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Autore: LaLadyNera    20/08/2014    6 recensioni
Mamoru Chiba e Usagi Tsukino: nemici?
La superluna si avvicina con la sua luce, e forse non tutto è come sembra.
Soprattutto in amore!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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cap2

Qualche piccola premessa prima di lasciarvi al testo: in questa ff non uso i superpoteri delle Sailors, purtroppo. Avrei davvero voluto, collocando il tutto in un’ipotetica prima serie alterativa in cui Usagi e Mamoru non fossero l’uno contro l’altro fino allo sfinimento; ma al contempo volevo scrivere qualcosa di estremamente leggero, simpatico (se mi riesce) e sentimentale… qualcosa che magari la sera vi facesse rilassare e sorridere, quindi alla fine ho deciso di semplificarmi la vita. Poco onore a me. Di conseguenza posso dire che vi trovate davanti un au, per quanto non lo volessi.
Ho cercato però di mantenermi il più ic possibile, affidandomi anche al manga (soprattutto per i prossimi [due, o forse tre?!] capitoli un pochino limeggianti) e non solo al mio amatissimo anime, che purtroppo sotto il punto di vista sentimentale è un po’ piatto e ci presenta i protagonisti come due monaci asceti. Ma non lo sono! Non nella mia mente, almeno, quindi usate un po’ di fantasia e assecondatemi!
Uomo avvisato, mezzo salvato…
Detto questo, buona lettura, recensitemi se volete e/o potete. Vi ringrazio!

P.s La storia è ambientata ai giorni nostri.

P.p.s Disclaimer: Giuro solennemente che Sailor Moon, i suoi personaggi, i suoi nomi, ambientazioni, e tutto ciò che le appartiene, non sono di mia proprietà. Quel geniaccio di Naoko Takeuchi ne detiene ogni diritto.




                                       
                  SUPERLUNA!



1. Cupido-Motoki




Il suo bicchiere di limonata aveva perso la freschezza oramai da un pezzo, lasciandosi alla base una mini pozza di gocce calate giù lentamente dal vetro. Il ghiaccio all’interno si era sciolto, allungando la bevanda frizzante e rendendola poco appetibile.
La giornata era afosa, troppo per poter rimanere concentrata.
-Uffaaa!- Due code bionde, sgorganti da altrettanti chignon, caddero in avanti sul tavolino basso come fruste profumate di fragola e vaniglia, fendendo dolcemente l’aria e facendo volare carte e penne sul pavimento poco distante.
Otto occhi di colori diversi fissarono il pietoso spettacolo senza scomporsi. –Usagi, basta lamentarsi: devi studiare!-
Quei capelli potevano essere delle armi, tanto erano lunghi e folti e raccolti con cura.
I singhiozzi provenienti dalla testa china iniziarono a scuotere un paio di spalle esili, facendosi udire chiaramente. Anche troppo, forse.
Quattro ragazze sospirarono pesantemente, distogliendo definitivamente l’attenzione da ciò che stavano facendo.
-Usagi-chan, le vacanze non dureranno ancora molto. Hai pochi giorni per prepararti agli esami di recupero…-
Il lamento crebbe a quelle parole, tramutandosi in un grugnito. Le code si alzarono lentamente, il minimo indispensabile per far sì che due iridi azzurre si appuntassero sul viso della malcapitata proprietaria di quella voce da sotto una frangia scomposta. –Ma è così crudele questo destino! Stare tutto il giorno china sui libri mentre mezzo Giappone se n’è andato al mare…-
Esagerata.
-Noi siamo qui con te, Usagi. Non ti devi scoraggiare.- tentò la ragazza più vicina a lei, poggiandole una mano rassicurante sulle braccia che aveva usato come cuscino.
La guardò con in mezzo il velo mosso delle lacrime.
Minako, lei sì che era una vera compagna di sventure. Un’amica.
Non come Ami, che era sempre pronta a spronarla a buttarsi a capofitto in formule matematiche, kanji e strane frasi incomprensibili in inglese, senza mai accordarle una pausa.
Non come Rei, che era sempre in pole position quando c’era da brontolarla. Manco avesse tre anni.
Non come Makoto… ah no, come Makoto sì, lei sì che poteva essere paragonata a Minako. Lei e i suoi dolciumi dal potere antidepressivo.
Ora che ci pensava… aveva quasi fame.
Sospirò, smentendo mentalmente le sue stesse parole: le sue quattro amiche, uniche e irripetibili, erano le migliori che si potessero desiderare. Ognuna coi loro pregi e i loro difetti, ovvio, ma sempre lì per lei. Per loro.
Si raddrizzò, massaggiandosi la fronte che aveva un solco della stessa forma del braccialetto colorato che aveva al polso, per quanto sottile. Suo fratello glielo aveva spedito per posta insieme ad una cartolina dalla spiaggia che frequentava con la colonia estiva della scuola. Per i più ingenui quel regalo poteva passare come un gesto altruista, ma lei sapeva che Shingo lo aveva fatto solo per farla crepare d’invidia: lui a prendere il sole, a fare i tuffi, lei a Tokyo, divisa fra studio e tedio cittadino.
–Possiamo fare merenda? Mako-chan, cosa hai portato oggi di buono?- L’espressione trasfigurata dalla contentezza e dalla speranza si trasformò in pura delusione quando non vide alcun vassoio o contenitore comparire davanti a lei.
