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Autore: Nike93    15/09/2008    4 recensioni
Su quel ramo del lago di Como, dove… no, aspetta. Che volge a…
Un attimo.
‘azzo era che volgeva a mezzogiorno? Che poi era mezzogiorno o mezzanotte?
Oh, al diavolo. Non esistono più le mezze stagioni e non ci si capisce una sega, inoltre siamo certi che voi lettori non siate poi così ansiosi di complicarvi la vita con quisquilie come questa.
Dunque dunque […] C’era una volta un bellissimo ragazzo di nome Tom Kaulitz, che a vederlo non aveva neanche il più piccolo difetto. Figuratevi che era lombardo fino all’osso, a partire dal nome!
Genere: Parodia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve ^^ Stavolta ho tentato di cimentarmi in un campo che decisamente non mi compete, ma chissà

Salve ^^ Stavolta ho tentato di cimentarmi in un campo che decisamente non mi compete, ma chissà! Magari funziona (Mi scuso per le note tipo "chitarrista dei tokio hotel, erano per chi ha letto questa storia senza conoscerne effettivamente i personaggi).

Come avrete capito dalla presentazione, questa vorrebbe essere una parodia de “I promessi sposi” di A. Manzoni, un libro che personalmente ho amato, ma che a molti risulta ancora indigesto. Naturalmente il tutto è nato solo per divertimento, precisamente in un’afosa mattina di fine agosto, in compagnia di due amiche un po’ svitate che mi hanno aiutata a maturare l’idea di adattare il mondo tokiohotelliano al famoso romanzo. Per questo le ringrazio (Vale e Lory siete grandi!) e spero di riuscire a strapparvi qualche risata.

I promessi sposi

Personaggi

Renzo:                 Tom Kaulitz        [chitarrista dei TH]

Lucia:                  David Jost          [manager (gay) dei TH]

Agnese:               Simone Trümper [madre dei gemelli Kaulitz]

Don Abbondio:     Gustav Schäfer   [batterista dei TH]

Don Rodrigo:        Andreas             [migliore amico dei Kaulitz]

Monaca di Monza: Bill Kaulitz          [vocalist dei TH]

Innominato:         Georg Listing      [bassista dei TH]

Fra’ Cristoforo:     Saki                   [bodyguard dei TH]

Studenti italiani:   Tutti i lettori che sentono di appartenere a questa frustrata categoria (molti, immagino dunque)

 

 

Su quel ramo del lago di Como, dove… no, aspetta. Che volge a…

Un attimo.

‘azzo era che volgeva a mezzogiorno? Che poi era mezzogiorno o mezzanotte?

Oh, al diavolo. Non esistono più le mezze stagioni e non ci si capisce una sega, inoltre siamo certi (noi, gli Autori o, se preferite, i Redattori) che voi lettori non siate poi così ansiosi di complicarvi la vita con quisquilie come questa.

Voce fuori campo: «Le zucche!»

Ehm ehm… Siate caritatevoli con il nostro protagonista. Spesso e volentieri si serve di espressioni non propriamente del… beh.

(Gli Autori picchiano il colpevole con un mazzetto di ravanelli)

Dunque dunque, lettori: cominciamo con questo splendido e modernissimo racconto!

Considerando che il ramo del lago di quel che è può tranquillamente sottrarsi alla vicenda, c’era una volta un bellissimo ragazzo di nome Tom Kaulitz, che a vederlo non aveva neanche il più piccolo difetto. Figuratevi che era lombardo fino all’osso, a partire dal nome!

Codesto fanciullo altri non era che un modesto filatore di seta proveniente da una modesta famiglia dei bassifondi urbani e fornito di un modesto ma assai colorito linguaggio personale. Il suo intercalare preferito era infatti «Ohibò!», le sue scarpe sempre tirate a lustro, che a vederle non c’avreste dato più di dieci o undici annetti di vita, e i suoi gusti sopraffini riguardavano anche e soprattutto il guardaroba. Dovete infatti sapere che il suo capo d’abbigliamento preferito era un cappello ornato di quelle che qualcuno è ancora convinto fossero delle bellissime piume d’oca, ma in realtà altro non erano che profumatissimi (infatti nessuno osava toccarli, per paura di rovinarli, s’intende) ed elegantissimi cosi chiamati dread, che nel Seicento nessuno sapeva che cavolo fossero però lui ce li aveva perché era sempre aggiornato sulle ultime tendenze.

