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Autore: Miss H_    21/08/2014    1 recensioni
Da giorni James Potter non si fa più vedere per i corridoi di Hogwarts, nemmeno i suoi amici Malandrini sanno cosa gli sia successo e dove sia finito.
Da qualche giorno Lily Evans lo cerca senza trovarlo, così esausta, si rifugia nel dormitorio femminile dove sentirà una canzone che le darà la carica necessaria a non abbattersi e a continuare con le sue ricerche: Maps.
Tanti ricordi, una mappa e i Malandrini.
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La storia è ambientata al sesto anno dei protagonisti.
Se vi ho incuriositi almeno un po', passate da qua e leggete!
Genere: Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Maps
(Quando i Malandrini furono utili anche a Lily Evans) 


Allungo la mano verso il comodino accanto al mio letto, cerco a tastoni la manopola della vecchia radio in bachelite e solo quando finalmente la trovo mi permetto di fare un mezzo sorriso.
Giro con cautela il pulsante rotondo, sperando di trovare facilmente il canale radiofonico che preferisco.
Lo ammetto, credevo sarebbe stato molto più facile e invece mi ritrovo a cambiare stazione ogni mezzo minuto.
Troppe canzoni che mi ricordano i momenti felici di quando ero bambina, quando ad esempio andavo a casa dei nonni con Tunia e facevamo le crostate con la marmellata di more oppure quando con Sev stavamo sdraiati ore ed ore sotto la nostra grande quercia a parlare del mondo magico, quel mondo che ancora non conoscevo per niente.
Niente da fare, neanche quest’ultima canzone va bene.
Un ultimo tentativo Lily, se poi anche quest’ultimo canale è un fiasco giuro che ti spengo stupido arnese!
Una canzone un po’ movimentata attira la mia attenzione, ascolto bene le parole convinta che, forse, questa sia la volta buona.
I’m searching for a song tonight
I’m changing all of the stations


Mi irrigidisco un attimo, la mia mano è a mezz’aria, immobile come se qualcuno avesse inserito il fermo immagine, per caso il cantante quando ha composto il testo mi ha spiato?
Nego la mia teoria da sola, nessuna persona famosa mi conosce, gli unici che sanno della mia esistenza sono le mie amiche di stanza, nonché le mie migliori amiche, i Malandrini ovvero la combriccola più strampalata e fuori di testa di tutta Hogwarts, i professori e purtroppo direi proprio tutti gli studenti di questa scuola visto che ho passato gli ultimi due giorni a rincorrere James Potter, passando attraverso ogni passaggio segreto immaginabile e percorrendo ogni singolo corridoio. Ovviamente non sono riuscita nel mio intento, altrimenti non sarei chiusa da più di venti minuti nel dormitorio femminile della mia Casa.
Ad un tratto mi riscuoto dai miei pensieri a causa del forte trambusto proveniente da oltre la porta di camera, sento dei bisbigli e poi qualcuno che picchia le sue nocche contro il legno.
- Lily, sappiamo che sei lì dentro, apri per favore!- la voce limpida di Mary, che solitamente è soave e gentile, ha una sfumatura che non mi piace affatto, credo proprio che sia arrabbiata con me.
La ignoro completamente, mi spiace ferirla ma voglio stare da sola, ho bisogno di un momento per pensare e riordinare le idee ascoltando della musica.
I battiti prima decisi ma delicati ora stanno diventando dei veri colpi di cannone per povera porta in legno massiccio, spero tanto che riesca a resistere ancora un po’ perché non ho la minima intenzione di alzarmi da qui.
I like to think that we had it all
We drew a map to a better place
 
Un’altra frase che mi colpisce in pieno petto e subito un altro ricordo compare.