-Usagi, non ho proprio avuto tempo questa mattina… Sono uscita con Kaede…-
Già… col fidanzato.
Forse Makoto non era una buona amica, dopo tutto…
Sbatté il palmo aperto sul libro che aveva davanti, mai letto ma scarabocchiato distrattamente con un lapis mangiucchiato. –Vuol dire che me ne andrò al Crown!- Si mise in ginocchio, staccando le pagine che le si erano appiccicate alla pelle con un gesto impaziente, allungandosi alla sua destra per prendere la cartella che aveva gettato ore prima in un angolo.
-Ma Usagi, dobbiamo ancora ripassare più della metà delle cose che ci sono nella lista di oggi!- Ami era sbalordita, addirittura indignata.
-Lista? Quale lista?- chiese distrattamente riposizionando tutte le sue cose nell’astuccio, e l’astuccio nella borsa rettangolare in finta pelle.
Rei si sporse in avanti, congelandola sul posto con un’occhiata trucida. –Quella che Ami prepara per far sì che tu vada a quei maledetti test preparata!-
La fissò stupita, passando poi alla ragazza lì accanto, ancora composta sul tappeto, le gambe incrociate. –Grazie, Ami-chan, ma oggi proprio non ce la faccio, è tutto il giorno che studio…-
Tutto il giorno? La sacerdotessa che viveva nel tempio in cui si trovava scoppiò a ridere. –Ma se è appena un’ora e mezza che sei qui!-
Cooosaaa?!
Afferrò il braccio sinistro di Minako balzando in piedi e portandoselo davanti agli occhi, costringendola in una posa plastica dall’aspetto scomposto e molto scomodo.
Le sedici e trenta.
Sbatté le palpebre diverse volte, accertandosi di leggere correttamente.
-Ehi! Mi stai smontando una spalla!- sentì protestare in basso.
La lasciò andare ancora mazza stordita. Il tempo era volato… e lei non aveva prestato attenzione nemmeno per un secondo. Sentì il senso di colpa nascerle dentro, nel petto, e cercò subito di distrarsi. –Non importa quanto sia stata qui o meno, la cosa che conta è l’impegno con cui mi sono applicata. Quindi, direi che mi merito uno spuntino.-
Rei era paonazza. –Ma se non hai girato nemmeno una pagina in tutto il pomeriggio…-
Cavoli, se sapeva essere fastidiosa! La rabbia e la permalosità montarono in fretta, sposandosi alla perfezione dentro di lei. –Se sai tutte queste cose su di me, vuol dire che nemmeno tu hai compicciato molto, ma piuttosto sei stata tutto il tempo a spiarmi!- Si sentì un po’ ingiusta e molto bugiarda, ma evitò accuratamente di soffermarsi troppo su quelle sensazioni: era estate, aveva il diritto di non fare nulla!
-Certo, credici.- Gelo ed ironia, due cose che odiava.
Aaarrrggghhh! Doveva andarsene, subito.
Perché nessuno la capiva?!
Fece scattare la chiusura della cartella, impugnandola saldamente per evitare di lanciarla accidentalmente, ovvio, in faccia a qualcuno.
-Coraggio Usagi, se rimani ti prometto che domani ti porto i cookies americani: cioccolato fondente e noci. O mandorle, che ti piacciono tanto.- Makoto era una vera tentatrice, ma… no.
Scosse la testa, gli occhi chiusi, varcando la porta lasciata aperta nel tentativo di captare qualche alito di brezza fresca. O come minimo non bollente.
-Usagi-chan, noi lo diciamo per te. I tuoi genitori ti metteranno in punizione se non passerai gli esami, senza contare che recuperare da settembre, con le lezioni già iniziate, sarà più difficile…-
Mh, perché dover fare subito una cosa che poteva essere rimandata al giorno dopo?
-Non essere melodrammatica Amiuccia, ti prometto che da domani m’impegnerò come se da queste stramaledettissime materie dipenda la mia stessa vita. E poi lo sai, io non sono secchiona come te, anche se mi piacerebbe!- Le sorrise zuccherosa. Ci avrebbe provato ad essere diligente, giurò in silenzio. Farlo a voce alta le sembrò troppo rischioso.
-Usagi Tsukino! Nessuna di noi è stata rimandata, siamo tutte qui per darti una mano! Non puoi andartene a farti gli affari tuoi! Minako! Dille qualcosa!-
Si voltò a guardare la sua migliore amica, immobile al suo posto. –Be’, in realtà anche io sono stata rimandata… Cosa dovrei dirle?- Il suo imbarazzo era palpabile quasi quanto l’ira di Rei.
-Che si deve mettere giù e darci dentro! E poi tu hai avuto problemi solo in storia, l’unica materia in cui è stata passata lei invece è economia domestica!-
Iniziò seriamente a vederci rosso. Ma come si permetteva!
Gonfiò le guance insieme ai polmoni, pronta ad esplodere.
-No dai, non è vero: in educazione fisica ha la sufficienza.-
Uh, qualcuno che diceva la verità, per quanto misera e scarna.
-Anche in giapponese non è male, se non fosse per i kanji, ma quelli sono difficili per tutti…-
Già, vero. Cosa ci poteva fare se aveva la memoria corta?!
