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Autore: feddurr    21/08/2014    0 recensioni
Cosa spinge due perfetti sconosciuti ad incontrarsi in un particolare luogo? Cosa vortica nella mente di due persone quando si trovano una di fronte all'altra per la prima volta? Pensano al futuro, scattano al passato o si fissano sul presente? Due sguardi si incrociano, tutto comincia da lì. '[..]È avvenuto un incontro. Un incontro diverso dagli altri. Un incontro capace di fermare gli ingranaggi, di violare la perfezione del corso degli eventi, di aggiungere inquietudine e panico alla vita stessa.'
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THE RED MANOR.


L’incontro tra due persone è uno strano meccanismo vitale. La vita ce ne offre di aggeggi complicati, ma gli ingranaggi che vanno a formare un incontro sono tra i più controversi e misteriosi. Particolari, perché la gente ha la possibilità di chiedersi come funzionino, ma una risposta non risulta mai definitiva. Fortuna, destino, pura casualità sono gli elementi più spesso incolpati, ai quali viene attribuito il momento dell’incontro tra due completi sconosciuti, in un certo luogo, in un certo momento, stagione, mese, anno, secolo. Ma se fosse un elemento del tutto inconsiderabile, al di fuori del pensare umano, peculiare, a far accadere l’istante dell’incontro stesso? Raramente succede eppure, quando capita, appare e svanisce, una forza intangibile, invisibile, forse soprannaturale. Mette due persone una di fronte all’altra, per un motivo preciso ed inspiegabile. Cosa accade dopo è quasi sempre mistero o leggenda, sprazzi di voci di corridoio, ricordi e testimonianze. Quando tutto ciò avviene, un vuoto si crea nel mondo. Il meccanismo si inceppa per un attimo, il tempo di un battito di ciglia. È avvenuto un incontro. Un incontro diverso dagli altri. Un incontro capace di fermare gli ingranaggi, di violare la perfezione del corso degli eventi, di aggiungere inquietudine e panico alla vita stessa.


Il vento fa stridere il ferro arrugginito dei cardini dell’alto cancello, aprendolo di pochi centimetri. Due paia di occhi fissano attraverso gli spazi creatisi tra le inferriate, a formare strani disegni, incrociandosi, piegandosi e alzandosi verso il cielo. Ai lati, sbarre acuminate delineano il perimetro dell’infinito giardino, occupando lo spazio di un isolato e rendendo il luogo innaturalmente maestoso. I due sguardi sono ancora fissi sul cancello, imbarazzati ed indecisi. I due sguardi appartengono ad una ragazzo ed una ragazza. Ancora non si conoscono, si sono appena incontrati davanti all’ingresso dell’enorme casa abbandonata del loro piccolo paese ed entrambi si chiedono cosa l’altro ci faccia lì. Quindi, prendono una decisione e si rivolgono la parola, colti improvvisamente da un impeto curioso. Gli occhi azzurri, quelli di Louis, si presentano a quelli cangianti di Agnes, ansiosa di sapere cosa abbia attirato entrambi proprio in quel particolare luogo. – Non so esattamente perché mi trovi qui- dice Louis, imbarazzato –i miei piedi mi ci hanno portato-, sorride. Agnes spalanca gli occhi. –E’ lo stesso per me- dice, confusa. I due continuano a guardarsi, stupiti l’uno dall’altra. –Quindi mi stai dicendo che noi due, sconosciuti fino a pochi minuti fa, siamo stati attirati qui da un ‘’qualcosa’’, entrambi inspiegabilmente e in maniera del tutto naturale?- domanda Louis. Agnes annuisce, il viso corrucciato e la bocca arricciata. Louis sospira e si gira nuovamente verso la casa. Agnes lo imita, ma con la coda nell’occhio osserva il ragazzo, che sembra riflettere intensamente sulla situazione. –Non posso crederci- conclude Louis, facendo quasi sobbalzare la ragazza. –Non puoi credere a cosa?- chiede lei. –Non la senti ancora questa strana attrazione?