Una giornata di sole, un manto d’erba soffice, la brezza del vento che mi rinfresca e io sono sotto la fronda di un albero insieme a Marlene, Mary, Sirius e James. Parliamo tutti insieme preoccupati per i G.U.F.O che si terranno a fine anno, o meglio noi siamo un po’ angosciate, i due Malandrini invece si distraggono pensando a come sarebbe il mondo se i Babbani sapessero dell’esistenza dei maghi. Sicuramente sarebbe un mondo migliore e non ci sarebbero queste stupide divisioni e questi gesti spregevoli nei confronti dei Nati Babbani.
Sono talmente immersa nei miei pensieri che non mi accorgo che James mi sta parlando finché non mi ritrovo i suoi occhi color nocciola a due centimetri di distanza dai miei.
 – Hey Evans, che ti prende? Non mi stai ascoltando, per caso stai pensando a come sarebbe bello stare in vasca con me nel bagno dei Prefetti? –  Sempre il solito sbruffone, quando capirà che è solo un pallone gonfiato? –
Lo allontano quel tanto che basta per avere un po’ più di aria per respirare e ribatto – Sogna Potter, continua a sognare mentre qui c’è chi rischia di non tornare a casa solo perché ha origini diverse. – la mia voce si fa più seria e più acida.
Il suo sguardo prima brillante, si rabbuia come se una nuvola avesse deciso di oscurare il sole ed esso fosse proprio sopra di lui. Rimane per qualche minuto in silenzio, probabilmente sta rimuginando sul mio discorso, ad un tratto sembra illuminarsi – Sai cosa Evans? Se una società così non esiste dovremmo crearla noi. – non mi dà il tempo di rispondere che continua rivolgendosi agli altri – Pad, Mary, Marlene vi andrebbe di creare una mappa di un posto dove non ci sono discriminazioni tra Babbani e Maghi, né tra Purosangue, Mezzosangue e Nati Babbani? Insomma un posto migliore. –
 
Che fantasia, gli piaceva proprio credere nelle cose impossibili e tutt’ora non ha smesso di farlo a distanza di un anno. Anche se la sua tenacia è rimasta, anzi forse è addirittura aumentata, molte cose sono cambiate; adesso qui a scuola si iniziano a vedere i primi Mangiamorte, i seguaci di Lord Voldemort, se ci penso mi vengono i brividi.
Non ho paura, o almeno non per me stessa, ma per i miei genitori, per mia sorella, per i miei amici sì, ho il terrore che a persone come me ma che non sono in grado di difendersi venga strappata la vita brutalmente.
James adesso ha iniziato a mettere la testa a posto, come dice Remus, il mio migliore amico. Non vuole più diventare un giocatore di Quidditch professionista, dice che con una Nimbus in mano non riuscirebbe a proteggere tutti i suoi cari, preferisce diventare un Auror come i suoi genitori.
James, James, James perché mi ritrovo sempre a pensare a lui?
I was there for you
In your darkest times
I was there for you
In your darkest nights


Questo è davvero troppo. Sembra quasi che mi stia parlando lui, certo la sua voce non è come questa, la sua è molto più accattivante, irritante a volte, ma quasi sempre sensuale, almeno con me.
No Lily, non puoi metterti a pensare alla sua voce eppure queste parole, questi versi…
Lui c’è stato nei miei momenti peggiori, quando cadevo sul pavimento senza nemmeno rendermene conto o quando mi rinchiudevo nei bagni per singhiozzare dopo aver incrociato Severus nei corridoi.
Ecco perché parlo sempre di lui, perché lui era presente, non sapevo e non so ancora adesso come abbia fatto, ma lui trovava sempre il modo di raggiungermi, di scovarmi ovunque.
Mi ricordo quando dopo aver ricevuto quell’insulto da Sev sono corsa via, con le lacrime agli occhi e le unghie infilate nei palmi delle mani strette a pugno come se potessi solo in questo modo continuare a mantere il controllo su me stessa e su miei sentimenti.