-Si è barcamenata anche nelle altre materie. In definitiva, dovrebbe solo migliorare un pochino in matematica, inglese, scienze e geometria…-
Eh? –Ma la geometria fa parte della matematica!- rettificò alzandosi sulle punte.
Ami arricciò le labbra. –Ehm, non esattamente. Ma se ti fa sentire meglio, possiamo anche far finta che lo sia.-
Waoh, che clemenza.
All’improvviso l’idea di andarsene a prendere un milk-shake  non le sembrò più così buona, forse era giunto seriamente il momento di mettersi con la testa sui libri. Eppure… Il suo stomaco brontolò rumorosamente, gli spaghetti di soia con pollo e verdure ormai già digeriti abbondantemente.
-Giuro che per la superluna sarò pronta…- sussurrò piano.
Si ritrovò quattro paia di occhi addosso. –Per cosa?- Un coro perfetto.
Sospirò. –La superluna. Luna piena incredibilmente vicina alla Terra. Ho molte speranze per quel giorno, dicono che porti bene. Non lo avete sentito alla tv?-
-E quando sarebbe?!- Evidentemente no.
-Il 10 agosto.-
-Usagi, siamo già a metà luglio! Gli esami inizieranno il giorno dopo! E’ ovvio che dovrai essere pronta per la superluna. Non hai scelta! Minako!-
Sfidò la ragazza che aveva tentato di difenderla con sguardo complice, certa del loro legame indissolubile. Lei non l’avrebbe mai tradit… -Usagi, Mamoru non ti guarderà mai con occhi diversi se continuerai a fregartene dello studio. Sai quanto ci tiene, vuole una ragazza matura e acculturata.- … a.
Il silenzio di tomba che calò era troppo per fare qualsiasi cosa: troppo per andarsene senza una spiegazione, troppo per rimanere senza temere lo scoppio di un interrogatorio poliziesco. I muscoli le tiravano per l’immobilità esasperata.
Minako si stava tappando la bocca con una mano tremolante, gli iridi due pozze di colpa.
La trapassò con gli occhi ridotti a fessure gelide. Ti uccido, sibilò lentamente in modo che potesse leggere le parole lasciate aleggiare nell’aria.
Non poteva essere ricattata con lo studio, Mamoru e studio non stavano bene insieme.
Almeno non per lei, non con quella distanza fra di loro..
Non davanti a tutte le ragazze.
Deglutì rumorosamente, la pelle del viso in fiamme.
-Cosa diavolo c’entra Mamoru adesso? Lui ed Usagi si detestano, sono agli antipodi!-
Un fulmine l’attraversò, elettrizzandola fino al midollo.
Ghignò, portandosi la cartella al petto e stringendola forte. Quella sera, a turno, sarebbe stata impegnata al telefono a spiegare cosa, come, quando e perché, ma adesso non poteva più perdere tempo.
La superluna si avvicinava.
-Mina-chan, sei un genio. Ti voglio un bene dell’anima!-
E senza dare il tempo a nessuno di placcarla, corse via sollevando polvere e sassolini al suo passaggio.


Mamoru Chiba, diciassette anni, amava il caffè.
Non quello che si compra al supermercato in polvere, in capsule, solubile, in granuli, ma quello buono, fragrante, intenso e deciso che si concedeva ogni giorno al bar-sala giochi del suo amico Motoki.
Della famiglia del suo amico Motoki, in realtà, lui lo gestiva solamente nel tempo libero e quando i genitori avevano degli impegni importanti.
Il Crown.
Se non fosse stato per la confusione infernale che vi regnava il pomeriggio dopo la chiusura delle scuole, ci avrebbe trascorso volentieri anche del tempo a studiare, raccomandandolo ai suoi compagni delle superiori. L’ambiente rilassato, ampio e luminoso gli sarebbe stato d’ispirazione, ma ora che gli scolaretti delle medie erano nell’usuale pausa estiva e lui non aveva una tabella di marcia serrata, poteva godersi semplicemente qualche minuto in più seduto al suo solito posto al bancone principale leggendo il giornale.
Si passò il polpastrello di un indice sulle sopracciglia bagnate di sudore mentre attraversava la strada semi deserta sulle strisce pedonali. Anelava il freddo dell’inverno, sperava che nevicasse quell’anno, perché il caldo dell’estate lo spossava fastidiosamente.
Le porte scorrevoli del locale si scansarono per lasciarlo entrare al fresco dell’aria condizionata.
I colori pastello delle pareti e del pavimento, simili a quelli delle imbottiture, gli permisero di togliersi subito gli occhiali scuri senza riceverne troppi fastidi. Li appuntò nella camicia bianca che portava, al posto dei primi bottoni lasciati liberi.
-Heilà Mamoru, cosa posso portarti?- lo salutò Motoki, i gomiti poggiati sul tappetino gommoso vicino al lavabo. Non c’era quasi nessuno quel giorno.
Avanzò piano, scivolando sullo sgabello morbido. -Caffè, per piacere.-
Gli occhi nocciola del suo migliore, unico, vero amico lo squadrarono con disapprovazione.
