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Autore: origasmo    19/08/2014    1 recensioni
In duecento parole non si può raccontare questa storia, perché non basterebbero.
E poi, anche se ci riuscissi con le parole, per far si che questa sia una storia che vi faccia sognare, dovrete metterci dentro cuore, testa e corpo. Solo così riuscirete ad immedesimarvi e vivere la storia d'amore ai limiti più estremi di quanto possiate immaginare.
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Bondage, Non-con, Violenza
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Angolo Intestazione scrittrice
Salve amici lettori.
Non so come voi siate finiti in questa pagina web, se per curiosità o su consiglio di un amico, in qualunque caso, vi ringrazio infinitamente. Di solito le note della scrittrice vanno messe alla fine del racconto, ma non lo trovo corretto, perché qualcunque lettore può decidere, in base a questa presentazione se continuare o no la lettura. Quindi, mio caro lettore, ti avviso in anticipo che questa storia può essere amata solo se la leggi davvero, come se tu fossi la protagonista, Sara, o Christian, personaggio fondamentale della storia. Spero vivamente che questa mia prima "opera" vi piaccia, perché, come dico spesso, in ogni parola che scrivo, c'è dentro un po' di me. Buona lettura
- Serena -



 
 


Prologo




La più antica macchina fotografica fu costruita a Parigi nel lontano 1839, e di certo il suo inventore non avrebbe neanche immaginato dove la sua invenzione sarebbe arrivata. In un secolo e mezzo quella scatolina nera senza capacità di colore è diventata oggetto di continue trasformazioni, evoluzioni, che si sono rivelate piacevoli a molte persone sul Pianeta. Chi non possiede una macchina fotografica? A parte le persone più sfortunate dei Paesi più poveri, tutti! Ci divertiamo a scattare fotografie nelle situazioni più felici: in ricorrenza di un compleanno, di una vacanza, di una giornata passata con la persona più cara. Per poi stampare quelle immagini e depositarle in qualche scatolone in soffitta, e magari, qualche tempo più tardi, ripescarle per ricordarsi di aver avuto dei momenti felici. Oppure, molti anni dopo, quando un figlio o un nipote ci chiederà storie sulla nostra giovinezza non dovremo neanche sprecare le parole per raccontare, perché saranno impresse lì, su quella carta sbiadita di tanti anni prima.

Cosa sarebbero gli uomini senza ricordi?

Per questo non vogliamo dimenticare. Passiamo la vita ad vivere momenti  che diventeranno ricordi, e a non dimenticarli. O a sforzarci di farlo.
Ed era quello che stava facendo Sara Miller, seduta in uno dei più squallidi posti sulla faccia della Terra, schiacciata tra il martello del dottor Hudson e l’incudine della prigione.

-Signorina Miller, glielo chiederò per l’ultima volta. Dove ha visto per l’ultima volta Christian Catcher?-

Quella domanda l’aveva sentita. Eccome se l’aveva sentita. E sapeva anche la risposta, solo che a volte ci sono situazioni in cui non si può parlare, o non si vuole parlare. Il nome di Christian Catcher, che per il poliziotto poteva sembrare “uno dei tanti”, in realtà, per quella figura scheletrica dagli occhi color ghiaccio, aveva rappresentato la vita negli ultimi sei mesi. Ma nemmeno questo poteva dire.  E allora taceva, e dietro quell’incessante silenzio danzavano a ritmo veloce la curiosità e la paura di fallire.

-Va bene, facciamo così: io le lascio tutta la notte per pensarci. La lascio qui in questa stanza tranquilla, ma quando tornerò, vorrò sapere tutto nei minimi dettagli, altrimenti la arresterò per ostacolo alle indagini.-

Con questa minaccia, il detective Hudson, uscì dalla stanza, lasciando dietro di se altro silenzio. Nel profondo, a Sara, faceva paura quello che l’uomo le aveva detto, ma in cuor suo, ricordava la promessa che aveva fatto e, anche se si sforzava di dimenticarla, non poteva farlo.
 L’idea di una nottata tranquilla senza quelle insistenti domande, le parve il paradiso, ma allo stesso tempo si chiedeva cosa avrebbe risposto al detective una volta tornato. Non aveva la possibilità di scappare, date la sbarre alle finestre, la porta blindata e le numerose telecamere: sarebbe finita in carcere ancor prima di confessare che lei non c’entrava nulla con quella storia. Non poteva raccontare il falso, perché, ammesso che tutto il racconto fosse coerente, le forze dell’ordine avrebbero verificato la sua versione dei fatti, prima di lasciarla libera. Raccontare la verità? Avrebbe potuto farlo, dato che lei non era stata macchiata di nessun crimine, ma cosa sarebbe successo una volta uscita di là? Christian sarebbe stato arrestato e condannato all’ergastolo, o peggio, avrebbe ricevuto una pena capitale e lei avrebbe vissuto per sempre con il rimorso.


Cosa farebbe Christian?

Che strano: aveva perso il conto di quante ore aveva passato ad evitare di rispondere a delle domande, ed ora era lei che se le stava ponendo. Stanca di quella giornata, si alzò a fatica e strusciò la sua schiena lungo il muro freddo, fino a toccare il pavimento con il sedere. Guardò fuori dalla finestra e il suo sguardo dello stesso colore della neve sotto la luce notturna, incrociò quello del cielo, in un mix perfetto di tristezza e voglia di scappare. E allora si diede il permesso di pensare a lui. Le lacrime scesero da sole, in quel mare di silenzio e di stelle.

-dove sei Christian?-

Con questo ultimo sussurro, Sara, si lasciò cullare dal silenzio della notte, sperando che qualche malore istantaneo costringesse i medici a portarla fuori da lì. Mentre nei suoi sogni, nel frattempo, si facevano largo i ricordi...
 

N.B.: Oltre alle recensioni di comlimenti (se ce ne saranno) vorrei ricevere qualche consiglio, o critica (non offensive riguardo la storia o la sottoscritta), per migliorarmi, non solo nel modo di scrivere, ma anche come grafica, scrittura, banner ecc... 
  
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