Più mi costringevo a non piangere, a non lasciarmi sfuggire anche una sola lacrima davanti agli altri e più la mia vista diventava appannata, le pietre dei muri del corridoio sembravano perdere consistenza e confini, il pavimento non si distingueva più, tutto appariva cupo e indistinguibile, una massa grigiastra e uniforme mi si prospettava davanti mentre vagheggiavo qua e là alla ricerca di una porta, di un nascondiglio in cui poter rimanere, per sfogare le mie lacrime.
Non so ancora come ci riuscì ma ad un tratto mi ritrovai rannicchiata su delle mattonelle con un lavandino che incombeva su di me proteggendomi da sguardi indiscreti, mentre fiumi di lacrime salate rigavano il mio volto e più mi imponevo di smetterla e più queste fuoriuscivano quasi a volermi dimostrare che non ero una vera Grifondoro come tutti credevano.
Non avevo mai pianto in questo modo, così istericamente e per così tanto tempo, ma quelle non erano lacrime dovute ad un semplice litigio o ad uno scherzo non gradito, quelle erano la dimostrazione che una parte di me, della mia anima, del mio cuore si erano staccati e frantumati per sempre. Ed era un dolore insopportabile, perché era misto a rabbia, rancore verso colui che mi aveva ferito e verso me stessa per averglielo permesso. Tremavo, continuavo a stringere le mani attorno alla mia sciarpa come se queste avessero la forza di spaccare il mondo per dimostrare quanto stavo male. Conati risalivano lungo la mia trachea ma non avevo la forza nemmeno per vomitare, lo stomaco si contorceva come se volesse staccarsi da questo corpo privo ormai di una parte di sé.
Ad un tratto due mani, delicate, leggere, tiepide mi toccarono, una mi sfiorò il mento e mi fece alzare lo sguardo mentre l’altra tentava di farmi allentare la presa sul lembo ormai rovinato della sciarpa. Due occhi color nocciola, familiari, rassicuranti mi guardarono in silenzio.
James.
James era lì per me. Era lì. Mi aveva trovata. Di nuovo.
Senza proferir parola, mi prese per mano e con gentilezza mi aiutò ad uscire dal mio nascondiglio prima lasciandomi a terra e camminando ginocchioni con me, poi alzandosi e aiutandomi a fare altrettanto.
Quando fummo tutti e due in piedi mi asciugò con i pollici ciascuna lacrima che cadeva dalle mie ciglia e più lo faceva e più mi sentivo amata e rassicurata.
Non ci fu nessuno scambio di battute o parole, in quel momento non servivano, sapevamo l’una quello che pensava l’altro.
E così come se non ci fossero stati tutti quegli anni di odio, come se anche il giorno prima non ci fossimo offesi a vicenda davanti a tutti, lui mi abbracciò.
Mi ritrovai circondata dalle sue braccia, così forti, così calde, così accoglienti e protettive, così perfette per me.
Non so tutt’ora quanto tempo passammo in quella posizione ma mi ricordo che stavo bene e che non mi sarei mossa di lì nemmeno se ci fosse stato Black a farci le foto per poi spedirle alla Gazzetta del Profeta.
Sorrido al pensiero di quell’abbraccio, di quelle carezze al mio quinto anno e ancora un volta mi maledico per non essere riuscita a scovare James.
E’ da tre giorni che mi evita, si nasconde, anzi a dire la verità schiva tutti, non viene più alle lezioni, non si allena a Quidditch, non lo vedo più nemmeno in Sala Comune.
Ho parlato con tutti, con Remus, con Sirius, con Peter, persino con tutta la squadra di Grifondoro, nessuno sa dove è.
 
So I wonder where were you
All the roads you took came back to me
 
Per le mutande di Merlino, sono un Prefetto io! Sono sei anni che frequento questa scuola, possibile che non sia ancora riuscita a trovare il posto in cui si nasconde Potter?
Mi riscuoto dai miei pensieri, decisa a trovare la strada che mi porterà da lui, salto giù dal letto e mi dirigo verso la porta del dormitorio.
