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Autore: Arepo Pantagrifus    19/08/2014    2 recensioni
Un dialogo. Due personaggi assurdi che parlano senza senso... o forse un senso c'è in tutto questo? Dichiaratamente beckettiano. Una pièce teatrale? Immaginatevela così, se vi pare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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○ La morte è una grave disgrazia.

● La vita è ben peggiore...

○ Non farmi star male! Ricordati invece del nostro caro amico, che ci ha lasciati. Buon'anima...

● Non lo ricordo così...

○ E perché mai?

● Non era poi uno stinco di santo.

○ Tutto sommato... ma qualcosa di buono ce lo doveva pure avere!

● ...

○ Ecco! Suonava bene il piano!

● Suonava bene se il piano era accordato.

○ Perché? Se era stonato?

● Non era d'accordo.

○ ...

● ...

○ Ehh... Ricordo quando scordava pianoforti a suon di musichette, ballabili e lisci d'orchestra...

● E dove li scordava?

○ Cosa?

● I pianoforti, dove li scordava?

○ Ah! In giro, di qua, di là... purtroppo era sempre un po' distratto...

● Ehh, quella carogna! Se la spassava il bastardo con quelle puttanelle di musiche! Musiche facili, dicevano! Altroché se se l'è goduta il vecchio. Non c'è che dire!

○ Sono d'accordo.

● Aspetta! Non siamo intonati.

○ Perché?

● Mi sono scordato...

○ Ricorda, vecchio mio, perché?

● Ecco... mio padre... mi proibiva molte cose...

○ Cosa, vecchio mio, racconta.

● Mi ordinava di non essere felice per sempre.

○ Continua.

● Mi diceva: “Promettimi che non sarai felice per sempre.” Ed io: “Te lo prometto: non sarò per sempre felice!”

○ Essere sempre felici è una grande infelicità, mi fa quasi tristezza.

● Così dicono tutti.

○ Allora deve essere vero.

● Se sei felice ti pigliano per strano.

○ La gente ti piglia sempre per qualcosa... ma ti prego, continua.

● Mio padre... Mio padre mi diceva di non mangiarmi le unghie.

○ E quindi cosa facevi?

● Mi mangiavo le dita.

○ E quando finivano?

● C'era ancora la mano... A volte mi piaceva condirle con il moccio del naso. Era un'avventura ogni volta tuffarcelo dentro e estrarne ogni volta una meraviglia. Vedessi che colori che ne uscivano!

○ Quali erano i tuoi colori prediletti?

● Mi piaceva molto quando era ancora fluida, di un colore giallastro che ti si appiccicava alle dita, e poi facevi le palline da tirare ai compagni. Poi c'erano quelli verdini, ma erano già secchi, a volte con qualche sfumatura di grigio. Chissà quante schifezze respiriamo.

○ Dimmi, che sapore avevano?

● Erano salatine, di solito. A volte erano più pastose, con essenze e aromi più particolari che, nei casi delle mollicce, potevano anche diventare dolciastri.

○ Cos'altro ti diceva tuo padre?

● Mi prendeva in braccio e mi sputava in faccia. Mi prendeva a cavallino e mi diceva: “Chi è il bambino infelice? Chi è il bambino infelice?” Oppure, con le mani vicino alla faccia: “Fai la faccia triste a papà! Fai la faccia triste a papà!”

○ E tu gli obbedivi?

● Sissignore.

○ Tu sei il bambino infelice.

● Sissignore.

○ Non conoscerai che noia e tristezza nella tua vita, sei contento?

● Sissignore.

○ Bravo! Ora puoi andare a divertirti.

● Ma... Non so come si fa.

○ Vieni, ti insegno io. Questo è il mondo. Lo vedi? Un mucchio di ossa con sopra delle figurine. Vedi? Siamo noi.

● E quanto tempo fa?

○ Tanti, tanti anni fa, ricordi? Tu ancora non c'eri.

● Allora ricordo! Mi contavo ancora le penne sulle ali...

○ Ecco, questa invece è una porta.

● Non c'è la chiave.

○ È perché siamo prigionieri.

● Forse la parola-chiave è la risposta.

○ No, ormai anche i libri si sono fatti prigioni.

● Andiamo ad aprirla.

○ Non si può: si apre da fuori.

● Non c'è la maniglia.

○ Non si apre del tutto.

● Nasconde un segreto?

○ Ormai tutti sanno cosa c'è di là.

● Come mai io non lo so?

○ Perché nessuno te lo può dire.

● …Ho voglia di morire.

○ Anch'io. Vedrai, quando saremo grandi, allora, forse accadrà.

