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Autore: Iaiasdream    20/08/2014    2 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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17° capitolo: CASTIEL E ETIENNE
 

 
Mi desto di soprassalto dopo aver sentito un rumore. Ho l’affanno, mi guardo intorno per riordinare le idee. Mi trovo nel soggiorno e guardando la luce fioca penetrare dalla finestra mi rendo conto che è già mattina.
Mi alzo, cercando di capire cos’è stato quel rumore che mi ha fatta svegliare, lo sento un’altra volta, proviene dalla cucina. Mi dirigo lì velocemente, sicura di trovarci Armin, ma al suo posto trovo mio figlio, davanti al frigorifero aperto che cerca qualcosa tra le bevande.
<< Etienne, che ci fai sveglio a quest’ora? Oggi non c’è asilo >> mormoro recandomi al mobile per prendere l’occorrente della colazione.
<< Non riuscivo a dormire mamma >> risponde lui continuando a rovistare nel frigo.
<< Pensavo fosse tuo padre >>
<< Non è tornato? >>
<< Credo proprio di no >> rispondo digrignando irritata, avvicinandomi a lui per prendere il latte. << Cosa cerchi? >> chiedo.
<< Uhm… >>
<< Cos’hai? >> chiedo incuriosita. Lui chiude lo sportello, si volta verso di me, e incrociando le braccia al petto mi guarda sottocchio.
<< Ieri sera, quando mi portasti a letto… >> dice appoggiandosi con una spalla al mobile << … dopo un po’ mi svegliai perché avevo sete, venni qui in cucina per prendermi un succo di frutta e mi accorsi che la porta di entrata era aperta… >>
“Ecco, adesso sì che devo iniziare a sudare freddo!”
<< … vidi qualcosa di straordinario in giardino… >>
Sento il cuore iniziare a perdere colpi. Un momento… ha detto: straordinario?
<< C-cosa v-vedesti? >> chiedo tremante.
<< … Ti vidi fra le braccia dell’angelo dai capelli rubino, pensai che ti stava portando via… >>
<< E… e c-cosa facesti? >> “giuro che se dice di aver visto il resto della scena, oggi stesso, ammazzo quel pervertito pittato di rosso!”
<< Niente >> risponde lui facendo spallucce indifferente. Scrollo le spalle sentendo un macigno grosso quanto un elefante schiacciarmi la testa.
<< C-come niente? >> chiedo allibita << vedi che mi portano via e non fai niente? >>
<< Guardai il succo e dissi che forse era meglio non berlo, poi ritornai a letto, pensando che stavo solo sognando >>
Tiro un sospiro di sollievo.
<< Ma… >> continua lui con voce sospettosa. Trasalisco irrigidendo i muscoli << Ma, cosa? >> chiedo ansiosa.
<< Prima di andare a letto, presi delle precauzioni, misi il succo in un altro posto nel frigorifero, sicuro che se fosse stato solo un sogno, da sveglio non l’avrei trovato lì, e invece, è proprio dove l’ho messo! >>
Sento la palpebra dell’occhio destro pulsare freneticamente, la mia mascella rischia di slogarsi a via di spalancare a più non posso la bocca. Sono sicura che Sherlock Holmes si sarebbe fatto uccidere da Watson, proprio per non vergognarsi di essere stato battuto da un bambino di quattro anni… Dio! Come fa ad avere una mente così?! Quand’ero io piccola mi facevo fregare le caramelle da un cagnaccio!
<< Mamma? >> lo sento dire riportandomi alla realtà.
<< C-cosa c’è? >> chiedo titubante.
<< Se non è stato un sogno, significa che qualcuno ti vuole portare via da me? Se è così io cosa farò? >>
Quelle parole mi angosciano il cuore, sento di poter piangere, mi precipito verso di lui stringendolo forte al mio petto affondando le dita nei suoi capelli.
<< N-non dire più una cosa del genere, Etienne… Non permetterò a nessuno di portarmi via da te. Io starò sempre al tuo fianco, perché sei la cosa più importane che ho >>
Dopo aver sentito quelle parole, lui condivide l’abbraccio, cercando di unire le mani dietro la mia schiena. Lo sento sorridere. Gli bacio la testa.
<< Ti voglio un mondo di bene mamma >>
<< Anche io, piccolo mio >>
<< … mamma? >>
<< Mhm? >>
<< Mi porti con te al liceo? Papà non c’è, e io voglio stare con te, non portarmi da zia Kim >>
<< E va bene >> dico sospirando << però promettimi che farai il bravo >>
<< Promesso >>
 