- continua il ragazzo –Cioè, se è vero che la condividiamo, dovresti sentirla anche tu- In effetti, Agnes la sente, sente la curiosità bruciarle dentro, sente la voglia di camminare spedita verso la grossa porta di legno della casa e di spalancarla. Si gira verso Louis per rispondergli, ma lui non c’è più. La confusione aumenta nella mente della ragazza. –Che fai, non vieni?- dice una voce, oltre il cancello. Gli occhi azzurrissimi di Louis spuntano attraverso le grate, una mano tesa. Un sorriso luminoso sul volto. Agnes, a passi incerti, si avvicina al ragazzo, appoggiando la mano sulla sua, che la stringe a sua volta. Superato il cancello, il giardino si espande ora interminabile davanti agli occhi dei ragazzi, che lo osservano con curiosità crescente. L’erba alta e trascurata arriva alle ginocchia, un sentiero di pietre grigie guida verso l’ingresso. I due si incamminano, guardandosi intorno. Statue logore e coperte di muschio sembrano giudicarli, donne, uomini, angeli e animali di pietra sembrano circondare l’intero edificio, come a proteggerlo, come un esercito fedele. Due enormi querce affiancano i due lati della casa, cespugli secchi la attorniano, un’edera di un verde brillante invade tutta la facciata principale, invadendo metà dello spazio fatto di mattoni ingrigiti e di finestre dai vetri opachi. Le innumerevoli finestre sono sparse disordinatamente sulla superficie della casa, occupandola tutta e offrendo una vista del giardino ad ogni stanza. Man mano che la coppia si avvicina, la porta si fa più grande. Addossata sotto il tetto del portico coperto di edera, la porta di legno bruno di noce, dai cardini dorati, sembra intatta. Louis si avvicina, mentre Agnes esplora con lo sguardo il portico. Completamente invaso dall’edera, sembra nascere direttamente da essa. Radici spuntano dappertutto e si addossano alle pareti, rendendolo uno spazio quasi mistico, inghiottito dalla natura, ma vivo grazie ad essa. Una mano sulla spalla distoglie Agnes dai suoi pensieri. Louis è riuscito ad aprire la porta facendo scattare il meccanismo di chiusura e adesso la invita ad entrare con lui. Spinti sempre da una strana forza, i due mettono piede nell’ingresso, che si staglia davanti a loro, lasciandoli a bocca aperta. Il legno scuro della porta sembra essere stato usato per rivestire completamente anche l’interno della casa che, con la sua naturale oscurità, sembra giustificare la presenza di un numero elevato di finestre. Come se non bastasse, la carta da parati scrostata color vino rosso, le ragnatele e la presenza di una serie di ritratti rovinati dal tempo, rende il tutto molto più austero. Le due oscure scalinate che vanno ad incontrarsi sull’ingresso del piano superiore, troneggiano al centro della grande sala e attirano la mano di Agnes che comincia ad accarezzarne il corrimano intagliato finemente. I nasi all’insù, i ragazzi si dividono ed esplorano con lo sguardo il perimetro di quell’immenso salone. Si incontrano tra le due scalinate, entrambi inquieti ed eccitati. –Sarà stato qualche potere divino a trascinarci qui, non potevamo perderci uno spettacolo del genere- comincia Louis –lo stesso potere divino ha voluto anche che lo visitassimo insieme- Per la prima volta dal loro strano incontro, Agnes si sofferma sul viso del suo accompagnatore. I capelli chiari e scompigliati gli incorniciano il bel volto, decorato da uno dei sorrisi più attraenti che avesse mai visto e da uno sguardo color del cielo, uno sguardo profondo, sveglio, quasi stanco. Anche Louis si prende un attimo per osservare il viso chiaro della ragazza, i suoi capelli neri come la pece, i riccioli che le cadono sulle spalle, il sorriso accennato e timido, gli occhi accesi e ridenti, di un colore indefinito. I due si guardano sorridendo, dimenticando per qualche minuto il loro primo incontro, avvenuto soltanto dieci minuti prima, e la completa assenza di nozioni e conoscenza l’uno dell’altra e viceversa. –Dovremmo esplorare un po’, cosa dici?