C’è da dire che Tom Kaulitz aveva vent’anni e dunque, essendo nel pieno della fase post-battaglie ormonali da cui era rimasto irrimediabilmente scombussolato, s’innamorò di una bellissima fanciulla di nome David Jost: una ragazza dalle dubbie origini ma dalle ottime maniere. In realtà nessuno seppe mai a che età i due caddero preda del famoso colpo di fulmine: si pensa che questo li abbia colpiti direttamente nella culla, provocando danni cerebrali che costarono ore di studio superfluo a milioni di studenti italiani e la completa distruzione di un numero ancora non accertato di vite più o meno innocenti.

Ad ogni modo, David Jost aveva una madre di nome Simone, una vecchietta estremamente simpatica quando la si vedeva a trenta metri di distanza da dietro una siepe e si aveva la fortuna di svoltare prima di essere intercettati. Questa signora era infatti così riservata e discreta che sapeva dirti quanti capelli avevi in testa (e si vantava pure di saperlo già da qualche mese) e così intelligente e pronta di spirito che negli archivi della Polizia di Stato risulta ancora latitante per le infinite disgrazie che addusse alla sua pupilla e al suo futuro genero nel tentativo di prestare il suo preziosissimo aiuto… per una buona causa, dunque. Si pensa che la ragione dell’infinita pudicizia della figliola, David Jost per l’appunto, derivasse dalla perfetta educazione ricevuta da Simone: infatti, in oltre trentotto capitoli di romanzo, non si riuscì mai a sapere chi fosse il padre della fanciulla, e solo oggi si comincia a sospettare dello zampino di un certo curato della zona che meglio non avrebbe potuto contribuire al proseguimento della storia.

Tale curato rispondeva al nome di Gustav Schäfer ed era un uomo un po’ pienotto ma estremamente affascinante e soprattutto molto coraggioso. Superò infatti indenne l’orda di studenti italiani (sempre loro, uff!) che tentarono più volte di affogarlo nel sonno per aver acconsentito al fatidico “Questo matrimonio non s’ha da fare” dei bravi che tutti conoscono.

Il curato era molto intelligente, infatti propinò in risposta una serie di improbabili frasi pseudo-latine che ottennero di far incazzare ancora di più i bravi già non molto bendisposti. Dato che con il latinorum non risolse niente, preferì calare la testa e andare a sfogare tutta la propria frustrazione su una povera signora, tale Perpetua, che altro di male non aveva fatto se non assecondare le picchepperpetue (studiatissimo tempo latino, ci ricordano i nostri cari studenti italiani) paturnie del sacerdote.

Bisogna sapere che i bravi erano stati mandati dall’astuto e fascinoso signorotto del paese, don Andreas, che faceva continuamente strage di cuori grazie ai suoi capelli più pisciati che ossigenati. Era talmente assediato dalle corteggiatrici che ideò un piano per rapire la bella David Jost, che era così pudica da essersi fatta abbordare lungo una stradina deserta con la scusa che le sue compagne l’avevano lasciata indietro (e questo non è difficile da credere, se consideriamo il carattere amabile ed estremamente socievole della Promessa Sposa). Immaginate dunque la bellezza mozzafiato di questa fanciulla, eternamente contesa tra un filatore dalle strane tendenze e una sottospecie di celenterato che non era manco capace di tornare sulla famosa stradina e prendersela con le sue mani (dato che, come dimostra il racconto delle compagne, la ragazza non era dotata di capacità motorie da dieci e lode).

David Jost era spesso tormentata da dubbi esistenziali (“Oh cielo! Uno sconosciuto mi ha rivolto uno sguardo amichevole! Non avrò mica perso la verginità?”) e si rivolgeva spesso al suo più intimo confidente. Questi era quel che si dice un uomo di mondo, per cui la fanciulla trovava sempre conforto nei suoi apocalittici verdetti: il suo nome era Fra’ Saki e, sebbene fosse ormai un po’ vecchiotto (cinquant’anni, ci credereste? Ormai era prossimo alla tomba), era un tipino che sapeva come farsi valere. Infatti, una volta che Tom Kaulitz aveva declinato educatamente con un appena accennato «Le zucche!» una delle sue ricette su come salvare l’anima, era stato mandato in castigo dietro la lavagna a scrivere “Non devo essere blasfemo” cento volte sul suo quadernone a quadretti nuovo di zecca. Fra’ Saki aveva un aspetto molto rassicurante ed era amato da tutti, tanto che don Andreas ottenne di spedirlo a Rimini dopo qualche settimana per levarselo finalmente dalle palle.

