Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Flare Corona    21/08/2014    4 recensioni
Eccomi con un'altra Ereri! Scusate ma non posso fare a meno di scrivere di loro!
Bando alle ciance!
Questa storia parla dell'anno che segue alla battaglia finale tra l'umanità e i giganti.
Tutta la storia sarà raccontata dal punto di vista del nostro Eren e... che dire?
Vi auguro una buona lettura!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren, Jaeger
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Un anno. E’ un anno che l’umanità ha sconfitto i giganti.

Ora la vita ha riacquistato quella quotidianità che ci era stata sottratta dai titani. Non esistono più castelli a separarci dal mondo esterno, non siamo più uccelli in gabbia, non siamo più costretti a vivere come misero bestiame.

Eppure io, Eren Jeager, non riesco ad essere felice.
Ripensandoci, adesso sto vivendo esattamente come mi ero ripromesso che non avrei mai fatto: come una bestia.
Mi sveglio al mattino, mangio, mi lavo, lavoro insieme alla mia squadra per mantenere l’ordine in città, torno a casa, mangio e vado a dormire.
E così via ogni santissimo giorno.

Mi dico che è quello che ho sempre sognato, una vita da persona libera, ma illudo solo me stesso. Tutto quello che ho sempre sognato è andato perso un anno fa. Tutto quello che ho sempre sognato era poter amare senza timore che quell’amore mi venisse portato via. Senza che Lui mi fosse portato via.

Sono solo sopra il muro Rose quando sussurro: “Levi…”
 
Di quel fatidico giorno della battaglia finale contro i giganti, ricordo poco.

So che la legione esplorativa si trovava al di fuori delle mura per non far avanzare i titani. So che Levi era in prima fila a combattere, mentre io ero stato costretto a rimanere all’interno delle mura a causa della scarsa fiducia che la maggior parte dei soldati nutriva nel mio potere.

Ricordo che improvvisamente il titano colossale e il titano corazzato erano sbucati dal nulla portando con loro una moltitudine di giganti.

Non avevo potuto fare altrimenti. Mi sono trasformato combattendo fino allo stremo delle forze, riuscendo infine a sconfiggere tutti coloro che mi si erano parati davanti.

In seguito rimasi privo di sensi per due giorni interi, e il mio risveglio… Quel risveglio fu il più brutto della mia vita.
 
Flashback

“Eren… Eren!” Mikasa mi stava chiamando guardandomi con occhi apprensivi.

Sollevo le palpebre e la luce del Sole mi ferisce gli occhi.

“Mikasa, Armin… dove siamo?” gracchio.

“In ospedale” risponde il mio migliore amico. E’ ferito alla testa e ha graffi che gli ricoprono tutto il corpo, mentre Mikasa se l’è cavata solo con qualche livido, ovviamente.

Li guardo e pongo la fatidica domanda:
“E’ finita?”

“Sì, Eren. E’ finita”. Ma mentre Armin mi risponde, vedo che la gioia che avrebbe dovuto seguire quell’affermazione tarda ad arrivare. Il mio sorriso si spegne.

“Cosa è successo?” e ho quasi paura di sapere la risposta.

“Rainer, Berthold e Annnie sono morti” inizia, e io non posso fare a meno di provare tristezza. E’ vero che ci avevano traditi, ma rimanevano pur sempre dei compagni con cui avevo trascorso una parte della mia vita.

Annuisco e aspetto che continui, perché per quanto fosse stato legato ai tre ragazzi, Armin non avrebbe mai avuto quell’espressione triste e angosciata se non fosse accaduto qualcos’altro. E infatti:

“Ymir e Historia non ce l’hanno fatta”.

Sussulto e immagino i volti sorridenti delle due ragazze. Vedo Ymir, così strafottente e orgogliosa, mandare finalmente a quel paese i titani. Vedo Historia che, con la sua innata dolcezza, fa presente alla ragazza che certi gesti non si addicono a una signorina.
Trattengo le lacrime mordendomi il labbro fino a farlo sanguinare.

-Non sono morte invano. Non sono morte invano- mi ripeto come un mantra.

Sollevo lo sguardo pensando che Armin avesse finito, ma questo prosegue dicendo: “ Jean ha perso una gamba, mentre Connie è privo di sensi da giorni” fa per andare avanti ma poi distoglie lo sguardo.

Mi si gela il sangue nelle vene.

Faccio due più due.

Mi ha parlato dei nostri amici ma non di Lui. Proprio Armin che era a conoscenza dei miei sentimenti per Lui e sapeva che da poco avevo scoperto di essere ricambiato. Se fosse stato bene, Armin mi avrebbe subito informato per rassicurarmi. Ma non ha detto niente.

“No…” la voce mi esce con uno strano singulto “Dimmi che non è vero”.

Sento la disperazione che mi comprime il petto.

“CAZZO ARMIN, RISPONDI!”

“Eren!” Mikasa mi afferra un braccio, trae un respiro profondo e io  vorrei coprirmi le orecchie.

“Non si hanno notizie di Levi”.

Fine flashback
 
Come ogni sera, prima di tornare a casa, salgo sulle mura e guardo il tramonto da lassù, aspettando di vedere rientrare il corpo di ricognizione. Sì, perché dal giorno di quella battaglia, ogni mese vengono organizzate delle spedizioni che hanno come fine di trovare i corpi dispersi dei soldati caduti.