 
Siamo arrivati a scuola con mezzora di ritardo. In questo lasso di tempo, ho cercato di rintracciare per l’ennesima volta Armin, sono andata perfino a casa di suo fratello che non appena mi ha vista e sentita, è rimasto più allibito di me, dicendo che non vede suo fratello da ieri mattina.
Perfetto! Assolutamente perfetto! La prima volta in quattro anni che litighiamo e lui scompare. Ho provato a chiamarlo di nuovo ma ha rifiutato la chiamata ancora una volta.
Ho la preoccupazione che mi sta divorando l’anima, e mi sta facendo sentire anche in colpa per le parole che gli ho detto.
“Dannazione Armin! È tutta colpa di quella bastarda di stalattite di tua madre! Dove diavolo sei? Perché non rispondi?”
Mentre continuo a rimuginare come una forsennata, con mio figlio entriamo nell’edificio, percorriamo il lungo corridoio. Etienne mi lascia la mano correndo.
<< Etienne, non si corre nei corridoi! >> esclamo. Lo vedo fermarsi davanti al mio ufficio e lì, inizio a ricordarmi che non sono sola, che dietro quella porta c’è il secondo preside. Comincio a pensare di aver fatto male a portarmi dietro il bambino. Ma ormai è troppo tardi per tornare indietro, e con l’estrema intelligenza che possiede mio figlio sono sicura che capirebbe qualcosa se gli dicessi di andare con Kim.
Alzo il passo per raggiungerlo più in fretta e impedirgli di aprire la porta. Afferro la maniglia e apro. L’ufficio è vuoto, Castiel non c’è, la scrivania è libera di scartoffie, e il computer è spento. Forse non è ancora arrivato. Meglio così, mi dico poggiando la borsa su una sedia. Vedo Etienne andare a sedersi dietro la scrivania, e mi chiede se può vedere uno dei miei manga.
<< Come fai a sapere che ho dei manga qui? >> chiedo allibita.
<< Me l’ha detto zia Kim. Li hai nel cassetto della scrivania >>
Sospiro, poi vado verso il cassetto per prendergli uno dei libri. << Non chiedermi di leggertelo perché devo lavorare >>
<< Non ti preoccupare, ho promesso di non darti fastidio >>
<< Bravo, bambino >> sorrido scompigliandoli i capelli.
Dopo un po’ sento bussare alla porta. Entra Nathaniel che vedendo Etienne rimane sorpreso, poi volge lo sguardo verso di me e sorridendo mi chiede se posso seguirlo in sala delegati.
<< Etienne, rimani qui buono, ok? >> dico al bambino avvicinandomi alla porta. Lui senza distogliere lo sguardo dal manga annuisce.
Esco seguendo Nathaniel.
 
