Per tutti sono Amy. Amy Beckinsale. E non è che
questi tutti siano molti dato il mio essere estranea alla società. Vivo in una
piccola villetta appena fuori Londra, circondata da molti alberi, molti prati,
molto verde in generale. E dai cavalli, la mia grande passione. La mia famiglia
ne possiede una decina, ma una sola è mia. Solo ed esclusivamente mia da quando
ho imparato ad andare a cavallo. Vanilla, è fantastica e non solo perché è mia.
E' fantastica perché è quasi più umana di quella che per tutti è la mia migliore
amica, Norah. La conosco da sempre per quello che ricordo e vive in città,
quindi ci vediamo solo a scuola. Il mio rapporto con lei è stato più o meno
contrastato negli ultimi tempi. A sedici anni si cambia, si fanno nuove
esperienze, e di certo il mio carattere schivo non mi aiuta ad aprirmi agli
altri. E il mio nome neanche. Cosa avrà mai Amy di così odioso, vi chiederete.
Il problema non è chiamarsi Amy; mi faccio chiamare io così. Il problema è
chiamarsi Amethyste: un nome, una condanna.
Mia madre ha una
passione inspiegabile per i nomi derivati da pietre preziose. Mia sorella si
chiama Jade. A me è toccato questo, decisamente assurdo. Provate a fare un
censimento di tutta Londra e fatemi sapere quante persone si chiamano Amethyste.
Mio padre è andato via di casa quando io non ero ancora nata. Dato che si era
opposto al chiamare mia sorella così, avrebbe potuto aspettare un po' di più e
liberarmi da questo peso crudele, non trovate?
<< Amy, tesoro! C'è Norah al telefono!
>> questa è mia nonna, la madre di mia madre. Harriet MacFarrell, buona
come il pane e dolce come lo zucchero. La nonna perfetta. L'unica che mi libera
dall'oppressione di questo nome in casa. Mia madre non fa altro che chiamarmi
col mio nome completo, come a ricordarmi che non mi chiamo Amy.
<<
Pronto? >> risposi al telefono con fare annoiato. Norah mi chiamava quasi
ogni pomeriggio per qualche motivo nuovo. Un vestito, un ragazzo, lo shopping, i
compiti.
<< Amy! C'è qualcosa che devi assolutamente sapere! >>
era a dir poco elettrizzata! Doveva essere qualcosa di davvero sbalorditivo se
mi aveva chiamato con così tanta foga. << Todd Rachins si è
trasferito in campagna. Proprio dove stai tu! Ti rendi conto? E' lì da una
settimana e non lo sapevo! Sarò sempre a casa tua, mi ospiterai vero?
Tipregotipregotiprego! >> ecco qual'era il motivo. Todd. Erano mesi che
Norah gli andava dietro come un cagnolino. Non lo conosceva, ma era la sua
ombra.
<< Sì, certo. Sapevi già che potevi venire quando volevi. Mi hai
chiamato solo per dirmi che Todd è venuto a vivere qui o c'è qualche altro
motivo? >> risposi atona. Ero stata disturbata per così poco?
<<
AMY! Possibile che tu sia così tonta? >> sembrava indignata, come se mi
sfuggisse qualcosa di ovvio. << Devo forse ricordarti CHI è il cugino di
Todd per caso? >>.
Il mio stomaco prese a subbugliare. Certo che no.
Aaron Cooper. Occhi verdi e un sorriso da favola. Uno dei
ragazzi più carini di tutto il liceo. Il sogno di moltissime ragazze. Il mio
sogno personale da quando avevo tredici anni. Da tre lunghissimi anni lo
osservavo da lontano, senza avere il coraggio di rivolgergli la parola. Ero
appena entrata al liceo quando lo vidi per la prima volta.
*flashback*
Era il mio
secondo giorno di scuola e camminavo per i corridoi spaesata. Ero in ritardo
folle e non avevo la minima idea di dove andare, grazie al mio innato senso
dell'orientamento. In giro per altro non c'era neanche un'ombra. Quando ad un
certo punto...
<< Ti serve una mano? >> mi voltai di scatto e
rimasi paralizzata. Era il ragazzo più affascinante del pianeta, per altro in
ritardo anche lui. << Di che classe sei? >>
<< I-io..
veramente... >> ero spaesata. Balbettavo senza sapere cosa rispondere.
Dovevo sembrargli una stupida.
<< Sei nuova vero? >> sorrise. A
quel punto era ufficiale, ero morta.
<< Aaron Cooper! Di nuovo in
ritardo vero? Cosa è successo questa volta? Ti hanno rotto la sveglia o
cos'altro? >> la preside. La signora Yates era nota per essere
inflessibile anche a soli cinque minuti, figuriamoci venti, di ritardo. <<
Di corsa in classe, avanti! E tu? >> disse rivolta a me.
<< Sono
di primo signora. Non ricordo dove è l'aula. Mi sono.. persa in effetti.
>> bisbigliai, rossa come un peperone.
<< Seguimi. Ti mostro dove
andare. Ancora qui Cooper? Mi sembra di averti detto di andare, o no? >>
affermò e cominciò a camminare facendomi cenno di seguirla.
Mi avviai verso
il corridoio dietro la preside voltandomi di tanto in tanto per vedere la
schiena del ragazzo che pian piano si avviava nella direzione opposta.
