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Autore: yllel    20/08/2014    3 recensioni
Considera la somma di tutte le cose e rifletti: se togli un elemento, quello che rimane e' ancora accettabile?
Questo e' il seguito di "Broken".
Post terza stagione e sherlolly. Di nuovo.
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Approfittando degli ultimi giorni di ferie... il secondo capitolo!
Grazie mille a martiachan che ha commentato anche quello precedente... io spero davvero che la storia stia piacendo a chi la sta leggendo (ho visto che sono aumentate le persone che la preferiscono e la seguono... grazie anche a voi!)

Come sempre, nulla mi appartiene ma per ora tutto mi fa ancora divertire.

 
LA SOMMA DI TUTTE LE COSE

CAPITOLO DUE


 
Quando John riconobbe la zona in cui il taxi li aveva accompagnati, rivolse un’occhiata piena di noia a Sherlock.
“Che ci facciamo qui?” domandò con insofferenza.
“Raccogliamo informazioni, naturalmente” fu la risposta che ottenne, come se la loro presenza in uno dei posti più malfamati della città fosse assolutamente normale.
Il Dottor Watson fece una smorfia.
“Oh, certo. Informazioni” replicò mentre scendeva dalla macchina e sbatteva la portiera “Perdonami, riesco sempre ad associare posti come questi alla tua ricaduta nelle droghe, ma sono sicuro che ci sono un sacco di altre cose interessanti da scoprire” finì in tono ironico.
Anche Sherlock era sceso dal taxi e si irrigidì sul marciapiede.
“Era per un” cominciò quasi automaticamente.
John alzò una mano per fermarlo.
“Caso. Si, si... l’hai già detto. Entriamo?” disse il Dottore, mentre già si dirigeva a passi sicuri verso l’edificio che avevano di fronte.
Sherlock lo seguì.
“Sei ancora arrabbiato per quella storia, nonostante tutto” commentò facendo bloccare l’amico al primo gradino di una palazzina.
Lo vide incassare la testa fra le spalle, come alla ricerca delle parole giuste.
“Si. Perdonami, ma non riesco a togliermi dalla testa che avresti potuto trovare un altro modo” rispose John dopo un attimo di esitazione.
Il consulente investigativo rimase per qualche secondo in silenzio: una parte di lui era davvero davvero stufa di doversi giustificare, semplicemente perchè un tempo non ne avrebbe avvertito la necessità e il fatto che invece ora lo considerasse possibile, quasi necesarrio,  era sicuramente un segno di debolezza.
Ma d’altra parte, John era il suo migliore amico e capiva di avergli procurato un dolore e di averlo preoccupato e tutte queste sensazioni erano ancora relativamente nuove per lui, anche se si conoscevano ormai da tempo.
Era dannatamente complicato.
“Lascia stare, non è sicuramente il momento di parlarne” riprese il Dottore, che sembrò avvertire il suo disagio e non volle infierire oltre: senza voltarsi appoggiò una mano sulla maniglia della porta, che cedette dopo una lieve spinta.
Entrambi arrivarono in un corridoio che dava su diverse stanze: Sherlock indicò la terza sulla destra ed entrò senza bussare.
“Shezza!”
John fece una smorfia dopo aver sentito l’esclamazione e varcò la soglia dell’appartamento cercando di evitare gli innumerevoli cartoni sparsi per terra.
“Ma guarda un po’ chi si rivede...” commentò per nulla sorpreso.
“Dottore” Wiggins lo salutò con un cenno del capo e si alzò dal lurido materasso su cui era seduto a leggere.
Guerra e pace di Tolstoj, notò John.
Quel ragazzo era proprio pieno di sorprese.
“Billy” salutò Sherlock, inoltrandosi più a fondo nella stanza e scrutandola con sguardo indagatore.
“Che succede?” chiese il ragazzo passandosi le mani sulle gambe per stirare i pantaloni spiegazzati “ti serve di nuovo qualcosa di particolare?”
John lo fulminò con lo sguardo.
“No, grazie” rispose in tono rigido.
Wiggins fece un sorriso storto e non si mostrò per nulla offeso al rifiuto netto delle sue prestazioni.