Ma, ahimé, in tutte le favole c’è qualche momento lacrimoso e infatti il famoso Addio ai Monti di David Jost costò molte lacrime ai nostri affezionati studenti italiani. Troppo presi dalle loro paturnie, tali studenti non arrivano mai a comprendere quanto grande fu il dolore della separazione per i Promessi Sposi.

Tom Kaulitz, che era molto sveglio, si dedicò subito all’attività più redditizia del mondo: la latitanza. Si mise infatti a capo di una rivolta (e, per quanto lui giuri e spergiuri, noi Autori non abbiamo mai creduto alla sua innocenza) e presto poté errare per i campi in tutta tranquillità, facendo illudere il mondo della sua tanto agognata dipartita.

David Jost, invece, che non sembrava sveglia come il fidanzato ma in realtà lo era molto di più, pensò bene di farsi ospitare a scrocco in un convento di Monza. Pensava infatti di dover cominciare a istruirsi su come condurre una vita mondana dopo aver sposato Tom Kaulitz. Ah, che fiore di ragazza! Dopotutto aveva appena diciotto anni.

La fanciulla pianse calde lacrime quando dovette separarsi dalla madre, ma trovò subito consolazione grazie alla compagnia della famosa Monaca di Monza, il cui nome di gioventù era Bill Kaulitz (la Monaca era infatti ormai venticinquenne, dunque già bell’e stagionata, anche se la sua straordinaria bellezza non era mai sfiorita). Questa tizia era molto conosciuta all’epoca, anzi, era conosciuta già prima di nascere, ma naturalmente David Jost non ne aveva mai sentito parlare. Però rimase estremamente affascinata dalla personalità di Bill Kaulitz.

La Monaca di Monza aveva avuto una storia tormentata e difficile, la sua esistenza era così infelice che, quando si era ritrovata incinta, aveva dovuto stilare la lista dei trentadue uomini con cui era stata negli ultimi tre mesi per essere sicura al momento di attribuire la paternità. Nel suo percorso canonico si era ritrovata costretta a uccidere e seppellire una conversa perché, in seguito a scottanti dichiarazioni da lei rilasciate, era stata assalita dal dubbio che gli elementi in lista dovessero diventare trentatrè e lei non era così immorale da lasciar credere alla gente di aver avuto una relazione con una religiosa. Insomma, Bill Kaulitz era un’amabile personcina dal carattere mite e David Jost dovette rivedere tutta la propria esistenza, chiedendosi se non fosse il caso di farsi suora (di certo si sarebbe divertita molto di più senza dover necessariamente condurre una vita mondana).

Nel frattempo, su un’alta collina alloggiava un certo Innominato di cui tutti conoscevano il nome, e cioè Georg Listing, un simpatico malandrino che di meglio non aveva da fare che tagliare qualche testa a destra e a manca quando si stufava di giocare a freccette. Don Andreas, conoscendo i suoi metodi di persuasione, gli aveva chiesto aiuto per quanto riguardava la questione di David Jost (sebbene nessuno abbia mai capito il motivo di tutto quest’interessamento per una cozza come quella).

I metodi di persuasione di don Andreas non erano da meno, infatti riuscì a convincere l’Innominato con la sola forza della parola: sta a significare che, pur di fargli chiudere il becco e spedirlo a giocare con il suo pallottoliere, l’uomo senza nome dal nome conosciutissimo acconsentì a rapire David Jost.