Quando la spalanco le ragazze, che chiaramente, dopo non aver ottenuto risposta dalla sottoscritta, si sono limitate ad origliare tutto il tempo, crollano a terra sui gradini formando un ammasso di teste, braccia e gambe. Scocco loro un’ occhiataccia e mi limito a dire – Scusate, non ho tempo per spiegarvi tutto. Ci vediamo dopo spione –
Attraverso a velocità supersonica la Sala Comune, supero il quadro della Signora Grassa e corro, corro a più non posso.
Corro per tutti i corridoi, fermo anche alcuni ragazzetti di Grifondoro, che vedendomi con i capelli scarmigliati e le guance arrossate per la fatica si impauriscono, ma niente. Nessuno sa rispondere alle mie domande e nessuno sa dove sia finito James Potter.
Sto girovagando per tutta Hogwarts, ho visitato ogni singolo anfratto del castello ma sembra che tutte le strade che ho percorso fino ad ora mi si ritorcano contro.
Basta! Non è possibile, Morgana aiutami tu, dove diavolo è finito?
Ad un certo punto, un barlume, un’idea appare nella mia mente, o forse è solo la risposta alla mia disperata invocazione di poco fa.
Un nome compare davanti a me, come se fosse sospeso in aria.
Sirius Black.
Ovvio, quel Malandrino, di nome e di fatto, è il migliore amico di Potter, lui deve per forza sapere qualcosa.
Con un solo pensiero in mente “Lo farò cantare bene e bene, quel bell’imbusto!” mi dirigo verso il ritratto che copre le stanze riservate alla mia Casa.
Arrivo trafelata davanti al dormitorio maschile e mi accanisco con tutte le forse contro la porta sperando che quel Black mi senta e apra.
Sono talmente concentrata sul mio obiettivo che non mi accorgo di una mano appoggiata sulla mia spalla che mi sta tirando finché non mi ritrovo molto lontana dal legno contro cui stavo picchiettando le nocche.
- Ehi Evans, per caso Peter ti ha messo una tarantola nel succo di zucca stamani e vuoi fargliela pagare? – al suono di queste parole mi volto.
Uno sghignazzante Sirius mi fissa stralunato dalla sua poltrona accanto al caminetto, mi chiedo se, impegnata così tanto nella mia ricerca, mi sia dimenticata dell’esistenza delle altre persone presenti in Sala Comune. Possibile che sia spuntato dal nulla? Poco fa non c’era lì, o forse non l’ho notato io.
Scosto la mano di Remus, rendendomi conto solo in questo momento che è stato il mio migliore amico a separarmi dalla porta.
Mi avvicino con gli occhi che bruciano dalla frustrazione e dalla rabbia verso di lui, lo afferro per il colletto della camicia bianca che indossa, costringendolo ad alzarsi bruscamente. – Tu! – urlo – Tu, sai dove è nascosto Potter, non è così? Dimmi immediatamente dove è. –
Il suo sguardo si rabbuia e quando parla la sua voce non è più canzonatoria come prima. – Ah, è per questo che mi cercavi, Evans. No mi spiace non so dove si trovi Prongs. Anche noi siamo preoccupati sai? –
Dopo aver udito ciò, vedo tutti i miei sforzi crollare davanti a me, andare in frantumi come un vetro che viene colpito, vedo le minuscole e infinte schegge che cadono a terra, rimbalzano, fanno rumore e questo rumore è talmente reale che mi sembra di sentirlo realmente.
Sbianco, il mio capo si china come sotto ad un enorme peso, le spalle si abbassano, e con le mani cerco a tastoni una sedia. Mi adagio sulla prima che trovo in una posa sgraziata, mi sento abbattuta, come se solo ora mi concedessi il tanto atteso riposo, ma non è per nulla gradito e soprattutto soddisfacente perché ho fallito. Ho fatto proprio un fiasco, come dicono i Babbani.