“Come sta la sua signora, Dottore? Ormai è bella grossa, vero?”
“Attento, Billy. Sembra che commentare il pur ovvio aumento di peso di una donna in gravidanza sia pericoloso. Si possono incorrere in veri attacchi d’ira, con possibilità di aggressioni fisiche” rispose Sherlock in maniera quasi assente, prima di continuare in tono molto più deciso “Informazioni, ci servono solo quelle”
L’espressione di Wiggins si fece nervosa.
“Ecco... veramente stavo per uscire...” esordì leccandosi il labbro superiore “di qualsiasi cosa tu abbia bisogno possiamo fare in fretta per favore?”
“Pieno di impegni, Billy?” chiese il consulente investigativo raggiungendo il materasso e scansando con un piede un vecchio zaino militare appoggiato li vicino.
“Io...” rispose il giovane “giusto, si. Ho un appuntamento”
“Un appuntamento” ripetè pensieroso Sherlock senza abbandonare gli occhi dalla borsa.
“Esatto, si” confermò Billy.
John osservò l’amico girarsi di scatto.
“Non ci metteremo molto, sempre se sarai collaborativo”
Billy sembrò sollevato nel vedere che l’attenzione del consulente investigativo si era distolta dallo zaino.
“Lo sai che se posso ti aiuto. Che genere di informazioni ti serve?” chiese con lo sguardo rivolto al pavimento.
Sherlock gli si avvicinò.
“Quelle che ci dicono se qualcuno sta facendo spese speciali... per esempio in componenti chimici”
Wiggins sembrò deglutire a fatica.
“Che tipo di componenti chimici?” domandò senza alzare il viso.
“Non di quelli che di norma utilizzeresti tu. Diciamo piuttosto qualcosa di letale. Che agisce molto più in fretta, comunque. Ma forse tu lo sai già” la voce di Sherlock si era fatta alquanto bassa e inquisitoria.
Bily alzò la testa a fatica e  fece girare lo sguardo a lungo per tutta la stanza.
“Io... non so niente” disse infine “Ma terrò le orecchie aperte, va bene? Mi spiace non potervi aiutare ma ora se volete scusarmi...”
Sherlock gli si avvicinò ulteriormente e puntò su di lui i suoi occhi chiari.
“Quanta fretta. Non trovi che il ragazzo abbia fretta, John?” chiese senza distogliere lo sguardo da Billy.
Il Dottore annuì.
“Si. Ho anche io questa impressione. Mi chiedo perchè”
Wiggins strinse le labbra con nervosismo.
“Sentite, sul serio... Shezza lo sai che se posso ti aiuto volentieri ma in questo momento... ehi!”
L’esclamazione era stata fatta alla vista di Sherlock che afferrava lo zaino e lo apriva per estrarne una scatola.
John si sarebbe aspettato molte cose, ma non il contenuto che fu rivelato.
La scatola conteneva delle statuine Swarosky appoggiate con cura su di un’imbottitura.
“Vedo che la tua collezione si è arricchita” commentò Sherlock fissando gli oggetti con attenzione.
 “Per favore... lascia stare la mia roba” la voce di Billy era supplichevole.
La mascella di Sherlock si contrasse e afferrò di malagrazia uno degli oggetti.
“E questa?”
Wiggins si avvicinò protendendo le mani in posa supplichevole.
“Non l’ho rubata, lo giuro!” disse velocemente “E’ un regalo... me l’ha regalata lei la settimana scorsa, ci siamo incontrati fuori da casa sua e mi ha invitato a salire  per un caffè. E’ gentile con me. Quando ha visto che la statuina mi piaceva e ha saputo che le colleziono ha insistito perchè la prendessi. Ha detto che sapeva che ne avrei avuto cura. Era come se... le stesse cercando un posto migliore” terminò Billy in un sussurro, continuando a tenere d’occhio Sherlock.
John a questo punto si era un po’ perso.
“Lei chi, scusate?”
Prima che Wiggins potesse rispondere, Sherlock afferrò la statuina dopo aver appoggiato la scatola e cominciò a farla saltare da una mano all’altra, provocando un gemito di disperazione nel ragazzo.
