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Autore: Pachiderma Anarchico    17/08/2014    0 recensioni
"Le persone che hanno sofferto sono le più pericolose, perché pur temendo il dolore conoscono la loro forza e sanno come sconfiggerlo. La loro paura è pari al loro coraggio. Non si fermeranno di fronte a niente e nessuno e sapranno ingoiare tutte le lacrime, sapranno alzarsi dopo aver toccato il fondo. Chi ha sofferto ha un cuore grande perché conosce il bene e conosce il male e ha rinchiuso in se tutto l'amore e il dolore. Sapranno sempre allungare una mano per fare una carezza e trovare una parola per confortarti, ma non sottovalutarle mai, perché sapranno ucciderti nel momento in cui tu cercherai di farlo con loro."
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Too frail to live, too alive to die.'
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Ho provato a intasare un po' l'ordine cronologico di questo capitolo. Se dovessi riprovarci... fermatemi.
Un grazie perpetuo a chi si ostina tanto valorosamente a segurie questa storia

Pachiderma Anarchico

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- CAP. 13 -

 

 

Samuel

Ore 16.00: e' finita vero? E' il momento del finale in stile "e vissero tutti felici e contenti", vero

.

..

Aspettate, questo non è Biancaneve e i Sette Nani

.

..

..

Merda.

 

 