– Mi spiace deluderti, Rossa. – sento Black mormorare. Io annuisco con aria assente, poi inizio a borbottare tra me e me. – Ma non è possibile. Loro sono i Malandrini, hanno fatto scacco matto più volte a Gazza, sono rinomati per conoscere ogni singolo nascondiglio di Hogwarts e per aver organizzato i migliori festini di tutti i tempi senza quasi mai farsi scoprire dai professori perché sapevano sempre cosa questi stessero facendo. – Mi irrigidisco un momento, loro sapevano sempre dove si trovavano i docenti. Deve assolutamente riguardare quel foglio, quella carta che custodiscono così gelosamente, forse è una mappa.
Una mappa.
Bingo!
A quanto pare non sono l’unica ad essere arrivata a questa soluzione perché quando alzo la testa vedo Remus scattare in piedi, come se qualcuno avesse posizionato una molla sulla sua poltrona facendolo schizzare in aria. – La Mappa del Mandrino! – si guarda in torno con aria circospetta e, osservandolo, ho come la sensazione che si stia pendendo di aver gridato quel nome platealmente, ma quando poi nota che la stanza è deserta escludendo noi tre, continua – come abbiamo fatto a non pensarci prima Padfoot?! L’unico modo per sapere dove si trova James senza impazzire come ha fatto Lily è consultare la Mappa. Anche se non dovesse per forza trovare dentro le mura del castello, ma fuori, in uno dei tanti passaggi segreti noi potremmo essere in grado di localizzarlo. – Vedo il volto di Sirius illuminarsi e anche io accenno un sorriso, lui e Remus si scambiano un’ occhiata complice, poi si alzano per afferrarmi uno per braccio e mi trascinano con loro nel dormitorio.
Arrivati, iniziano a frugare nei loro bauli freneticamente borbottando anche qualche cosa che assomiglia molto a “stupida memoria” o “che cervello ritardato”.
Dopo qualche minuto di ricerca, un Black molto sorridente si avvicina a me, seguito ovviamente dal mio migliore amico, e, bacchetta alla mano, mormora – Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. –
Osservo quel vecchio e logoro foglio di pergamena che per magia, inizia a tingersi di inchiostro e a rivelare una piantina di un edificio. Aspetto a bocca aperta che ogni singolo centimetro giallastro sia coperto di disegni e scritte e poi parlo – Per tutti i santi, ma che cosa è? – I due Malandrini mi sorridono. – Questa – e indicano la carta – questa mia cara Evans è la Mappa del Malandrino. Consideralo un evento speciale il fatto che tu l’abbia vista. – dice Sirius.
- Ora – continua Remus – diamoci una mossa e cerchiamo James. –
Senza nemmeno lamentarmi per una mancata spiegazione di cosa ho fra le mani, abbasso la testa e inizio a cercare se fra questi schizzi compare il nome della persona che sto cercando.
Vedo tanti nomi vicino a impronte di piedi che si muovono, alcune veloci, altre lentamente, altre che si muovono in su e in giù facendomi venire il mal di testa.
Noto con curiosità che Emmeline si trova in Biblioteca insieme ad Alice, mentre Mary sta camminando verso le cucine, sicuramente le è venuta fame e sta andando a fare uno spuntino, sempre la solita! Marlene invece è vicino alle Serre, forse vuole godersi un po’ di aria fresca e stare in pace e tranquillità dopo il trambusto di oggi.
Lily, non ti distrarre! Mi bacchetto mentalmente.
Ad un tratto mi fermo e noto con stupore che è segnato il Platano Picchiatore e vicino, anzi alle sue radici, è disegnata una porticina. Che strano…
Da lì si apre un altro pezzetto di pergamena più piccolo, lo abbasso e vedo che è segnato un corridoio e poi una stanza. Un passaggio segreto, forse.
Seguo con lo sguardo i mattoncini che delimitano quella striscia libera, poi continuo verso quel piccolo ambiente e lì scorgo due impronte di piede ferme, in una piccola rientranza del muro, credo sia una finestra, e sotto una piccola pergamena svolazzante mostra il nome della persona.
James Potter.