Si aggiustò meglio. –Che c’è?-
-Caro mio, fra non molto tempo entrerai da quella porta e alla mia domanda risponderai: “il solito, buon vecchio Sam”. Proprio come nei film che danno sulle reti satellitari.-
Mamoru scrollò le spalle, gli occhi al cielo. –Sia maledetto quel tipo che ti ha montato la parabola.-
L’altro rise portandosi completamente in piedi, unendo le dita dietro la schiena per farle scrocchiare. –Non parlare così del ragazzo di mia sorella, altrimenti chi se la prenderà in sposa quando arriverà il momento?!- Stiracchiò le braccia.
-Unazuki è una brava ragazza, se la caverebbe comunque. Adesso posso avere il mio caffè?-
-No!- Motoki sembrava avere altri piani per lui quel giorno. –Perché non provi qualcosa di diverso? Un cappuccino, per esempio?-
Storse il naso, arricciandolo. –Sai che il latte mi fa male.-
Schioccò le dita. –Che disdetta! Allora una caffè freddo!-
Non sembrava un’idea venuta fuori così, dal nulla… Tutto quell’entusiasmo a cosa era dovuto?
-Il caffè è il solito che fai tu?-
-Certo! Solo shakerato con ghiaccio, una puntina di crema di Whisky e zucchero di canna…- spiegò concitato.
Eh?
Guardò l’ora: non erano nemmeno le cinque.
-Vuoi farmi ubriacare per caso? Sai che non reggo molto bene le bevande alcoliche, mi sciolgono la lingua.- Lo aveva imparato in una volta sola, alla festa per le matricole del primo anno, e possibilmente non voleva ripetere l’esperienza.
Per tutta risposta Motoki afferrò una sottospecie di bicchiere centellinato piuttosto alto, trasparente e spesso, caricando con la mano libera la macchinetta di polvere scura.
-E’ proprio questo quello che voglio: il mio caffè freddo, oltre che a deliziarti il palato, ti aiuterà anche ad essere un pochino più naturale con una certa chi so io.-
Ecco, sapeva che c’era qualcosa sotto. –Posso rifiutare? Preferirei davvero la mia tazza di caffè normale…-
Il rumore del tappo di liquore che veniva aperto gli fece capire che ormai era troppo tardi.
-Stai tranquillo, andrà tutto bene!- La tazzina venne quasi del tutto riempita di liquido nero, il ghiaccio in cubetti lo aspettava già nel contenitore apposito, una bella cascata di crema chiara e densa completò l’opera.
-Ehi! Vacci piano!-
Motoki gli rifilò un’energica pacca sulla spalla sinistra sporgendosi oltre la superfice piana da lavoro, facendolo chinare sotto al colpo. –Forza e coraggio! Il mio aiuto e quello del Baileys non possono farti che bene!-
Incrociò le dita poggiando i gomiti davanti a lui, rassegnato. –La situazione è già critica di suo, non c’è davvero bisogno di complicarla.-
Il bicchiere che gli venne posizionato davanti aveva la forma di un imbuto spigoloso rovesciato, simile a quello usato per servire il Martini.
Non che lui lo avesse mai bevuto, lo sapeva per cultura generale.
Osservò l’amico chiudere la miscela con un tappo metallico, iniziando a sciaguattarla con forza in alto, di lato alla propria testa, con entrambe le mani. Il ghiaccio sbatacchiava rumorosamente, e solo quando quel suono svanì si ritrovò la sua porzione versata accuratamente al suo posto.
Sembrava buono, ma non era molto convinto di voler fare da cavia: era un tipo abitudinario lui. –Lo hai già testato o io sono il primo sfortunato?-
-Fortunello, vorrai dire!- lo corresse Motoki riempiendo il contenitore sporco di acqua calda corrente. Alzò il viso per incitarlo con un’occhiata impaziente. –Muoviti, fra poco sarà qui.- rincarò accennando alle porte scorrevoli con un’alzata di sopracciglia bionde.
Alzò le spalle, afferrando il vetro sottile a metà della sua lunghezza, fra il pollice e l’indice. Portò il bordo alla bocca, poggiandocela con cautela.
Annusò. L’odore di alcool era forte, ma mischiato a quello del caffè non gli risultò spiacevole.
Ne prese un piccolo sorso, tenendoselo nelle guance, sulla lingua. Amaro e dolce al punto giusto.
Inghiottì, avvertendo chiaramente il liquore solleticargli le pareti inesperte della gola.
-Com’è?!-
Alzò una mano, le dite unite e spiegate. Ottimo, pensò sorseggiando piano, ma… -Mh, discreto.- Il caffè semplice era migliore.
Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di fargli capire che qualcuno, o peggio ancora qualcosa, potesse modificare le sue preferenze.
Motoki non perse nemmeno il tempo necessario a chiedere spiegazioni. –Bene, detto da te è un complimento. Lo metterò nel menù e lo chiamerò “Baka Ice Coffee”.-
Lo insultò con gli occhi. –Non ci provare, o farò in modo che il fidanzatino di tua sorella scompaia nel nulla.-
Crudele.
Sarebbe stato davvero un miracolo se Mamoru fosse stato ricambiato nei suoi sentimenti, con quel caratteraccio che si ritrovava.
Per questo doveva impegnarsi con tutte le sue forze…
-Come fai a sapere che verrà?-
Incastrò lo staccio che aveva usato per asciugarsi le mani in una della maniglie dei mini frigo sotto al bancone. –Viene sempre per quest’ora.-
-E se proprio oggi avesse da fare? Mi avresti fatto ubriacare per nulla.- ululò Mamoru studiando mestamente quel che era rimasto del suo drink.