- dice Agnes, interrompendo lo scambio di occhiate –Ormai siamo dentro, no?- Esplorando, stavolta senza dividersi, la coppia apre porte, scosta tende e osserva mobili, sempre spinti da una curiosità irrefrenabile. Infine, assecondando quest’istinto, i due si dirigono verso le scalinate e, facendo attenzione ad ogni passo, le percorrono trovandosi di nuovo di fronte ad una grande porta scura. Lasciando Agnes ad ammirare il corrimano, Louis si avvicina al portone. Vi poggia una mano per accarezzarne il legno e, dopo aver fatto una leggera pressione, indietreggia al suono dei cardini stridenti e della porta che, inaspettatamente, si apre. Il silenzio della casa viene per un attimo interrotto e lo sguardo dei ragazzi viene attratto fortemente da quella nuova stanza misteriosa. Vedendo Louis immobile ad occhi spalancati, anche Agnes decide di guardare attraverso la porta. Di nuovo legno di noce, dappertutto, ma stavolta completamente sovrano, mai interrotto da nessun altro tipo di colore. Librerie su librerie su librerie scure si stagliano fino al soffitto, quasi facendosi inglobare, quasi facendo sembrare la stanza un unico pezzo di legno. Finestre altissime, poltrone rosse e profumo di carta vecchia. Nonostante la biblioteca si trovi al piano superiore, dal pavimento spuntano delle radici che si attorcigliano alle librerie, come se le avessero scambiate per alte querce. I libri sono sparsi dappertutto, sugli scaffali, per terra, sulle poltrone o invasi da fitte ragnatele. I due ragazzi camminano lentamente, non distogliendo mai lo sguardo dalla maestosità della sala. L’atmosfera di quest’ultima li contagia, le mani si incontrano e le dita si intrecciano. Senza malizia, semplicemente per intensificare l’emozione della scoperta di un luogo incantato, appartenente soltanto a loro, il loro segreto. Tenendosi per mano, Louis e Agnes arrivano tra due librerie, più alte delle altre e intagliate finemente di immagini di rami e foglie. Agnes sorride, la casa, ora come ora, è inglobata nel verde, nei rami e nelle foglie, ma l’intagliatore non poteva saperlo. Proprio in mezzo alle due librerie, un piedistallo in pietra, forse unico elemento di quel materiale oltre alle statue nel giardino, con un piccolo baule di legno, attira lo sguardo ammirato dei ragazzi. Agnes fa scivolare via la sua mano da quella di Louis e la porta verso la serratura arrugginita dello scrigno. –Mi sembra aperto- dice al ragazzo alle sue spalle. Infatti, una piccola pressione nelle dita e il bauletto si apre. Agnes urla improvvisamente, attirando l’attenzione di Louis e facendolo correre al piedistallo. Il ragazzo si affaccia sul baule aperto, mentre Agnes porta le mani al viso e percorre la stanza fino all’uscita. Sul velluto rosso dell’interno del contenitore sono delicatamente posate due mani ossute, senza una traccia di pelle e un pezzo di carta ingiallito. Una smorfia di ribrezzo appare sul volto del ragazzo, che voltandosi verso Agnes, deglutisce e cerca di ricomporsi. –Non fare così, torna qui e dammi una mano a prelevare e leggere cos’è scritto qui- urla, in attesa di risposta. Agnes non proferisce parola e Louis sospira pesantemente. Chiude gli occhi e infila la mano nel baule, toccando con le dita la carta e afferrandola. Il foglio sembra quasi polverizzarsi nelle mani del ragazzo, che lo tiene per gli angoli, cercando di leggere la scrittura scolorita e intenzionato a non distruggere un reperto così antico. Avvicinandosi lentamente e strizzando gli occhi, Louis riesce a leggere un piccolo testo, di un ortografia fine e infinitamente piccola:
 
                                                 Sono tutti come lui. Nessuno escluso.
                                 Se fanno soffrire, io li farò soffrire.
                                         Nessuno escluso.              
