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Autore: Alpha Hydrae    18/08/2014    1 recensioni
Quando il furgone frenò, nessuno si mosse, [...] L’armatura scintillante - anch’essa sembrava tenere lo sguardo basso. Portava un mazzo di chiavi fra le dita di titanio.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Α                                                     It Was Worth It                                                   Ω

 

 

 

L’avevano prelevato alle 16.00. La scorta principale occupava entrambe le corsie e si muoveva rapida fra le macchine dei civili, rallentate dal traffico dell’ormai ora di punta. Non aveva orologi, ma suppose che oltre l’abitacolo antiproiettile il sole cominciasse a tramontare. Immaginava i punti luce rossastri che si dipingevano sulla carrozzeria verniciata di nero, il bagliore aranciato che man mano veniva sostituito dal chiarore freddo delle finestre e dei lampioni, il tepore dell’ultima luce sopra l’orizzonte.

La vettura era priva di finestrini, più buia della cella di Ryker’s Island.  Una lampadina elettrica tratteggiava a mala pena i contorni delle divise dello S.H.I.E.L.D. che l’avrebbero accompagnato fino alla corte. Probabilmente fra di loro ce n’era qualcuno di livello otto o nove, e in cuor suo sperò che sotto una delle maschere non si celasse il viso di Maria Hill.

Non era agitato. Osservava a testa bassa le manette robuste, stretto fra le due guardie ai suoi fianchi. Quando il furgone frenò, nessuno si mosse, se non uno dei custodi, che portò due dita all’auricolare, quindi annuì ai colleghi. Con la coda dell’occhio Steve vide le porte aprirsi su un vicolo stretto, la desolazione e due cassonetti della spazzatura.  Questo sarebbe il posto dove vorrebbero uccidermi. Prevedibile. I suoi pensieri si rivolsero subito al Teschio Rosso, a Crossbones, a Bucky – a Sharon.

Quando sollevò lo sguardo, le sue ipotesi si vanificarono. L’armatura scintillante - anch’essa sembrava tenere lo sguardo basso. Portava un mazzo di chiavi fra le dita di titanio.

Poteva sentire gli stomaci degli agenti ribollire in silenzio alla vista del nuovo direttore, alla previsione delle sue intenzioni.

«Lasciateci». La voce soffocata dal casco metallico.

«No». Un sibilo felpato attraverso uno degli schermi scuri.

Gli occhi squadrati si posarono sulla guardia che li aveva contraddetti.

«, direttore Stark», fu il lesto intervento di uno dei suoi compagni.

Il furgone si svuotò sotto il passo cadenzato dello squadrone. Lo stridio elettrico degli arti di Iron Man echeggiò sterile all’interno, mentre le portiere venivano chiuse di nuovo. «Sai, basta chiedere».

Non che Steve non avesse pensato a scappare, ma aveva trovato l’idea inutile, incoerente, sbagliata. L’altro si sedette di fronte a lui, gettando le chiavi al capo opposto dell’abitacolo, in grembo al prigioniero. Le osservò luccicare sotto i raggi timidi della luce bianca, appoggiate all’uniforme azzurra.

«Non posso fare nulla se non ti lasci aiutare».

«Non vedo perché dovresti farlo». Appoggiò la nuca alla lamiera fredda, e osservò per l’ennesima volta negli ultimi giorni la maschera di fronte a lui. «Hai già fatto abbastanza».

 

 

 

 

α - I knew

«Per Dio, Steve». La voce si ruppe impercettibilmente fra le due ultime sillabe. «Lasciati una possibilità». Tony aveva raggiunto il suo limite ultimo, la linea di esasperazione oltre la quale, nell’ultimo mese, perdeva spesso il controllo.

«Sto facendo questo per lo stesso motivo per cui mi sono consegnato, per la volontà della gente».

«Fino a poche ore fa stavi combattendola». Non poteva che insistere. «Smetti a tuo piacimento?»

«Ma ho smesso». Le parole suonarono secche e sferzanti come sabbia negli ingranaggi di quella discussione a metà esplicita, a metà appena tangibile. «Tu, quando hai capito che stavi sbagliando?». L’ondata che avrebbe seguito quella domanda, non dissimile da quelle passate, sortiva comunque l’effetto di un pugnale fra le costole. «Quando hai plagiato Peter fino a mettere a rischio la sua vita, e quella della sua famiglia? Quando Bill Foster è morto per mano tua e di Pym? O quando hai rinchiuso i tuoi amici in un carcere di massima sicurezza, tra una pacca sulla spalla e un sorrisone?»