-Mamma non me ne frega un emerito ca..-
Un'occhiata veloce. la mia.
-..cchio di encefalotubo se Magda ha chiamato per la ventesima volta e per la ventesima volta vuole sapere cosa diamine è successo ma io per la ventesima volta persisto nel mio atto di ignorarla perché forse, mamma, io non ho alcuna voglia di risponderle.-
Sospiro, mi siedo, mi rialzo. Casa Lubomirski non è mai stata così rumorosa, neanche al tredicesimo compleanno in cui Leks ha fatto scoppiare la torta. 
Mai.
Neanche quando il padre di Aleks, Marcin Lubomirski e lo zio di Aleks, Romek Lubomirski, ebbero quel battibecco storico durato cinquanta minuti d'orologio durante il quale nonna Lubomirski tentava di distrarre i presenti con vagonate di cibo da duemilacinquecento calorie ciascuno e la Signora Lubomirski faceva di tutto, credetemi, di tutto, per evitare che il suo calmo e mansueto figlio filmasse l'intera scena. 
Non c'era così tanto caos neanche quando Aleksander si mise ai fornelli in quel fatidico giorno in cui neanche internet fu abbastanza e rischiò di incendiare cucina, soggiorno e camera degli ospiti con il sottoscritto dentro. 
Pensandoci non riesco ancora a credere di essere vivo dopo aver passato così tanto tempo con questa famiglia. 
Se avessero un cane come minimo si metterebbe a ballare la conga sulla ringhiera del tetto, giusto per essere all'altezza dei focosi geni ereditari.
Un bip e un'acuta voce femminile si leva nel corridoio d'ingresso: Leks cosa cavolo è successo? Mi vuoi spiegare perché ti sei intromesso? Qui c'è lo stiamo chiedendo tutti, Asher sembra un pazzo psicotico su Facebook e Nik è praticamente impossibile da rintracciare.. Ascolta, io, Magda, Antony, Joanna e gli altri siamo solo preoccupati per te, cosa significa che ti potrebbero sospendere? Non possono farlo..Non ora, non a te. Lo sai, noi siamo dalla tua parte. Che ha detto il preside? Vedrai basterà qualche parola di tuo padre e.. La voce di Karolina si spegne con un secco click e un ragazzo emerge dal soggiorno, entra in cucina e posa i suoi occhi di pura collera su di me.
-Se sento un'altra volta la parola "cosa", "successo","preside" e preoccupati", io.oggi.mi.sparo.un.colpo.in bocca.-
Aleksander non ha i nervi a fior di pelle, no.. Sono i nervi ad avere a fior di pelle lui.
E tutto per un minuto, ma quale minuto, un secondo, no ancora non ci siamo, un attimo, momento, spudorato frangente in cui si è persa la pace dei sensi per..cosa?
Non ho capito bene, e a quanto pare nessuno qui sembra avere la soluzione del dilemma che ad un certo punto questa mattina  sembra aver sfiorato i neuroni di tutti. 
Cosa cacchio è successo?
-Leks beviamoci qualcosa eh.. una birra..-
-Perchè non si fanno i cazzi loro?- sputa tra i denti, poggia le mani sul tavolo. -Perchè?-
-Magari meglio una camomilla.- 
Mi alzo e apro il frigo. 
-Io non è che li pesto a quei due.. li riduco a brandelli..-
La camomilla continua ad essere l'ideale.
-..due coglioni di merda che non hanno un cazzo da fare e vengono a scassare le palle a me.-
Ha pronunciato cinque parole, e quattro sono parolacce.
Dategli una medaglia, ha vinto.
-Leks vedrai che..-
-Che cosa vedrò Samuel, che cosa vedrò? Le loro teste appese sopra al camino al posto delle calze natalizie? Se è questo che vedrò, non vedo l'ora, altrimenti non voglio sapere altro.-
Alzo le mani. A quanto pare non è ancora finita. Probabilmente finirà solo quando avremo quel pezzo di carta in mano che attesterà il nostro grado d'istruzione superiore: diplomati.
Se ci arriveremo tutti interi. Qualcuno perderà il naso, me lo sento. Oggi Asher c'è andato molto vicino. Ma, detto tra noi, ho gongolato parecchio.
-Tu sai cosa succede se ti sospendono Aleksander?!-
Oh no, Barbara, ti prego, no no no..
-Oh miseria ladra, mamma quante volte ti devo dire che se Buckowoz mi sospende io gli incendio la macchina?-
-Aleksander!-
-No non lo farà, perché se lo sospendono io incendierò la sua di macchina, Barbara.-
Il Signor Lubomirski non è arrabbiato, è nero come i suoi occhi.
E questo è sottolineato dal fatto che la sua voce è pacata e ragionevole. La voce di Marcin Lubomirski è pacata in questa nota estremamente accomodante solo quando sta per scoppiare da un momento all'altro. 
Entra nella cucina e l'aria cambia radicalmente, come i fulmini in lontananza che preannunciano una tempesta.
-Allora adesso mio figlio mi farà il grande, immenso onore di spiegare a suo padre cosa gli sarà mai saltato in testa in quella che doveva essere una normale, normalissima mattina di scuola e che invece si è trasformata in un persuadere il preside di essere ragionevole verso qualcosa per cui io non lo sarei affatto.-
Ma Aleksander non è da meno in quanto a stile durante un'incazzatura. Ha già gonfiato il petto, alzato il mento, stretto i pugni, spalancato la bocca e..
-Oh andiamo Marcin, ha diciotto anni, è normale ritrovarsi in una rissa-.
Allora Dio esiste. 
Romek fa il suo ingresso indulgente nella stanza, l'aria sbarazzina e la spalla appoggiata alla parete.
-Romek, non ti intromettere anche tu per cortesia.-
Duro, severo, guarda il figlio come se avesse commesso il più imperdonabile dei peccati. Ha la mania di ingigantire un po' le cose Marcin, ma questa volta credo che non ne abbia bisogno. 
-Devo ricordarti le tue scazzottate da giovane fratello?-
-Devo ricordarti, e ricordarlo anche ad Aleksander, che non si finisce nello studio del preside per partecipazione ad una rissa meno di due settimane prima degli esami finali?-
L'attenzione sfreccia come un Bolide nelle partite di Quiddich di Harry Potter: Leks, tensione in ogni dita e il perseguire di un controllo che gli sfugge di mano, suo padre e suo zio in una discussione vivace, al limite della pazienza, di cui lui e l'ardimento giovanile sono gli assoluti protagonisti.
-Lascialo vivere-.
-Ah, Aleksander vive fin troppo.- alza una mano in segno di ammonimento.  -E cos'è che lo ha fatto risvegliare così efficacemente ultimamente?-
-Resuscitare, più che altro.-
-Romek non sto ridendo.-
La tensione si potrebbe tagliare con un coltello di plastica, quello che ti vendono con le insalate di tonno in scatola e che ti si spezza matematicamente in mano appena la sollevi. 
-Dovresti provarci qualche volta..posso insegnartelo.-
-Aleksander pretendo una risposta.-
Tutti pretendono qualcosa dal ragazzo in piedi accanto al tavolo, immobile come un'improbabile ma convincente statua di marmo di bronzo dal quale presto, io ci scommetto gli alluci dei piedi, erutterà un fiume di lava incandescente. 
Romek non lo perde di vista neanche un istante, così uguale e così diverso dal figlio, non capisce che Aleks deve essere figlio modello e studente impeccabile, atleta talentuoso e ammaliatore instancabile, che deve soddisfare le aspettative di tutti senza chiedere mai quello che vorrebbe realmente in cambio, che è bianco ma all'occorrenza nero, poi se richiesto deve diventare rosso, ma anche viola e blu, senza escludere il verde, che deve comandare e ubbidire, affascinare e fingere di essere affascinato da persone delle quali non gliene importa un fico secco, ammirare chi ha abbastanza per stare al suo fianco ma senza lasciarlo avvicinare troppo, far credere al mondo di essere esattamente la perfezione che il mondo crede di conoscere, e proteggere ciò che il mondo non deve vedere.
Attacca per difendersi, ma ha imparato a farlo sul serio, a istillare le sue regole in qualunque gioco, a vincere su tutti i fronti perché è davvero il migliore.
Ma non nel modo in cui pensano gli altri.
-Non c'è niente da spiegare, papà.-
-A me sembra che ci siamo molte cose da spiegare. Come i soggetti con cui ti sei coinvolto. Io e tua madre ti abbiamo difeso davanti agli altri genitori, e non escludo che tu possa aver avuto le tue buone motivazioni per aver fatto quello che hai fatto ma.. lui..il figlio dei..-
Oh, no.
Romek non lo faccia, quella è zona minata, un campo in perenne rischio di esorbitanti bombe atomiche. State brillantemente ostentando calma e compostezza, eleganza e fermezza, non rovini tutto così, soltanto quelle poche sillabe e sarebbe..
-..Santorski-.
la fine.
L'amico che in questo momento potrebbe mutilare un gregge di pecore a mani nude si volta, gli da le spalle, si porta due dita alle tempie. 
-Se sento un'altra sola volta la parola "Santorski" oggi mi faccio arrestare, e altro che sospensione, per vedermi dovrete venire con un permesso di visita nel carcere statale polacco.-
-Esigo una risposta Aleksander, se non vuoi che la riscuota direttamente da lui.-
Va tutto bene, va tutto bene.. allora perché ti stai avvicinando a tuo padre Leks? ehm.. Leks? Perché sembra ti possa uscire il fumo dalle orecchie da un momento all'altro? Sciogli quei muscoli contratti fino allo spasimo dai, non importa..
-E' questo il punto papà, è lui che ti da fastidio?!-
..ma importa, eccome.
Si fronteggiano, fuoco contro fuoco solo per innescare un fuoco più grande. Risolutezza contro furore. Lampo contro tuono, entrambi profeti di un'imminente bufera.
-Quel ragazzo è cambiato e tu lo sai, da quando frequenti Santorski ti comporti in modo deplorevole.-
-Forse non mi interessa se non ti piace, forse per una volta non mi interessa quello che tu potresti pensare di me.-
Assisto alla scena in silenzio, paralizzato sulla sedia che ormai riporterà il segno delle mie natiche, spettatore di uno sconvolgimento senza precedenti.
Sapevo che sarebbe successo, ma non pensavo grazie a quella testolina mora.
Anzi, forse pensandoci era ovvio che sarebbe accaduto grazie a quella testolina mora, d'altronde è così evidente che nessuno l'ha capito. Neanche loro stessi.
-..impulsivo, disubbidiente, fuori da ogni controllo che sei diventato, e per cosa?- gli punta un dito addosso, l'indice inquisitore\accusatore di Marcin Lubomirski. Una leggenda.
-Che cos'è Aleksander? Un tossicodipendente? Un criminale? Alza il gomito?  Ti sta portando sulla cattiva strada? Dimmelo Aleksander, basta che tu mi dica se ti ha abbindolato, costretto, minacciato e io ti assicuro che se ne pentirà amaramente. Lo trascino in tribunale e vedremo quale dei miei colleghi sarà capace di salvarlo..-