                                                                                   
Colpito dalle parole e dalla loro strana durezza, Louis poggia di nuovo il foglio sul baule, in attesa. Comincia a riflettere ancora: non ha mai sentito leggende su quella casa, per la verità, non ha mai sentito nessun tipo di voce su di essa. C’è sempre stata e basta. Sempre lì, vuota e desolata, senza una spiegazione. Cercando risposte con lo sguardo, in giro per la stanza, improvvisamente, gli occhi gli cadono su un pezzo di ferro, situato sotto il piedistallo. Senza pensarci, si alza e lo sposta, spingendoci contro tutto il corpo e rivelando la presenza di una botola. Indeciso sul da farsi e preoccupato per lo stato di Agnes, Louis si piega e tirando con forza e con entrambe le braccia, cerca di scardinare la botola, bloccata da tempo e ruggine, riuscendo, infine, ad aprirla e cadendo di schiena contro una delle due librerie. Rialzandosi dolorante, si affaccia su un lato del piccolo buco aperto, scoprendo soltanto oscurità profonda. Di nuovo confuso, stavolta si alza di scatto e si dirige verso l’uscita, ansioso di parlare ad Agnes e di farsi aiutare nella nuova scoperta. Fuori dalla stanza però, non c’è traccia della ragazza. Cominciando a sudare freddo, fa risuonare la sua voce tremante per la casa, improvvisamente diventata più minacciosa, più stretta, più oscura. –Agnes?- dice, ad alta voce –Non è divertente, sai? Se ti sei appena presa uno spavento per un paio di mani morte, non vuol dire che debba spaventarmi anch’io- Non ricevendo risposta, anche le dita cominciano a tremare freneticamente. Le sopracciglia aggrottate e lo sguardo scattante, Louis scruta il salone dall’alto delle scalinate. Il suo sguardo, per l’ennesima volta, viene catturato, stavolta dal grande camino sulla parete destra del salone. Come ipnotizzato e contro la sua volontà, il ragazzo viene trascinato di fronte al camino, ai quali piedi è poggiato un dipinto coperto da un velo grigio. Come per sondare l’aria, la mano del ragazzo si tende lentamente e afferra la coperta sul quadro, lanciandola lontano. La tela mostra un ritratto di famiglia, una coppia che sembra felice, sorridente. Louis cade in ginocchio, le forze che gli volano via dal corpo, in un colpo solo. I volti del quadro sono familiari, fin troppo. Sono il suo e quello della scomparsa Agnes. Vestiti elegantemente, il Louis del quadro ha il braccio posato sulla spalla di Agnes e con la mano le sfiora delicatamente il collo, adornato da una collana con una pietra pendente color rosso fuoco. Ancora in ginocchio sul tappeto impolverato e incapace di distogliere lo sguardo, Louis afferra con violenza i capelli, incredulo. Rimane lì, in silenzio, solo, pensando a troppe cose insieme e intasandosi il cervello. Inaspettatamente però, un rumore sordo fende l’aria, interrompendo i pensieri del ragazzo e tendendogli tutti i sensi. Immobile, con lo sguardo fisso, le spalle tese, alza la testa di scatto, quasi accasciandosi sul pavimento. Dal soffitto, due occhi lo guardano imploranti. Le lacrime che le rigano il viso, le mani dietro la schiena innaturalmente fissata al soffitto, Agnes cerca aiuto nello sconvolto Louis. Il collo le fa male, le brucia, le pulsa. Louis nota dei segni violacei di dita sui lati del collo della ragazza, che vanno facendosi scuri ogni secondo di più. Preso dal panico, il ragazzo si dirige verso la porta d’ingresso. Le mani stringono il pomello dorato, frenetiche, cercando di farlo scattare. Senza fiato, poggia la testa contro la superficie marcia della porta, piangendo. Un brivido freddo gli percorre la schiena, facendolo scattare e immobilizzare. I muscoli non reagiscono, le dita sono ancora strette al pomello. Tutte le membra cominciano ad avvertire un gelo innaturale. La pelle rabbrividisce al contatto con quelle che sembrano delle dita ghiacciate, che esplorano e accarezzano, premono e sfiorano. Finché non arrivano alla gola. La mascella serrata e gli occhi chiusi, Louis continua a piangere, le lacrime che gli bagnano completamente il viso. Le dita iniziano a stringere sulla gola, fanno male. Gli occhi del ragazzo si spalancano, due laghi azzurri in piena. L’aria comincia a mancare, il dolore è insopportabile. Il gelo vicino alle orecchie e una frase flebile, appena sussurrata: -Sei come lui e soffrirai- La pressione aumenta, come aumenta il numero di pensieri che si affollano nella mente del ragazzo. I denti stretti, le dita strette. E poi un tonfo. Le mani del ragazzo si staccano dal pomello, liberandolo dalla presa e permettendogli così di correre su per una delle due grandi scalinate. Raccolto nuovamente tutto il coraggio che gli aveva permesso di scardinare il pomello e di gettarlo a terra per distrarre il suo attentatore,  Louis, in piedi sul corrimano della parte più alta della scalinata, tende un mano verso Agnes, ancora appesa, ancora agonizzante, quasi senza forze.  Il ragazzo si spinge più che può, arriva a toccare Agnes ma lei non dà segni di collaborazione.  Preso di nuovo dal panico e spinto a pensare rapidamente, Louis guarda avanti e decide. Determinazione e forza. Salta dal corrimano, allargando le braccia. Niente sotto di lui, legno di noce dappertutto. Agnes le cade tra le braccia, svenuta. E poi la caduta, troppo veloce, troppo violenta. Il pavimento che si fa sempre più vicino, il pensiero del gelo e della pressione alla gola, le domande, i desideri, la vita. Ci saranno mai risposte?, è l’ultimo pensiero del ragazzo prima di abbandonarsi al legno del pavimento, alla paura del gelo, al buio più totale.