Nel frattempo, tra la fanciulla e Bill Kaulitz era nata un’amicizia profonda, tanto che, quando il suo ultimo fidanzato (il trentaquattresimo), che non era propriamente un inviato della Provvidenza, le propose un succulento affare, la Monaca non esitò a depositare David Jost fuori dal convento e mandarla via a pedate con una scusa davvero mediocre. La fanciulla, che era votata all’avventura, partì dal convento con quindici minuti di ritardo, impiegati per attutire la nuova somiglianza con un fascio di nervi, poi s’incamminò coraggiosamente per la strada. Siccome era anche molto astuta (non ve l’avevamo detto?), si lasciò trarre in inganno dagli inviati di Georg Listing, che, con la scusa di essersi persi e di non saper ritrovare la strada in una via a senso unico di dieci centimetri di larghezza dove al massimo passava qualche cavalletta, acciuffarono la fanciulla per i capelli, le diedero una botta in testa e se la caricarono in carrozza.

David Jost si fece subito conoscere al castello dell’Innominato. Anzi, per la verità dovremmo dire che costui aveva creduto che i suoi fidi bravi avessero sbagliato persona, perché la Promessa Sposa era stata descritta da don Andreas come una creatura estremamente pacifica, mentre quella sottospecie di broccolo trascinato a viva forza dai bravi sembrava più una scimmia urlatrice che un pulcino implume (sia per le sembianze che per la forza dell’ugola d’oro).

A questo punto della storia, non ci sono molte versioni su come sia andata avanti la vicenda, anzi, a dire il vero ce n’è solo una. Si parlerebbe di un’alquanto dubbia crisi spirituale di Georg Listing che, mosso a compassione, decise improvvisamente di liberare David Jost dopo sei decenni di sanguinosi delitti. Beh, effettivamente una crisi ci fu (a quell’età, tra il cuore e il sistema nervoso si comincia ad accusare qualche malessere) e l’Innominato fu pure mosso a compassione verso i suoi poveri timpani, ma siccome la pistola era scarica e i suoi bravi se l’erano data a gambe, decise di rimettere in libertà la bellissima fanciulla, che poté finalmente ricongiungersi con l’amata genitrice. Bisogna sapere che, durante l’unica notte che David Jost passò nel castello di Georg Listing, fece in tempo a far voto di castità, ma questo fatto sa molto di una montatura, considerando che la ragazza era più che consapevole dei propri metodi di persuasione. Risulta dunque ineccepibile il collegamento con la rimorchiata di don Andreas: è evidente che la fanciulla, tra conventi e scappatelle, non sentisse l’impellente necessità di sposarsi.

Il dopo è piuttosto incerto. Gira voce che le donne siano state ospitate da un sarto e da un altro illimitato numero di famigliole convinte di cavarci qualcosa di buono, ma che poi le misero alla porta senza neanche dar loro il tempo di dire «Provvidenza».

Anche il lungo errare di Tom Kaulitz presenta tutt’oggi qualche buco nero (beh, la galera non la si può evitar per sempre), ma l’Autore, pur di non confessare che a quel punto si era anche un pochettino scocciato di seguire le vicissitudini di questi due sfigati (dunque per qualche mese li lasciò a briglia sciolta, e questo spiega l’assenza di feste di addio al nubilato e al celibato, dopo), decise di tirar fuori dal nulla un’epidemia di peste che mise in mezzo (o meglio, tolse di mezzo) circa un milione di innocenti che di questa storia ne avrebbero fatto volentieri a meno. Come i nostri affezionatissimi studenti italiani, d’altronde.

In quel periodo, David Jost si rese conto che il volontariato era la sua vita e così decise di mettersi ad aiutare gli appestati, ma, dato che un pochino sprovveduta lo era, naturalmente cadde ammalata. Nessuno, neanche noi Autori e gli studenti italiani, ha mai capito l’utilità di questo avvenimento, considerato che la ragazza non ci lasciò le penne. In realtà, tutti gli avvenimenti riguardanti il Lazzaretto comportano un mistero. Non si sa, ad esempio, chi cavolo abbia portato Tom Kaulitz fin lì, considerato che il fanciullo aveva girato il mondo in lungo e in largo (pensate, era arrivato addirittura a Venezia con un volo low cost!). Non si sa neanche chi ci portasse Fra’ Saki, che a Rimini poteva rimanerci benissimo senza che nessuno sentisse la sua mancanza.