-Ma ti senti?- Leks sposta malamente una sedia, dall'altra stanza si sente la voce concitata della signora Lubomirski dare spiegazioni al telefono. 
-Devi sempre esagerare, drammatizzare il tutto, se no non sei contento! Non può essere una normale quanto comune quanto banale parapiglia tra adolescenti no, tu inizi a farti i film mentali alla oo7 con avvocati, illegalità e criminali perché chiunque non la pensa come te è un terrorista di stato.-
E' stato più di una parapiglia, e questo Leks lo sa fin troppo bene.
-Questo parapiglia è stato descritto dal tuo allenatore come alquanto violento.-
-Ma certo, mi hanno portato in presidenza cosa avrebbero mai potuto dire? "No signori era una insignificante mischia fra diciottenni ma noi siamo intervenuti come se si stessero scannando a vicenda sull'orlo della terza guerra mondiale"?-
Ma voi vi stavate scannando a vicenda sull'orlo della terza guerra mondiale. 
-Ti conosco abbastanza bene Aleksander da capire quando minimizzi i fatti.-
Annuisce, divarica le gambe, pianta pesantemente i piedi a terra. 
-Okay papà, d'accordo, si è innescato un girone infernale, ci siamo dati battaglia in mezzo a un corridoio prendendoci a pugni, calci e randellate sui denti, starò sicuramente sanguinando da qualche parte e se non fossero intervenuti probabilmente, ma che dico, quasi sicuramente avremmo continuato all'obitorio. Va meglio così?-
-Bene- sospira, si raddrizza, scocca un'occhiata velenosa a Romek come se tutto il trambusto fosse colpa sua e del "differente quanto incredibilmente poco funzionante modo di educare" del fratello, che nel corso degli anni si è sempre visto spezzare una lancia verso la gioventù, le passioni e la confusione, entrando sempre in contrapposizione con il fratello in difesa della libertà. 
Aggiusta con un movimento secco del polso l'orologio costoso ancorato all'articolazione. 
-Il preside ci farà sapere a breve. Tu spera Aleksander, prega che non ti accada niente di compromettente prima degli esami e del campionato di Judo perché altrimenti questa bravata te la faccio ricordare per il resto dei tuoi giorni. Comunicalo anche a Santorski, dato che ti piace tanto avercelo sempre intorno.- l'indice leggendario adesso è totalmente premuto sul petto di Aleks, che sostiene lo sguardo privo di emozioni del padre. -Se ti metti nei guai per colpa sua, o se lui si mette nei guai per colpa tua, perchè ripeto, io ti conosco, vi mischio come un mazzo di carte. -Mostra i palmi delle mani, la voce accesa di un'allegra minaccia dal tono scontato. 
-Non si capirà dove inizia uno e finisce l'altro.- 
Scompare oltre Romek, lasciandosi dietro il figlio che è indeciso se sbattere i piedi a terra, ridere o sbraitare. 
-Adesso te lo sta andando a mettere per iscritto.-
-Zio..- sospira -puoi andare a controllare che mamma non si sia buttata dal balcone? Io vado a trovare qualcosa per il mal di testa. Grazie.- mi trascina con sé, ci
chiudiamo nella stanza. 
Non leggeteci doppi sensi.
-Tuo padre o è un mago o non ha idea della ben accetta ammonizione che ti ha presentato..-
Leks si butta sul letto, calcia le scarpe lontano e si porta le mani sul viso, poi solleva i palmi, apre gli occhi e si puntella sui gomiti.
-Che?-
-Vi mischia come un mazzo di carte..-
Sbatte le palpebre, prende un cuscino, me lo lancia addosso a tutto gas. 
Lo afferro per un pelo. Sa essere letale anche con un cuscino. E adesso cosa farà? Uccidere con una Lelly Kelly?
-Ma dài dovresti essere contento..- mi avvicino, cauto. -Non si capirà dove inizia uno e finisce l'altro.- ridacchio divertito della mia stessa, avventata ilarità con un Aleksander Lubomirski che è ancora drasticamente incollerito.
-Samuel se ti avvicini ancora di un altro passo non si capirà dove tu inizi e dove tu finisci.-
Lo conosco. Forse più di Marcin. 
Lo conosco perché l'ho visto in momenti in cui non c'era nessun altro, quando ci nascondevamo in questa stanza lontani dalla realtà e lui mi mostrava quella parte di sè che gli altri possono soltanto immaginare. 
Quella imperfetta, vulnerabile, anche emotiva e perché no, sensibile, amica. 
Quella parte così viva che pare brilli di luce propria, come una supernova dinnanzi alla quale le altre stelle svaniscono, inghiottite dalla sua luce. 
Lo conosco perché so che ha cinque tipi di sorriso e altrettanti di risate, che quando alza quel sopracciglio destro ti sta chiaramente consigliando di non innalzarti al suo livello, che quella forza nei suoi occhi sfida l'universo intero. 
Non fa parte della massa, non è davvero uno di loro, di quei tanti visi uguali e affabili che gli fanno solo comodo, e la massa lo sa che c'è qualcos altro sotto la corazza in acciaio di guerriero inoppugnabile e l'aria da ventiquattro karati che gli ballonzola perennemente intorno. 
Lo sa ma non fa niente, non si sente in dovere di dover fare niente  fino a quando il senso rotatorio della Terra è quello giusto e fino a quando ogni cosa ha un posto preciso in cui essere inquadrata, non hanno il coraggio di mettere in discussione la sicurezza che lui offre alla loro mediocrità.
-Cos'è che ti ha dato tanto fastidio Aleks? Hai partecipato..anzi, aizzato decine di risse, in questa non avevi neanche la priorità assoluta, perché dovrebbe essere diversa dalle altre?-
A volte mi sembra di essere uno psicologo, che le nostre confidenze siano sedute fra paziente e medico, ma è l'unica maniera che conosco per farlo parlare, fare il finto tonto, lasciare che, con domande banali, le parole fluiscano come una mareggiata fuori da lui. Solo così ho sempre avuto una piccola speranza di scostare l'Aleksander che si vende al mondo da quello che non è mai stato in vendita. A nessun prezzo.
-E' la stronzata sbagliata al momento sbagliato.-
-Sicuro? Perché io credevo che era la persona giusta nella stronzata sbagliata.-
-Samuel non voglio starti a sentire.-
Giochicchio con un orologio sul comodino, costoso quanto un hotel a due stelle..a New York.
-Non è colpa di nessuno Leks.-
-No è colpa loro!- si alza di scatto e mi sottrae l'orologio dalle mani. Se lo mette al polso pur di non avere l'inquietudine di vederlo volare pericolosamente nelle mie mani. Adesso ne ha due che tintinnano l'uno contro l'altro come minuscoli brindisi. 
-No, non lo è- lo guardo dritto negli occhi, riflessivo. -Era una questione loro, tu ti sei intromesso. Ne avrebbero pagate loro le conseguenze, mentre adesso le paghi anche tu, perché?-
Mi osserva, socchiude le labbra, le schiude, le richiude. Mi manda a quel paese. Si gira.
-Ti ha dato fastidio quello che hai sentito?-
-E' una cazzata. Non dovrebbe fregarmene niente..-
Aspetto che continui, paziente, perché continua, ve lo dice Samuel.
-Ma cazzo se mi ha dato fastidio quello che ho sentito.- ringhia, si volta, si sfila un orologio dal polso e lo scaraventa privo di contegno sul letto.
Neanche in preda alla furia più ceca sacrificherebbe uno dei suoi amati orologi. 
Forse solo in un caso.
E cazzo quanto vorrei essere lì per assistere alla scena, se mai accadrà in questa vita.
-Adesso ti farò una domanda al quale nessuno, e ripeto, nessuno di quelli che ti conoscono penserebbe mai che tu sapresti rispondere, semplicemente credono che sono "dettagli" dei quali la tua folta intelligenza non ha bisogno di ricordarsi. E che questo valga con chiunque.-
-Sam..- le sue mani finiscono sulle mie spalle in una stretta apprensiva, l'espressione contrita del viso è quasi maniacale. 
-..Di che cazzo stai blaterando?-
-Con quante persone sei andato a letto in diciotto anni di vita?-
-Quante..diamine, ehm.. cinque.-
Lo guardo.
-Sei.-
Lo fisso.
-Nove..-
Lo squadro.
-Quindici?-
Lo fulmino.
-Venti.-
Annuisco interessato.
-Okay sgualdrina più di venti, abbiamo finito?-
No che non abbiamo finito.
-E da quando stai con Magda?-
-Con nessuno.-
Incrocio le braccia.
-Ehi! Sono sincero.- si preme appassionatamente una mano sul cuore. -Ho solo flirtato con qualcuna.- 
Fra poco mi commuovo.
-E di tutte queste persone cosa ti ricordi?-
Il sopracciglio gli parte in aria. Gli schizza fin all'attaccatura dei capelli con velocità esorbitante, segno che ha appena inteso e concepito le mie domande come una sfida. E da che mondo e mondo non si è mai visto che Aleksander Lubomirski si sia tirato dimetro dinnanzi ad una sfida.
-Mi ricordo- inizia, con la voce impastata di galante ma altisonante superiorità, -che una si chiamava Laila.. quell'altra, la francese.. era.. massì la rossa.. dài la riccia!..-
-Ci ho flirtato io o tu?-
-No con quella ci sono andato.. Sono andato un paio di volte con Karolina. Poi c'è quella con cui ho limonato che..-
-Detesto questa parola.- è inevitabilmente l'accompagno con una smorfia disgustata. -Non usare i termini di Joanna quando sei con me per favore.-
-Si ma.. era bionda, magra, austriaca- alza un dito con fare vittorioso, -e si chiamava Clariss.-
-Si.. e poi?-
-E poi che?!-
-Sei andato a letto con mezza Polonia..-
-Un quarto.-
-Tre terzi dell'Europa..-
Mi sbatte una mano in fronte. Credo che i miei neuroni stiano sbatacchiando perplessi e spaesati.
-Sono stato molto tempo con Sarah, mi piaceva davvero.-
-Ci sei stato tre settimane.-
-Era un fidanzamento ufficiale.-
-Non ho dubbi.-
-Mi ha spezzato il cuore quando mi ha lasciato.-
-L'hai mollata tu la sera del suo diciott'anni Leks.-
-La tedesca! La tedesca, da Amburgo, biondo cenere, occhi verde foglia, spruzzata di lentiggini sul naso, abbastanza chiara, quarta di seno e tanga in pizzo. Bam!-
Sbatte le mani compiaciuto.
Inarco un sopracciglio in un un'imitazione dell'originale che mi sta difronte.
-Ma bravo, e come si chiamava la tedesca?-
-La tedesca.. la tedesca si chiamava.. aspetta aspetta aspetta, aveva un nome particolare.- gira per la stanza, prima in circolo, poi a quadrilatero, misurando il
parquet con i passi. 
-Un nome straniero.. difficile, molto difficile da ricordare.. qual era il nome.. complicato.. c'è l'ho! No no.. era con più lettere..una zeta.. compro una vocale. Forse iniziava con una consonante sorda..-
-Si chiamava Alexandra.-
