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Autore: TurningSun    18/08/2014    4 recensioni
“Ho notizie nuove e importanti.” Spiegò, come se fosse la risposta al perché si fosse fatta quasi due ore di viaggio da Long Island all’Upper East Side.
Sally versò il tè caldo all’arancia e cannella in una tazza lilla, che pose davanti alla ragazza, e in una verde scuro, che prese tra le mani. “Immaginavo che non saresti venuta qui solo per augurarmi un ‘buon anno nuovo’.” Sorrise dolce e prese un sorso di tè.
** Partecipante al contest 'Bitch, please: Percy Jackson is the way!' indetto da King_Peter **
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annabeth Chase, Sally Jackson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: You are my sunshine
Autore: Darmoon90 (Forum) / Turningsun (EFP)
Genere: Malinconico / Fluff
Rating: Verde
Categoria scelta: I’m lost in time - Memories
Tema utilizzato: Coccole
Personaggi: Annabeth Chase, Sally Jackson
Avvertimenti/Note
: Missing Moments
Il prompt “coccole” l’ho inserito in momenti teneri, spero si capisca!
La canzone è “You are my sunshine” e, benché la versione originale sia di Johnny Cash, credo che la lettura debba essere accompagnata da una sua versione femminile e vi consiglio quella di Elizabeth Mitchell.  https://www.youtube.com/watch?v=QhntWIIbWBs

 

 

 

 

 

You are my sunshine

 

The other night dear, as I lay sleeping 
I dreamed I held you in my arms 
But when I awoke, dear, I was mistaken 
So I hung my head and I cried. 

 

 

Annabeth varcò la porta dell’appartamento dei Blowfis riponendo l’ombrello bagnato nel portaombrelli d’acciaio. 
Lì, l’odore di cioccolato e le calde luci natalizie rendevano la casa un luogo sicuro, dove ripararsi dalla pioggia che aveva incupito New York: il suo sfavillante caleidoscopio di colori si era ridotto ad un’unica fredda e noiosa sfumatura di grigio. Proprio come il suo umore.
Quando Percy era andato disperso, Annabeth aveva promesso a Sally di farle sapere subito nel caso in cui avessero avuto nuove informazioni. 
Questa era la prima volta che l’andava a trovare: Percy era scomparso da tre settimane e, a causa della nuova impresa e alle vacanze di Natale, non era riuscita a passare prima dai Blowfis.
Sally era l’unica persona che potesse capire il suo dolore. E se questo da una parte la faceva sentire bene, dall’altra il dover affrontare lo sguardo sconsolato della donna aumentava il peso che avvertiva sullo stomaco.
Si tolse la giacca pesante e la ripose sull’attaccapanni, accanto al quale era appesa un foto di Percy al mare, sormontata da un rametto di agrifoglio. Sally le aveva detto che aveva solo cinque anni lì e aveva collezionato già abbastanza disastri lungo la spiaggia. Erano state le onde anomale, gli strani individui che lo osservavano e gli incubi che il bambino aveva avuto a convincere Sally a trovare un uomo come Gabe e a sposarlo. 

 

“Le stai raccontando ancora storie su di me?” Urlò il moro dalla cucina.
“È quello che fanno le brave madri, tesoro.”
Percy portò ad entrambe un po’ di cioccolata calda e, in uno slancio di dolcezza, baciò Annabeth sulla guancia, facendola diventare rossa all’istante.
“Percy!”
“Non potevo essere il solo a sentirsi in imbarazzo.” Si giustificò con uno dei suoi soliti sorrisi furbi.

 