Comunque, come in tutte le brave favole, ora che finalmente i Promessi Sposi si erano ricongiunti e che avrebbero potuto mettere fine alle loro disgrazie, David Jost si ricordò all’improvviso del suo voto di castità e fu lì lì per mandare tutto a monte, ma naturalmente si mise in mezzo Fra’ Saki che, senza chiedere niente a nessuno (magari Tom Kaulitz, dopo il lungo vagabondare, era rinsavito e avrebbe fatto voto di castità anche lui), pronunciò uno dei suoi apocalittici verdetti con cui sciolse l’impegno. Si pensa che ormai entrambi i giovani avessero ripensato seriamente a tutta la situazione, perché non esiste al mondo una sola illustrazione in cui, stipati del Lazzaretto ai lati del buon frate che pronunciava la formula, essi non avessero su un’espressione di chi cerca di ricordare il codice Bancomat, consapevole delle conseguenze di tale dimenticanza. Si sa solo che Fra’ Saki morì qualche giorno dopo in circostanze misteriose e che nessuno pianse per lui.

Come tutti sappiamo, “I Promessi Sposi” è anche il romanzo della cosiddetta “maturazione di Tom Kaulitz”, anche se era già da un po’ di anni che il giovanotto era maturato, cascando da un albero e battendo pesantemente la cucuzza. Il ragazzo mostrò infatti le infinite riserve della propria pietà quando la sua strada si riincrociò con quella di don Andreas. Considerato brevemente che il signorotto, dopo essere stato aggredito, derubato e abbandonato dai suoi bravi, era ormai bell’e consumato dalla peste, quindi totalmente inoffensivo, Tom Kaulitz lo perdonò delle pene d’inferno che gli aveva fatto soffrire. Solo che, nel momento esatto in cui pronunciò tali caritatevoli parole, don Andreas schiattò e il giovane non poté mai levarsi di dosso la fama di iettatore. Cosa spaventosamente ingiusta, data l’infinita bontà di Tom Kaulitz: chi altri avrebbe avuto il coraggio di perdonare il proprio nemico nel momento esatto in cui la peste bubbonica gli succhiava via le viscere? Suvvia, non è una notizia da tutti i giorni.

Fu anche grazie a questo particolare che il giovane dovette adoperarsi con tutte le proprie forze per convincere la bella David Jost a tornare in paese e sposarlo. Alla fine, però, approfittando dei postumi della malattia, riuscì a portarsela dietro.

Da quel momento, tutto andò più che bene: da Promessi Sposi, i due diventarono Promessi Divorziati, ed ebbero presto notizia che mamma Simone aveva trovato un nuovo punto d’accordo con l’Innominato Ma Nominatissimo Georg Listing (altro motivo per cui si spiega la sua attuale latitanza) e che il curato don Gustav Schäfer aveva dato una svolta decisiva alla propria vita e al proprio sangue freddo imbastendo una promettente relazione con Bill Kaulitz, la Monaca di Monza, che nel frattempo era stata accusata di omicidio colposo e murata viva, ma che era riuscita a liberarsi minacciando i suoi carcerieri con una boccetta di smalto nero e una lima per le unghie. Ben presto, i Promessi Divorziati ebbero una popolazione di figli che non aspettarono la maggiore età per disperdersi in giro per il mondo. Tom Kaulitz non riuscì mai a divorziare da David Jost perché era diventata così bella, ma così bella che nessuno osava più tentare di rapirla (a dire il vero, nessuno osava neanche avvicinarsi a lei… sempre per paura di profanarne la magnificenza, s’intende). Però, quando maturò per la seconda volta e batté di nuovo la testa con la caduta dall’albero, ricordò tutta la storia e gli piacque così tanto che ritenne opportuno infilarla in trentotto capitoli di un romanzo tuttora amato e osannato, adducendo così a un tale detto Alessandro Manzoni qualche fastidio circa dei panni che fu costretto a sciacquare nell’Arno.

Tom Kaulitz risulta tuttora ricercato. Ma in compenso David Jost non ha ancora del tutto abbandonato l’idea di un secondo voto di castità (nessuno ha ancora avuto il coraggio di spiegarle che è arrivata un po’ tardi).

Anche perché adesso non c’è più nessun Fra’ Saki a tentare di scioglierlo: aveva causato già abbastanza danni facendolo per la prima volta.

 

Fine

 

  
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