorrise e alzò lo sguardo per osservarla, il sopracciglio drammaticamente inarcato. «Sareste stata un gran bel grattacapo!» le concesse ed Emma annuì, mordendosi il labbro con noncuranza. Mentre si protendeva con la mano destra a prendere il coltello, l’uomo non riuscì a impedirsi di guardarle la bocca, anche solo per un istante. «Lasciate che faccia io.» le disse e le sue parole suonarono quasi come una preghiera. La giovane esitò un attimo, trattenendo il respiro come per raccogliere i pensieri e trovare la risposta più idonea.

«Non credo sia il caso.» replicò infine. «Non mi fido di voi con un coltello in mano, mentre siamo da soli nei miei alloggi e-»

«Begli alloggi, a proposito.» la interruppe ed Emma sorrise con fare altrettanto malizioso, quando Killian fece un gesto eloquente in direzione del letto. «E vorrei aggiungere che Diego è giusto fuori dalla porta, se aveste bisogno di assistenza.»

«Lo stesso che vi ha permesso di entrare?» chiese e il tenente ridacchiò, facendosi appena più vicino per dare maggiore significato alle sue parole. Avrebbe voluto dirle che era stato il primo a stupirsi della condiscendenza dell’energumeno, nel frangente in cui lo aveva visto acconsentire alla sua richiesta di parlarle, e che, in tutta franchezza, aveva fatto ingresso nelle sue stanze pronto ad un assalto in piena regola, ma preferì sorvolare.

«Lo stesso che mi ha dato dieci minuti di tempo, prima di fare irruzione.» precisò lui e, per un istante, entrambi si chiesero che significato avesse quello stato di strana quiete dopo la tempesta. Implicava, forse, che fosse in arrivo un’altra bufera? Erano trascorse solo poche ore dall’ultima che avevano affrontato e nessuno dei due pareva pronto a fronteggiare la successiva. Pareva. «Datemi il pugnale.» ripeté e, stavolta, Emma lasciò che Killian s’impossessasse dell’arma.

Fu più delicato del previsto e lavorò rapidamente e con fare alacre, stando ben attento ad eliminare ogni scheggia di legno e pulendo la ferita per evitare che si infettasse. Se non fosse stata sul punto di svenire per il dolore, Emma avrebbe perfino trovato il coraggio per canzonarlo, ma uno strano, basso ronzio aveva preso a fischiarle nelle orecchie e, d’un tratto, la sua mente aveva cominciato ad annebbiarsi. Per un istante, ebbe l’impressione di poter essere qualcuno: la giovane ragazza che aveva reso omaggio alla città di Durin, il capitano di una nave straordinariamente bella, l’avventuriera che aveva piena fiducia nella sua ciurma, la madre che il destino le aveva impedito di essere; poi, una vocina le sussurrò che nulla di tutto ciò era possibile, che non poteva permettersi un lusso del genere, che qualunque opportunità di una vita normale le avessero offerto sarebbe stata un’illusione, fandonie come quelle che le aveva raccontato Liam. E, allora, si sentì nessuno com’era giusto che fosse.

«Emma, ehi!»

Adagiandole la mano ferita sulla coscia, Killian le cinse le spalle con un braccio e lasciò che si appoggiasse al suo petto, ma Emma si ritrasse con prontezza, benché la sua espressione la dicesse lunga su quanto fosse stordita. L’uomo sospirò e fu sul punto di dire qualcosa, quando gli occhi verdi di lei incontrarono i suoi e lo costrinsero a tacere.