 
DA ETIENNE…
Dopo essere rimasto solo, il piccolo Etienne, si mette comodo sulla poltrona, appoggiando i piedi sulla scrivania, continuando a sfogliare il manga, datogli dalla madre.
Passati pochi minuti, sente un rumore alla porta. Di scatto mette a terra i piedi e aggiusta la sua postura, guarda davanti a se accorgendosi che qualcuno sta entrando. La persona che compare entra con il capo chino sul orologio da polso, sibilando qualcosa. Non appena si avvicina alla scrivania e appoggia il suo cellulare, viene catturato dalla piccola figura sulla poltrona.
Il loro occhi si incontrano.
<< E tu che ci fai qui? >> chiede Castiel guardando il bambino, sottocchio.
<< Sto con mamma >> risponde lui ritornando a guardare il giornalino.
<< E dov’è adesso tua madre? >>
<< è andata con il signore biondo >>
Castiel rimane a fissare quel bambino incrociando le braccia al petto, accennando una lieve smorfia; poi fa il giro della scrivania, afferra il piccolo da sotto le braccia e lo fa scendere dalla poltrona, per poi prendere il suo posto.
Etienne, lo guarda rimanendoci male << Perché mi hai fatto scendere? >> chiede offeso.
<< Perché è il mio posto >> risponde Castiel senza guardarlo, mentre afferra delle carte dal cassetto.
Il bambino rimane a guardarlo con espressione imbronciata, sbatte il giornaletto sul pavimento, catturando l’attenzione del rosso, e mette le braccia conserte.
Castiel si volge verso di lui corrugando la fronte. << Che c’è? >> chiede scettico.
<< Cattivo! >> esclama Etienne offeso.
<< Ehi pulce, con me non attacca. Questo è il mio posto e mi ci siedo io, ok? >>
<< Quel posto è della mamma, e mi ha dato il permesso di starci >>
<< Ma adesso ci sono io, quindi smamma >>
Etienne non proferisce più parola, rimane solo a fissarlo arrabbiato. Passano alcuni minuti, e Castiel sentendosi infastidito dall’essere osservato, scaraventa i fogli sulla scrivania, sospirando rumorosamente, appoggiandosi alla spalliera e volgendosi verso il piccolo, lo fulmina con gli occhi, ma quest’ultimo non si lascia intimorire.
<< Perché mi guardi così? >> chiede massaggiandosi la tempia con le dita della mano destra.
<< Stavo prima io! >> insiste il bambino.
<< Ah! Sei peggio di tua madre! >> esclama il rosso piegandosi verso di lui, prendendolo in braccio e facendolo sedere sulle sue gambe << Oh! Contento adesso? >>
L’espressione di Etienne, cambia repentinamente, da imbronciato a compiaciuto. Appoggia le mani sulla scrivania e guarda quei fogli, mentre Castiel l’osserva un po’ titubante, sentendo dentro di se qualcosa di indescrivibile. Sbuffa un sorriso e riprende il suo lavoro.
<< Castiel? >>
<< Mhm? >>
<< Cosa sono queste carte? >>
<< Contabilità >> risponde il ragazzo secco.
<< Che cos’è? >>
<< è difficile per te capirla, sei ancora piccolo >>
<< Insegnami >>
<< Ma se non sai neanche leggere! >>
<< Insegnami >> insiste il bimbo.
<< Piantala >>
<< Dai!! >>
<< Ehi, pulce! Se non la smetti ti faccio scendere! >> lo ammonisce Castiel sentendo il corpo del bambino affondare sul suo petto, lo vede incrociare di nuovo le braccia e lo sente sbuffare.
<< Avevi promesso che non mi avresti più chiamato pulce >> dice con voce imbronciata.
Castiel sbuffa un sorriso divertito, scuotendo il capo.
<< Castiel? >> lo chiama dopo un po’ il bambino.
<< Che altro c’è? >>
<< Dimmi la verità… tu sei un angelo? >>
<< Che domande mi fai? >> chiede il rosso sorpreso e incredulo.
<< Ieri sera ti vidi nel giardino di casa mentre abbracciavi la mamma… >>
Castiel trasalisce, sentendo il cuore mancare un battito.
<< …volevi portarla via? >> continua il bambino con voce tremante.
<< Ma che dici? Io ieri stavo a casa mia a… >> il rosso viene interrotto dal rumore alla porta. La persona ad entrare, si immobilizza davanti all’uscio dell’ufficio, guardando il ragazzo con in braccio il bambino, fissandoli allibito.
 
 
DA REA…
<< Che significa che la quinta classe non ha un professore? >> chiedo innervosita. Possibile che debba sapere queste notizie sempre alla fine?
<< Mi dispiace Rea. Ieri avvisai Castiel, ma non mi diede risposta, e oggi, non si è ancora presentato. Il professor Faraize non è potuto venire per via dell’influenza… >>
<< Ok, ok… ho capito. >> lo interrompo sbuffando scocciata. << Hai detto che è la classe quinta? >>. Nathaniel annuisce. << Bene… vorrà dire che farò io lezione a quei quattro teppisti >>. Detto questo esco dalla sala delegati e prima di incamminarmi, mi massaggio le tempie. Neanche la prima ora, e mi hanno scombussolato la giornata.
Se non ricordo male in quella classe ci deve essere Alain, perfetto! La ciliegina sulla torta, proprio quello che ci voleva.
Prima di recarmi lì, però, decido di andare a vedere se Castiel è arrivato, almeno così potrà andare lui al posto mio e lasciare che io badi a mio figlio.
“Ma non potevi scegliere un altro giorno per portarti appresso Etienne?... cosa diavolo ne sapevo che Faraize doveva mancare proprio oggi?!”
Sospiro rumorosamente, guardando i miei passi, non appena arrivo davanti la porta del mio ufficio, alzo lo sguardo, accorgendomi che è aperta. Mi fermo impietrita nel vedere la figura che blocca l’entrata.
Subito una marea di indescrivibili sentimenti invade inesorabilmente il mio corpo.
   
 
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