“Hai già procurato roba a qualcuno, Billy?” chiese con voce improvvisamente tesa e arrabbiata.
L’altro spalancò gli occhi.
 “Ehi attento... lo sai che è fragile!”
John notò una lieve nota di panico nella sua voce, doveva tenere davvero molto alla sua collezione e improvvisamente gli spiacque un po’ che Sherlock stesse usando quegli oggetti per spaventarlo.
Non avendo ottenuto risposta, il consulente investigativo fece saltare la fragile figura della ballerina  ancora più in alto.
Billy fece un altro passo in avanti e alzò le mani in segno di resa.
“Ok ok!! Ho solo sentito in giro che certa gente cercava certa roba, ma non sono riuscito a procurarla. Conosco chi potrebbe averlo fatto. Senti, vuoi metterla giù per favore?” supplicò.
“Il nome, Wiggins” dichiarò secco Sherlock, continuando a lanciare la statuina per aria.
“Stuart Loggins. E’ un tizio che lavora per conto suo, ha i mezzi per procurare tutto quello che vuoi. Per favore...”
Sherlock afferrò per l’ultima volta il pezzo Swarosky, poi lo appoggiò con delicatezza insieme alle altre e Billy si affrettò a raggiungere la sua collezione per risistemarla bene nella sua scatola.
John fu quasi preso a compassione nel vedere quanta cura e attenzione ci mettesse: non si sarebbe mai aspettato che qualcuno con le attitudini di Billy potesse nascondere una passione di quel genere.
Wiggins colse il suo sguardo e si fece rosso in viso.
“Mi piacciono... mi piacciono i riflessi colorati che hanno quando vengono colpite dalla luce e... sono belle. Fragili e perfette” disse, quasi giustificandosi.
“Stai lontano da quella gente, Billy” gli consigliò Sherlock “sono molto più pericolosi di quanto tu possa pensare. Sono convinto che gli altri tuoi affari siano più che sufficienti a colmare le tue necessità ma se così non fosse e avessi bisogno di qualcosa, fammelo sapere”
John sorrise, dopo tutto l’amico non era così noncurante nei confronti della sua “rete”.
La voce di Billy li raggiunse quando stavano per oltrepassare la soglia per andasene.
“Lei sembrava molto triste” disse in tono tranquillo.
Sherlock Holmes strinse le labbra e uscì senza nessun ulteriore commento.
 
***
 
Stuart Loggins era inequivocabilmente morto quando raggiunsero la sua casa circa un’ora più tardi.
John capì subito che Sherlock non si era aspettato nulla di diverso: a quanto pareva i fratelli Kybransky non amavano lasciare la benchè minima traccia del loro passaggio e dopo essersi procurati ciò che serviva, avevano cancellato un possibile testimone.
“Non capisco. Credi che non sappiano che siamo a conoscenza del fatto che sono entrati nel paese? Che bisogno c’era di ucciderlo?”
John pose la sua domanda mentre esaminava velocemente il cadavere e constatava i fori di proiettile in pieno petto.
“Le fotografie dei fratelli Kybransky che sono in circolazione sono abbastanza datate, io stesso non li ho mai veramente incontrati e se hanno fatto la loro spesa senza affidarsi a degli intermediari, forse non volevano correre il rischio che Loggins potesse identificarli. Inoltre in questo modo se ne va l’unico testimone che poteva dire che cosa hanno comprato”
“Il che potrebbe essere un punto di partenza per capire cosa hanno in mente di fare” terminò John alzandosi in piedi e facendo una smorfia sentendo le articolazioni delle ginocchia lamentarsi.
Sto invecchiando.
“Basterà che tu faccia un esercizio fisico più regolare” commentò Sherlock mentre scriveva un messaggio a Lestrade e John ci mise un attimo a capire che si stava riferendo a quello che aveva pensato pochi secondi prima. Possibile che avesse parlato a voce alta?
“No, non hai parlato a voce alta. E’ bastata la tua smorfia di fastidio quando ti sei alzato” aggiunse l’amico senza staccare gli occhi dal telefono.
John fece un sorriso.
