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Autore: _thessa_    19/08/2014    2 recensioni
"Gli orrori oggi sono altri, la gente ha paura di cose come gli assassini, corpi senza vita, giocattoli spiritati e sangue che sgorga dalle pareti. Credetemi se vi dico che quella bambina era era molto peggio"
Idea venuta da un sogno che ho fatto, spero vi piaccia!
E' la mia prima ff siate clementi :)
Recensite in tanti, proveró a leggere le vostre storie visto che sono nuova e vorrei alcuni consigli per le ff da leggere!!!
Genere: Fantasy, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Qualche notte fa ho fatto un sogno, che penso sia meglio reputare incubo. Era orribile. Non c'erano spargimenti di sangue, assassini, persone che si uccidevano a vicenda o mostri nauseanti, nulla di tutto questo. Era peggio. Era straordinariamente inquietante, soprattutto per una sua particolarità innaturale, che non potrebbe esserci in un altro sogno qualsiasi. Era reale. Ogni cosa che accadeva, ogni persona o cosa, sembrava vera, mi pareva quasi che tutto stesse avvenendo nella vita reale, e non nella mia mente.
Mi ricordo perfettamente l'inizio di questo incubo, come se fosse stampato a fuoco nel mio cervello. All'inizio c'era un parcheggio assolato in cui due bambine giocavano allegramente. Io le guardavo da dietro un albero dalle foglie rinsecchite, come se fossi una spettatrice in un teatro. Loro però non si accorgevano della mia presenza, nemmeno quando mi avvicinai per farmi vedere: ma nulla non mi videro, continuarono a giocare, come se io fossi solo uno spirito, un fantasma. Mi passò per la testa di non esistere nemmeno, che quel sogno fosse un film proiettato nella mia testa. Cosa impossibile dopotutto; io riuscivo a muovermi, a spostarmi, e se anche avessi voluto, avrei toccato quelle bambine.
I miei pensieri vennero bloccati, non appena le due si fermarono di giocare. Io stupita, le guardai per un attimo, confusa, senza capire cosa le avesse interrotte. Poi, seguendo i loro sguardi capì: davanti a noi, si innalzava un palazzo di circa sei piani. Era abbastanza curato, senza contare il fatto che mancava la porta, e alcuni vetri delle finestre erano rotti. Ma quella casa prima non c'era. Sapevo perfettamente, ne ero praticamente certa, che quel palazzo non c'era quando tutto era iniziato. Come se fosse apparso dal nulla. Scrutando meglio le due bambine, mi accorsi cosa le aveva incuriosite tanto. Mi girai lentamente, e la vidi. Una piccola e graziosa bimba rimaneva sulla soglia d'ingresso. Credetemi se vi dico che era stupenda. La pelle era così chiara da sembrare ceramica, il viso piccolo e rotondo era cosparso da tante minuscole lentiggini. Due occhi color nocciola erano posti sotto due chiare sopracciglia rossicce, sulle spalle ricadevano i capelli rossi, e infine portava un piccolo abito rosso fuoco che risaltava sulla pelle pallida. Non so perché, ma quella bambina, riusciva a farmi provare tenerezza e timore allo stesso tempo. Le altre due ragazzine la stavano fissando con uno occhi vuoti, e lei sembrava contraccambiare quello sguardo privo di emozioni. Sembrava. Infatti, per un attimo, pensai che la bambina dal vestito rosso fuoco stesse guardando me. Ma come? Io ero praticamente invisibile.