Avrebbe pagato oro, in quel momento, per ricevere un altro bacio imbarazzante dal suo Testa d’Alghe.
Si pulì le scarpe dalla pioggia sul tappeto che augurava “Buon Natale” e andò in cucina dove Paul le aveva detto che avrebbe trovato Sally.
“Buon pomeriggio.” Salutò Annabeth, timidamente. Sentiva già il peso sul petto salirle verso la gola, pronto a fuoriuscire in svariati singhiozzi.
“Ciao, Annabeth.” Il sorriso sulle labbra di Sally era debole, tirato e totalmente in contrasto con la tristezza dei suoi occhi. 
Si abbracciarono per qualche secondo e la figlia di Atena ritrovò un po’ di quel calore che le dava Percy.
“Ti faccio un bel tè caldo, hai fatto tutta questa strada sotto la pioggia.” 
“Ho notizie nuove e importanti.” Spiegò, come se fosse la risposta al perché si fosse fatta quasi due ore di viaggio da Long Island all’Upper East Side.
Sally versò il tè caldo all’arancia e cannella in una tazza lilla, che pose davanti alla ragazza, e in una verde scuro, che prese tra le mani. “Immaginavo che non saresti venuta qui solo per augurarmi un ‘buon anno nuovo’.” Sorrise dolce e prese un sorso di tè. 
Annabeth fece altrettanto, poi iniziò a parlare raccontandole dei tre nuovi arrivati al Campo, della loro impresa e del fatto che, forse, Percy fosse al Campo Giove. “Non ne abbiamo la certezza, però.” Sussurrò, guardando il il vapore profumato salire dal liquido ambrato nella tazza. 
Era questo che la distruggeva più di tutto: il forse. Forse avrebbero trovato Percy nel Campo romano. Forse lui sarebbe stato ancora vivo. Forse lui si sarebbe ricordato ancora di lei o forse ogni ricordo che aveva della sua vita precedente era stato cancellato da Era.
“Stiamo costruendo una nave, grazie ai ragazzi della Cabina di Efesto: la Argo II. Molti dicono sia di buono auspicio, ma…”
“Avete un Giasone a bordo.” Terminò per lei Sally, che aveva ascoltato in silenzio fino a quel momento. “Annabeth, i nomi sono potenti e tu lo sai molto meglio di me. Ma se fino ad ora siete riusciti a scoprire così tanto e questo Jason è un semidio importante, credo che questa nave sia una cosa buona.”
Le labbra della figlia di Atena si distesero in un piccolo sorriso e prese un altro sorso di tè per fermare sul nascere le lacrime che stavano per offuscarle gli occhi.
Sentì la mano calda di Sally poggiarsi sulla propria. “C’è dell’altro, Annabeth?”
Sospirò per prendere coraggio. Sentiva la gola chiudersi, sicura che appena avrebbe parlato sarebbe scoppiata a piangere, come una bambina. 
“Jason, il ragazzo nuovo, lui… Era gli aveva cancellato la memoria. E noi non sappiamo se… Se anche Percy non abbia più…” L’ultima frase uscì dalle sue labbra assieme ad un singhiozzo, le lacrime scorsero sulle sue guance.
Si coprì il viso per la vergogna: stava piangendo come una ragazzina e, per di più, di fronte alla madre del proprio ragazzo. Piangeva davanti ad una madre che si aggrappava da tre settimane alle sue parole, terrorizzata dal fatto che il figlio sarebbe potuto non fare più ritorno.
Sally si alzò dalla sedia e abbracciò Annabeth.
Piansero, l’una aggrappata all’altra, finché i singhiozzi non si trasformarono in respiri lenti e regolari.
“Quella dea. Non ha portato mai molto di buono.” Commentò Sally per tirarsi su di morale e far sorridere un po’ Annabeth, la quale si stava asciugando il viso con un fazzoletto di carta.
“Mi dispiace darti… Notizie del genere.” 
Sally sospirò e si asciugò una guancia con il dorso della mano. “Non è colpa tua. Gli dei sono capricciosi e non ascoltano i mortali.”
Annabeth alzò lo sguardo sulla donna: il tono che aveva usato era carico di delusione e tristezza. “Hai provato a chiamarlo?”
Sorrise in approvazione. Un sorriso triste, ma che confermava la sua ipotesi. “Qualche giorno fa sono tornata a Montauk. Paul aveva compiti da correggere e io avevo il giorno libero dal lavoro. Sono tornata alla nostra casetta sulla spiaggia. Ho chiamato così tante volte Poseidone che mi avrebbero arrestato se ci fosse stato qualcuno.” 
“Gli dei non rispondono più. L’Olimpo è chiuso.”
“Lo so, ma…” Picchiettò l’indice contro la ceramica della tazza. “Dovevo provarci.”
Annabeth la capiva. Aveva passato tre settimane a formulare qualsiasi combinazione d’idee, qualsiasi ipotesi o preghiera affinché ricevesse delle risposte soddisfacenti.
Soltanto i sogni le davano piccole risposte e si portavano dietro altre mille domande. E Annabeth desiderava esattamente il contrario.
Si sentiva una pedina nelle mani degli dei.
Il campanello del forno annunciò il termine della cottura.
Guardò oltre la spalla di Sally, che posava una teglia fumante sull’isola di fronte al forno.
Biscotti blu con gocce di cioccolato.
Percy aveva parlato di quei biscotti come se fossero oro. Le aveva detto che sua madre aveva la mania di preparare dolci di colore blu perché se riusciva a farli, allora tutto era possibile. Come il ritorno di Percy, pensò la figlia di Atena.
“Prendine uno. Percy diceva che sono meglio dell’ambrosia.” 
Un altro sorriso triste. Lo sguardo affranto di chi desidera che tutto quel dolore finisca. 
“Torno subito.” Sally mise tre biscotti su un piattino e li portò a Paul.
Annabeth ne prese uno e si domandò come potessero essere così blu e così profumati. 
“Sai, questo era il rimedio perfetto per tranquillizzarlo dopo un incubo.” Spiegò Sally dopo essere tornata in cucina.
“Davvero?”
“Sì, quando aveva un incubo veniva nel mio letto e mi svegliava con la vocina rotta dai singhiozzi. Allora lo prendevo in braccio e gli dicevo che andava tutto bene e che i mostri cattivi se ne sarebbero andati grazie ai nostri biscotti.” 