“Giusto. Peccato che tra il lavoro, i nostri casi e l’arrivo di mia figlia non avrò molto tempo da dedicare alla ginnastica”
Sherlock finalmente mise via il cellulare.
“Dovrai trovarlo” disse sorridendo a sua volta “altrimenti come farai a camminare carponi per trottare dietro alla bambina o a stare sul tappeto a fare assurdi giochi per stimolare le sue risposte neurologiche?”
John alzò un sopracciglio in una smorfia divertita.
“Pensavo di lasciare queste incombenze a te, per la verità”
Il sorriso di Sherlock scomparve dal suo volto mentre si immaginava in tutte quelle attività così... ordinarie.
E ridicole.
Decisamente ridicole.
Inspirò forte e raddrizzò le spalle.
John sorrise di nuovo nel vedere la sua espressione quasi scandalizzata.
“Ti toccherà” commentò soddisfatto “sarai il suo padrino, eccome se ti toccherà”
Quando Lestrade arrivò dopo qualche momento li trovò che stavano ancora entrambi sogghignando.
“Ehi! Questa è una scena del crimine!” li rimproverò.
“Grazie della puntualizzazione, Ispettore” rispose Sherlock “oltre a questa ovvietà, io posso aggiungere che Stuart Loggins è stato ucciso circa tre ore fa da qualcuno che conosceva a cui ha aperto la porta, qualcuno che ha chiaramente preso delle cose dal magazzino. Ci sono tracce di almeno due persone diverse, uomini, sul metro e ottanta, le tracce in uscita sono leggermente più marcate di quelle in entrata, portavano qualcosa con sè. Suole di scarpe di fabbricazione italiana, molto costose”
“Il che ci porta di nuovo verso i fratelli Kybransky” commentò Donovan entrando nella stanza.
John si fece perplesso.
“Perchè?”
“I nostri amici amano le cose di lusso, vestono solo grandi firme” rispose Sally, dirigendosi verso Sherlock.
“Pensavo fossimo d’accordo di tenerci informati” gli disse in tono annoiato.
Lui alzò le spalle.
“Mi sembra che tu sia arrivata qui senza problemi”
La donna fece una smorfia.
“Solo perchè Lestrade mi ha chiamato” rispose “Lui, non tu” puntualizzò.
Sherlock non replicò e si diresse verso l’uscita.
“Il magazzino dietro di Leggins è molto interessante. Fai recapitare tutto al Bart’s, avremo modo di analizzare i vari componenti e forse potremo capire che cosa manca e cosa hanno preso” disse rivolto a Lestrade, il quale sbuffò.
“Non credi che sia una decisione che debba prendere io?” chiese un po’ irritato.
Sherlock roteò gli occhi.
“Cerco solo di risparmiarti tempo! Dove altro pensi che potrei lavorare? E se non me ne occupo io quegli idioti dei tuoi tecnici potrebbero metterci un’infinità di tempo e non ricavarci comunque nulla!”
“Potrei decidere di affidare comunque il lavoro a loro, giusto per non darti soddisfazione!” minacciò l’Ispettore risentito, prima di capitolare “Oh, va bene, che discuto a fare? Era naturale che tu avresti voluto tutto al Bart’s!”
Sherlock si zittì e strinse gli occhi per l’irritazione (era vero, per lui era stato assolutamente naturale e automatico pensare di lavorare da Molly: per un attimo, solo per un attimo, si era dimenticato della situazione attuale), poi sembrò cambiare idea e piuttosto di uscire si avvicinò all’uomo, cominciando a scrutarlo da vicino.
Nella stanza calò un improvviso silenzio.
Il consulente investigativo inclinò la testa da una parte e poi dall’altra e infine la scosse piano.
“Ohhh... Lestrade. Sul serio vuoi riprovarci di nuovo?” chiese in tono quasi sorpreso.
Il poliziotto si irrigidì.
“Dopo il disastro della prima volta sei davvero intenzionato a ripetere l’esperienza” continuò il consulente investigativo.
“Stai attento, Sherlock” sibilò Greg stringendo i pugni.
“Ragazzi! Che succede?” si intromise preoccupato John.
