Un passo dopo l'altro, entrò tra mura di marmo e
tra pilastri
che si alzavano fino a sfiorare i cristalli dei lampadari.
«E' questo il posto?» chiese il ragazzo, gettando
un'occhiata
alle sue spalle.
«Oh, non è magnifico?» una donna dai
capelli raccolti in una
treccia gli posò una mano sulla spalla. «Dobbiamo
attendere gli
altri, mi sa che siamo un po' in anticipo...»
"Puoi dirlo, mà. Grazie alla tua fretta del cavolo"
pensò il ragazzo, allentando il nodo della cravatta.
- - -
«Guarda, Seb!» - la madre entrò
nella stanza, scuotendo un
foglio di carta- «Il gruppo organizza una serata danzante a
tema!»
afferrò Sebastian per un braccio, scuotendolo. «E'
da un sacco che
non combiniamo niente!»
«Mà, non rompere. E poi non so balla-»
La madre gli posò l'indice sulle labbra. «Oh, non
dire
sciocchezze, tutti i ragazzi di 20 anni sanno ballare. E
poi...» -
chinò le guance rossastre verso di lui, sorridendo-
«...viene anche
Nadine!»
Sebastian sussultò. «Na-nadine? Sicura?»
- - -
Sebastian alzò il viso verso un lampadario, i
frammenti di
cristallo scendevano a grappolo. Eccolo lì, lui, che sapeva
sì e no
posare i piedi su una pista da ballo.
"Mia madre mi trascinerà a forza nella pista, come minimo".
Scosse il capo, mosse un passo avanti, ed uno indietro, sollevando le
braccia verso l'alto. Una risatina gli perforò i timpani.
«Abbi pazienza, non puoi certo ballare da solo!»
Sebastian si voltò di scatto, stringendo gli occhi verso la
madre, che lo fissava con un sorriso stampato sulle labbra.
«Fatti
gli affari tuoi, non stavo ballando!»
«Permesso, permesso!» una voce rauca
riecheggiò nella sala.
«Paul, da quanto tempo!» esclamò la
madre, gettandosi tra le
braccia di un uomo con il viso solcato da una ragnatela di rughe.
"E' arrivato il 'gruppo' " si disse Sebastian, lasciando
vagare lo sguardo tra la folla che riempiva la stanza. Un uomo e una
donna a braccetto lo salutarono con un cenno del capo, passandogli
accanto, i loro abiti che sfioravano il pavimento.
Il ragazzo avanzò, spintondando un gruppo di signore che
reggevano mascherine da gatto. Due orecchiette nere spuntavano dalle
loro chiome. «Cielo, non è mica
Carnevale!» mormorò Sebastian, fissando le
code nere apparire dietro i loro vestiti.
«Seeeb!» una voce si alzò tra il brusio
del gruppo.
I pilastri del salone scomparvero assieme al resto della folla.
Rimanevano i vestiti a frusciare contro di lui.
«Ehi!» Sebastian sfiorò due mani che
tappavano i suoi occhi.
«Indovina chi è!» squillò la
voce alle sue spalle. Entrava nei
timpani e si udiva per tutto il salone.
Un sorriso si fece strada sul viso del ragazzo.
«Nadine!»
Le mani scivolarono dal suo volto, e due occhi verdi apparvero
davanti a lui.
«Com'è che hai indovinato?» la ragazza
gli afferrò le mani,
trascinandolo verso di sè.
«Piano, o mi rovinerai il vestito!» disse
Sebastian, alzando gli
occhi al soffitto.
«Mi stai prendendo per il culo?» Nadine lo
strattonò per le
braccia, chinandosi verso di lui.
«Mia madre direbbe che una 'lady' come te non dovrebbe dire
le
parolacce» sussurrò Sebastian al suo orecchio.
«Tua madre non sta al passo con i tempi, allora».
Nadine
ridacchiò, voltandosi e agitando la cresta ritta sul suo
capo.
«Voglio vedere cosa direbbe di questa!»
«Oh, ti ammazzerà» sibilò
Sebastian, sgranando gli occhi.
Nadine piegò la testa in avanti, la risata uscì
dalle sue labbra,
raggiungendo i lampadari sul soffitto. «Come sei spiritoso,
stasera!» lasciò le sue mani, lanciandosi tra
folla. «Muoviti,
lumaca!»