La bambina, entrò nella casa, e le due la seguirono. Si muovevano con movimenti lenti e meccanici, sembrava che stessero avanzando contro la loro volontà. Parevano due marionette che rispondevano ai comandi di due fili invisibili. Entrarono anche loro nell'edificio, ed io le seguì. L'ingresso era un piccolo spazio affiancato da delle scale che portavano al piano superiore, e da una porta scorrevole, in quel momento aperta, che dava sulla cucina. Non so esattamente il perché, ma quella casa continuava a darmi delle sensazioni strane e inquietanti. “C’è qualcosa che non va qui” pensai. Le due bambine, erano davanti a me: sembravano essere uscite da quella specie di stato di trance, che prima le aveva avvolte conducendole verso la casa, e adesso si guardavano in torno con un’espressione smarrita. Mentre le osservavo, mentre si scambiavano sguardi confusi, sentì un fruscio. Anche le ragazzine, se ne accorsero, perché misero fine ai loro deboli bisbigli, e  si voltarono piano, come feci anch’io. E lei era ancora lì sulla soglia della porta, avvolta nel suo piccolo abito, con lo sguardo acceso di una carica strana che prima non aveva e un sorriso inquietante sulle labbra, da parere quasi cattivo se messo nel viso di un’altra persona. Ma su di lei, beh su di lei nulla sembrava cattivo, qualunque cosa appariva normale e innocua, proprio come succede guardando un bambino piccolo: nessuno pensa che sia pericoloso. E io avevo quello stesso presentimento per quella bimbetta come lo si ha per un neonato, la vedevo come se fosse un’innocente creatura, ma allo stesso tempo sapevo che fidarsi di lei era solo un errore.
La bimba guardò le altre due con uno sguardo indagatore, poi uscì dall’edificio; sentì un altro fruscio alle mie spalle, che mi fece correre un brivido per la schiena. Mi rigirai, e la vidi ancora una volta, dietro di me e le due bambine, che la guardavano con gli occhi sgranati. E dopotutto avevano ragione: lei prima era uscita dalla casa, e ora era dietro di noi come se si fosse teletrasportata. Come faceva? E lì i miei sospetti si fecero ancora più intensi: non era una semplice bambina.
Vedendo gli sguardi sconvolti delle ragazzine emise una risata quasi impercettibile, innocua ma strana. Con le mani sulla bocca, passò attraverso la porta scorrevole aperta della cucina. Un altro fruscio. Un altro brivido sulla pelle della mia schiena. Mi voltai, e con me le bambine, e sulle scale c’era la bimba dal vestito rosso, che si era  messa a ridere divertita dalle facce sconvolte delle due. Quella risata mi fece restringere lo stomaco, come se una mano invisibile l’avesse stretto nel suo pugno; era una di quelle risate che fanno i cattivi nei cartoni animati, quando vogliono mostrarsi innocenti di fronte ai buoni. Allegra e colorata da un punta di crudeltà quasi impercettibile.
“Giochiamo insieme” disse la bambina, salendo le scale di corsa, senza neanche aspettare le altre due ragazzine che la fissavano ancora scosse. La sua voce, era normalissima, quella voce tranquilla e serena che hanno tutte le bimbette di sei anni. Ancora una volta le due bambine si mossero, e ancora una volta i loro movimenti mi risultarono meccanici, robotici, troppo innaturali. I loro occhi, mentre le gambe si muovevano per salire i gradini della scala, erano vuoti e inespressivi. Da cosa erano comandate, non lo so ancora, anche se penso che era la bambina a ridurle in quello stato di incoscienza.
Salimmo i vari piani, e la bimba eseguiva sempre lo stesso trucco in ogni stanza: scompariva dietro ad una porta o dentro una stanza, un fruscio correva dietro le mie spalle, un brivido percorreva la mia schiena, e la ritrovavamo dietro di noi, sempre con quell’espressone dolce e un sorriso innocente. Troppo innocente.
Raggiungemmo l’ultimo piano praticamente esauste. Non so esattamente quanti piani  avevamo passato prima di raggiungere l’ultimo, saranno stati cinque o sei. Ed ognuno di essi era un normalissimo piano di un normalissimo palazzo; ma ancora le cose mi risultavano anormali, me lo sentivo dentro. Forse proprio per quella bambina misteriosa, che si muoveva con una delicatezza innaturale senza produrre il minimo rumore, che rendeva quella casa comune un posto insolito nel suo genere.