«Non l’ho ucciso. » proruppe. «Era ancora vivo, l’ultima volta che l’ho visto.» Nel parlare, un respiro tremulo abbandonò le sue labbra, come se quell’ammissione le fosse costata più fatica di quanto non ci si potesse aspettare. «Non è stato facile conquistarmi la sua fiducia,» proseguì e il ricordo la fece sorridere, «ma è stato decisamente più semplice che avere a che fare con voi.» Killian accennò un sorriso, benché il suo corpo e il suo animo fossero in tumulto. «Un giorno, quando era oramai integrato col resto della ciurma  un po’ meno di come lo siete voi adesso, ebbe uno scontro con uno degli uomini di Barbanera. Aveva colto una stupida, stupida sfida che era stata creata con l’intenzione di smascherarlo. C’era qualcosa di troppo pulito, di troppo brillante in lui perché potesse passare per un pirata e il porto in cui ci recammo subito dopo la sua cattura era ben lontano dalle sembianze di quello di Durin.» Emma ricordò i postriboli, i locali lerci, il disappunto di Liam e l’espressione con cui le aveva chiesto come facesse a frequentare luoghi del genere; se fosse dipeso da lui, le aveva detto un giorno, l’avrebbe vestita di seta e messa in un giardino a bere tè e mangiare biscotti e avrebbe trascorso tutto il giorno a guardarla. Quando lo riferì a Killian, quest’ultimo rise ed Emma gli rivolse un’occhiata significativa. «Vostro fratello aveva una versione un po’ distorta di me, non importava quante cose terribili mi vedesse fare, e continuava a dire che dovessi essere figlia di un nobiluomo. Avreste dovuto vedere quanto si infuriava, quando rispondevo che, se così fosse stato, non avrei potuto essere niente di più che una bastarda.»

Ancora, Killian ridacchiò e la guardò come se capisse perfettamente quello che intendeva, come se, a sua volta, gli avesse dato le stesse identiche delusioni. «Nessuno sa smontare i sogni di uomo meglio di voi, non c’è che dire.»

La bocca di Emma si mosse a riprodurre una smorfia da canaglia, la stessa che la rendeva bella di un’incredibile carica seducente perché rispecchiava perfettamente il suo spirito gagliardo. «Potrei cogliere la vostra provocazione e rispondere che, d’altro canto, nessuno sa montare un uomo meglio di me, ma credo che non lo farò, per questa volta.» Killian avrebbe voluto rimbeccarla e dirle che lo aveva appena fatto, ma non fu necessario, perché il suo sguardo parlò per lui come sempre accadeva e perché Emma ne era già perfettamente consapevole. «Dopo quello scontro,» riprese lei, «vostro fratello ne uscì pesantemente sconfitto: aveva contusioni e ferite ovunque e alcune di esse si infettarono. Il medico di bordo impiegò più di un mese per rimetterlo in sesto e fui costretta a cedergli il mio letto.» Il tenente inarcò le sopracciglia, ma la giovane fece spallucce. «Non fu una gran perdita, perché non ne ho mai fatto molto uso da che sono capitano della Nostos.» Il suo sguardo rifuggì quello dell’uomo, percorrendo la stanza, ed ella ispirò a lungo. «Ad ogni modo, nel delirio della febbre, vostro fratello mi scambiò a volte per voi, a volte per vostra madre, a volte per il mostro che sono,» Killian trasalì impercettibilmente a quelle ultime parole, quasi il suo corpo rifiutasse ancora di vederla sotto quelle sembianze, «e, quando si fu ripreso e poté ricordare, ne rimase talmente turbato che mi sentii in dovere di raccontargli la mia storia.»

«Sul serio?» non riuscì a impedirsi di chiedere ed Emma ridacchiò, annuendo sommessamente.

«Vostro fratello ispira molta più fiducia di voi, Killian, senza considerare che non mi ha mai né minacciata, né aggredita.» lo punzecchiò, ma non suscitò in lui la reazione che si sarebbe aspettata. Il viso dell’altro si incupì e, nel momento in cui i suoi occhi si soffermarono sullo zigomo arrossato e sul taglio al sopracciglio che le aveva causato, Emma comprese. «Non prendetevela troppo, tenente. Guardate come siete ridotto!»

«Non è una giustificazione. Non avr-» fece per dire.