Ancora metà. Lo sapeva, per questo c’era andato giù pesante col whiskey.
Gli sorrise. –Stai tranquillo, vedrai che adesso arriva. Me lo sento. Piuttosto, mettiti d’impegno e questa volta concludi qualcosa. Non ne posso più di questa situazione.-
Il suo migliore amico sembrava annebbiato. –Come se la cosa riguardasse te…-
Gonfiò il petto, buttando fuori aria calda dalle narici. –Mi riguarda eccome, visto che sfoghi tutte le tue frustrazioni su di me. Le cose ti vanno male e vieni qui a lamentarti. Niente di sbagliato, se non fosse che non fai assolutamente niente per piacerle e quindi cambiare le cose in meglio per te!- Si concesse un sospiro stanco. –E di conseguenza anche per me, che non sarei più costretto a sentirti blaterare ogni santissimo giorno.-
Ecco.
Mamoru lo squadrò quasi offeso. –Sai che ho delle difficoltà a trattenermi quando si tratta di lei, non lo faccio a posta…-
-Già; la cosa che non capisco è il perché. Perché sei cortese, educato, amabile con tutti e tutte, tranne che con lei? Non riesco proprio ad arrivarci.- Se l’era chiesto spesso senza riuscire mai a rispondersi. Adesso voleva saperlo.
Lo vide inarcare le sopracciglia, lasciando il peso della testa ricadere su due dita premute contro una tempia. –Mi diverte.-
Sembrò avere da ridire.
-Ma non in quel senso!- si affrettò ad aggiungere prima di essere travolto da vere e proprie maledizioni. -Non lo faccio per prenderla in giro…- Be’, all’inizio sì, ma ora era diverso. –Mi piace vedere che si agita, che si dibatte, perché tutto quel rossore e quella voce rotta dalla rabbia e i pugni chiusi la rendono ancora più carina di quello che è normalmente…-
Oh, che romantico! Non poteva crederci.
Fece schioccare le labbra fra di loro. -Hai una concezione strana di carina. E una assurda di amore.-
Lo sapeva, ma per lui era così. Girò la testa per scrutare fuori dalle vetrate.
Poi “amore” era un parolone, non sapeva nemmeno se… Un bagliore dorato catturò la sua attenzione, un’onda in rapido avvicinamento.
Trangugiò in una sola boccata tutto il caffè freddo che gli era avanzato.
-Cavolo! Che ti è preso?!-
-Eccola!- fu l’unica cosa che riuscì a sibilare, afferrando il giornale e portandoselo davanti al viso.
Motoki si volse all’entrata del proprio locale al rumore del campanello che annunciava l’arrivo di un nuovo cliente.
Sorrise, diabolico.
-Ciao, Usagi-chan! Vieni a fare due chiacchiere qui con noi!-
Mamoru sussultò appena: certo che quel barista non perdeva proprio tempo.


Mamo-chan...
La scusa perfetta.
Avrebbe dovuto erigere una statua a Minako.
Annuì mentre camminava per i marciapiedi quasi del tutto sgombri, attirando l’attenzione di qualche passante. Lo avrebbe fatto.
Lo studio.
Mamoru.
Lo studio e Mamoru, assieme.
Mamoru amava lo studio. Si era sempre dimostrato attento alla propria carriera scolastica con quei libri perennemente aperti davanti a lui, con quegli occhialetti rettangolari da lettura sul naso, con la divisa scolastica stirata alla perfezione.
Sorrise pregustando la nascita di nuovi sogni romantici, ma li bloccò subito per rimandarli a più tardi, quando avrebbe avuto tutto il tempo di pensarci con calma.
Lo studio, Mamoru e lei.
Ghignò. Per una strana legge matematica di cui non ricordava il nome, ma solo vagamente il contenuto, se tutto fosse andato secondo i suoi piani, la faccenda si sarebbe conclusa con Mamoru che adorava anche un’altra cosa, oltre la scienza: lei.
Saltellò un poco mentre aspettava che il semaforo cambiasse colore da rosso a verde.
Poco importava che detestasse ogni attività che anche solo lontanamente riguardasse quel mondo; era per una buona causa.
Sicuramente non sarebbe stata una passeggiata di solo piacere, considerando lo strano rapporto-non rapporto che Mamoru e lei avevano stretto in quei mesi di conoscenza, ma qualcuno aveva scritto e detto e urlato al mondo che l’ottimismo era il profumo della vita, quindi perché non fidarsi di chi aveva più esperienza di lei...
Lanciando una rapida occhiata ad un monitor tv che stava trasmettendo un tg nella vetrina di un negozio, quasi ebbe l’impressione di poter sputare il cuore fuori dal proprio corpo dall’emozione: le 16 e 56 minuti.
Mamoru doveva assolutamente trovarsi al Crown a quell’ora.
C’era sempre.
Seguendo una coppietta di fidanzatini a braccetto attraversò la distanza che la divideva dal lato della strada che l’avrebbe condotta alla gioia.
Pregò che il suo Mamo-chan non avesse deciso proprio quel giorno di saltare la sua usuale tazza di caffè, sarebbe stata una sfortuna immensa, e pregò anche che non possedesse quello strano sesto senso che certe persone hanno in fatto di bugie.