Si ferma. Si ferma nell'istante in cui neanche il trapezio che ormai ha preso forma sul pavimento sulla scia dei suoi passi può dargli ragione. Perché l'ho messo con le spalle al muro ancora una volta, e non perché sia semplice aggirare una mente sveglia quanto quella di Leks, ingegnoso macchinatore di stravaganti peripezie, ma perché io ormai li vedo i tasti che devo premere, le strade che devo aggirare, i sentieri nascosti che devo intraprendere per farlo arrivare non dove dico io, ma dove la sua fierezza non gli permetterebbe di andare.
E' un vizio, un difetto, forse la più grande pecca che la maschera che indossa giorno dopo giorno gli ha lasciato, l'unica increspatura in un'acqua assolutamente meravigliosa, il ginocchio rotto della statua di Michelangelo, il suo tallone d'Achille che invece di condannarlo lo ha salvato, ma cambiandolo. 
L'amico più caro che ho, forte, arguto, capace di innumerevoli cose, anche obiettivamente un bel vedere, ha un difetto, che vuoi per finzione, vuoi per necessità,
gli si è attaccato addosso come una sanguisuga. 
E' bravo, maledettamente più bravo di quanto egli stesso avrebbe mai potuto immaginare a mentire a sé stesso. 
Si è spesso convinto che i ruoli che interpretava erano veri, che la recitazione per mantenersi a galla fosse autentica, che quello che si guardava allo specchio la mattina nel bagno della propria stanza e quello che scorgeva nei riflessi dei display di tecnologici cellulari nei corridoi di scuola fosse lo stesso Aleksander.
E forse si è dimenticato che Aleksander non è uno solo, che c'è né un secondo, un terzo, forse un quarto; che quello che è e quello che deve essere sono due cose differenti, che percorrendo una strada non deve perdersi, che la faccia di un diamante, un diamante vero, non è mai una, ma molteplici, e le sfaccettature di luce su di esse, infinite.
Forse lui se ne è dimenticato, ma io no.
-Samuel mi lasci fottere una buona volta?! Non sono in vena di lasciarmi psicanalizzare da te e dalla tua irritante pseudo-passione per la psicologia come non sono in vena di sentire le cazzo di lamentele di mio padre o pensare a quel pezzo di stronzo che pensa di salvarsi quel visino con quella sua aria di superiorità di merda. Se non c'ero io stamattina a salvarglielo il visino gliel'avrebbe sfigurato!.. avrei proprio voluto vederlo.-
L'esclamazione c'è, l'autorità di un capo anche, ma la voce si è rotta. 
Impercettibile, invisibile, inafferrabile, ma si è rotta. Io sono qui, io l'ho sentito lo spazio, lo spacco, la voce flebile su quella insignificante nota che ha cambiato ogni cosa.
-E di Magda..cosa ti ricordi?-
Risponderà, nonostante sia irritato da me, arrabbiato con sé stesso e con l'oggetto implicito ma principale del suo breve cedimento, deve dare un senso alle emozioni che prova in questo momento. Deve assegnare loro una logica, una razionalità, non può lasciarle vagare nell'aria, deve controllare il vortice che rischia di diventare tornado. 
Deve sapere di avere il controllo delle redini del cavallo, sempre e comunque.
-Apparte l'aspetto fisico?- la sua voce non è più quella di prima. -Quello lo conosco piuttosto bene. So a memoria la sua casa..il suo colore preferito dovrebbe essere il verde, veste firmato, è fissata con gli orecchini piccoli, le piace legarsi i capelli, è allegra, gioviale, conosco i suoi genitori, che lavoro fanno e dove lo fanno, il posto in cui è stata la scorsa estate..si ubriaca di birra se non gliela tolgono dalle mani, mi imbratta le labbra di lip gloss alla frutta.-
-E..?-
Sospira. Chiude gli occhi. -Cosa dovrei sapere di più Samuel? Ci conosciamo da una vita ma non stiamo insieme da una vita, credo di sapere abbastanza, direi.-
Annuisco, mi sfioro il mento, in apparenza ricercando un mio pensiero.
-Se ti faccio un'altra domanda mi prendi a pugni?-
Mantiene la calma perché sta rientrando nel personaggio. Focoso, impavido, ma razionale.
-Me ne hai fatte una dozzina, la tredicesima te la concedo.-
-La casa di Santorski -meglio seguire le sue regole chiamandolo per cognome- la sai a memoria?-
Avete mai provato ad osservare un artista che disegna un ritratto realistico? Il modo in cui la punta scura della matita si muove sugli spazi grandi e nei dettagli, le sfumature che regolano la luce e il buio sui tratti del viso, la gomma che schiarisce o annulla del tutto tracce e caratteristiche, dando espressione impressionistica alla figura.
Ecco, in questo momento è come se la mano di un pittore avesse cancellato bruscamente ciò che rendeva il volto di Aleksander scocciato e stufo e gli avesse ritracciato i lineamenti come se dovessero trapassare con la loro temibile intensità chiunque avesse guardato il suo ritratto. 
E mi sento un po' trapassato e prostrato dallo sguardo tirato con cui spera di zittirmi una volta per tutte.
-Sì.-
Ma sa bene che non accadrà.
-Il suo colore preferito?-
-Il nero.-
-Veste firmato?-
-Sì, ma non è un fissato dell'ultima moda o dell'eleganza.-
-Con che cosa è fissato?-
-Troppe cose.-
-Se gli tocchi i capelli?-
-Ti spara.-
-Com'è in generale?-
-Interessante.-
-O?
-Inebriante.-
-Conosci i suoi?-
-Sì.-
-Che lavoro fanno e dove lo fanno?-
-Sì e anche che sono rompipalle peggio dei miei.-
-Si ubriaca?-
-Non che io sappia.-
Mi sfracella la cornea con due occhi di puro avvertimento ma io lo precedo, ignorando volutamente la sottintesa minaccia dei suoi di spaccarmi in mosaico la testa se non la smetto. 
-A che sopracciglio ha il percing?-
-Sam mi hai scaglionato..-
-Non lo sai. E io che pensavo che non sfuggisse mai niente al tuo controllo..-
-Sinistro.-
-Colore capelli?-
-Nero-blu.-
-Sei bravo con le tonalità.-
-Sei bravo ad adularmi.-
-Grazie.-
-Non c'è di che.-
-Labbra?
-Rosa cipria.-
-Occhi?-
-Azzurro vetro.-
Cerco di frenare un sorriso. 
-Pelle?-
-Palle?-
-Pelle.-
-Bianco cadaverico.- mi fa una smorfia.
Il sorriso mi arriva alle orecchie. 
-O?-
Alza gli occhi al cielo. 
-Porcellana.-
-Si lascia toccare mentre viene o no?-
Il pugno che mi smussa una spalla non me lo leva nessuno, ma ne è valsa la pena.
-Sei un emerito idiota.-
-E tu un emerito cazzaro, andiamo, ti ricordi persino com'era vestito quando quella mattina si è presentato a scuola con l'eye-liner.-
Sbuffo divertito, il sorriso mi muore sulle labbra..
-Te lo ricordi.-
..solo per rispuntare più splendente di prima.
Sghignazzo incredulo.
-Non ci credo.. te lo ricordi!-
-Vagamente.- si difende immediatamente lui.
Ma ormai la Ferrari è partita, il tragitto è intriso di ostacoli, gli avversari sono notevolmente abili, ma cazzo quanto corre questa Ferrari.
-Questa la devi sparare..-
E' tutto fuorché rilassato, nell'aria luccica l'elettricità che sprigiona ogni contrazione  di ogni fibra di ogni muscolo del suo corpo. Siamo in pieno territorio minato e
io lo sto costringendo a camminare sulle bombe.
E' un prato fiorito* senza fiori.
La sua è una risposta di sfida.
-Felpa stile patch work bordeaux a strisce nere con zip sul lato destro, t-shirt nera con disegno gotico argento, Jeans stretto grigio scuro Ralph Lauren, Converse nere, borsa a tracolla nera, auricolari bianchi, eye-liner, smalto nero a un dito. Adesso sei contento?-
Credo che una lieve incrinatura di soddisfazione abbia coronato il sorriso con cui incoraggiavo ogni parola che usciva dalla sua bocca, sicure come sicari, dritte come le armi che impugnano e che mi confermano la verità. 
-Adesso posso dirtela una cosa Leks? Da amico sincero molto psicologo un po' rompipalle ma che alla fine si ritrova sempre con la ragione in mano?-
Una verità che Leks deve sentire. Almeno una volta, per una volta, deve trasformarsi in sostanza.
-Solo perché hai specificato che sei un rompipalle.. Dici.-
E quando si decide di sapere, si deve essere pronti a tutto.
Faccio un passo verso di lui, poi un altro, lento, senza fretta, avanzo verso la persona che più mi sta a cuore, la persone che ho ammirato così tante volte da non averglielo mai detto. L' ho ammirato prima, quando in terza media un ragazzo lo ha chiuso nella palestra e lui per ripicca gli ha incendiato lo zaino, senza premurarsi di salvare niente dal suo interno, sia chiaro; lo ammiravo mentre si guadagnava con Dio solo sa quanta fatica una posizione, un posto nel liceo e poi nella società, padrone di un podio tutto suo ma che si era valorosamente costruito da solo, ancora il podio più acclamato e ambito ma sui cui nessuno, in quattro anni, è mai riuscito a salire senza venire catapultato giù subito dopo; e lo ammiro adesso, che sta delineando il ragazzo che è, l'uomo che vuole diventare, che deve fare a gara con le sue emozioni, che deve fare a pugni con i suoi sentimenti. Lo ammirerò qualunque cosa deciderà, anche se sceglierà di nascondere ciò che è realmente, io sarò al suo fianco.
Sono suo amico, sono suo fratello, sono suo complice, sono con lui. 
E forse è un bene che questa verità, velata, allusivamente espressa perché vorrei evitare che mi venga smussata anche l'altra spalla, la senta da me, da una persona che gliela farà vedere per cosa è davvero, senza stravolgerla, senza profanarla.
Gli poggio una mano sul petto, all'altezza del cuore.
-Leks, se io dico Sarah..qui dentro non succede niente.-
Un lampo si improvvisa nei suoi occhi. 
Si oscurano.
-Se dico Karolina..- scuoto la testa, lentamente. 
Il suo sguardo è un'enigma.
-Se dico Magda- l'altra mano segue la prima, ma è solo silenzio, -questo non batte più forte.-
Non ho più il suo sguardo su di me, lo ha spostato, oltrepassandomi, oltre la grande vetrata della sua stanza.
-E' per questo che non posso perdonarlo questa volta.- 
E il vetro gli mostra, in tutto il suo splendore, un cielo di un blu chiaro, armonioso, un azzurro piacevole, delicato, ossequioso degli occhi che si adagiano su di lui, non colpisce la cornea, la ammalia, la conquista, la seduce con la fragile sfumatura del suo turchese accattivante. 
-E' quasi come guardare il mare.- mormoro, non volendo interrompere la contemplazione di qualcosa che va al di là di un celeste e qualche nuvola.
Qualche secondo dopo la sua voce sfiora gli accordi del silenzio.
-Il mare in tempesta.-