«Non lo avete fatto intenzionalmente, Killian, e non siete il primo uomo che mi mette le mani addosso. Quindi, se pensate di avermi ferita, o sconvolta, od offesa, tirate pure un sospiro di sollievo.» L’espressione di lui divenne, se possibile, ancor più tetra ed Emma sospirò, snervata. «Ma com’è mai possibile che siate sempre così cupo? Sacripante, è una cosa che non riesco a capire!» sbottò e lo vide accigliarsi al punto tale che seppe in anticipo le avrebbe rivolto di lì a breve l’espressione di rimprovero che non mancava mai di farle sapere quanto la biasimasse.

«Nel vostro mondo, sarà forse normale che si maltratti una donna, ma nel mio non è buona educazione fare nulla del genere. E’ piuttosto disdicevole!» le disse e nessuno dei due prestò attenzione al fatto che il tenore della conversazione fosse improvvisamente cambiato.

«Voi e la vostra buona educazione, ed etichetta, e galateo!» ribatté in un mottetto che aveva tutta l’aria di essere una canzonatura. «Perché le donne sono dei delicati bocciuoli da proteggere contro ogni intemperie, non è così?!» Nel pronunciare quelle parole, batté rapidamente le palpebre con fare sarcastico e civettuolo a un tempo e si alzò, spingendolo via con la mano illesa e muovendo qualche passo in direzione opposta. «Al diavolo voi, quel tipo di donna, i boccioli  e le margherite!»

L’attenzione del capitano della Nostos si soffermò sulla bottiglia di rum che aveva lasciato sulla scrivania, vi si accostò, la prese e si sedette sulla superficie del tavolo, ponendosela in grembo; avendo tutta l’intenzione di aprirla, avvicinò la sedia sulla quale era solita trascorrere le sue notti, vi posizionò i piedi e incastrò la bottiglia tra le gambe appena divaricate, stringendole quel tanto che bastava ad evitare che cadesse. La sua espressione si contrasse un poco quando, per errore, accostò la mano al vetro del fiasco e lo macchiò di sangue.

«Emma!» la canzonò bonariamente Killian, ma non mosse un passo in sua direzione e la giovane non prestò ascolto ai suoi richiami. «Emma!»

Con un leggero pop!, il tappo si staccò ed Emma non perse tempo: agguantando la bottiglia per il collo, la alzò a mo’ di brindisi, gli rivolse un sorriso ed un cenno del capo che definire sarcastici sarebbe stato un eufemismo e si accinse a bere. Ingollò un lungo sorso di rum, poi un altro più piccolo ed, infine, allontanò il fiasco dalle labbra, sospirando pesantemente; per un lungo minuto, non lo guardò neppure e rimase a fissare un punto imprecisato della sporgenza sulla quale rimaneva l’ultimo mozzicone di una candela ormai consumata.

«Ve ne offrirei un sorso,» fece e si voltò a guardarlo, gli occhi improvvisamente roventi, quasi avessero raccolto la fiamma del cero e se ne fossero appropriati, «ma scommetto che la vostra buona etichetta non sarebbe d’accordo.»

Killian si chiese quale fosse il segreto per avere a che fare con lei, cosa dovesse fare una persona sana di mente per non perdere il controllo ed impedire che, un momento prima, Emma fosse la creatura più affascinante del pianeta e, quello dopo, l’essere più indisponente che uomo, donna o bambino avessero mai avuto modo d’incontrare. Il ricordo del bacio che si erano scambiati, a fronte di tutto quello che era accaduto dopo, era di poco dissimile dall’avere i contorni della mera fantasia e, con un mezzo sorriso sghembo, il tenente non poté fare a meno di accostarla ad un pesce appena catturato: un istante prima, dava l’impressione di essere morto o, quanto meno, di essersi arreso e, quello successivo, cominciava a dimenarsi e fuggiva via senza lasciare traccia.

«A dire il vero, non mi dispiacerebbe.» disse lui.

«Ottimo!»

A quelle parole, il capitan pirata  scese dalla scrivania, si diresse presso un mobile in legno scuro e, aprendone l’anta, ne estrasse due bicchieri, posizionandoli sulla sommità dello stesso per riempirli fino all’orlo; quando ebbe finito, ne prese uno e lo porse a Killian.