“Lestrade sta per riprovare l’emozionante avventura del matrimonio. Come un uomo possa non imparare dai propri sbagli è davvero un mistero” commentò Sherlock in modo assolutamente sarcastico.
“Che cosa?!? Ma è fantastico! Congratulazioni!” Jon si avvicinò e battè una mano sulla spalla di Greg, che sembrò rilassarsi impercettibilmente.
Un lieve sorriso fece capolino sul suo volto.
“Ve l’avrei detto presto, in verità non vedo l’ora di presentarvela... a quasi tutti voi” disse gettando un’occhiataccia a Sherlock “gliel’ho appena chiesto” continuò con un po’ di imbarazzo.
“Questo pomeriggio a pranzo. Il vostro anniversario, vi conoscete da sei mesi” lo sfidò Sherlock.
Lestrade scosse la testa.
“Non te lo chiederò, sul serio. Non voglio sapere come lo sai, non mi interessa”
“Congratulazioni, signore” si intromise Sally Donovan con un sorriso.
“E bravo Greg! Ci hai fregati tutti” disse John in tono contento “sai che significa questo, vero? Che la mia signora vorrà al più presto organizzare un’altra cena. Non aspetta altro... questa volta ci saremo davvero tutti!”
“Beh... Molly per la verità la conosce già. E’ lei che ci ha presentati, Linda è un’infermiera che lavora al Bart’s” all’affermazione di Lestrade Sherlock strinse le labbra e fece un passo indietro.
“Un po’ affrettato, non credi?”
John spalancò gli occhi per il tono rude che l’amico aveva assunto, ma l’Ispettore scrollò le spalle con indifferenza.
“Perchè mai dovrei aspettare? E’ una donna meravigliosa che mi rende molto felice e sta attento a quello che stai per dire, potrei sempre colpirti”
Per un attimo il consulente investigativo sembrò comunque sul punto di replicare in modo tagliente, poi si girò  e si diresse di nuovo verso la porta.
“Le mie congratulazioni, Ispettore” dichiarò “Non si può certo dire che tu manchi di coraggio, anche se qualcuno potrebbe definirla cieca ostinazione”
John scosse la testa e dopo aver rivolto un sorriso di simpatia a Greg si affrettò a raggiungere l’amico.
“Non tutti sono degli idioti come te, Sherlock” commentò piano Lestrade, guadagnandosi un’occhiata incuriosita da parte di Sally Donovan.
 
***
 
“Potevi anche risparmiarti i tuoi commenti al vetriolo” disse John quando furono di nuovo in taxi.
Sherlock non rispose e continuò a tenere lo sguardo puntato sul finestrino.
Non era di certo fiero del suo comportamento verso Lestrade, che era dopo tutto una delle persone più importanti della sua vita, ma per la terza volta quel giorno l’accenno a Molly Hooper aveva avuto la conseguenza di scatenare in lui solo rabbia e nervosismo: la prima era stata con Mrs. Hudson e  la seconda con Billy, quando aveva visto la statuina della ballerina di Molly nella collezione del ragazzo e aveva capito che lei gliel’aveva regalata quasi come segno d’addio.
Era stato improvvisamente conscio del fatto che la patologa se ne stava per andare via. Non che questo fosse un pensiero che qualche volta lo abbandonava (in quei giorni era sempre stato li, strisciante e pungente, pronto ad emergere nei  momenti meno opportuni), ma il dono di Molly a Billy ne aveva decretato tutta l’irrimediabilità e la concretezza: il fatto che la ragazza si fosse liberata di un oggetto a cui comunque teneva (era un ricordo dell’università, un regalo che si era fatta quando aveva passato un esame particolarmente difficile) era la prova tangibile che lei stava cominciando a prepararsi per lasciare Londra.
Sul serio.
Per sempre.
E Londra senza Molly Hooper era un pensiero... disturbante.
Strinse i pugni all’interno delle tasche del cappotto e ripensò brevemente a quello che Microft gli aveva detto, che era stato bravissimo a crearsi i suoi attuali problemi da solo: riconobbe con sè stesso che era vero, ma non poteva fare a meno di provare rabbia nei confronti del fratello, il quale aveva fatto in modo che Molly ascoltasse quella maledetta registrazione e si facesse un’idea sbagliata.