 

Ore 12.00: i Romani sarebbero stati fieri di noi, ci siamo azzannati come tigri in un anfiteatro.

Pensandoci è un bene che tutto il putiferio sia avvenuto nell'ora in cui ci sarebbero stati più occhi puntati addosso, in questo modo abbiamo evitato di finire all'ospedale per gravi lesioni e\o fratture. 
Le dodici, suono della campanella che annuncia l'inizio della pausa pranzo, un branco di circa ottocento studenti riversati nei corridoi con la forza di rinoceronti e la scalmanata delicatezza di rinoceronti impazziti.
Ci sono due cose a cui le persone non dicono mai no: le pause e il cibo. Quando poi questi due elementi si combinano in uno solo beh.. lascio a voi immaginare il trambusto affollatosi tra scale, corridoi e aule mentre ragazzi tra i sedici e i diciannove anni inneggiano la loro matura visione della vita facendo a gara per prendere i posti più ambiti della mensa o correre a perdi fiato per arrivare per primi onde evitare la fila chilometrica nel tentativo di arraffare qualcosa da mangiare. 
E ovviamente le coincidenze non sono mai troppe. 
Il tavolo a cui si apposta il nostro gruppo è riservato solamente ai sottoscritti, nessuno si avvicina a quelle sedie neanche con il pensiero e chiunque ci abbia provato nel corso dei primi anni, fidatevi, non ci ha riprovato mai più.
Questo perché noi gravitiamo intorno all'asse di temuto rispetto di Aleksander e Asher, e se c'è una cosa che il secondo sa fare meglio è intimidire chiunque non la pensi come lui. 
E alla suddetta ora si unisce sempre alla nostra rilassata marcia verso la sala mensa dopo il corso avanzato di informatica, eppure questa mattina non si vede da nessuna parte.
Non che ci siamo preoccupati più del necessario a guardarci oziosamente intorno, "sarà andato a sfottere qualche matricola", è il pensiero corrente. Avrei voluto che non ci fossimo sbagliati.
Perché Asher, l'alto, vispo, slanciato, irrequieto Asher, con i suoi occhi di pura filigrana d'argento che nell'intensità assomiglia più a filo spinato, non è intento a spaventare nessuna matricola o a massacrare il sacco da boxe mentre il suo gruppo si dirige verso il tanto ambito pranzo più il gossip di metà giornata che deriva da quegli innumerevoli tavoli. 
Ricordo perfettamente il momento, come se non fossero passate più di quattro ore ma solo quattro minuti.
Il chiacchiericcio è dilagante, assordante e confusionario, Antony sta dicendo qualcosa a proposito di una gara di skateboard alla pista in centro mentre Joanna racconta ad alta voce dell'ultimo segreto della sua nuova-ex migliore amica, che era una gran troia e per questo non sono più in rapporti.
Una grande amicizia, durata ben un mese. Come se essere intimi amici di Joanna a lungo termine fosse umanamente possibile.
Le parole si susseguono, si confondono, si sovrappongono le une sulle altre, le borse sbatacchiano alle schiene e alle braccia, c'è chi, non essendo abbastanza importante da avere una postazione propria , si affretta sul pavimento immacolato, chi fa partire musiche assordanti dai cellulari e chi si contorce in forti risate dalla dubbia provenienza. 
E' sempre un gran casino l'ora di pranzo. 
Ma ad un tratto il casino di centinaia di adolescenti cessa, scompare, svanisce nel nulla, letteralmente.
Le voci si sono man mano affievolite, fino a lasciarne qualcuna sporadica nell'aria improvvisamente meno accaldata, poi si sono spente anch'esse. Gli sguardi si cercano, domandandosi silenziosamente o con qualche parola veloce cosa sta accadendo, le mani stringono cellulari, borse o mani, i corpi impazienti si sono inaspettatamente fermati, bloccati nella posizione di curiose statue imperfette. 
Anche noi ci siamo fermati, proprio nel momento in cui il silenzio improvvisato è stato violentemente rotto da respiri brevi, veloci, affannati, intervalli e altre parole ansimate, un lamento soffocato che può essere benissimo un guaito ma anche una domanda o magari una risposta nel mentre di una respirazione irregolare, discontinua, inconfondibile. O quasi.
La risposta al quesito che affligge l'interminabile baraonda di presenti viene sventato dall'avanzare lento e inequivocabilmente pomposo di capelli biondo pallido e liquidi occhi grigi.
E i respiri ansanti continuano alternandosi a brevi pause, alternandosi a frasi incomprensibili sotto l'assedio di rapidi respiri.
E tutto precipita vorticosamente in un oceano di botta e risposta senza precedenti.
Perché dall'illogicità della registrazione che proviene dal cellulare di Asher, in mezzo a due file di anime immobili, c'è nè una ancora più immobile, ancora più innaturalmente ferma, da le spalle a tutti e sembra aver capito qualcosa che a noi altri sfugge senza ritegno.
Se mi avessero detto quello che sarebbe successo di lì a un lasso di tempo infinitamente breve, non ci avrei creduto. 
Perché nella marmaglia intrecciata di reti di soffi, fruscii, emerge un suono, fastoso, solenne, tremendamente distinto che prende forma nell'aria come un fantasma dalle rosse catene. 
Un sussurro, una parola, un alito di vento che forma un nome, un nome troppo afferrabile per confonderlo con qualsiasi altra cosa: "Dominik". 
E' seguito da un flebile gemito e due, veloci, sibilate parole, comprensibili nell'irrazionale ma ragionevole discorso che va formandosi come la scia di un shuttle nel cielo limpido. 
"Sei mio."
Come avrei potuto crederci?
Chi erano quei due che stavano diventando troppo velocemente i protagonisti di una macabra commedia che sfociava nel thriller?
A quel punto accadde l'impensabile. 
Un impensabile talmente tanto inconcepibile che me ne accorgo solo io nell'assordante rottura di fragile tolleranza che si è stancamente trascinata fino ad ora: la faccia di Aleksander. 
La faccia di Aleksander quando il quadro gli si forma davanti molto più vivido, quando i tasselli coronano un'immagine che gli suscita sui tratti del viso il disintegrarsi di tutte le maschere, di tutti i ruoli, di tutto il ferreo autocontrollo esercitato con innegabile maestria in anni. 
Le labbra contratte, il corpo ingabbiato in una posa rigida e gli occhi ardenti, lanciano fiamme e scintille, sembrano sul punto di incenerire il mondo. 
Le redini del cavallo gli sono sfuggite di mano e quel cavallo scalcia, indomato, selvaggio, eccome se scalcia.
E lui rimane irto, impotente e più infuriato di quanto l'avessi mai visto, dinnanzi all'inconfondibile registrazione della voce di Asher agghindata dagli ansimi di Dominik.
E poi la voce di Asher la palpiamo in diretta, in mezzo al corridoio più luminoso della scuola, in mezzo a guerre mai terminate e a maree mai assopite.
-Ti è piaciuto, eh Dominik?-
La registrazione continua, infinita.
E lui non si volta.
-Ti è piaciuto come ti ho scopato? -
Posso avvertire il cambiamento in Aleksander nello stesso istante in cui lo vedo sul volto di Dominik. 
Karolina si lascia sfuggire un gridolino raccapricciante.
-Sono stato bravo Dominik?-
Asher continua a parlare, imperterrito, qualcuno dei suoi più vicini inizia ad alleggerire l'atmosfera raggelata con risate che non raggiungono la moltitudine, che non suscitano altro che disgusto in me e qualcosa a cui ancora devo assegnare un nome in Aleksander. 
Asher continua a sbandierare ai quattro venti la verità di ciò che ha in mano, a farsi superbamente beffe della situazione, inconsapevole dei due paia di occhi che aleggiano su di lui, rapaci, disgustati, ribelli. 
Gli occhi di Dominik fu la cosa che ci colpì, o che a me personalmente fece venire i brividi.
Ghiaccio di un azzurro chiaro, trasparenti, privi di coperture, finzioni, così guerreggianti di indocilità, così lucenti di fiammeggiante sovversione da non lasciare spazio a nient altro. 
E gli occhi di Aleks.. Dio se solo li aveste visti.. adombrati, bollenti, furiosi, l'ambra scura bruciava con selvaggia ferocia, le labbra strette in un'unica, ermetica linea di scalpitante rabbia. Non mi degna di uno sguardo, non degna di uno sguardo nessuno di noi, di loro, nessuno di particolare. 
Perché in quell'istante nessuno era abbastanza importante da guadagnarsi il suo interesse tranne uno, una testa mora su una pelle candida aveva totalmente addosso il burrascoso fremito dell'attenzione di Aleksander che, passando lentamente con lo sguardo dall'uno all'altro, da Asher, sorridente e vittorioso alla figura imperscrutabile di Dominik, si ferma di più su quest'ultimo, come se non volesse ammetterlo, come se gli avessero toccato, e non solo, preso, rapito ciò che considera suo e suo soltanto.
Doveva accadere, prima o poi, doveva smuoversi qualcosa nelle profondità di quest'ammasso di orgoglio e rancore in putrefazione, di ostinata fierezza e vano negare. Perché sono uccelli senza gabbia il fuoco scoppiettate che ho accanto e il ghiaccio tagliente che vedo difronte, perché al di là di tutto, sono avversa insofferenza e pura insurrezione. Sono liberi.
E non puoi imprigionare ciò che è nato libero.
E' chiara, la situazione è immacolata quanto il pavimento del corridoio in cui si è congelato il tempo. 
Asher ha una registrazione, la registrazione dell'inconfondibile ansimare di Dominik, sostiene di esserselo fatto e non arriva nessuna obiezione, nessun suono, neanche un fievole fiato a contrastare le sue affermazioni, affermazioni che toccano in Aleksander punti reconditi del suo essere che non andrebbero mai, mai toccati.
Dominik e lì, in mezzo alle acque del fiume di studenti riaccesi che sussurrano, mormorano, parlano, approfittando dell'instabile e succoso momento per avanzare ipotesi l'una più inverosimile dell'altra. 
E Dominik rimane lì, ammalappena si può vedere il morbido alzarsi e abbassarsi dell'addome, segno che sta respirando, segno che è vivo. 
Perché è vivo Dominik, più vivo di tutti noi messi assieme, più vivo di Joanna che è febbrile con i polpastrelli sulla tastiera del cellulare in contatto con mezza scuola, più vivo della squallida regalità di Asher quando capisce di aver vinto.
Non l'avevo davvero capito, fino a questa mattina, il possessore di due occhi tanto brillanti quanto oscuri, non l'avevo davvero compresa l'aria che aveva fatto perdere la testa a Karolina, alla ballerina bionda, a una certa Sylwia di cui mi aveva parlato Aleksander e ad Aleksander stesso, fino a quando non l'ho sentita sulla mia pelle, l'aria intarsiata di coraggio e imprudente ribellione di quel ragazzo dai capelli neri e la pelle bianca. 
Se l'avessi capito, se l'avessimo fatto, probabilmente non sarebbe stato così sconvolgente assistere all'avanzata sicura, implacabile, spietata di Dominik, ai passi che lo separavano sempre meno da Asher, ridente, ignaro di quanto il mare possa essere imprevedibile,  di quanto l'oscurità possa essere suadente, di quanto la luce possa essere violenta. 
Il pugno di Dominik si infrange sulla faccia di Asher, le nocche della sua mano destra, senza remore, senza paura, senza neanche l'accenno di un tentennamento, gli rovinano sul naso, paurosamente precise. 
Asher barcolla, il cellulare si fracassa a terra zittito mentre lui cade all'indietro, sorreggendosi malamente con un braccio. Con l'altro si tasta il volto, tagliato da un sottile rivolo di sangue cremisi. 
Siamo trasaliti per la seconda volta, così ciechi, così superficiali da stuzzicare chi ha la tempesta dentro.
Gli occhi di Asher lo guardano inerti per un secondo, stralunati, l'aria grava di emozioni pericolose. E tutto successe così in fretta che pensandoci quattro ore dopo non so ancora darmi una spiegazione sul come sia stato tanto pronto.
Forse, c'è lo aspettavamo, infondo. 
Il fuoco di Aleksander me lo aveva sussurrato.
L'argento tra le palpebre di Asher si vena di veleno ed egli si lancia addosso a Dominik con la brutalità del risentimento, della sorpresa e di tutto l'amaro accanimento che inneggia nelle sue iridi quando si tratta di lui. 
L'avrebbe sbattuto a terra, gli avrebbe frantumato le ossa, cazzo se aveva tutta l'intenzione di farlo, era lì lì, l'aveva raggiunto, lì, a neanche due passi da lui, lì dove il ghiaccio si incrina, c'è l'aveva nelle mani, ma altre mani glielo levarono dalla presa.
Neanche il tempo di per Asher averlo, forse solo di sfiorarlo con un dito e Aleksander non è più accanto a me. 
Dominik è fuori, completamente fuori dalla portata di Asher, Asher non ha potuto neanche rasentarlo perché qualcuno glielo ha impedito, perché non so se era scritto da qualche parte, ma se non lo era allora lo hanno cambiato, questo fottuto destino che non apparteneva a loro. 
-Che CAZZO stai facendo!?-
Asher non solo è stato bruscamente spinto all'indietro, ma una muraglia di audacia, tecnica e muscoli non gli permette di fare neanche un altro accenno verso Dominik. 
Perché Aleksander non glielo permette, di avvicinarsi a Dominik.
Asher è incredulo.
-Sei impazzito..-
Un po' tutti, un'impavida franchezza si è impossessata di noi, e allora scorgo che Asher ammette soltanto la sua di conclusione, ovvero l'arrivare a Dominik anche a costo di passare su Leks con la forza e vedo Nik che, degno dell'alta opinione che ho di lui, ha scritto negli occhi cosa sta per fare. Mi intrometto, lotto con le unghie e con i denti e con una buona dose di resistenza nell'afferrare Dominik da dietro, nel bloccargli le braccia e trattenere la protesta che esibisce tutto il suo corpo nell'assoluto rifiuto che prova nel vedere Asher che, con la sua irruente aggressività, tenta di togliere di mezzo Leks.
-Dominik fermo.. porca..fermo..!- 
Ora sì che ansimo, affannato, mentre stringo tra le braccia un fulmine in caduta libera, un tempestoso cavallo imbizzarrito.
E questo cavallo nitrisce con quello che sembra più un ringhio.
-Asher non toccarlo!-
Colgo di sfuggita le mani che separano energicamente i due contendenti proprio quando una possente gomitata mi trafigge le costole.
-Caz..zo..- 
Lascio andare quella furia mora tenendomi una mano sullo sterno.
Dominik mi ha appena sfracellato le costole e le parole che seguirono furono fin troppo prevedibili.
-Brown, Santorski, Lubomirski cosa credevate di fare?! Dal preside, immediatamente.-
-Professore veramente..-
-E anche tu Kowaski. Muovetevi, subito.-