«Vi ringrazio.» fece e inclinò il capo in un galante gesto di riconoscenza.

«Non avevo dubbi.» ribatté la giovane e, nel farlo, tornò indietro per prendere la bottiglia, lasciando l’altro bicchiere intatto sul mobile. Allo sguardo curioso del tenente, ella fece spallucce e disse: «Il racconto di vostro fratello non è ancora finito e, quando tutto sarà terminato, potreste averne bisogno per distendere i nervi.»

Fu a quel punto che Emma riprese la narrazione. Gli novellò di un’inaspettata amicizia tra lei e Liam, di come il giovane capitano della marina militare si fosse offerto di aiutarla a compiere la sua missione e di quanto, a volte, si fosse crucciato di aver preso una simile scelta, pensando a Killian. Gli disse, inoltre, che aveva parlato spesso di lui, delle loro scorribande, di come fossero cresciuti insieme e fossero stati sempre inseparabili, e volle porre l’accento sul fatto che Liam l’avesse descritto come una cocciutissima testa di rapa, cosa di cui il tenente non poté dubitare perché apparteneva pienamente allo stile del fratello.  Aveva tre anni più di lui e, benché Killian fosse il più severo e rigido tra i due, si era sempre preso cura di entrambi come ci si sarebbe aspettati da un fratello maggiore; quando era stato catturato dalla Nostos, aveva avuto la stessa età che Killian aveva in quel momento. A questo punto, doveva essere giunto ai trentatré.

Nel corso della narrazione, l’uomo realizzò quanta ragione avesse avuto Emma e attinse all’altro bicchiere con ingordigia; nel suo animo, si agitavano emozioni così diverse e contrastanti che non avrebbe saputo darvi un ordine e una collocazione precisi e, per tale ragione, decise di lasciarle andare a briglia sciolta e non le trattenne. Si sentì sollevato, frustrato, speranzoso, nostalgico, arrabbiato perfino e più si avvicinava la fine del racconto, più aumentava la voglia di bere, più diminuiva la sua lucidità: era come se la stanchezza dell’intera giornata gli fosse caduta addosso d’improvviso e le sue palpebre cominciarono a farsi talmente pesanti che fece appena in tempo a registrare l’informazione che suo fratello fosse prigioniero di un losco individuo, prima di essere costretto a reggersi alla scrivania.

«Killian,» sussurrò lei e la sua voce fu così tenue e dolce che Killian non oppose resistenza, quando Emma si fece passare il braccio dell’uomo attorno alle spalle e gli cinse la vita con l’altro, dandogli dei leggeri colpetti al viso con la mano lesa per evitare che crollasse addormentato, «state sveglio, su. Lasciate che vi accompagni a letto!»

«Che, che succede?» Biascicò le parole, ma la sua mente, in qualche anfratto recondito e ancora lucido, registrò che il pirata lo avesse soccorso con fin troppa solerzia, quando aveva accusato quell’improvviso senso di stanchezza, e che non stesse facendo nulla per cacciarlo dai suoi alloggi. «Cosa mi avete dato?»

«Niente di velenoso, tenente, state tranquillo.» gli spiegò, aiutandolo a camminare e trovando un valido sostegno nella scrivania. «E’ un’erba che, in dosi massicce, può portare alla morte, ma io ve ne ho somministrato giusto un po’ e sta esperendo il proprio effetto soporifero come mi aspettavo che facesse.» Inciamparono, ma ella fu forte abbastanza da evitare che ruzzolassero in terra. «Fate attenzione!»

«Perché?» domandò, gli occhi oramai completamente chiusi, ed Emma lo picchiò un po’ più forte sul viso perché li aprisse.

«Perché devo portare a termine una missione e voi mi tenete troppo sotto controllo. Quando vi sarete svegliato, io sarò lontana e Diego e Stecco si prenderanno cura di voi.» tentò di fargli capire e, quando furono arrivati a letto, lo aiutò a sedersi e, alfine, a stendersi.

«Diego…» disse con voce impastata ed Emma annuì.

