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Autore: mamie    21/08/2014    4 recensioni
ATTENZIONE: SPOILER ALLEGIANT E FINALE!!
Mia prima fic su Divergent: appena finito di leggere anche il terzo libro e stimolata da un contest interessante, ho deciso di provarci.
Riflessioni di Tobias sulla sua nuova vita. Quello che hanno creato è davvero un mondo migliore?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Four/Quattro (Tobias)
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Nota: quarta classificata al contest My favorite songs di Elisaherm.
Le musiche cui si ispira sono Mad World di Gary Jules e Gymnopédies  di Eric Satie.
Quinta classificata al contest Lies a warrior di Fra.EFP.  
 
UN MONDO MIGLIORE
 
And I find it kind of funny
I find it kind of sad
The dreams in which I’m dying
Are the best I’ve ever had


 
È un mondo migliore?
Cerco di convincermi disperatamente che lo sia, perché abbiamo lottato per questo, perché Tris è morta per questo.
È davvero un mondo migliore?
A volte penso di no. A volte, quando sento i discorsi stupidi e superficiali della gente, penso che non dovevamo lottare per questo, non dovevamo morire per questo. Soprattutto, non dovevamo sopravvivere per questo.
Io non sarei dovuto sopravvivere per questo.
Hai tutta la vita davanti.
Che frase sciocca e inutile. Nessuno ha tutta la vita davanti, perché nessuno sa quando sarà finita.
 
A volte sogno di morire. A volte sogno di esserci io, al posto di Tris, oppure di cadere dalla cima dell’Hancock e schiantarmi sull’asfalto cento metri più sotto. Quasi piango svegliandomi, quando capisco che non è vero.
 
Mia madre, grazie a dio, se n’è andata. È cambiata, in qualche modo adesso assomiglia di più alla madre che avrei sempre voluto, che ho sempre rimpianto.
Ma sono cambiato anch’io. Non sono più il bambino che voleva solo essere amato. Sono già stato amato, ed è stato molto peggio.
 
All around me are familiar faces
Worn out places
Worn out faces
 
Dalla porta dell’ufficio sento l’ennesimo litigio “per questioni di principio”. Non so chi siano, c’è tanta gente nuova qui, gente che non si rende conto del perché abbiamo lottato, del perché siamo morti. È come se avessero preso anche loro un bel siero della memoria. Le voci si fanno sempre più cattive. Tutti arroccati nelle loro piccole ragioni come se fossero il centro dell’universo.
Faccio due lunghi passi e apro la porta. Lascio un frettoloso biglietto a Johanna ed esco fuori, sulla strada. Entro nel primo bar che trovo, ma non chiedo da bere. So che non servirebbe a niente. Mi siedo solo a prendere un caffè davanti alla vetrina, a guardare la gente che passa per la strada.
Tutti mescolati. Tutti diversi. È bello forse che sia così, ma mi sorprendo a pensare che in qualche modo fosse molto più rassicurante, prima. Almeno sapevi qual era il tuo posto nel mondo.
 
Gli altoparlanti del bar diffondono una musica che non avevo mai sentito. È una musica strana, lenta, pervasa di quieta malinconia.
‒ Le piace Satie? – mi chiede la barista con un sorriso.
‒ Gymnopédies è il mio pezzo preferito – aggiunge.
Non lo conosco. Fino a poco tempo fa non sapevo nemmeno che potesse esistere una musica del genere. Conoscevo solo le canzoni sboccate degli Intrepidi, le lagne strimpellanti dei Pacifici o gli Inni austeri degli Abneganti. Questa… è diversa. Parla di un altro mondo. Un mondo molto più grande di una città, molto più vecchio, in cui ci sono molte più cose di quanto ciascuno di noi immagini.
 
Hide my head I want to drown my sorrow
No tomorrow
No Tomorrow
 
È con quella musica in testa che torno a casa e butto poche cose in una sacca da viaggio. Non ho mai avuto bisogno di molto: gli Abneganti bandivano il più piccolo segno di frivolezza e gli Intrepidi si portavano addosso tutto quello che possedevano. Come i miei tatuaggi, come me.
Voglio ancora essere coraggioso e gentile, altruista e onesto e intelligente. Voglio ancora essere qualcuno che Tris avrebbe potuto continuare ad amare.
 
I find it hard to tell you
I find it hard to take
When people run in circles
It’s a very very
Mad world
Mad world
 
Alla stazione aspetto che il treno cominci a prendere velocità prima di correre e aggrapparmi alla maniglia, come facevo un tempo. Resto per un pezzo sulla porta della carrozza e mi sporgo di fuori per sentire il vento. Questo treno continua fuori dalla città, continua verso un mondo ancora pieno di guerre, perché le guerre ci sono sempre state, adesso lo so. Dovrebbe essere facile trovarne qualcuna.
Non sto cercando di morire. Voglio vivere. Voglio vivere nell’unico modo che conosco in questo mondo folle, sentendo quanto è prezioso e quanto conta ogni singolo momento.

Proprio come facevo con te.
 
  
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