Mancano 10 minuti alle 14.00 e posso già comunicare cosa dovranno scrivere sulla lapide. Il mio testamento avrà come unico erede Zaphir, egli è l'unico degno dell'ultimo pensiero prima di lasciare questo mondo, l'ultima creatura a cui relegare l'ansimo  fatale, il respiro tra i respiri mentre il canto melodioso di una fenice si leva nel coro di una luce accogliendomi all'ingresso dell'altra esistenza. 
Ah, Zaphir è il mio cane.


Il preside osserva per la frazione di tre secondi l'assortito quartetto che è stato trascinato di punto in bianco nel suo ufficio. Sfila gli occhiali da lettura dal viso rubicondo e li posiziona, senza fretta, su di un libro rilegato in pelle. I fogli sotto il suo sguardo vanno a fare compagnia alla modesta pila di carte nel primo cassetto della scrivania in ciliegio e lo screen del computer si oscura con un cenno silenzioso.
Avverto il pressante ticchettare dell'impazienza, ticchettio che il preside Buckowoz non sembra avere alcuna voglia di assecondare. 
Avvicina la sedia, congiunge le mani, alza gli occhi.
-Che gruppo di soggetti interessanti..-
Asher, i capelli così chiari da sembrare platino, le piccole labbra a cuore contratte in una smorfia indiscreta, incarnato colore crema e occhi accesi da un'inconciliabile lucentezza ostile; Dominik, ciuffo di un nero d'ebano ravvivato da sottili riflessi bluastri, falsamente accondiscende, carnagione di porcellana nivea e la chiara consapevolezza del suo sguardo cristallizzato in un brio divergente che sta categoricamente evitando di guardare chiunque eccetto il muro accanto a sé, e Aleksander, presente, composto, dritto, dorato in mezzo a due scintille effervescenti di fuochi distruttivi che sono stati fermati ad un attimo dal generare un incendio. 
E poi ci sono io, ovviamente, che aspetto con silenziosa trepidazione il momento in cui il preside comporrà la fatidica domanda che a stento trattiene la voglia di Asher di sbandierare le sue "ragionevoli" considerazioni.
E appena il quesito viene formulato e un -Cosa è successo?- aleggia per la stanza le parole di due voci tanto diverse quanto sfacciate volano fendendo l'aria, -..impudente di un irriverenza..- rimbalzano sui muri, -..arrogante, spudorato, tracotante..- ruotano sugli armadietti -..bastardo..- e le poltrone -..insolente..- e si infrangono, svelte, abili, nei condotti uditivi del preside che sembra averne già abbastanza. 
I discorsi sono sempre più articolati, la voce acuta di Asher e quella intensa di Dominik si danno battaglia persino tra le invisibili molecole di ossigeno e anidride carbonica che fluttuano tra queste mura. 
Leks rimane in silenzio mentre ai suoi lati si sta stilando un trattato di guerra di incomprensibile significato. 
Aggrotto le sopracciglia e lo stesso fa il professore di educazione fisica Korean, nel vano tentare di carpire almeno il succo della situazione nascosta tra le parole incomprensibili di un diciottenne e un diciannovenne in piena isteria.
-..provocare come se questo fosse un suo..-
-..situazione chiara, è pazzo..-
-..menefreghista dispotico del..-
-..bambino viziato..-
-..neuroni trabboccanti di disgustosa superbia..-
-..atto di aggressiva violenza fisica con conseguenze estetiche..-
-..ridicola, insulsa capacità di perforare la barriera della tolleranza..-
-Basta- sillaba il preside aumentando in gradi il volume di voce per sovrastare quelle che non accennano a darsi tregua. 
-Basta, basta, basta.- 
Alza le mani e per un attimo rivedo Silente difronte agli studenti di Hogwarts nella Sala Grande a sproloquiare nei suoi discorsi di inizio anno. 
Ma qua non si tratta della storica faida fra Srpeverde e Grifondoro,  qua è proprio uno scontro Harry Potter VS Lord Voldemort. 
E ancora non sono riuscito a capire chi sia Voldemort.
Il Preside, approfittando del ritrovato silenzio, interpella l'unica persona che non ha ancora aperto bocca sull'argomento, apparte il sottoscritto, e io mi accorgo di essere troppo fissato con Harry Potter.
-Lubomirski, cosa è successo si può sapere?-
Ora il mio sguardo è tutto per il mio amico, ancora una volta nella posizione più scomoda, ancora una volta in balia di una corrente più grande di lui. 
Ed è bravo a gestire le cose che dovrebbero sopraffarlo, è il migliore a rimanere a galla quando il resto del mondo affonda, e oramai ci si aspetta che semplicemente c'è la faccia, che continui a salvarsi come solo lui sa fare perché non mira alla barca, nè si fa condizionare dall'impulso di raggiungere la riva, solamente lotta per rimanere a galla, in mezzo alle fronde, in mezzo alla luce e al buio, in mezzo alla sopravvivenza. 
Non prendere una posizione e lasciare credere agli altri che ciò che sceglie è proprio quello che vuole. 
Leks non si frappone tra ciò che è giusto e ciò che è facile, lascia queste strade agli altri, a chi non ha già la corona in testa, a chi è davvero libero perché non ha addosso il peso delle aspettative, il macigno della grandezza. Quella corona sulla sua testa non deve cadere, può vacillare, può inclinarsi, ma non deve cadere, a qualunque costo. 
Ma li ho visti quegli occhi di bronzo fuso prima, in un corridoio che sembrava improvvisamente claustrofobico sotto quell'eruzione di violenti sentimenti, li ho sentiti ardere mentre reagivano a quei mugolii nel cellulare, alla registrazione, alla prova lancinante che ciò che considera suo, è stato nelle mani di qualcun altro.
Schiude le labbra sotto gli occhi impazienti di Asher, convinti della sua cieca lealtà, abbandona le braccia lungo i fianchi, rilassa le spalle per ingabbiarle di nuovo e una morsa mi stringe lo stomaco quando mi rendo conto che sta davvero per farlo. 
Dominik neanche lo guarda, ma dopo le parole inconfondibili che gli attraversano la bocca è costretto a farlo. 
E non nasconde lo stupore. 
Aleksander Lubomirski ha appena preso una decisione, ha lasciato la neutralità, ha abbandonato il porto sicuro intarsiato d'oro per spostarsi in mare aperto, ha rinunciato alla sopravvivenza di un certo galleggiamento perché finalmente, e sottolineo finalmente, si è stancato di limitarsi a sopravvivere e forse, finalmente, si deciderà a vivere.
E vivere significa rischiare, significa lanciarsi dal quel burrone per sentire quella botta di adrenalina, significa compromettersi con lo schierarsi non dalla parte del più forte, ma da quella dove ha già montato i tendaggi il tuo cuore, significa combattere fra ragione e sentimento e non lasciare che la razionalità della logica vinca prevedibilmente sulla furiosa imprevedibilità delle emozioni. 
Aleksander ha preso una posizione, una posizione scomoda, la corona sembra la torre di Pisa, il trono trema, l'aurea maschera è in bilico eppure la sua voce ha formato sicura, decisa come mai prima d'ora le parole che hanno composto sul viso di Asher un capolavoro di sbigottimento attonito.
-Ha iniziato Asher, Dominik non c'entra.-
La guerra infuria dentro quattro mura, infuria fuori, negli intrecci di legami inaspettatamente in pericolo, assottigliati non dalle parole, non dall'intendo, ma dalla netta consapevolezza di ciò che Leks stava per fare, e dall'impavida schiettezza con cui è andato avanti lo stesso. 
Non esiste più coraggioso di colui il quale sa esattamente cosa accadrà.
E il mio pseudo fratello sapeva fin troppo bene l'inferno di ghiaccio e fuoco che si sarebbe delineato meccanicamente una volta uscito dal campo della fredda neutralità, dal lato della perenne vittoria.
Asher ci mette meno di un battito d'ali a capire l'andamento della situazione e con voce baritonale pronuncia un chiaro e secco: 
-Non è vero.-
-Santorski sei tu la causa del sangue sul volto di Asher?-
Dominik sposta autonomamente gli occhi da Aleks al signor Buckowoz, come se si fosse ricordato solo ora che non erano solo loro due. 
-Sì.-
-Quindi hai reagito.-
-Ma non ho iniziato io!-
-Sì, ho reagito.-
-Con un pugno.-
-Ridicolo..-
-Con un pugno.-
-Perchè?-
-Perchè se lo meritava tutto.-
Il professor Koran si scambia un'occhiata con la professoressa di polacco, che se nè sta zitta su una poltrona ad osservare la singolare scena.