 

 

***

 

You told me once dear, you really loved me
And no one else could come between

 

Sally sistemò la teglia nel lavandino e andò a sedersi sul divano. 
Annabeth se n’era appena andata e ora si ritrovava da sola nel salotto di casa, mentre Paul era al computer nel suo studio.
Parlare di Percy era stato più doloroso di quanto avesse voluto ammettere, ma ricordarlo da bambino, quando aveva bisogno di lei, le aveva fatto tornare alla mente tutte le sere in cui Percy l’aveva svegliata che ricordava la sua voce e i suoi occhi, pieni di lacrime.
Ricordava i minuti passati sul vecchio divano a coccolarlo, accarezzandogli i capelli e sussurrandogli dolci canzoni all’orecchio, mentre lui mangiava un biscotto blu appoggiato a lei.

 

Sally aprì la porta dell’appartamento dove abitava e, prima che potesse riporre le chiavi sopra il tavolino lì accanto, Percy le corse incontro. “Sei tornata!”
Lo prese in braccio e gli baciò la guancia, colorata da sbaffi di pennarelli. “Sei stato bravo con Cassidy?”
Mentre il bambino annuiva furbo, la babysitter le si avvicinò sorridendo forzatamente. “È andato tutto bene. Deve solo imparare ad ascoltare un po’ di più.”
“Percy…” Lo ammonì cercando di essere più seria possibile. Il bambino abbassò gli occhi sulle mani, anch’esse colorate dai pennarelli. “Prometti che ascolterai Cassidy la prossima volta? Sai, lei fa un grande favore alla mamma a venirti a prendere all’asilo.”
“Va bene.” Rispose triste.
“Ora ringrazia Cassidy e vai al bagno, la mamma arriva subito!”
Sul viso del bambino tornò il sorriso solare di sempre. Percy guardò la ragazza, la ringraziò poi corse verso il bagno.
Sally pagò la babysitter e, mentre chiudeva la porta, sentì il piccolo sgabello del bagno strisciare contro il pavimento. “È pronto il mio pirata?” 
Si affacciò al bagno e trovò il figlio in piedi sullo sgabello, pronto a lavarsi le mani. “Sono pronto!”
Ci mise almeno un quarto d’ora prima di riuscire a lavare per bene le mani e il viso di Percy: continuava a dire che era sporco anche dove non c’era più traccia di pennarello.

 

Nel momento in cui si sedette sul divano, Sally sentì tutto il peso della giornata addosso. 
Quando aveva portato Percy all’asilo, la maestra le aveva fatto un discorso alquanto eccessivo sul comportamento barbarico che il figlio aveva verso i compagni e gli oggetti che « utilizzava come armi contro mostri che immaginava ». Aveva potuto solo scusarsi invece di dire alla maestra che, in realtà, quei mostri esistevano davvero.
Al lavoro, non era andata affatto meglio: per quanto si sforzasse di sorridere ad ogni cliente, alcuni sembravano nati per importunarla e il suo capo, quella mattina, aveva provato a metterle le mani addosso, dentro allo stanzino che lui chiamava ufficio. Per fortuna, un cliente era entrato e lei era corsa al bancone. Il suo capo era rimasto nel suo ufficio per metà della mattinata; l’altra metà l’aveva passata a urlare o tirare frecciatine a lei e alla sua collega.
“Mi sei mancata tanto!” La voce di Percy le fece dimenticare la voce scontrosa del suo capo. Strinse forte il proprio bambino contro di sé e gli baciò il viso più volte.
Sdraiarsi sul divano era diventato quasi un rituale per loro: stavano lì, su quel divano di seconda mano, per un po’ perdendosi in un mondo tutto loro. Lei si metteva un cuscino dietro la schiena e si appoggiava al bracciolo e Percy le si spalmava - letteralmente - addosso accarezzandole i capelli o raccontandole la sua giornata.
Soprattutto quando Sally aveva passato una brutta giornata, stare con Percy la riempiva di gioia.
“Anche tu, rospetto!” Iniziò a fargli il solletico e Percy scoppiò in una risata cristallina.
“Aiuto!” Rise il bambino che cercava di proteggersi dalle mani della madre. “Qualcuno mi aiuti!”
“E chi? Mister Crab?” Sally prese il pupazzetto preferito di Percy e lo utilizzò per fargli il solletico. “Ti mangio!” 
“No! Mister Crab non mi mangia!” Percy riuscì a prendere il peluche e a utilizzarlo contro la madre per farle il solletico.
“Aiuto! Mi vuole mangiare!” 
Percy si fermò e la guardò serio, come se stesse riflettendo. “No, mamma, Mister Crab non ti mangia, sennò poi io come faccio?”
La vista di Sally si offuscò a causa delle lacrime: Percy era la cosa più bella che avesse mai avuto in vita sua. 
Ogni giorno ringraziava Poseidone per averle dato una ragione tanto bella per continuare a vivere. 
Ogni giorno al lavoro, quando non ce la faceva più, si diceva che lo stava facendo per il suo bambino e questo le dava la forza per arrivare a fine turno.
Strinse forte il bambino e gli baciò i capelli. “Ti voglio tanto bene, Percy.”
“Io anche di più.”
“E io più del tuo più.” Sussurrò accarezzandogli i capelli corvini con gesti delicati. Poi iniziò a cantare, sottovoce. 

