Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Amens Ophelia    20/08/2014    7 recensioni
[ItaSaku]
"Aveva sognato di restaurare il proprio clan maledetto, Sasuke, e lei aveva sempre immaginato di poter essere la prescelta, la progenitrice di una nuova stirpe dai capelli neri e le iridi più buie della notte."
Ma Sasuke non respira più e le strade pullulano di fantasmi, ora.
Due anni dopo la fine della guerra, il cuore di Itachi batte ancora e sta permettendo anche a quello di Sakura di salvarsi.
Ventiquattro mesi dopo la morte, se ne attendono altri sette per tornare alla vita, finalmente.
***
What if? con minimi spoiler per chi non è giunto alle fasi iniziali della Grande Guerra Ninja (Edo Tensei, cap. 558 e seguenti; ep. 321 e seguenti).
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Itachi, Sakura Haruno
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Caratteri  ereditari
 

 

Mentre il sorriso andava scomparendole dal volto, Sakura si guardava le mani, malinconica. Come aveva potuto stringere quelle di un altro, dopo che il suo cuore aveva sempre giurato amore verso Sasuke?
“È morto”, le ricordò la voce della coscienza, “e non ti ha mai ricambiata”.
Era vero, lo sapeva bene, e nemmeno riusciva più a dispiacersene come un tempo; eppure, perché la feriva sottilmente, stare seduta lì?
Rannicchiata sul gradino dell’engawa, chiuse gli occhi e strinse goffamente le ginocchia al petto, in quel quartiere spettrale, ancora incredibilmente vuoto.
 
Aveva sognato di restaurare il proprio clan maledetto, Sasuke, e lei aveva sempre immaginato di poter essere la prescelta, la progenitrice di una nuova stirpe dai capelli neri e le iridi più buie della notte – perché la genetica difficilmente ammette eccezioni come il verde e il rosa, quando il non-colore per eccellenza s’inocula in una creatura.
 
Appoggiò la tempia contro la sottile colonna di legno e sospirò, osservando il mutare misterioso e affascinante della luce del vespero. L’indomani sarebbero stati due anni dalla sua morte, dalla fine della guerra, dall’inizio di una nuova fase.
Ancora una volta, quella ricorrenza sarebbe stata celebrata senza un minimo accenno al suo ricordo; tutt’al più, la maggior parte degli abitanti di Konoha avrebbe maledetto nuovamente l’anima di quel nukenin cui il villaggio, in qualche modo, doveva invece la propria salvezza. Il sanguinoso tumulto, infatti, aveva avuto termine quando Sasuke aveva emesso l’ultimo respiro.
Lei l’aveva amato, odiato, perdonato e temuto, in passato, e ora stava cercando di pensarvi il meno possibile; dimenticarlo sarebbe stato arduo e ingiusto, ma apporre un leggero velo d’oblio sul suo nome non sarebbe stato un male, anche perché adesso poteva – e desiderava – riservare il proprio affetto solo per una persona.
Anzi, due.
 
Sorrise nuovamente, accarezzando il lieve, dolce rigonfiamento del ventre, sotto lo yukata bianco solcato da sottili ricami a fiori rossi.
Non si era ancora decisa a sottoporsi a un controllo, a tentare un test di gravidanza, perché un ninja medico – una donna – sapeva bene quando una nuova vita cominciava a germogliare in lei.
“Fra sette mesi rivedrò me stessa, in te, o lui?”, chiese alla creatura che custodiva in grembo, riferendosi più all’indole che alle qualità fisiche – perché certi caratteri ereditari non potevano proprio essere debellati.
 
 

____.:.____
 

 
Dei passi leggeri, alle sue spalle, la riscossero. Raddrizzò la schiena ma, prima di potersi alzare, una mano dalle dita lunghe, candide e affusolate si posò sulla sua spalla, obbligandola delicatamente a restare ferma dov’era.
Lei la strinse d’istinto, osservando il proprio uomo sedersi al suo fianco.
Guardava l’orizzonte, ascoltava il silenzio e lasciava che lei si accoccolasse e appoggiasse contro il torace, ponendo l’orecchio sullo spazio del costato sotto il quale il suo cuore, ora, batteva.
 