Perchè, mentre una faida in un liceo è una cosa comune quanto il caffè, una faida così accesa in un liceo così prestigioso a due settimane dagli esami di stato, da competizioni, tornei, concorsi, una faida fra tre studenti di prim'ordine, uno più brillante dell'altro, non è poi uno di quei film triti e ritriti.
-E tu Kowaski, cosa ci facevi in mezzo alla scena?- domanda la professoressa.
-Io..cercavo di dare loro una calmata.-
-Sciocchezze!- sbotta Asher che non sentendo di prendersela direttamente con Leks si impadronisce della sua collera contro di me. -Ha aiutato il folle maniaco di Santorski a completare l'atto vile che lui aveva iniziato.-
-Ah io sarei il folle maniaco!?-
L'insofferenza incredula nel timbro limpido delle labbra di Nik è al di sopra di quello che potrò mai immettere nella mia voce.
-E' schizofrenico, imprudente e anche violento..-
-Ma come ti permetti razza di idiota narcisista?-
-Come ha chiamato mio figlio?!-
Oddio, no.
Un coppia, un uomo e una donna fanno il loro ingresso senza traccia di cerimonie nello studio sventolando le mani in gesti degni di una tragedia e una voce  offesa pronta per chi sta per scatenare un dramma.
-Signora Brown per favore..- tenta la professoressa, invano.
-Mio figlio non ha toccato nessuno! Vero Asher che non hai toccato nessuno?-
-Vero mamma, io non faccio certe cose.-
-Ha sentito? Mio figlio non ha fatto niente, non capisco neanche perché sia qui.-
Il preside si passa una mano sugli occhi. 
-Se è qui c'è una ragione ben precisa signora Brown.-
-Ma lo ha sentito..-
-Tutti abbiamo sentito vostro figlio Signora e Signor Brown.-
Io mi immobilizzo all'istante in una paralisi motoria, ma niente in confronto al rapido impallidire di Leks al suono della voce di suo padre.
-Anche suo figlio è qui mi sembra, Signor Lubomirski- ribatte pacatamente il padre di Asher.
-Sì, lo è e desidererei immensamente sapere perché.-
Barbara Lubomirski mi si avvicina cautamente, comunicandomi che i miei stanno per arrivare.
Oh che bella notizia, adesso sì che sono rovinato. 
Zaphir, ti ho sempre voluto bene.
-I vostri figli sono stati coinvolti in un comportamento poco consono al luogo e all'onore di questo istituto..-
-Ma loro non c'entrano niente, l'accaduto è chiaro come il sole, è tutta colpa sua, di Santorski.-
-Come, prego?-
Il verso eclatante quanto ritmato di un tacco annuncia l'entrata di Beata Santorski, che si fa largo nella stanza dove la seconda guerra mondiale sembra divenire niente a confronto, e prende a spada tratta le difese del figlio che ora ha smesso anche di respirare.
-Ho detto solamente la verità Signora Santorski.-
-E lei sembra conoscerla piuttosto bene constatando che non era lì Signora Brown.-
Alza con uno scatto uno dei due manici della borsa bordeaux che ha sulla spalla.
-Non faccia l'avvocato con me Beata, sappiamo entrambi che Asher e Aleksander sono dei ragazzi diligenti che non si invischierebbero in un banale litigio.-
-Non riesco a comprendere bene cosa sta insinuando Lorena.-
-Primo, signore, l'avvocato qui sarei io- puntualizza con entusiastica precisione Marcin, -e, secondo, nessuno mi ha ancora comunicato quanto è successo. Una rissa, come sarebbe a dire?-
Andrej Santorski parlotta animatamente con la professoressa Rinìvich mentre gli animi si scaldano di un'ottava.
-Come sarebbe a dire?? Suo figlio è chiaramente disturbato.-
-Mio figlio non è affatto disturbato.- Beata fa un passo avanti e sotto l'imponenza del suo sguardo gelido Lorena Brown risponde facendo un passo indietro. Velocemente.
-Suo figlio ha la presunzione di tirarsi fuori da tutto questo quanto è il primo che dovrebbe darci delle spiegazioni, e se lei si permette un'altra volta a nominare mio figlio..-
-Cosa fa Beata, cosa fa? Mi sta minacciando? Marcin mi sta minacciando, l'hai sentita?!-
-Lorena per l'amor del Cielo e di tutti i Santi potremmo evitare di trattare una disputa fra diciottenni come un caso da tribunale?-
Il Signor Brown alza un dito. 
-Ehm..scusate..ma Asher ne avrebbe diciannov..-
-SILENZIO!-
Al coro di indemoniate voci femminili si ci è aggiunta anche quella di mia madre, appena varcato l'ingresso e già cerca qualcuno da incolpare con mio padre, docile e paziente alle calcagna. 
Non so se è l'utero, la menopausa, la luna, la linea, il parrucchiere, la manicure, le doppie punte, la crema anti-età che non funziona, il fondotinta che non copre o le ciglia che fastidiosamente si attaccano l'una all'altra quando ci passi sopra il mascara ma queste femmine mi fanno paura. 
Tanta paura.
-Signori.- tenta il preside, ma non esistono scappatoie dal riverbero di accuse e proteste che sbatacchiano clamorosamente nell'aria che sa di focolaio scoppiettante. 
Apro una finestra proprio nell'istante in cui il professore la chiude. Mi rivolge un cenno palese e capisco che vuole evitare di far udire il manicomio che infuria qui dentro al resto della scuola. Saremmo una bella fiction, di quelle che non sai se ridere per l'assurdità degli avvenimenti o piangere per l'assurdità degli avvenimenti. 
-Assolutamente inaccettabile che un soggetto tanto turbolento rimanga impunito..-
-Sta parlando di mio figlio come se fosse un pluriomicida che se ne va in giro per le strade di Varsavia dopo essere evaso di galera Lorena, e sta parlando di MIO figlio.-
Mr Brown le rivolge un cenno rigido. -Beata, prima che Dominik iniziasse a frequentare Asher non ci convocavano nell'ufficio del preside per certe cose..-
-Io non frequento Asher.- mette in chiaro la voce sorprendentemente ferma di Nik prima che qualcuno possa fermarlo.
-Lo frequentavi mi sembra.-
-Al passato, Signora Brown.-
-E perché ti ritrovi sempre alle costole del mio Asher?-
-Le sue preziose costole il "suo" prezioso Asher se le può benissimo tenere.-
Lorena scuote la testa con rinvigorita teatralità.
-E' un insolente, io l'ho detto, è un insolente.-
La Signora Santorski sfiora delicatamente la spalla del figlio.
-Lorena- dice Marcin, -come ho già detto evitiamo di dare spettacolo. Quanto ad un dato di fatto, è quasi divenuta matematica la presenza di Dominik Santorski ogni qual volta succeda qualcosa di compromettente.-
Mi schiaffo una mano in testa. 
Sì, considerando la "o" sdegnata che ha assunto la bocca di Nik più il tripudio straripante nel sorrisino di Asher e il tutto sommato alle urla, alle contraddizioni, alle borsette delle signore che continuano a cadere dalle spalle frenetiche e all'aria tutt'altro che quieta di Leks, credo sempre più fermamente che saremmo una bella serie tv.
Ma di quelle che fanno milioni di telespettatori a serata.
-Papà.- prorompe Aleks con un principio di zelo. -Ho già spiegato che Dominik non c'entra niente.-
-Misericordia!- Lorena Brown si porta una mano al petto. 
Oh. Mio. Dio. 
-Lo difende! Suo figlio difende il Santorski, dopo tutto quello che le nostre famiglie hanno fatto insieme questo non c'è lo meritiamo Marcin, non c'è lo meritiamo!-
-Aleks sta perdendo la retta via..- mormora con platonica saggezza un Asher sempre più compiaciuto.
Leks gli sventra il ventre con uno sguardo furibondo prima di avventarsi nella discussione sempre più rabbiosa.
-Anche lei avrebbe difeso "il Santorski" poco più di un mese fa Signora Brown. Cosa è cambiato?-
Mi siedo ad un lato della scrivania, afferro un foglio e una matita qualsiasi e mi accingo a disegnare. Il viso di Dominik meriterebbe un ritratto normalmente, ma con l'espressione di questo momento devo disegnarlo, devo imprimere su carta gli occhi di puro stupore e il respiro a scatti esterrefatti.
E ridacchio anche, irrimediabilmente divertito.
-Cosa è cambiato?- riprende lei, disorientata, momentaneamente priva di parole. 
E' un attributo di Nik quello di sputare fuori dai denti un qualcosa che ti chiude la gola in mezzo secondo, eppure Leks oggi non è stato da meno. 
Il significato palese nascosto tra le righe della sua replica ha lasciato il volto rotondetto della Signora Brown confuso e paonazzo. 