Afferro la mappa, strappandola dalla mano degli altri due ragazzi, che subito protestano con un – Ehi! – do loro le spalle e parto a corsa stringendo forte la carta. – Scusate ragazzi, ma l’ho trovato! – urlo, continuando a correre a più non posso, con un sorriso ebete sulla faccia e il vestito che mi si appiccica addosso per la velocità.
Sento dei passi dietro di me, ma non mi volto, sicuramente quei due avranno deciso di seguirmi.
Corro, corro e corro dando ogni tanto un’occhiata di sfuggita alla pergamena per controllare gli spostamenti di James, ma lui non si muove e quindi io mi affretto tendo in pugno la mappa che mi porterà da lui.
So I’m following the map that leads to you
The map that leads to you
Ain't nothing I can do

The map that leads to you
Following, following, following to you
 
Finalmente arrivo nel giardino di Hogwarts, con i capelli scarmigliati e apiccicati alla fronte madida di sudore, le guance arrossate, il fiato corto, e mille brividi che mi percorrono la schiena a causa del vento primaverile. Mi permetto giusto un attimo di riprendere fiato appoggiandomi al tronco robusto di una quercia, poi continuo a passo spedito verso il Platano Picchiatore, mi domando come faccia ad esserci un passaggio segreto se quest’albero non è mai fermo, una persona finirebbe per uccidersi rimanendo a lungo sotto di esso in cerca di una fessura.
Una volta arrivata, mi accoccolo e cerco di avvicinarmi il più possibile al tronco dell’albero senza rischiare di essere spazzata via da uno dei suoi alberi. Riesco a malapena a toccare una radice scalzata che vengo colpita in pieno stomaco da un ramo volante, anzi più che un ramo sembra una liana che gira a velocità supersonica. L’impatto è talmente violento che vengo scaraventata qualche metro più in là e io rimango a boccheggiare per un bel po’. Mi tocco la guancia sinistra quando vedo una goccia rossa macchiami la maglia e scopro di avere un graffio. Nonostante questo non mi scoraggio e mi riavvicino, questa volta ce la posso fare ne sono sicura.
Arrivo a sfiorare un nodo dell’albero, soddisfatta mi muovo gattonando ancora un po’, incurante delle foglie morte e del terreno leggermente umido che mi si attacca alla pelle nuda delle gambe.
- Ci sono quasi, solo un altro passo e sono arrivata – mi dico mentalmente quando sento qualcuno che urla – Evans attenta! – non faccio in tempo a vedere chi è che ha parlato che un altro ramo mi colpisce sulla schiena mozzandomi il respiro e buttandomi con il volto per terra.
Rimango per un poco frastornata finché sento delle mani che mi prendono e mi fanno prima rotolare e poi alzare. Guardo il mio soccorritore e mi accorgo che è Remus, cerco di ringraziarlo ma Black mi interrompe – Bella botta, eh Rossa? – mentre parla sghignazza leggermente e io vorrei tanto picchiarlo ma mi trattengo ricordandomi la mia missione. – Sì sì molto divertente, su visto che ci siete mostratemi questo passaggio segreto e vedete di tenere la bocca chiusa su questo incidente. – li ammonisco, mentre mi liscio la gonna e mi sistemo i vestiti come posso.
Sirius alza un sopracciglio e con fare tronfio si appoggia su un nodo sporgente, più grosso degli altri, questo si muove quasi fosse un pulsante e l’albero si blocca. Rimango meravigliata ma cerco di non darlo troppo a vedere. Ci mancherebbe solo che iniziassi a guardarli con tanto d’occhi spalancati per peggiorare la mia situazione.
Decido quindi di distogliere lo sguardo, quando mi accorgo che le radici dell’albero si stanno allontanando tra di loro e che si sta creando una spazio aperto all’interno della base del tronco.
Quando questo è interamente scoperto e non noto più alcun movimento, Remus si avvicina al legno, mi lancia un’occhiata come per suggerirmi di seguirlo e sparisce inghiottito dal buio.