Aaron
Cooper era ufficialmente diventato la mia ossessione.
*fine
flashback*
<< Amy? Amy? Insomma ci sei ancora? >>
la voce di Norah mi risvegliò dai miei ricordi.
<< Sì, sì scusa stavo
pensando. >> cercai di apparire il più naturale possibile, conscia però
che lei non ci avrebbe creduto affatto. Dovevo inventare una scusa, in fretta
per di più.
<< Come no... stavi pensando a chi con esattezza? Comincia
per caso con la A e finisce con la N.. e magari in mezzo ci sta aron eh?
>> rise divertita. Avvampai, grata al destino che fossimo solo al telefono
e che quindi non avrebbe potuto vedermi.
<< Ma cosa dici Norah! No,
solo che ero un po' impegnata. Stavo per fare un giro con Vanilla. E' tanto che
è ferma... >> cercai di rifilarle una scusa plausibile, sperando che
abboccasse.
<< Uhm.. ok.. farò finta di crederci. Adesso ti saluto,
devo trovare più informazioni possibili su queste nuove notizie. Ti tengo
informata. Baci! >> e riattaccò senza neanche darmi il tempo di
risponderle. Norah era proprio strana a volte. Misi giù il telefono e mi avviai
verso il cortile.
Vanilla mi stava aspettando buona buona accanto al
recinto. Mio nonno aveva legato le briglie al legno mentre la sellava per il mio
giro programmato. Ero pronta: montai in sella delicatamente, mio nonno mi porse
le briglie e uscii dal cortile di casa mia. Era magnifico sentire quel delizioso
venticello in faccia mentre facevo la cosa che mi piaceva di più al mondo. D'un
tratto però, Vanilla cominciò a nitrire inspiegabilmente. Non si era mai agitata
così tanto! Cominciò a galoppare all'improvviso, così velocemente che mi
disarcionò e caddi di schiena a terra.
<< Ahio! >> dissi massaggiandomi il
braccio destro. Mi guardai intorno. Vanilla aveva cominciato a correre dritto
davanti a sè, era ormai quasi impossibile da raggiungere. << VANILLA!
>> cominciai a correre, nel tentativo di fermare la sua corsa... vano,
appunto! Ad un certo punto però, un cavallo si era lanciato in quella direzione,
l'aveva raggiunta e recuperata, e per fortuna la stava riportando indietro.
<< Ehi, è tuo? Gran bel cavallo! >> era una voce vagamente
familiare. Alquanto familiare. Molto familiare. Era Todd, a cavallo di uno dei miei tre cavalli, il
pezzato.
<< Si, è mia. G-grazie... bè.. per averla recuperata..
>> ci risiamo. Davanti a qualsiasi esemplare di genere maschile, ad
eccezione di mio nonno, perdo totalmente il controllo. Sono a disagio, non ci
sono abituata.
<< Io sono Todd comunque >> disse, e mi porse la
sua mano. Con poca convinzione la strinsi.
<< Lo so >> risposta
sbagliata. Assolutamente e irrimediabilmente sbagliata.
<< Ci
conosciamo per caso? >> ecco, lo sapevo. Chissà adesso cosa pensa... forse
pensa che mi piace, o magari che.. non lo so. Boh.
<< N-non
esattamente.. bè.. andiamo nella stessa scuola, sei nel mio corso di Letteratura
>> era vero. Peccato che non lo conoscessi per quello, meno male che lui
non lo sa.
<< Ecco dove ti avevo già vista. Beckinsale, giusto?
>> aggiunse con un sorriso. Chissà come aveva
indovinato...
<< Amy. Chiamami Amy. >> risposi, con una sicurezza
che sorprese anche me e sorrisi.
Parlammo un po' del più e del meno, era
simpatico dopotutto. Non uno di quei palloni gonfiati tutti tirati a lucido per
nascondere un ego spaventoso e un cervello da pollo. Sicuramente l'ego era
presente, si notava dal suo atteggiamento, ma non influiva sul suo comportamento
in maniera tragica. Quanto al cervello... a letteratura era uno dei peggiori.
Risi al pensiero, con il rischio che lui mi considerasse un'idiota che ride in
un discorso riguardante l'allevamento degli equini.
<< Amethyste!
>> un'espressione di pura umiliazione si dipinse sul mio viso al solo
udire il mio nome di battesimo. <
<< Bè.. ecco.. io.. dovrei
andare>> tentai di dire mentre Todd serrò le labbra nel tentativo di non
ridere, probabilmente. Dannatissimo nome.
<< E così ti chiami
Amethyste? >> mi disse in fretta prima che io scappassi.
<< In
realtà sì, ma nessuno tranne mia madre mi chiama così. >> assunsi
un'espressione nervosa, perché tutti dovevano impuntarsi con quel nome assurdo.
Mica l'avevo scelto io!
<< Bè è.. originale. Non ti trattengo oltre, ci
vediamo a scuola Amy! >> mi disse, e poi si allontanò verso casa
sua.
Entrai in casa un po' scossa. Avevo appena avuto una discussione normale con un ragazzo. Stavo per diventargli, forse, amica. E per di più il ragazzo in questione era la cotta, più o meno, segreta della mia migliore amica. Non avrei avuto un attimo di pace. Questo era certo.