«Proprio così. Non avrete davvero creduto che vi facesse entrare contro il mio personalissimo volere?! Oh Killian!» si prese gioco di lui, con quel tono stucchevole che sarebbe risuonato nella sua testa a lungo durante il sonno e la veglia, quando si fosse svegliato.

«Vi troverò...» furono le sue ultime parole e, benché suonassero ben diverse da come avrebbero dovuto, Emma ricordò che Killian le avesse fatto la stessa, identica promessa la sera del ballo, quando, dopo averlo ferito, era riuscita a fuggire e lui si era lanciato al suo inseguimento.

Con la mano indenne, gli sfiorò il viso e, piano, si chinò su di lui, poggiando le proprie labbra sulle sue. Quando interruppe il contatto, gli occhi verdi si posarono sul bel viso che aveva davanti e pronunciò le seguenti parole: «Mi dispiace, Killian Jones, ma sono Giuda e questo è il mio bacio.»



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Spazio dell'autrice:

E' tardi, sono stanchissima, ma non vedevo l'ora di terminarlo e postarvelo. Quindi, ne è valsa la pena!
Chiedo scusa alle ragazze che hanno commentato e cui non ho potuto rispondere personalmente, ma, tra studio ed estate trovo davvero pochissimo tempo per connettermi. Due parole, però, ci tengo a spenderle: vorrei sapeste che, per quanto sciocco e poco credibile possa sognare, i vostri commenti hanno cambiato le mie giornate, facendomi sorridere quando non ne avevo voglia, ridandomi il buonumore quando di buono c'era davvero poco,  rendendo più solida e vigorosa la vena dell'ispirazione. Potrà apparire davvero estremamente esagerato, ma credetemi se vi dico che è così e che non sono riuscita a trattenere per me l'entusiasmo, al punto da farli leggere ad alcune persone cui era difficile spiegare i miei sbalzi d'umore senza una prova tangibile. Sospettavano già una liason con chissà chi, ma la verità è che, al momento, la mia liason è la scrittura e, a modo vostro, ognuno di voi. 
Quindi, un grazie speciale a A lexie s [Grazie anche per i complimenti alla pagina! <3], Emma JonesCloris84 e Ibetta. Siete state splendide!
Per il resto, ringrazio tutti gli altri, le persone che leggono e si appassionano e siete molti più di quelli che avrei soltanto potuto sperare. Il merito è anche vostro e questa storia un po' vi appartiene, al punto che spero riusciate a sentirla anche un po' vostra. Le visualizzazioni, il seguire/preferire/ricordare la mia storia ... Davvero, grazie! <3

Quanto al capitolo, mi restano da dire le seguenti cose:
1. Si scopre un po' di più sul passato di Emma e sotto due diversi aspetti. Mi sono limitata ad accennare, perché ho intenzione di affrontare il tutto dopo, in maniera più sistematica, ma mi era utile che sapeste per capire il gesto finale di lei, il suo trasformarsi in Giuda. Le sue motivazioni sono forti e le sue reazioni altrettanto, ma, adesso, potrete cominciare ad immaginare cosa abbia dato vita al mostro che è in lei. Inoltre, ci tengo a dire che sono consapevole che il regime temporale del bacio di Giuda [prima bacio, poi tradimento materiale]potrebbe apparire invertito, perché, IN TEORIA, lei lo ha già tradito drogandolo, M A, in pratica, lo bacia prima di andar via, quindi il tradimento non è ancora completato.
2. Spero che vi sia piaciuto quello che ho deciso di raccontarvi. Non ha a che vedere col bacio dell'ultima volta, ma - non so se avete avuto la stessa impressione - nello scrivere l'ultima parte, quando lei dà di matto sul modo in cui Killian vede le donne e lui la asseconda, mi sono resa conto di aver pensato "Ma com'è che sembrano già quasi una coppia?!"... Ogni tanto, quando non si scannano o picchiano o tentano di affogarsi!
3. Ci saranno tonnellate di errori, ma prometto di correggere quanto prima. 

G R A Z I E !


 
  
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