E il significato palese è esplicitamente uno: "Ipocrita".
-E' cambiato! E' semplicemente cambiato. Io lo difendevo prima..-
-E io lo difendo adesso.-
Leks fa un passo avanti, agghindato da un fervore tutto suo e Dom ne fa uno indietro, gli occhi fuori dalle orbite e allibito.
-E sbagli. Caro ragazzo.. Marcin, Marcin diglielo anche tu che frequentare certe persone con certi disordini della personalità..-
Beata alza la voce. 
-Lorena.- 
-Che cosa avrei, Signora Brown?-
Un attimo e lo sconcerto è scappato via a gambe levate dal viso di Dominik, le sue labbra non sono più sbalordite ma glaciali e i suoi occhi imbevuti di inclemente freddo siberiano.
-Ragazzo è palese che.. Andiamo Barbara, tu sei un medico, saprai benissimo che cosa ti trovi difronte..-
-Lorena non è questo il momento adatto per discutere di dubbi casi clinici, siamo qui per tutt'altro affare.- risponde con rilassata convinzione Barbara Lubomirski.
-Non c'è bisogno di un medico per capire che è schizofrenico.-
-Brown!-
Buckowoz fa appena in tempo ad ammonirlo che Dominik gli è già scattato contro. Asher salta letteralmente contro il muro. Il professore riesce appena a trattenere l'arma che sta impalando Asher con occhi di ghiaccio solido.
-Vedete?- oscilla appena. -E' un imprevedibile sconsiderato impulsivo..-
-Brown non ti consento di dire certe cose!-
Il preside sbatte le mani sulla scrivania. Il foglio sotto le mie mani trema.
-Signor preside io non..vorrei dire certe cose, è vergognoso che debba usare queste parole ma sono costretto dalle circostan..-
La nota acuta dell'urletto da soprano della signora Brown trapassa i quadri incorniciati, il ciliegio della scrivania e la già compromessa attenzione di mio padre, che sbatte le palpebre e si porta, discretamente, un dito ad un orecchio.  
-Che cosa è successo al mio Asher?! C'è sangue..c'è..-
Vorrei preoccuparmi, alzarmi e d'istinto provare a soccorrere la pericolante torre gemella che si schianta al suolo con i capelli giallo zafferano tendenti alla polenta e la borsetta che viene barbaramente oscillata in aria come una mazza da baseball per internati in un centro di igiene mentale, ma rimango stranito, con una punta di divertimento sulla lingua, ad assistere inerme alla scena.
-Fatela sedere.. Lorena guardami, guardami, ascolta, concentrati sul suono della mia voce..-
-Sangue..sul mio Asher..Sangue..-
Lorena si sventola con una mano mentre Barbara le picchietta gentilmente su una guancia. -Acqua, datele acqua.-
Asher si affretta ad accettare il fazzoletto che Marcin gli porge e ad asciugare il rivolo di rosso che ha ricominciato a colargli dal naso.
La vista della pomposa, refrattaria, ottusa Lorena Brown che aggiunge un altro pizzico di dramma alla scena delirante che si è così duramente impegnata a mettere in atto non può portarmi ad altro che a scambiare un'intesa di occhi soddisfatti in una combinazione di sguardi soddisfatti.
Gli occhi di Leks ricambiano con ironica complicità.
Dominik invece, con la vista del piccolo fiumiciattolo sul viso di Asher che trova fonte dal pugno che gli ha sferrato, rivolge a quel cremisi opaco lo sguardo più lieto, la luce più appagata che abbia mai potuto scorgere tra le sue pupille. Fissa quel sangue con insistenza, come se sotto al riverbero del suo silenzioso incitamento potesse prendere fuoco. 
-Ha toccato mio figlio.. e' pericoloso..sono pericolosi..tutti e due..-
-Lorena cerca di riprenderti per favore, tuo figlio è vivo e vegeto e non è a rischio di vita.- Marcin le rivolge uno sguardo nella fascia laterale fra il comprensivo più accomodante e l'estenuato più accondiscendente. -Ciò ovviamente non toglie che sono tutti coinvolti. Preside perché Aleksander era lì?-
-Ho cercato di dividerli, Samuel mi ha aiutato.- risponde Leks.
-Ed hai cercato di dividerli perché?- rinfranca il preside, osservandolo di sottecchi, paziente.
-Perchè..- sospira -Dominik lo ha colpito.-
-Bene..- 
-Ha iniziato lui.- Aleks cerca di riportare la situazione sotto il suo dominio.
-Ció non toglie che non ti saresti dovuto avvicinare Santorski.-
Il modo in cui "Santorski" viene fuori dalla bocca di Marcin, l'implacabile senso del dovere, la voce dura e la presenza catartica, tutto di lui e del modo in cui lo guarda con un mixer perfetto di sospetto e curiosità, fa insorgere in lui la molla della difesa.
-Neanche suo figlio avrebbe dovuto- Dominik inarca la sottile, inflessibile linea nera sull'occhio destro, -Marcin.-
-Ah adesso è colpa mia che vi ho fermati dal prendervi a morsi, vero?- interviene Leks. 
-Nessuno ti ha chiesto di intervenire.- 
Dominik è sulla difensiva latente, diffida dagli sguardi che lo reputano il principale colpevole di tutto 'sto bordello e dall'inaspettato comportamento di Aleks, dall'ambiguo della sua intromissione e del modo protettivo con cui scocca occhiate lancinanti ad Asher. 
A me neanche mi calcolano più, ignorato nel modo più assoluto, e la cosa non potrebbe che farmi un immenso piacere. 
-Sono complici..- mormora afflitta (e delirante) Lorena Brown, con la mano del marito stretta nella sua e gli occhi al cielo.
-Erano due così bravi ragazzi..-
Ma i bravi ragazzi non ci sono più, spazzati via dalle correnti elettriche fra i giochi delle iridi che si rincorrono senza mai raggiungersi, dagli occhi che urlano quello che la bocca non osa lasciare andare. 
Si guardano Nik e Leks, si osservano, si studiano, si fanno la guerra mentre si stanno spogliando a vicenda nelle pagine della mente, pagine dove sono scritte parole che non andrebbero mai pronunciate, proibito nell'insospettabile, evidente realtà dei fatti: sono giovani e alla fine, sono liberi.
Il preside si risiede, informa gli occhiali, riprende in pugno il comando della nave. 
-Lubomirski, Brown e Santorski, dato che a conti fatti siete stati trovati tutti e tre nel pieno di una rissa sconsiderata in mezzo ad un corridoio gremito di studenti e che avete coinvolto anche qualcuno dei vostri compagni, e constatando non solo che avreste potuto farvi seriamente male ma anche farne ad altri, pulirete i bagni dopo l'orario scolastico durante la prossima settimana.-
-I bagni?! Mio figlio non pulirà i bagni!- la signora Brown salta da quel divano come se avesse carboni ardenti sotto il sedere 
-Lo farà Signora, se vuole diplomarsi in questa scuola.-
-Mio figlio li pulirà eccome, vero Aleksander?-
Aleksander non lo ascolta, non guarda suo padre, sta guardando Dominik, che ha smesso di essere presente a noi. É da un'altra parte con mente, attenzione e qualcos'altro. 
La luce nei suoi occhi è più lontana adesso. 
-Si preside, lo faró.- si scosta dalla carezza di Beata. -Ma solo a giorni alterni. Non ho intenzione di avere a che fare oltre con Brown e le assicuro che non ho il minimo interesse nell'avere rapporti con Lubomirski, almeno per la prossima vita.- 
rivolge un breve inchino al preside, -con permesso.- e se ne va scomparendo oltre la porta senza guardarsi indietro.
Beata e Lorena si guardano in cagnesco, Andrej Santorski si guarda intorno, estraniato e vagamente sospettoso, il preside discute con Barbara Lubomirski, comprensiva e Marcin Lubomirski con i due professori, dritto e impeccabile.
Il ghigno di Asher non si è incrinato, ma tramutato in qualcosa che di sorriso non ha più niente mentre osserva rapito come un fantasma che brama la vita, muto e silenzioso come uno spirito nell'ombra, Aleksander che volge tutto il suo sguardo, la sua attenzione e il suo interesse verso la porta chiusa, verso la scia di colui che ha pronunciato le ultime parole stroncanti, dileguandosi senza aspettare permesso. 
Guardo Leks e so cosa lampeggia nelle luci al neon del suo essere prima ancora che dia le spalle alla porta, impassibile.
"A qualunque costo."






*prato fiorito: gioco presente su alcune versioni di Widnows o online che 
consiste nel riuscire a ripulire un campo minato da fiori senza scoprire le caselle in cui essi sono nascosti. Se la casella contiene un fiore, la partita verra' considerata persa.

  
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