Rimango un attimo incerta sul da farsi, poi sento una mano che mi si appoggia sulla schiena e una voce fastidiosa – Beh, che fai? Hai paura Evans? – non ho il tempo di replicare che anche io vengo scaraventata all’interno del passaggio.
A causa dello slancio cado rovinosamente su qualcosa, o meglio su una strada lastricata? Ma che diamine…
Mi alzo frettolosamente ancora scossa e quando alzo la testa vedo il mio migliore amico con la bacchetta in mano che mi fa luce. Mi intima di seguirlo e io sto al suo passo.
Almeno per un po’.
Ad un certo punto però mi stanco, stiamo camminando troppo lentamente quindi mi affretto e inizio a correre sempre più velocemente fino a che non sbatto contro una porta.
A primo impulso mi verrebbe da aprire la con forza oppure scardinarla ma poi mi ricordo che sono una strega, quindi perché usare le cattive maniere quando disponi di una bacchetta?
– Alohomora – dico con voce ferma. La porta si apre in un battito di ciglia rivelando una rampa di scale fatte in legno dall’aspetto alquanto logore, pericolanti e dismesse da tempo.
Mi faccio coraggio come una vera Grifondoro, pensando che da qualche parte in questo nascondiglio c’è una persona che sta soffrendo, una persona che quando si è trattato di consolarmi non ha esitato nemmeno per un secondo, una persona con cui sono in debito, ma più di tutto una persona che ha un nome, un nome che ultimamente non ho potuto pronunciare a voce alta, un nome che suona bene se pronunciato da me, James.
Salgo le scale, stando attenta a mettere i piedi nei punti giusti ed evitando accuratamente di toccare il corrimano che sembra molto più instabile degli scalini stessi.
Finite due rampe mi si presenta davanti un’altra entrata, stavolta però la situazione è diversa.
La porta è per metà rotta, con delle grosse schegge che sporgono verso il luogo dove una volta c’era la parte inferiore, inoltre è fuori dai cardini e quindi solo appoggiata alla parete.
Mi volto per vedere se i due Malandrini mi hanno seguita, non li noto, penso che probabilmente abbiano deciso di farmi proseguire da sola e li ringrazio mentalmente.
Tento di spostare la porta, ma questa si rivela pesante e non facile da spostare, così opto per l’unica soluzione che mi rimane, strisciare come un serpente sotto le schegge stando bene a non infilarmene una sulla schiena.
Una volta entrata nella stanza mi guardo attorno e in un baleno mi accorgo di una figura rannicchiata sul balconcino della finestra, una massa di capelli castani ribelli, due spalle abbastanza larghe, una schiena asciutta e solida e due gambe lunghe e snelle.
Ecco dove si è nascosto, mi ha fatto penare un po’!
Mi avvicino con cautela cercando di non farmi sentire e stranamente ci riesco. Guardo il suo riflesso sul vetro, gli occhiali sono un po’ calati, gli occhi sono lucidi e arrossati con lo sguardo perso nel vuoto o forse in ricordi che nessuno potrà mai toccare, le sue mani sono sopra le ginocchia e sono strette a pugno.
Appoggio una mano sulla sua spalla, al contatto lui si riscuote, libera le mani da quella stretta ferrea e subito queste cercano gli occhi come a voler cancellare le prove di quella che sicuramente ritiene una debolezza. – James – mormoro. Lui si volta, il volto segnato dal dolore, distrutto e sfigurato, due mezzelune violacee sotto gli occhi gonfi come se non dormisse da giorni.
Non so come ma mi ritrovo a pensare che sia mio dovere caricarmi di questa sua sofferenza e fargli tornare il sorriso, non sopporto di vederlo così.
La mia mano si protende verso la sua guancia, la sfiora e poi si sofferma su quella pelle morbida, un po’ bagnata dalle lacrime molto probabilmente.
Lo guardo negli occhi mentre con le dita cerco di asciugare ciò che è rimasto delle sue gocce di disperazione. – Mi hai trovato. – la sua voce è roca, come se avesse urlato per tanto tempo e poi se ne fosse rimasto in silenzio per altrettanto, eppure ha una sfumatura di sollievo e sorpresa.