Quel corpo che era stato carne e cenere adesso era ancora costituito da tessuti e muscoli, sangue e ossa, perché Sasuke, ormai allo stremo, aveva pregato Orochimaru di recuperarlo, di trarlo indietro da quella dimensione terribilmente nera in cui era giunto, di fare in modo che almeno lui potesse vivere. Voleva ricambiare il favore, ringraziare il fratello per gli enormi sacrifici cui si era sempre sottoposto per salvaguardarlo da ogni male.
Così Itachi era vivo, mentre di Sasuke non restava più nulla, forse solo un vago ricordo – benevolo o meno – nella mente di chi l’aveva conosciuto. Avrebbe chiesto al ninja leggendario di riportare in vita l’otouto, ma una delle ultime cose che il nemico aveva fatto, prima di essere estirpato dal mondo grazie alle forze degli shinobi alleati, era stata uccidere anche il sannin, fra gli innumerevoli altri combattenti.
Quel gesto generoso, salvifico non solo verso di lui ma il villaggio stesso, era passato inosservato; il giovane ninja dai trascorsi turbolenti, assetato di giustizia e pronto a ottenerla con ogni mezzo, aveva lasciato il mondo con la nomea di assassino, d'insano vendicatore, di traditore degli affetti.
Caina non poteva averlo davvero accolto, Itachi lo sapeva: quella cerchia infernale era destinata solo a lui; tutt’al più, forse, egli stava risiedendo nell’Antenora.
 
«Non sprecherò un giorno senza far in modo che la sua figura venga riabilitata», mormorò, stringendo i pugni.
«Hai sempre fatto il possibile», lo rassicurò Sakura, accarezzandogli e attorcigliandogli delle ciocche che gli ricadevano sul petto. Anche se avesse trovato mille nodi, Itachi non si sarebbe arrabbiato: li avrebbe sciolti con pazienza, maestria ed eleganza, con quell’atteggiamento pacato che lo contraddistingueva sempre quando lei combinava qualche guaio. 
Sakura non era così, non possedeva tutta quella calma, quell’autocontrollo: se si pungeva un dito, mentre rammentava una maglia, imprecava, costringendo il giovane a sottrarla dalla sua occupazione e medicarla – sì, soccorrere lei, un medico; se in ospedale le facevano perdere le staffe, urlava come una furia, mandando al diavolo chiunque incontrasse sulla propria strada.
“Eredita anche il suo cuore, se puoi”, chiese tacitamente all’embrione.

Ella, pragmatica donna di scienza, aveva sempre considerato i feti per ciò che erano: agglomerati di cellule e DNA, null’altro. Trovarsi a essere l’urna di una nuova vita, però, cominciava totalmente a cambiare il suo punto di vista; probabilmente, era lì che finiva la dottoressa Haruno e cominciava la donna Sakura.
«E poi, manca davvero poco alla nomina di Naruto come Hokage: sai che cambierà ogni cosa!», lo rinfrancò, abbandonando il braccio sul suo ginocchio.
Il moro sorrise impercettibilmente, annuendo. Sì, l’Uzumaki era stato forse l’unico, dopo di lui, a capire veramente il fratello, a volergli bene, a condannare il suo cammino tortuoso, ma pure a rivolerlo portare indietro ad ogni costo.
«Adesso andiamo dentro. Ti preparo qualcosa da mangiare e ci mettiamo a letto: domani, con tutti i festeggiamenti e le persone che ci saranno, saremo sicuramente messi a dura prova», sussurrò lei, sfiorandogli amorevolmente il volto e schioccandogli un bacio sulla guancia.
Per un ANBU e un dottore, i grandi eventi di Konoha rappresentavano anche immani preoccupazioni.
 
La aiutò ad alzarsi, per poi abbracciarla con delicatezza.
Ancora non capiva il motivo che l’avesse spinta ad avvicinarglisi; probabilmente, in un primo momento, lo sconforto dovuto alla perdita dei genitori e il legame che intercorreva fra lui e Sasuke, che non si rifletteva necessariamente in una vaga somiglianza fisica
– davvero minima, in realtà.
Si erano trovati soli insieme, dopo la guerra, e avendo una perdita in comune era stato piuttosto spontaneo cercare di colmarla congiuntamente.
Si erano trasferiti nel quartiere Uchiha mentre la città veniva lentamente ricostruita. Avevano scelto paradossalmente le macerie, per la loro rinascita.
Non erano andati a vivere nella vecchia casa dove lui era cresciuto perché, per un benevolo colpo di sorte, essa era andata distrutta, completamente rasa al suolo, durante il conflitto, così come quella di Shisui e di molti altri ragazzi che egli aveva conosciuto. Avevano optato per un’abitazione piccola, modesta, piuttosto spoglia, appartenuta a un uomo la cui morte non era imputabile a lui, bensì al Fato; Keichiro Uchiha era una vittima naturale del tempo, non di un assassino.
Fra ricordi lontani di sangue e tormenti, incubi e urla notturne, Itachi aveva scoperto di amare quella diciannovenne che accorreva in camera sua per tranquillizzarlo, per chiedergli se avesse voluto andarsene da lì. E quando le rispondeva che desiderava solo, semplicemente, sparire dal mondo, lei lo abbracciava, in silenzio, sperando che lui non si accorgesse delle sue lacrime, del nodo in gola.
Mi sei rimasto solo tu, gli aveva detto una di quelle notti, accarezzandogli la schiena nuda e sudata per il terrore destato dal sonno angoscioso, Per favore, non lasciarmi.  
Da allora smise di urlare, decidendo di trattenere le grida e le macabre visioni notturne solo per sé, finché esse non svanirono del tutto.
 