 

“You are my sunshine, my only sunshine 
You make me happy when skies are gray 
You'll never know dear, how much I love you 
Please don't take my sunshine away.”

 

 

Fine






Giudizio:



Grammatica e Sintassi: 9,8/10
Hai fatto pochissimi errori, sei stata molto brava! Ti elenco gli unici che ho notato:
• “[…] Sussurrò, guardando il il vapore profumato salire dal liquido ambrato nella tazza […]” -> piccola distrazione, elimina un il.
• “[…] Parlare di Percy era stato più doloroso di quanto avesse voluto ammettere, ma ricordarlo da bambino, quando aveva bisogno di lei, le aveva fatto tornare alla mente tutte le sere in cui Percy l’aveva svegliata che ricordava la sua voce e i suoi occhi, pieni di lacrime. Ricordava i minuti passati sul vecchio divano a coccolarlo […]” -> la prima frase non tona molto usando quel verbo, anche perché poi l’hai ripetuto nella proposizione seguente e anche prima. Ti consiglio di modificarla così […] l’aveva svegliata con la voce rotta e gli occhi pieni di lacrime. Rammentava i minuti […], mentre il primo ricordare puoi benissimo lasciarlo così.
Peccato, altrimenti saresti stata perfetta :D

Stile: 10/10

Possiedi uno stile scorrevole e conciso, è stato un piacere leggere la tua storia; il migliore di tutto il contest! Devi averci lavorato davvero tanto per ottenere un risultato del genere, anche se sono pienamente convinta che riusciresti a fare di più. Continua a esercitarti, perché potresti fare molto meglio di così sebbene ti abbia comunque dato il massimo – meritatissimo, oltretutto.

Originalità/Trama: 5/5

Una storia molto originale, nella sua semplicità. Mi è piaciuta tanto, hai sviluppato una trama molto lineare e completa. L’ho adorata, anche per l’aggiunta di quei flashback; una carta vincente!

Caratterizzazione/IC personaggi: 5/5

Ho apprezzato davvero molto come hai deciso di caratterizzare Sally e Annabeth: due donne forti che si sfogano a vicenda, liberando i loro sentimenti più dolorosi per la persona che amano di più al mondo. Uno scorcio molto delicato, senza peraltro sfociare in qualcosa d’esagerato o inverosimile; i miei complimenti!

Tema utilizzato: 3/3

Il prompt coccole è ben presente e usato in modo originale; l’hai aggiunto soprattutto nei flashback, rendendoli più significati, nonostante lo fossero già da sé.

Gradimento Personale: 3/3

La storia migliore di tutto il contest, l’ho amata, mi hai fatto commuovere nei momenti più tristi ed emozionare e sorridere per i dolcissimi flashback. Molto brava! Ho anche notato che hai preso spunto da Rapunzel per l’ultimo dialogo e anche per i gesti che si scambiano:

Strinse forte il bambino e gli baciò i capelli. “Ti voglio tanto bene, Percy.” “Io anche di più.” “E io più del tuo più.” Sussurrò accarezzandogli i capelli corvini con gesti delicati. Poi iniziò a cantare, sottovoce.

Una parola, Stupendo!

Totale punti: 35,8/36
  
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