Non era brava a mentire, e aveva una sola occasione da sfruttare.
Alla vista dell’insegna gialla e celeste si arrestò sui suoi passi.
-Ehi ragazzina! Stai attenta, o farai cadere qualcuno!-
Usagi fissò l’uomo arcigno che le passò accanto con espressione assente, non del tutto certa di aver compreso bene le parole che le erano state rivolte. Non accennò nemmeno l’inchino che avrebbe dovuto fare per scusarsi della sua sbadataggine.
Le faceva male la pancia.
Era quello strano dolore che le prendeva la mattina presto quando sapeva che a scuola le sarebbe toccata una bella interrogazione, o un compito in classe.
Ci aveva fatto leva certe volte con sua madre, riuscendo ad ottenere il permesso di restare a casa, ma una volta collegati i doloretti con l’ansia, e l’ansia con la sua leggerezza negli studi, i giochi per lei erano finiti.
Se li portava dietro consapevole che gli evitamenti non erano più possibili, una sorta di muta rassegnazione la forza motrice dei suoi passi.
Ma quello non era il momento giusto per rivangare vecchi ricordi spiacevoli.
Era nervosa.
Lei e Mamoru non avevano mai avuto una conversazione civile in quasi un anno di incontri quasi quotidiani, forse il suo piano aveva delle falle che era meglio riconsiderare prima di agire, per evitare di sprecare l’alibi perfetto... Eppure si sentiva impaziente.
Vagò con lo sguardo sull’asfalto alla ricerca di una monetina per tirare a sorte.
Poco distante la coppietta che l’aveva preceduta lungo il tragitto era seduta su una panchina all’ombra di un alberello, e stavano parlando e ridendo insieme di qualcosa che probabilmente gli univa anche se erano sicuramente diversi. Chissà come era iniziata la loro storia, se si erano stati subito simpatici, o se anche loro come lei avevano dovuto affrontare un percorso di accettazione prima di capire che…
Ooh! Chissà com’era avere qualcuno accanto da amare e a cui dedicarsi…
Basta.
Era stufa marcia di accontentarsi di quella piccola parte che Mamoru le riservava di lui solo quando discutevano.
Voleva di più. Voleva sentirsi come quei ragazzi a due passi da lei, contenti e leggeri.
Stringendo i denti per la paura e la speranza, puntò le porte del Crown e quasi vi si lanciò contro.
-Ciao, Usagi-chan! Vieni a fare due chiacchiere qui con noi!-
Cavolo.
Era già lì.
Se lo era augurato, ma adesso rivalutava l’idea che sarebbe stato meglio se lui fosse arrivato dopo di lei, per darle il tempo di ambientarsi e prepararsi alla recita della sua vita.
Motoki l’aveva accolta con calore, come sempre, e Mamoru era davanti a lui, seduto al suo posto preferito, il giornale spiegato davanti agli occhi, nascondendoglielo dalla base del collo in su.
Si avvicinò facendo dondolare la cartella nell’aria, la pancia le lanciava fitte da sudarella.
-Motoki-san, che bello vederti. Ciao, Mamoru.- Lo aveva salutato cercando di usare il solito tono, tentando di non tradirsi.
-Odango…-
Ehm… -Mamoru, ti sei accorto che stai tenendo il giornale al contrario?-
Sentì Motoki accanto a lei soffocare una risata, e lo vide tapparsi la bocca con una mano.
Mamoru abbassò la carta stampata con estrema lentezza, ripiegandola e lanciandola lontano sul bancone, facendola scivolare. –Allora anche tu sai leggere, Odango Atama.-
Certo, insultarla era un classico, ma lui era davvero un tipo strano certe volte…
-Ma cosa vuoi, baka? Sei tu quello che sarebbe da prendere in giro, non io!-
Le rivolse un sorriso smagliante fintamente comprensivo, spostandosi i capelli neri dalla fronte con una mano.
Accidenti, aveva denti perfetti, bianchissimi, e occhi blu notte, diretti e intensi, e dita lunghe e sottili dall’aspetto curato… Era… era…
-Per te e quegli assurdi capelli possiamo fare sempre un’eccezione, Odango!-
… era un deficiente.
Trattenne il principio di un urlo nel petto, lasciandolo scivolare via dal naso. Litigare non era la strategia adatta, quel comportamento era controproducente.
Doveva portarlo a parlarle normalmente.
Inarcò gli angoli della bocca all’insù, regalandogli un’occhiata amichevole. –Non voglio discutere Mamoru-san, oggi è stata una giornata mooltoo pesante già di suo…- soffiò con una nota ben comprensibile di stanchezza nella voce.
Gli si sedette accanto facendo scivolare la borsa ai piedi dello sgabello alto, aspettando una domanda che non arrivò. Ma che cavolo…
-Cos’è successo Usagi-chan? Vuoi raccontarcelo?-
Uh, menomale che c’era Motoki.
Sospirò. –Non vorrei annoiarvi coi miei problemi…-
-Ma no! Siamo tuoi amici. Ci interessa quello che ti succede!... Vero Mamoru?-
Alzò il viso nella sua direzione, girandosi a guardalo.
C’era qualcosa di strano in lui quel pomeriggio… Sembrava abbronzato. No, meglio ancora, leggermente paonazzo.