Perchè lui avrebbe voluto averla al suo fianco, ma semplicemente non poteva permetterselo. La presenza di Molly Hooper al momento della sua partenza avrebbe aperto un baratro di emozioni che era semplicemente inaccettabile e insostenibile... era già stato difficile salutare John e Mary, ma per lo meno sapeva che loro avrebbero avuto l’un l’altra per sostenersi a vicenda e che l’arrivo della bambina avrebbe riempito le loro vite in maniera più che ampia.
Quale scopo avrebbe avuto salutare Molly per l’ultima volta e lasciare che comprendesse che per lui non era previsto un ritorno? Perchè non c’era dubbio che lei l’avrebbe capito, anche senza l’intervento di Mycroft. Lei aveva la straordinaria capacità di leggergli dentro, quella capacità che le aveva permesso di vedere la sua difficoltà prima del suo finto suicidio e che le aveva fatto offrire il suo aiuto in maniera incondizionata.
Ricordava ancora con nitidezza lo sguardo furioso che la patologa gli aveva rivolto insieme ai tre schiaffi con cui l’aveva colpito in rapida successione: era lo sguardo di una donna offesa e arrabbiata, ma anche delusa. Era stato peggio di quel Natale, quando l’aveva insultata davanti a tutti... almeno in quell’occasione era riuscito a scusarsi, mentre al laboratorio non aveva fatto altro che ritorcerle contro sarcasmo e crudeltà. E poi Molly lo aveva sentito in quella registrazione definirla non necessaria e si era definitivamente arresa.
“Che intendeva dire Mycroft?”
La voce di John lo distolse dai suoi pensieri e si girò a guardarlo con aria perplessa.
“Quando ha detto che non è responsabile di nessuno dei tuoi problemi” riprese il Dottore “sembrava quasi che stesse parlando di qualcosa di diverso dalla faccenda di Magnussen”
Sherlock strinse le labbra.
“Sai che mio fratello ama essere melodrammatico, tende sempre ad esagerare”
“Però tu sei arrabbiato con lui” constatò John con calma.
Il consulente investigativo fece un sorriso storto.
“Essere in disaccordo con Mycroft è una delle grandi missioni della mia vita, farlo non cessa mai di darmi soddisfazione”
L’amico lo studiò per qualche secondo, evidentemente non troppo convinto della risposta che aveva ricevuto, ma poi il taxi si fermò e Sherlock ne approfittò per scendere velocemente.
“Ehi!” esclamò il Dottore, cercando in fretta e furia del contante da dare al guidatore “vuoi aspettarmi?”
Il suo compagno si era diretto a grandi passi verso l’entrata dell’ospedale, poi però si era fermato di botto.
“Ohi, grazie!” gli disse John, convinto che si fosse bloccato per farsi raggiungere “e ti faccio notare che ho pagato di nuovo io il taxi. Beh adesso ci sono, comunque... allora?” la domanda era stata posta perchè Sherlock sembrava quasi esitare e stava contemplando la porta d’ingresso con attenzione.
John aspettò qualche secondo, poi annuì convinto.
“Si certo” disse tra sè e sè “naturalmente capisco”
L’altro si voltò sorpreso.
“Chiedo scusa?”
John annuì di nuovo.
“Sai, spero tanto anche io che non succeda”
Sherlock si irrigidì. Possibile che John avesse in verità scoperto cosa stesse accadendo e si fosse preso gioco di lui fino a quel momento fingendo ignoranza?
“Che cosa?”
“Che Molly non sia in servizio, naturalmente! Non era a questo che stavi pensando? Certo è una bella cosa che si sia interessata all’insegnamento e che ultimamente richiedano spesso le sue consulenze, ma se devo pensare di lavorare ancora con il Dottor Coleman mi viene la nausea. Sembra sempre sul punto di chiederci un autografo!”
Sherlock strinse le labbra.
“Già” si limitò a commentare mentre varcava finalmente la soglia dell’ospedale.
Una parte di lui desiderava rivedere la patologa, ma un’altra...
Un’altra parte era assolutamente impreparata e innervosita all’idea di confrontarsi di nuovo con lei.
 
 
  
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