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Autore: Kira950    17/08/2014    2 recensioni
"Si fermò improvvisamente, come se davanti a lui ci fosse qualcuno ad ostacolargli il passo,come se avesse raggiunto un qualche limite invalicabile, come se si trovasse di fronte ai confini del mondo"
[Fiction partecipante al contest "6 Fandom in Pacchetti” indetto da karter95 sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shikamaru Nara
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Il ragazzo che guardava le nuvole

 

 

Nda: Sono nuova ed è il primo pezzo che scrivo in questo fandom. Amo il personaggio di Shikamaru e ho voluto immaginare alcune sue riflessioni i giorni immediatamente successivi allo scontro con Hidan. Buona lettura!

 

 

Si fermò improvvisamente, come se davanti a lui ci fosse qualcuno ad ostacolargli il passo,come se avesse raggiunto un qualche limite invalicabile, come se si trovasse di fronte ai confini del mondo. Sapeva cosa avrebbe fatto un tempo, quando tutto era più semplice, quando ancora poteva concedersi il privilegio di perdersi,di rimanere  sospeso tra fantasia e realtà.
Alzò lo sguardo verso il cielo; crogiolarsi nei ricordi era bello e tremendo allo stesso tempo. Doveva sgombrare la mente  dai mille pensieri che la popolavano chiassosi, spintonandosi e confondendosi come una grande folla impaziente.
Avrebbe ceduto solo un secondo, per un istante si sarebbe cullato nell'illusione di star bene, di essere forte abbastanza.
Guardò le nuvole alte e perfette. Sopra la sua testa avevano continuato a sporcare il cielo, indifferenti e bellissime. Era convinto di concedersi un secondo di pace; annaspava da troppo tempo in cerca d'aria, come un naufrago che lotta contro la tempesta e che le onde prendono in giro concedendogli appena il tempo di riprendere fiato per poi annegarlo ancora e ancora.
Le mani tremarono, gli occhi si riempirono di quell'azzurro agghiacciante.
Cadde in ginocchio  senza neppure accorgersene, affondando le mani nell'erba, catturandola tra le dita e stringendola a volerla ferire.
"Io credo in voi. Credo nel fatto che diventerete Shinobi, so che farete grandi cose. Allo stesso modo sono convinto che soffrirete, che per ogni momento in cui vorrete vivere in eterno solo per assaporare un bacio o una vittoria infinite volte, ce ne saranno almeno due in cui il desiderio di morire prevarrà su tutto il resto. Conoscerete e sperimenterete la morte in tanti modi diversi, diventerete intimi come fosse un'amante in grado di spezzarvi il cuore o di regalarvi l'esaltazione più vera quando dipingerà il volto dei vostri nemici. Dovrete fare i conti con questo tutti i giorni della vostra vita. Bloccatevi, piangete, rinnegate il cielo e gli dei se vi sarà di conforto, ma poi alzate lo sguardo, fissate l'orizzonte e continuate"
Con la testa tra le braccia pianse nel ricordare quelle parole. Quel discorso lo aveva fatto Asuma il giorno dopo il funerale del Terzo Hokage e in quell'occasione lo aveva interpretato come una sorta di sfogo, dopotutto si trattava di suo padre. Solo in quel momento capì che non erano parole dettate dallo sconforto o dalla rabbia. Aveva fatto dono ai suoi studenti di una verità terribile e saggia, nonostante questo Shikamaru aveva vissuto ogni giorno come se ne fosse immune, come se la morte dovesse rimanere una chimera destinata a rivelarsi solo al suo ultimo rintocco.
Adesso se ne stava fermo, coi pugni chiusi a colpire la terra e le sue leggi, come un cucciolo impaurito, un bambino a cui si dà un divieto che non riesce a capire e ad accettare. Sollevò la manica sinistra scoprendo parte del braccio.
Una cicatrice solcava nitida la pelle, come una crepa sulla parete di un palazzo antico.
Migliaia di volte si era addossato tutta la responsabilità di ciò che era accaduto. Non aveva lottato abbastanza, si era arreso, nonostante avesse capito come salvarlo non era riuscito a sottrarlo a quel destino di desolazione.  In altrettante occasione si interrogò sul suo futuro, sul fatto di continuare ad allenarsi per diventare Shinobi. Fissò quel segno che si era inferto da solo per placare il dolore che lo divorava dentro, per sentire ancora qualcosa che non fosse quel vuoto paralizzante. Con la punta di un kunai si era sfregiato ricalcando il profilo di una falce. Voleva ricordare ogni giorno il dolore per quella perdita immensa, la soddisfazione di aver sconfitto quel mietitore di carne e sangue di nome Hidan.

Quella cicatrice sarebbe stata un monito a non arrendersi perché non si sarebbe fermato fino a che non sarebbe stato in grado di proteggere le persone che amava;  il prossimo avrebbe avuto una possibilità in più.
Si rialzò fissando l'orizzonte lasciando alle sue spalle il ragazzo spensierato che guardava le nuvole. Riprese il cammino superando sé stesso, quel giorno decise di lasciare il passato al suo posto, quel giorno varcò i confini di un nuovo mondo.

 

 

 


   
 
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