Il piano finale, era costituito da un’unica camera dalle pareti giallo canarino e il pavimento rosa. Sulla parete davanti a dove terminavano le scale c’erano due finestre che si affacciavano sul parcheggio dove poco prima le due bambine giocavano. La camera era spoglia, priva di mobili e quadri, oltre ad un uomo vestito con una giacca e dei pantaloni blu, come se stesse andando al lavoro. Non saprei descrivervi il suo volto, ogni volta che provavo a guardarlo in faccia, questa mi risultava sbiadita. Alla destra dell’uomo c’era una botola, una “porta” nel pavimento, a sinistra invece c’era una cosa abbastanza insolita: un gruppetto di bambole, di diversi tipi. L’uomo non appena ci vide, o meglio, non appena vide le due bambine e la bimbetta dal vestito rosso, prese quest’ultima per un braccio magro e disse:
“O fate questa fine” e tirò la bimba verso il gruppetto di bambole “o questa”. Aprì con un calcio la botola, che emise uno scatto prima di spalancarsi. Mise la bimba davanti al buco quadrato che si intravedeva e lei, senza protestare o provando a liberarsi si lasciò cadere nella botola. Non emise nemmeno un urlo o un piccolo gemito, fin quando si udì uno schianto, come se il corpo della bimba fosse atterrato pesantemente su una superficie dura. Dopo alcuni secondi ci fu un rumore di ingranaggi e alla fine silenzio. Le due ragazzine guardavano la scena scioccante; un sorriso che lasciava intravedere tutta la malvagità possibile, fece capolino sul viso dell’uomo. Prese una delle due, e provò a spingerla verso il gruppetto di bambole; queste, si alzarono come delle marionette, gli occhi illuminati da una strana luce rossa, e iniziarono a strappare i vestiti e i capelli della ragazzina. Lei riuscì a liberarsi, provò a correre verso l’amica, ma l’uomo fu più veloce la afferrò per un bracciò e la gettò nella botola. Al contrario della prima vittima questa urlò di paura, un grido orribile mischiato al pianto di disperazione. Poi un tonfo, silenzio e il rumore di ingranaggi. L’urlo si fece più acuto, trasformandosi in un grido di dolore. Non ebbi il coraggio di affacciarmi alla botola per vedere cosa fosse successo, lo intuivo senza bisogno di accertamenti. Mi venne la nausea, un giramento di testa e una paura terribile mi assalì, non per me, nessuno mi vedeva non mi avrebbero fatto del male, ma per la bambina rimasta. Cosa le sarebbe successo? La ragazzina, era immobile, il corpo paralizzato, le braccia lasciate cadere lungo i fianchi ossuti, gli occhi colmi di terrore.
Sentì un altro fruscio, un altro brivido corse su per la mia schiena, raggiungendo le spalle, in un abbraccio gelido. Anche la bambina rimasta, lo sentì perché si girò piano; lo feci anch’io e lei era ancora lì, sana e vegeta. La bambina dal vestito rosso.
“Continuiamo a giocare dai!” esclamò stavolta con una risata maligna. Prese l’altra per le spalle spingendola verso le bambole, che iniziarono ad avanzare con le braccia protese in avanti. La vittima provò a dimenarsi debolmente, ma fu inutile. La bimba dal vestito rosso, la gettò fra le bambole, che le strapparono i vestiti, le legarono i capelli in due trecce, le truccarono le guance e infine la rimisero in piedi.
“No, no…” sussurrò la bambina piano, guardando il vestito verde bottiglia che le avevano messo. La guardai stupida e terrorizzata, conscia di quello che quelle bambole orrende le avevano fatto: l’avevano trasformata in una di loro. La bambina iniziò a rimpicciolirsi, fin quando raggiunse le dimensioni di una bambola. La ragazzina raggiunse l’uomo, che in tanto guardava fuori dalla finestra. C’erano altri bambini fuori che giocavano con un pallone.
“Ce ne sono altri” disse l’uomo con un sorriso amaro sul volto, prima che la bambina scese nel parcheggio, per riiniziare tutto quanto. Mi si oscurò la vista, un dolore lancinante alla testa, e mi trovai di nuovo nel parcheggio: i ragazzini si accorse della bambina, la seguirono nella casa, arrivarono al piano superiore e beh… il resto lo sapete.
ANGOLO AUTRICE:
Allora questa è la mia prima ff,
quindi siate clementi =D.
L’idea mi è venuta un po’ di giorni fa, e mi stava torturando troppo così l’ho messa in pratica!
Recensite in tenti per favore!
By Aly
   
 
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