 
Mesi e mesi dopo, un ragazzo è in bici per la strada. E’ una bella giornata di sole e il vento gli scompiglia i riccioli bruni, un sorriso soddisfatto stampato in faccia. La bici stride sull’asfalto, lasciando tracce di pneumatici e permettendo al ragazzo di voltare verso la sua destinazione, davanti alla quale si ferma.  L’antico cancello del parco è arrugginito e spalancato. Aperto a tutti, era diventato l’attrazione principale del suo paesino, luogo per famiglie, picnic, sgommate in bici o pomeriggi dediti alla lettura e al relax. Il ragazzo scende dalla bici e si inoltra nel parco, assicurando il suo mezzo di trasporto ad un albero vicino. I piedi conoscono la strada a memoria, la strada per il suo posto preferito in assoluto. Statue antiche lo circondano,  sembrano dargli il bentornato e lui risponde sorridendo. Due querce maestose e i loro rami rivolti verso il cielo gli allargano il sorriso, ma lui non si ferma. Continua per il sentiero di pietra fino ad una piccola piazzetta. Una fontana, delle panchine e un monumento in pietra sono tutto quello che ha davanti agli occhi. Eccomi arrivato, pensa. Si avvicina lentamente e si siede sulla panchina proprio di fronte al monumento. Un grande pezzo di pietra, simile ad un piedistallo con una famosa citazione, incisa sulla superficie: ‘’ ALL’AMORE NON SI RESISTE PERCHE’ LE MANI VOGLIONO POSSEDERE LA BELLEZZA E NON LASCIARE TRAMORTITI ANNI DI SILENZIO. PERCHE’ L’AMORE E’ VIVERE DUEMILA SOGNI FINO AL BACIO SUBLIME.’’ (A.M.)  Il ragazzo sorride. L’incisione promuove l’amore in quanto tale, puro sentimento, fresca emozione. Il riferimento alle mani e alla loro voglia di possedere, si riferiscono alla concretezza dell’amore, finalmente, trovato. Ed è squisitamente ironico. La storia del monumento e della sua presenza, infatti, è la leggenda del paese, storia d’amore e di possessioni:  
Anni or sono, dietro al cancello di ferro battuto, dietro alle inferriate acuminate, oltre il sentiero roccioso delle statue e oltre la porta di legno di noce della grande Villa Rossa, viveva una coppia. Felicemente sposati e perdutamente innamorati, l’uomo dagli occhi azzurri e la donna dai capelli neri avevano costruito il loro nido d’amore in mezzo allo sconfinato spazio verde, tra le due querce centenarie. Entrambi botanici e amanti degli alberi, vivevano la loro vita in tranquillità. La donna era famosa per la sua bellezza splendente e l’uomo per la sua acuta intelligenza. Erano molto amati dalla comunità e ricevevano visite ogni giorno dai paesani, grati del loro contributo e della loro presenza, quasi un decoro e una benedizione. L’uomo passava le ore nel giardino mentre la donna lo osservava da una delle grandi finestre della casa, dedite a far entrare tutta la luce naturale possibile nelle stanze. Quando l’uomo rientrava, correva dalla donna e, dopo averla baciata sempre con la passione di un primo bacio, le accarezzava delicatamente il collo di porcellana. Lei sorrideva e abbracciava il marito, ogni volta, come se fosse una sorta di tradizione. Un giorno d’estate, la donna, dalla finestra più alta della biblioteca, scoprì l’uomo a passeggiare con una ragazza. Si parlavano con quello che sembrava affetto sincero, i volti vicini, mano nella mano. La donna, pazza di gelosia, cominciò a chiudersi sempre più spesso nella biblioteca. L’uomo, preoccupato, cercava invano di far tornare in sé la moglie. Ma lei non voleva saperne, ormai viveva soltanto nella grande sala di legno di noce. Una sera d’inverno, ghiacciata come nessuna prima d’ora, l’uomo sfondò la porta, deciso a parlare con la donna. La trovò in piedi al centro della biblioteca, a leggere un libro sul grande