● Quanto grandi bisogna essere?

○ Almeno fino a quella casa.

● Ma la tengo tra le dita...

○ Allora non possiamo più.

● Non possiamo più cosa?

○ Morire, tornare indietro, sognare, boh? Chi sa che cosa...

● Ogni volta mi stupisci.

○ Perché?

● Ricordo di rivivere le stesse sensazioni di una volta, come se avessi già vissuto questo momento... È strano...

○ Si chiama deja vù. Significa che tu l'hai già vissuta.

● Dove?

○ In un'altra vita?

● Quando?

○ In una vita precedente.

● E in una vita futura?

○ Nella vita che stai vivendo.

● Che razza di vita è... La gente vive senza chiedersi i perché. Perché?

○ La gente non vuole domande fastidiose. Domande che occupano troppo tempo per cercare una risposta. Alla gente interessa vivere senza farsi problemi.

● Ma che problemi ha la gente?

○ Gli stessi problemi di tutti: il lavoro, la famiglia, i soldi, la salute, la carriera, la fede, la macchina, l'amante,...

● Ecco la felicità!

○ L'hai trovata? L'hai vista? Dov'é?

● È stato... È stato un'attimo, ma giuro, giuro di aver sentito qualcosa... Cosa fosse la felicità!

○ Com'era? Com'era? Dimmi, com'era?

● Una cosa dolce e calda, ma tremenda. Gaia, strabiliante, serena e spaventosa... era... era come...

○ Come cosa?

● Come... Sì, come, come qualcosa...

○ Qualcosa? Che cosa? Che genere di cosa?

● Ma sì, qualcosa di facile, semplice...

○ Cosa? Cosa?

● Qualcosa di bello!

○ Non ho mai provato nulla di simile.

● Nemmeno io, fino ad ora.

○ E dimmi: come hai fatto?

● È bastato... non so, pensare, forse?

○ Pensare, pensare... Qualcosa di bello?

● A me sembrava, poi... ora non so...

○ Bello, bello, bello... Qualcosa di bello? Dimmi qualcosa di bello!

● Hm… La luce di un lampione?

○ No…

● … il cappello di una strega?

○ No…

● … le caramelle della nonna?

○ No…

● … il profumo del divano nuovo?

○ NO…

● … il pelo del cane al parco?

○ No…

● … le stelle di Orione le sere d'inverno?

○ No…

● … il Natale di vent'anni fa?

○ Aspetta! No...

● … la musica che suonava il nostro vecchio?

○ Oh, sì! Sì!!!… No…

● Non affliggerti, vecchio mio, ci sarà amche il tuo momento.

○ Non lo so, non lo so, …

● Sù, sù. Vedrai vedrai.

○ Mi dici come farò?

● Ci vuole pazienza, tanta pazienza.

○ Io sono stanco...

● Vieni, appoggiati a me.

○ Mi sento stanco. Forse è troppo tardi...

● Troppo tardi per cosa?

○ Forse non avrò mai un momento felice...

● Non pensarci, sù.

○ Forse siamo già grandi?

● Vieni, siediti qua. Ti ricordi quando suonava il vecchio? Quelle vecchie canzonacce da osteria? Come ballava battendo i piedi?

○ Oh, sì! Il vecchio con le calze a righe!

● Già! Con i buchi sulle punte delle scarpe!

○ Oddio! I buchi delle scarpe!

● Hai visto? Sei contento?

○ Oh, grazie. Non ce l'avrei fatta senza di te. Grazie. Ora sono stanco... Tanto stanco...

● Ecco sdraiati qui.

○ Vuoi rimanere ad aspettare, qui con me?

● Cosa devi aspettare?

○ Qualcosa, qualcuno, un dono, un passaggio? Quando arriverà lo capirò.

● Cosa?

○ Vedi, tutti aspettiamo qualcosa dalla vita. C'è chi la riceve prima e chi più tardi. C'è chi se la deve cercare, e chi se la ritrova e basta. Ti prego: stai qui, non andartene. Qui, con me, vicino. Aspettiamo insieme. Non durerà tanto... Basta aspettare: tra un po', forse... un attimo e arriva...

● Sono qui, non aver paura. Sono vicino a te.

○ Non andare via, ho paura. Ho aspettato troppo a lungo, non sapendo cosa aspettare...

● Vieni qui: è arrivato il momento di andare.

○ Solo un attimo... Adesso arrivo.

● Addio.

○ Cosa? No, no! Aspetta!

● Addio!

○ No... No... No...

● Addio...

○ No... No... No...

 

   
 
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