«Io non sono venuto ancora una volta a rinfacciarti che mi hai giocato un brutto scherzo sabotando l’armatura, che hai pestato Frank Castle e che hai causato quasi cinquanta vittime civili».

Le voci dei due esclamarono all’unisono: «Ho fatto quello che ritenevo giusto!».

All’unisono scorrevano anche i loro pensieri. Sono stato costretto. Non c’era scelta. La situazione è sfuggita di mano. Era giusto fare la cosa sbagliata. Abbiamo entrambi esagerato. Abbiamo entrambi sbagliato, equamente. Non c’era… scelta. Lo sapevo.

«Si trattava solo di dire alla gente chi sei davvero, di dargli qualcosa affinché potessero fidarsi di te».

«Eppure non sono io qui dentro a portare una maschera». Steve portò il busto in avanti, tendendo il collo verso il viso oltre l’elmo, di cui scorgeva appena gli occhi oscurati. «D’altronde per te non è mai stato un problema metterti in mostra».

«Questo non riguarda me». Tony si sentiva guardato come fosse nudo fino alle ossa.

«Certo che riguarda te, tutto riguarda sempre te».

Se in quel momento avesse lasciato il suo corpo parlare, l’uomo di ferro avrebbe vacillato e tremato nell’armatura, sotto il peso di quell’ultimo affronto; ma restava immobile, cosciente, privato dello scudo da battaglia.

Steve aveva accettato di estendere la sua scorta, di rinforzare la sicurezza, ma non avrebbe mai mancato l’appuntamento con il tribunale, non in quel modo. Tony quasi sorrise fra sé e sé, pensando che quando si trattava di lui era sempre inutile tornare alla carica, che si trattasse di un fronte di guerra o della sua stessa salvezza.

«Hai scelto tu di continuare con questa pantomima».

«È tutto vero, Tony. Prova a concepire il sacrificio, il mantenere un ideale fino al patibolo. O non concepisci neanche la sincerità», indicò reclinando il capo le porte del furgone, e gli agenti che attendevano oltre di queste, «o la fiducia?».

Stavolta fu Tony Stark a sporgersi verso l’ammanettato. «Il solito testardo».

Le chiavi caddero con un breve tintinnio ai piedi dell’armatura. «Non scenderò ai tuoi compromessi per alleviare la tua coscienza sporca».

Si rimise rapidamente in piedi, posando lo sguardo sul viso fermo dell’altro attraverso i due fori rettangolari. «Non è troppo tardi per cambiare idea», una voce tanto debole da fargli domandare se Steve l’avesse udita, dall’altra parte del casco.

«Mi sono già arreso una volta».

«No. Tu non ti arrendi mai».

Il capo biondo si alzò ancor più deciso a mostrare gli occhi azzurri con espressione rassegnata e sicura. «Ne vale la pena».

La luce flebile del vespro entrò dalle portiere al loro aprirsi, mentre Iron Man spariva verso il cielo rosato di New York. L’ultimo spicchio di sole si assottigliò fino ad essere sopraffatto dalla linea dell’orizzonte.

 

 

 

 

β - I tried

Il fatto di averci provato non lavava la sua coscienza della colpa che si infliggeva; anzi, l’appesantiva. La realtà gli era scivolata dalle mani con il suo fare subdolo, ancora una volta. Avrebbe paragonato quel corpo disteso a una statua, una di quelle opere che raccontano un significato, un ideale, un pezzo di storia.

Il perdente sul trono sommo osservava il cadavere del vincitore, dominato dalla sua stessa spada. In realtà, come ben sapeva, c’era un’arma sola, ed era quella di un sistema, del sistema, e lo stava urlando fra quelle quattro pareti che sapevano di morte.

 

Quella morte.

La morte con la quale non avrebbe mai potuto vivere, e si era avverata. *

 

Lo sapeva, e ci aveva provato. Sapeva che qualcuno l’avrebbe ucciso, e aveva provato a strapparlo a quella fine, come l’avrebbe strappato a quel tavolo freddo. «Ne vale la pena», una frase, una modulazione di suoni e significati che sporcava il viso pallido e strappava la divisa blu; l’aveva lacerata fino a raggiungere i suoi organi vitali.

Due facce della stessa medaglia, il rischio e la salvezza,

la sicurezza e la libertà.

 

 

 

«E, Tony, smettila di dare le spalle al fatto che avrai sulla coscienza

tutte le conseguenze di tutte le tue azioni».

 

Ω – I failed

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: *un po’ tanto ispirato alla frase “The thing I can’t live with has happened” [Civil War – The Confession]. Altri riferimenti anche a Captain America, volume 5, #25

  
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