Cercò di non farsi beccare con lo sguardo trasognato che riservava solo a lui appuntato ai suoi lineamenti decisi, ma soltanto con una scintilla di speranza negli occhi umidicci.
-Certo.-
Ah! Che attrice! Avrebbe potuto considerare una carriera in campo cinematografico…
Indossò la sua espressione più addolorata. No, teatrale, era più portata per una carriera di teatro tragico.
-Purtroppo il primo quadrimestre non si è concluso molto bene, e sono stata rimandata agli esami di riparazione.- Fece una pausa per permettere a Mamoru di sfogare la sua ironia, ma lo ritrovò intento a fissare il fondo vuoto di uno strano bicchiere che aveva davanti a sé. Prosegì, incredula. –Avevo già iniziato i ripassi con Ami-chan e le altre ragazze, ma sapete, è estate, e non mi sembrava giusto costringerle a starmi dietro visto che loro non hanno avuto problemi…-
Motoki la fissava con una strana luce negli occhi. –Sono andate in vacanza fuori città?-
Scosse la testa. –Sono qui, ma ho deciso di lasciarle libere di godersi questi giorni senza pensare alla scuola, anche se hanno molto insistito. Ho detto loro che i miei genitori avevano trovato un insegnate privato per darmi ripetizioni…-
Motoki le presentò davanti una ciambella glassata avvolta per metà in un fazzoletto sottile. Represse uno squittio di gioia, afferrandola con finta riluttanza.
-Ma non è la verità…- completò il ragazzo per lei.
Si limitò ad annuire, mordicchiando un bordo stondato della pasta soffice.
-Non si dicono le bugie, Usagi…-
Mh, se solo avesse saputo che tutta quell’intera storia era una bugia… Quasi quasi si sentiva in colpa.
-Mi sembrava che anche Minako fosse stata rimandata…- La voce bassa di Mamoru, inspiegabilmente roca, gli arrivò all’orecchio destro. Lo fissò con la bocca spalancata: aveva una memoria da elefante!
-Ti ricordi male evidentemente, Mamoru, altrimenti Usagi lo avrebbe detto.- intervenne Motoki.
Passò a squadrare lui: non lo aveva mai sentito usare quel tono stizzito, era una novità.
-No, Usagi?-
Tornò a Mamoru, confusa. Stava succedendo qualcosa di strano là dentro, e il suo piano non c’entrava niente.
-Ha rischiato, ma all’ultimo ce l’ha fatta a recuperare. Forse si è spiegata male…- Da dove le uscivano questi salvataggi in extremis…
Il suo concupito la guardava senza dire niente, senza controbattere, senza espressione.
Si sporse un pochino sul bancone, verso Motoki. Lui la imitò. –Ma sta bene?-
-Sì, perché?-
Usagi nascose la bocca con una mano, lanciando occhiate preoccupate di lato. –E’ tutto rosso. E poi è stranamente silenzioso…-
Già, convenne Motoki. Cosa ne era stato della lingua sciolta?!
-Avrà preso un colpo di sole.-
Tornò al suo posto. –E dove?-
-Al parco! Vero Mamoru che oggi sei stato al parco?-
-Sì… Comunque sia, qual è il problema, Odango? Non ho capito.-
Bene, quindi l’aveva ascoltata!
-Il problema è che ho detto alle mie amiche che ho qualcuno con cui studiare, ma non è vero, e ai miei genitori ho detto  che mi sarei preparata con le mie amiche, ma non posso. Quindi non ho nessuno che mi dia una mano… La matematica non è davvero il mio forte.-
Mamoru aveva gli occhi appannati. –Capito… Questa cosa ti insegnerà che certe volte l’altruismo non è una buona cosa.-
-Chiba! Ora basta! Cerchiamo una soluzione, piuttosto che continuare ad infierire. Usagi ha capito che mentire non è mai utile…- Tranne che in rarissimi casi.
-Sì, Motoki-san, non succederà più.- si avvilì ulteriormente.
La situazione si metteva male: Motoki abboccava ai suoi ami, Mamoru no. Sembrava nel paese delle meraviglie, immerso in un suo mondo personale.
Se non avesse saputo che era un ragazzo diligente, avrebbe messo la mano sul fuoco che fosse brillo.
Non voleva ritrovarsi nello scomodo caso di dover rifiutare l’aiuto di Motoki se Mamoru non si fosse svegliato. Come si sarebbe giustificata?
Nascose il viso fra le mani. Questa era la riprova che fra lei e quel baka non sarebbe mai potuto nascere niente… Se ne stava infischiando.
-Ci sono!-
Sobbalzò al grido di entusiasmo di Motoki.
Oddio, no…
-Mamoru può darti una mano a preparati per gli esami, è bravissimo in quelle materie!-
Cosa?!
Per evitare di saltare in piedi quasi si spalmò sul piano davanti a lei. C’era arrivato!
Qualcuno ci era arrivato!
Anche se non ne aveva immaginato così l’andamento, il suo complotto stava andando a buon fine. Adesso mancava solo che Mamoru accettasse.
Saltò giù dallo sgabello, prendendogli le mani nelle sue.
Arrossì al contatto, ma non poteva evitarlo, giocava il tutto per tutto.
Mamoru era stordito.
-Lo faresti Mamoru? Mi daresti una mano?-
Lo vide trattenere il respiro.