piedistallo in pietra. Si avvicinò con dolcezza e le posò le mani sul collo, accarezzandolo e parlandole tranquillamente. Non ricevendo risposta, sorrise pensando ad uno scherzo e cercò di alzare il viso della moglie verso il suo. Un ghigno agghiacciante troneggiava sul viso di quest’ultima, accompagnato da uno sguardo iniettato di sangue. L’uomo non ebbe il tempo di spaventarsi che le piccole mani della donna corsero verso il suo collo e lo strinsero con una forza innaturale. L’uomo cadde in ginocchio sul piedistallo, non smettendo mai di guardare la moglie, che continuava a premere le dita congelate contro la sua gola. Quando, infine, l’uomo si accasciò a terra senza vita, la donna prese un enorme coltello, tagliò via le mani dal corpo del marito e le nascose nel suo portagioie, accompagnato da un messaggio. Divenne così, da donna amata dal paese, l’assassina più temuta. Invitava stranieri nella sua grande dimora, affascinandoli con la sua sconfinata bellezza e, dopo averli incantati, li soffocava e conservava le loro mani, seppellendo i corpi in giardino. Morì, infine, sulla poltrona vicino alla finestra dal quale un tempo osservava il suo amato, avvelenata da un furbo ragazzo che, fintosi uno dei suoi spasimanti, sparse del veleno per topi sul suo amato diario, sul quale appuntava il numero e i nomi delle sue innumerevoli vittime.’’


Ricordare quella storia faceva sempre un certo effetto al ragazzo. Sei anni prima, la Villa Rossa era stata demolita. Tutte le informazioni sui suoi inquilini furono donate dal diario della donna, quasi interamente conservato, grazie all’azione del veleno per topi. La casa fu saccheggiata ed esplorata varie volte, ma una volta in particolare è rimasta nella storia del paese. La volta in cui furono Louis ed Agnes, due semplici ragazzi, ad essere attirati senza spiegazione, di fronte al cancello di ferro. Incarnando i vecchi inquilini, furono condotti in casa dallo spirito della donna dai capelli neri, ancora in cerca di vendetta. Vedutasi rinnovata la possibilità di infierire nei confronti del marito, la donna aveva attirato Louis con l’intento di ucciderlo. Ma non aveva calcolato l’attrazione verso la casa suscitata anche in Agnes, che aveva ereditato tutti i pregi della donna prima che diventasse l’assassina. Quindi era stata costretta ad agire su due persone. Imprigionata Agnes con furbizia, portò Louis sulla soglia della pazzia, ma l’affetto che quest’ultimo provava per l’amica, derivato dall’amore sconfinato tra la donna dai capelli neri e l’uomo dagli occhi azzurri, lo tenne lucido e gli permise di salvare sé stesso e la ragazza. Adesso girano voci su Louis ed Agnes, ma la fonte più attendibile afferma che si siano sposati e che vivano felicemente su una piccola casetta in riva al mare. Dopo il loro salvataggio dalla casa, furono scoperti il diario della donna, il ritratto della coppia e la collezione delll’assassina delle mani delle sue vittime, custodita gelosamente e con cura quasi maniacale. Il ragazzo si guardò intorno, ammirando il giardino tornato al suo splendore. Gli piaceva pensare che all’uomo con gli occhi azzurri sarebbe piaciuto e che vi avrebbe portato la donna dai capelli neri a passeggiare. Poteva vederli chiaramente, la pelle di lei che riflette la luce del sole, gli occhi di lui profondi come il mare. E ripensò a Louis e Agnes, al loro incontro non fortunato, non voluto dal fato né casuale, ma indotto da uno spirito vendicativo, in cerca di pace e in cerca dell’amore che, inconsapevolmente, aveva fatto nascere tra due ragazzi  sconosciuti che si sarebbe appartenuti per tutta la vita.
 
 
  
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