C’era una volta una stanza bianca, l’odore di vernice appena fresca sulla parete, quel letto sul quale camminava il tuo respiro affannoso che appannava appena il vetro accanto..
Mi sentivo impotente e fragile, un bicchiere di cristallo dentro una centrifuga, stavo li e il mondo girava e girava e io sarei potuta scoppiare in qualsiasi momento e ogni pezzo di me sarebbe andato ovunque e qualcuno poi avrebbe cercato di raccogliere i cocci e riunirli ma sarebbe stato inutile.
C’ero una volta io che mi prendevo cura di te, affogavo il pianto sul cuscino e il giorno dopo percorrevo il corridoio dell’ospedale 32 volte, stanza 106, conoscevamo solo 26 canali su quel televisore ed eri spesso stanco e pallido e io non riuscivo a portarti su il vassoio e m’inventavo storie per non farti annoiare e ti raccontavo di fuori, dell’estate, del mondo che andava avanti e tutti sapevamo che te lo stavi perdendo, ti raccontavo del congelamento della nostra estate, ti tenevo le mani e mi premevo le vene e stringevo i denti perché le punture mi hanno sempre fatto male anche se a prenderle non ero io.
Ti compravo parrucche e fiori di campo e ti lasciavo sognare un altro anno a correre sull’erba sintetica..mi faceva paura il mondo, mi faceva paura la morte se pensavo a qualcuno come te che non c’era più, mi faceva paura restare sola se te ne andavi, sono rimasta sola e sei ancora qui, é stato brusco, c’era una volta, ora non ci sono più, sono scomparsi e insieme ogni anno l’odore della malattia si è portato via con se anche noi, siamo sfumati via, regalami altre mille paure pur di star con te.