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Autore: auri38    18/08/2014    1 recensioni
"Ti avrei amato più di quanto tu possa immaginare, e hai saputo solo spezzarmi il cuore".
"Succede, Beatrice Bassi, l'amore è così" un ghigno comparve sul suo viso e se ne andò portandosi via anche il mio cuore.
Sarebbe tornato, io non ci sarei stata.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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“Quanto manca all’arrivo?” chiesi sbuffando senza distogliere lo sguardo dal finestrino mentre il paesaggio correva veloce alle mie spalle.

“Circa 10 minuti tesoro, su fammi un sorriso” mia madre spostò lo sguardo dal volante e lo posò su di me per vedere il mio sorriso che non appariva, la vidi rimanerci male con la coda dell’occhio e sospirai, appoggiando la testa sul finestrino.


Mia madre e mio padre avevano divorziato al compimento dei miei 4 anni, da allora non vidi mai più mio padre, invece mia madre cercò sempre di farmi vivere al meglio delle nostre possibilità, ovviamente nel nostro piccolo e ora che aveva trovato un nuovo lavoro a Torino eravamo state costrette a trasferirci lì, lei era euforica, la sua paga sarebbe stata doppia e non so, Torino forse le piaceva.

A me già mi mancava Trieste, i miei amici mi avevano promesso che ci saremmo rivisti ma sapevo che non sarebbe successo, la lontananza era troppa, tempo un mese e tutti si sarebbero scordati di me; poi c’era Gabriele, stavamo insieme da quasi un anno e quando gli diedi la notizia l’unica cosa che riuscì a dirmi fu “Mi dispiace ma io non credo che ti aspetterò” e se ne andò lasciandomi lì, in piedi, in bilico su una linea sottilissima tra le lacrime e la risata isterica, che sarebbe comunque finita in pianto.
E ora, a 17 anni la mia vita stava ricominciando da capo, nuove amicizie, nuove delusioni, tutto questo da un lato mi incuriosiva è vero, ma era dura da mandare giù il cambiamento, fortunatamente la scuola che scelsi era lo stesso indirizzo che frequentavo a Trieste, linguistico, e mi dissero che sarei partita nuovamente dalla quarta.

“Siamo arrivate Bea” la voce di mia madre mi risvegliò dai pensieri, senza rispondere aprii la portiera e presi le mie due valigie, davanti a noi si stagliava un enorme palazzo, uno di quegli alloggi sarebbe stata la nostra casa da lì in poi, sospirai e mi avvicinai ad adesso, sotto c’era il padrone di casa che ci guardava sorridente, il Signor Giulio, lo conoscevo già perché quando eravamo a Trieste mia mamma non faceva altro che parlare con lui per essere sicura che tutto potesse andare alla perfezione.

“Buongiorno Signor Giulio” gli sorrise mia madre stringendogli la mano.
“Benvenute signora e signorina Bassi, liete di accogliervi” il signor Giulio strinse la mano anche a me.
“Queste sono le chiavi della vostra nuova casa, spero vi troverete bene” ci sorrise e ci diede in mano le chiavi, mentre noi iniziammo a salire le scale.
Una volta arrivate al terzo piano (senza ascensore oltretutto) mia madre aprì la porta di casa costituita da cinque stanze, il salotto, due camere, il bagno e la cucina, mia madre era già venuta qualche giorno qui a portare i mobili e non era male nonostante la nostra casa di Trieste fosse tutta nostra e grossa il triplo.

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Il giorno dopo avrei già dovuto iniziare la scuola e la mia sveglia suonò alle 6, mi infilai sotto la doccia e spinsi la manopola dell’acqua fredda, per risvegliarmi completamente, una volta uscita inspirai dalle narici il vapore che fluttuava nel bagno e mi diede modo di rilassarmi, feci colazione bevendo un caffè e due biscotti della Vitasnella, maledetta dieta, quando tornai in bagno mi vestii, ero magra, forse anche troppo, mi sporgevano le ossa dei bacini e le mie gambe erano “due fiammiferi” le paragonava così, Gabriele, ma non ci diedi troppa importanza.

Una volta pronta mamma era già in macchina ad aspettarmi, in 10 minuti eravamo alla mia nuova scuola, scesi dalla macchina salutando mia madre “Buona fortuna amore” esclamò tirando giù il finestrino, mi guardai intorno, mi incamminai timidamente verso l’entrata sentendo gli occhi di tutti addosso a me, sentendo frasi del tipo “è quella nuova” e cazzate varie, la campanella suonò e io cercai la mia classe. 4C, era il 2 Novembre

. Una professoressa dai capelli rossi sulla quarantina entrò insieme a me per presentarmi “Ragazzi buongiorno, oggi diamo il benvenuto a una nuova compagna di classe, Beatrice Bassi” entrai timidamente guardandomi i piedi dall’imbarazzo e i ragazzi mi salutarono con un “Ciao” strafottente ricominciando a chiaccherare tre secondi dopo, “Puoi sederti vicino a Riccardo, è l’unico posto libero della classe” era al penultimo banco vicino alle finestra, mi piaceva quel posto, mi sedetti vicino a lui, era uno di quei soliti ragazzi che se ne fregano di tutto e tutti, basta che ci sono loro al centro del mondo, lo capii perché non alzò nemmeno lo sguardo per vedere chi ero, forse nemmeno aveva sentito ciò che aveva detto la professoressa, era un bel ragazzo, capelli neri con un ciuffo disordinato e occhi color verde muschio, abbastanza bianco di pelle, non mi guardò neanche in faccia intento a messaggiare con qualcuno, la lezione iniziò e ascoltai in silenzio.

RICCARDO.
Perfetto, avrei dovuto sorbirmi la novellina della classe, era una bella ragazza, capelli lunghi biondi, occhi color cielo e una corporatura molto esile, ma poteva sognarsi la mia amicizia, io non giro con tipette come lei, io sono a un livello superiore.
Lei era intenta ad ascoltare la lezione mentre io continuavo a messaggiare con Rachele, non era la mia ragazza, semplicemente era il mio passatempo, quando mi annoiavo sapevo che lei era sempre lì pronta a farmi divertire, non provavo sentimenti, mentre lei ha sempre cercato di mettersi con me o di farmi innamorare con frasi sdolcinate, ma ora ha capito che questa roba con me non attacca, a me basta stare due ore nel suo letto e poi ciao, amici come prima, tutto qua.
La campanella suonò, finalmente la lezione di quella noiosa della Grimaldi era finita, ora ci sarebbe stata la lezione di inglese con la Rossi, la mia preferita, o almeno se proprio dovevo scegliere, la meno peggio. Nei pochi minuti liberi prima dell’arrivo della prof, un caos iniziò ad animarsi nella nostra classe, la ragazza che si era seduta accanto a me circa un’oretta prima si girò verso di me e mi disse “Piacere io sono Beatrice” alzai lo sguardo verso di lei…
   
 
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