E' una ben magra consolazione per coloro che hanno perso un figlio, un padre, una madre, un amico…
Ma questi corpi testimoniano che loro sono esistiti, che hanno combattuto e che hanno vinto.

Sospiro, vedendoli in lontananza e scendo dalle mura con il sistema tridimensionale per accoglierli.

Appena Hanji scende da cavallo, mi avvicino e la guardo. Lei scuote la testa per l’ennesima volta.

“Mi dispiace, Eren”.

Annuisco e mi dirigo verso casa. Anche questa volta il corpo di Levi non è stato trovato.

-Sarà perché è così piccolo da non essere trovato facilmente- penso, e sento un macigno che grava sul mio cuore.

Le prime settimane non era raro uscire dalle mura e trovare de sopravvissuti. In quelle settimane avevo pregato che Levi fosse uno di questi. Ma i mesi passavano e di lui nessuna traccia. Ho smesso di sperare. Lui era forte e se fosse stato in grado di tornare, lo avrebbe fatto subito.

Nonostante io pensi questo, però, continuo a chiedere ad Hanji sue notizie. Una parte di me ancora spera.
E quella parte fa dannatamente male.
 
*passano le settimane*

Siamo in primavera finalmente. Una brezza leggera mi scompiglia i capelli.

Io, Armin, Mikasa, Sasha, Connie e Jean (con le sue stampelle) abbiamo deciso di andare fuori dalle mura.
Per la prima volta siamo senza cavalli, senza sistema di manovra tridimensionale e, soprattutto, senza paura. Era dovuto passare più di un anno perché ci decidessimo a uscire disarmati. Quello che avevamo passato fuori dalle mura, probabilmente, ci avrebbe segnato per sempre.

Abbiamo trovato un albero, steso un telo e adesso stiamo tranquillamente mangiando dei panini preparati da Sasha, godendoci i raggi di sole che filtravano tra le foglie.

Improvvisamente sento Armin che ci ordina:

“State zitti un attimo”

Ammutoliamo e restiamo in ascolto.

Zoccoli. Rumore di zoccoli che correvano sul selciato. Sono molto lontani da noi a giudicare dal suono ovattato che arriva alle nostre orecchie.

“Armin, sei incredibile! Come diamine hai fato a-?” giro la testa verso il rumore di quegli zoccoli e il mondo si ferma.

A metri e metri di distanza da noi c’è qualcuno a cavallo che si sta dirigendo verso le mura.

Deglutisco a vuoto.

Quel modo di cavalcare.

Prima che potessi mandare l’ordine al mio cervello, sto già correndo dietro a quel cavallo.

Corro. Corro. Sento i polmoni in fiamme.

Sono in fiamme. Sento la fiamma di quella speranza che avevo cercato di sopprimere, divampare.

Gli altri mi chiamano, ma sono sordo alle loro parole. Sento solo il vento che fischia nelle mie orecchie.

Il cavallo mi distanzia ed entra nelle mura.

Quando, qualche minuto dopo, mi appoggio ansante all’entrata, il mio cuore si ferma.

Perché in mezzo a quella folla che si è radunata, in mezzo a una Hanji con le lacrime agli occhi e un Erwin sorridente, ci sono due occhi grigi che si spalancano nel vedermi.

“Le…” ho paura di pronunciarlo.

Ho paura che possa essere un’illusione partorita dalla mia mente.

E mentre penso a tutto questo sento due possenti braccia stringermi e dei capelli corvini solleticarmi il mento.

“Non… Non è possibile” sussurro. E non posso più trattenere quelle lacrime di gioia che erano rimaste intrappolate nei miei occhi per troppo tempo.

Lo stringo come se ne andasse della mia vita e non me ne frega niente se lui mi sta baciando e l’intero corpo di ricognizione ci sta guardando.

“Moccioso, si vede che non baci nessuno da mesi. Hai perso il tuo tocco” e mi sorride come mai lo avevo visto fare. Rispondo a tono:

“ Si vede che tu non sei proprio cresciuto. Continui ad arrivarmi al mento”

Lui mi da un calcio negli stinchi e mi costringe ad abbassarmi alla sua altezza.

“Anche questa tua lingua impertinente è la stessa, ragazzino”

Mi tira a sé e mi bacia ancora, in un tempo che sembra non finire mai. Si stacca per primo e sussurra:

“ Ti amo, Eren”

“Ti amo, Levi”

Pronuncio il suo nome e so che è reale.
So che posso riprendere la mia vita da dove l’avevo interrotta.
So che io sono suo.
So che lui è mio.
So che a volte i miracoli avvengono se non si smette di sperare.
 
 


ANGOLO DELL’AUTRICE
Aaaaaaa quanto posso amare questi due?
Sono semplicemente perfetti.
Bando al fangirleggiamento, è una one-shot scritta mentre avrei dovuto studiare.
Perdonatemi quindi se ci sono degli errori.
Che dire? Spero che vi piaccia e che qualcuno magari recensisca per farmi notare eventuali cose che potevano essere sviluppate meglio.
Alla prossima, minna! *^*
 

 
 
 
  
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