«Itachi, c’è una cosa che…». Si bloccò. Era giusto farglielo presente? Proprio in quel momento, in quella casa, mentre lui era di quell’umore malinconico?
Il giovane uomo si staccò lentamente da lei, osservandola: teneva lo sguardo basso e si mordeva il labbro inferiore, in preda a qualche rimorso.
«Cosa c’è, Sakura?», le chiese. Glielo ripeté un’altra volta, sollevandole il volto, poiché la ragazza non si decideva a rispondere. Scrutò a fondo i suoi occhi verdi, così chiari da non ammettere misteri, ma incredibilmente lontani, assenti, preoccupati, quella sera. «Non devi aver paura di dirmi cosa ti passa per la testa. Vuoi andartene da qui, raggiungere Ino, vivere normalmente? Per quanto mi dispiaccia, non te lo negherò. Per la tua felicità farei di tutto e…».
Lo abbracciò più forte, sperando che i dubbi che aveva insinuato potessero essere spazzati via da quel gesto d’amore. «Diventerai padre», gli sussurrò all’orecchio.
Anche lei dovette ripeterglielo, ma solo perché lui, incredulo, le aveva chiesto di farlo.
 
 

____.:.____

 
 
Itachi la vide rientrare e si appoggiò alla parete esterna di casa. Non poteva crederci, non meritava quel dono, lui. Essere un padre, dopo che aveva ucciso il proprio? Con che coraggio avrebbe chiamato o guardato negli occhi il bambino che Sakura avrebbe dato alla luce? Il loro bambino!
Se si sforzava, riusciva già a immaginare il suo volto: capelli quasi certamente neri, tratti delicati ed occhi della stessa tonalità del carbone – anche se avrebbe preferito scorgere vasti prati incontaminati, nelle sue iridi, proprio come in quelle della madre.
Se la genetica era spietata, sperava solo che il destino non sarebbe stato altrettanto crudele verso il nascituro. Gli augurò di non conoscere guerre, lotte fra clan fraterni, ma solo la pace, la concordia. Che almeno lui potesse crescere con l’amore di una madre, degli amici e, se proprio i Kami non glielo negavano, pure di un padre.
 
Un brivido di freddo lo scosse e gli parve l’abbraccio di un fantasma.
«Papà?», sussurrò, guardandosi attorno, gli occhi brucianti di lacrime e rincrescimento.
C’era decisamente troppo silenzio, nel quartiere Uchiha, e la sua immaginazione, in quella tomba, correva a briglie sciolte.
 
Presto tutto sarebbe cambiato, però. Quelle strade deserte avrebbero conosciuto i passi incerti e sempre più irrefrenabili di un nuovo esponente del clan, le mura si sarebbero dipinte di risate e pianti, l’engawa lastricato di ginocchia sbucciate e fiabe della buonanotte, nelle calde serate estive.
Non sapeva se era degno di una nuova vita – la sua e quella concepita con l’Haruno –, ma avrebbe fatto del proprio meglio per onorarla e renderla finalmente ricca, piena, sana. Normale.
Dopotutto, lo doveva anche a Sasuke: era la sua eredità.

 

 

 

____________________ NdA ____________________ 

 

Con Caina e Antenora mi riferisco naturalmente alle due zone del Cocito dell'Inferno dantesco riservate rispettivamente ai traditori dei parenti (ecco perché Itachi sente di appartenervi) e a quelli della patria (Sasuke ha  tradito Konoha, anche se, con la sua morte -  in questa mia What if? - ha permesso la fine della guerra). 
Immaginiamo che Orochimaru abbia potuto soddisfare l'ultimo desiderio di un Sasuke morente, riportando in qualche modo in vita il povero Itachi (anche dopo l'Edo Tensei - il sannin può tutto ahahah) e che però egli sia deceduto per mano del nemico (Madara? Kaguya? Zetsu?... Mi avvalgo del beneficio del dubbio XD) proprio prima che il nuovo redivivo potesse chiedergli di salvare anche l'otouto: ecco, da questi sviluppi della guerra nasce la fiction. Sakura, rimasta sola, cerca conforto nell'unica figura in cui ritrova un po' se stessa e un po' l'amore perduto.
La coppia ItaSaku mi sta prendendo parecchio, soprattutto grazie a una meravigliosa fiction che vi consiglio vivamente (questa).
Grazie per la lettura :)  Spero sia stata di vostro gradimento.
Au revoir,

Ophelia  

 

   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Amens Ophelia