Sebastian sfrecciò tra la gente, spintonando corpi e vestiti
con
le mani, seguendo la cresta di Nadine che si allontanava verso una
piattaforma alzata da terra.
"Non vorrà mica ballare!" Sebastian sbuffò,
arrestandosi davanti al palco.
«Buh!» un braccio gli cinse il collo.
«Balliamo!» esclamò
Nadine, avvicinando la bocca alle sue orecchie.
Sebastian scosse il capo. «Non se ne parla!»
«Idiota, io sono venuta per ballare!» Nadine
incrociò le
braccia, arricciando le labbra.
«Ah, sì?» - Sebastian fissò i
suoi occhi verdi che brillavano
sotto la luce dei lampadari- «Io pensavo fossi venuta per un
certo
tizio vestito in frac...»
La ragazza gli mollò una manata sul braccio.
«Prima che me ne
dimentichi, togliti quel cavolo di vestito!»
Uno stridio di violini risuonò tra le pareti.
«Balliamo, muoviti!» Nadine gli strinse un polso,
avvicinandosi
verso la pista.
«Aiuto..» borbottò Sebastian,
irriggidendo i muscoli.
«Guarda, ci possiamo vedere!»
esclamò Nadine, puntando un dito
verso le superfici di vetro poste attorno al palco.
«Se ti rifletti tu, lo specchio si frantuma!»
«Mister-Simpatia, si tappi la bocca e mi lasci
ballare!»
Sebastian seguì il corpo della ragazza, che si gettava a
destra
ed a sinistra, rincorrendo le note dei violini. Lanciò
un'occiata
agli specchi che li circondavano. La calca di gente ruotava attorno a
loro, mille sorrisi si aprivano sui loro volti. Chiuse gli occhi, le
mani strette contro i fianchi della
ragazza, il corpo in balia degli stridii dei violini.
Riaprì gli occhi, Nadine sorrideva, due fossette comparse
sulle
sue guance.
Girò assieme a lei, mentre gli specchi posti alle pareti
riflettevano pilastri anneriti da strati di polvere, e lampadari di
cristallo avvolti nelle ragnatele.
«Ehi, Jack, la senti anche tu questa
musica?»
La donna si fermò sul marciapiede, stringendosi nel giubotto.
«Sì» l'uomo alzò il viso da
terra.
«Non proviene da lì?»
sussurrò la donna, avviandosi verso un
edificio avvolto dall'edera.
«Aspetta, torna qui!» disse l'uomo, raggiungendo
una distesa
d'erba che frusciava sotto le sue scarpe.
La donna si avvicinò ad una parete, di un colore bianco
scrostato
che si sbriciolava verso terra. «C'è una luce
dentro!» la donna
protese il collo verso una finestra, il vetro coperto da strati di
polvere.
«Vedi qualcosa?» bisbigliò l'uomo dietro
di lei.
La donna appoggiò le mani contro il vetro. Pilastri e mura
di
marmo bianco. Lampadari di cristallo pendenti dal soffitto. Un salone
in cui riecheggiava uno stridio di violini. Un palco, contornato da
specchi. Una gonna di un rosso vivace, una massa di capelli che
ruotavano sulla piattaforma.
«E' deserto» la donna abbandonò la
finestra con uno scatto, un brivido che
correva lungo la schiena.
«Ma allora perché le luci sono accese?»
«Magari lavori di manutenzione..» la donna
scrollò le spalle,
posando gli occhi su un cartello piantato a terra. Lettere blu lo
attraversavano, altre erano sbiadite.
«Heav Inn? Una discoteca forse» disse l'uomo,
sfiorando il
cartello con un dito.
«Andiamo, sto gelando!»
Le due figure percorsero la distesa d'erba, sparendo nelle luci
del marciapiede.
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Questa storia è nata più o meno di
getto, sentendo la melodia di "Danse Macabre". Le immagini
hanno iniziato a formarsi nella mia mente, e così questa
storia. L'idea mi sembrava carina, ho aspettato un giorno in
cui ho, per così dire, rielaborato il tutto, e il
giorno seguente mi sono messa a scrivere!
Aspetto un vostro parere, se la storia vi è piaciutanon vi
è piaciuta, se mi sono espressa chiaramente, mi
raccomando siate sinceri e non fatevi problemi nell'inserire
le vostre critiche!
Non so se la categoria sia la più appropriata, nel senso che
contiene degli elementi attribuibili al genere horror, ma alla fine
nulla che fa accaponare la pelle.