-Okay.-
-Aaah!- Gli volò fra le braccia, buttandogli le proprie attorno al collo.
Non si sentì ricambiata, ma non le importò.
-Grazie grazie grazie grazie grazie!-
Si voltò con un sorriso a trentadue denti verso il suo barista preferito, il suo santo protettore, il suo mito. –Quanto ti devo per la ciambella?-
-Niente, offro io.- sussurrò Mamoru, allontanandole le mani dalla cartella che aveva raccattato da terra e posato sul bancone.
-Aaah! Grazie mille Mamoru! Ci vediamo domani?-
Annuì solamente.
-Sono così contenta! Adesso vado, si è fatto tardi.-
Si fermò sulla porta aperta, alzando un braccio in alto. –Ciao ciao!-
-Ciao Usagi-chan!-
-Ciao Odango…-
Una volta che i vetri si furono riuniti, Motoki strattonò l’amico per una manica.
-Mi dici cosa ti è preso? Se non ti avessi aiutato io, avresti collezionato l’ennesima figuraccia da maleducato insensibile.-
-Scusa, mi è venuto improvvisamente sonno. Forse è meglio che mi avvii anche io verso casa…-
Ops, forse ci era andato giù un po’ troppo pesante con la componente alcolica del suo caffè freddo.
-Ok amico, ma almeno dimmi: sei contento?-
Lo vide sorridere come un ebete, un ebete innamorato. –Contentissimo, grazie Moto-chan.-
Uh, era proprio sbronzo.
-Meglio se prendi l’autobus. Ce la fai?-
-Sì sì, sto bene.-
Barcollò fino all’uscita. –Ci vediamo domani.-
Annuì, pensieroso. –Forse è meglio se torniamo al tuo solito caffè normale.-
-Sì, decisamente.-


Motoki era soddisfatto.
Più soddisfatto di quando aveva ottenuto il massimo ad un esame.
Più soddisfatto di quando aveva ricevuto il suo primo stipendio dopo un lungo mese di duro lavoro.
-Usagi e Mamoru…- borbottò sorridendo, tirando giù la serranda del locale.
Si era fatta sera, il cielo era azzurro, la luna si intravedeva già fra le nuvole velate.
-Motoki-chan!-
Reika, la sua fidanzata, lo raggiunse correndo. –Scusa il ritardo, stavo dando ripetizioni di storia ad una ragazza che abita qui vicino.-
Fischiettando le posò un braccio attorno alle spalle. Occhi verdi lo fissarono stupiti.
-Che cos’hai? Sembri di buon umore.-
Roteò le chiavi nell’indice, avviandosi verso casa. –Io sono sempre di buon umore.-
Reika gli cinse la vita sorridendo. –Vero, ma stasera sembri… raggiante.-
Motoki scoppiò a ridere. –Raggiante come una donna incinta?-
-Sì, come una mamma.-
-Effettivamente è stato un parto…-
Si sentì trattenere, fermarsi. –Che cosa è successo?-
Soffiò piano sulla sua faccia, scompigliandole la frangia castana. –Hai presente Mamoru ed Usagi? I miei amici che non si sopportavano?-
-Mh-hm… Quelli che secondo te in realtà si piacciono…-
-No secondo me, Mamoru è cotto, stufato…-
-Sì, insomma?-
-Sono riuscito finalmente a combinare uno pseudo appuntamento! E ti dirò di più, secondo me anche Usagi cova qualcosa…-
Reika lo studiò con diffidenza.
-Motoki, ti sei rimesso a giocare a fare Cupido un’altra volta? Non sei un granché, lo sai…-
Ripresero a camminare.
-Ma cosa dici?! Se l’ultima volta, e anche l’unica, è finita che tu ed io ci siamo messi insieme!-
-Già, peccato che il tuo piano originale prevedeva che io dovessi mettermi con quel tuo compagno di classe, e non con te.- precisò la ragazza guardandolo storto.
-Vabbé, questi sono dettagli.-
Se lo strinse al fianco con più convinzione. –Divertiti pure, l’importante è che non ti nascano strane idee su questa tua amica.-
Motoki le baciò la testai, sorridendo fra i suoi capelli. –Usagi è la mia sorellina. Sai che non ho occhi che per te, micina mia…-
Reika alzò gli occhi al cielo: povero quel Mamoru, non sapeva in cosa si era cacciato.






Evvaiii!
Ce l’ho fatta! Capitolo concluso!
Non sono convinta al 100% della parte centrale, ma l’ho riletta, e per ora va bene, sono ansiosa di pubblicare, correggerò e aggiungerò qualcosa in caso domani o nei prossimi giorni.
Per piacere, se vi ho trasmesso qualcosa, qualsiasi cosa, fatemelo sapere con una bella recensione.
Come “scrittrice”, per me i vostri pareri sono molto importanti, mi mostrano la giusta via, nel bene e nel male.
Spero di avervi fatto sorridere, di avervi incuriosito, io mi sto divertendo un mondo ad immaginare e scrivere questa storia. Spero anche voi.
La superluna è stato un avvenimento accaduto davvero il 10 agosto 2014, e mi ha dato l’ispirazione.
Come sempre, vi invito a leggere le altre mie storie in via di sviluppo per capire cosa ne devo fare, se ne vale la pena oppure no.
Till next time, my friends!

LaLadyNera


   
 
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