Annuisco, semplicemente poi parlo di nuovo con un tono di voce che credevo di non avere, dolce e leggero. – Perché ti sei rifugiato quaggiù? Perché è da giorni che scappi da tutto e da tutti? –
Lui si muove, mi allontana leggermente e poi scende con le gambe dal posto in cui si è seduto, rimane vicino alla finestra, appoggiandosi solo al muro con la schiena, poi fissa lo sguardo su di me e risponde – Perché…beh…potrei dire un sacco di balle ma non è ho voglia e so che con te non servirebbe a nulla mentire. – prende un po’ di tempo per continuare e io lo lascio fare, senza forzarlo. – I miei se ne sono andati. – dice in modo schietto, diretto, rapido e indolore, no indolore no perché vedo la sua espressione cambiare e mostrarmi quanto abbia sofferto. Mi si mozza il respiro, in un secondo tutte le parole che volevo dire mi hanno abbandonata e io non so cosa fare né come reagire. Lui seguita, perché per troppo tempo è rimasto chiuso in se stesso e ora ha bisogno di sfogarsi – erano in missione, una giornata normale come sempre, un semplice giro di sorveglianza, quando – prende una boccata d’aria – quando si sono ritrovati circondati da dieci Mangiamorte. Un imboscata. – Si ferma di nuovo, dandomi il tempo di assimilare la cosa, tento di immaginarmi la scena, ed è così dura e cruda la realtà che mi spaventa e mi addolora.
I coniugi Potter, persone buonissime, carinissime, sempre pronti a sostenere il loro pupillo tanto aspettato e tanto amato una volta ricevuto, persone che lottavano per un mondo migliore, lo stesso mondo che noi abbiamo voluto disegnare in una pergamena sotto il sole primaverile.
Ad un tratto il flusso dei miei pensieri viene interrotto dalla voce di James che dice – hanno lottato, a lottato con tutte le loro forze, come hanno sempre fatto ma stavolta, stavolta non sono tornati a casa solo con qualche sbucciatura o qualche ferita, stavolta non ce l’hanno fatta. – e una volta finito il discorso si lascia andare e libera quel singhiozzo che da troppo tempo veniva soffocato.
Istintivamente lo abbraccio, tenendolo stretto a me, con una mano sulla sua schiena e l’altra tra i suoi capelli, mentre il suo volto è appoggiato sulla mia spalla. – Mi dispiace tanto, mi dispiace davvero tanto James. – ho solo la forza di dire.
 
Le sue lacrime scendono sulla mia camicetta, bagnandola, ma non mi importa, i suoi singhiozzi si fanno sempre più forte come se volesse urlare al mondo intero il suo dolore, ma non mi importa se qualcuno ci sente, non mi interessa minimamente, voglio solo che lui si sfoghi, che capisca che io ci sono, come lui c’è stato per me, che il dolore che porta dentro ora non grava tutto solo e soltanto su di lui.
Ci sono io adesso.
Continuo ad abbracciarlo mentre rimaniamo lì in piedi vicino alla finestra che dà sulla strada illuminata dalla luce del tramonto, la sua testa chinata, la mia mano a proteggerla, il mio intero corpo che avvolge il suo come a volerlo proteggere mediante un semplice abbraccio.
 
Angolo di Miss H_ 
Salve a te, prode lettore, che hai sopportato questo obrobio fino alla fine di tua sponte! :) 
Prima di iniziare a sparlare vorrei ringraziarti per il coraggio che hai avuto, quindi...GRAZIE MILLE, poi vorrei ringraziare anche le tre personcine che mi hanno sostenuto durante la stesura sulla mia prima fanfiction sulla mia OTP, la James/Lily. 
Un grazie particolare quindi a TheLadyintheWater, FioreDiMeruna e ExpectoPatronum26! <3 
Volevo solo dire che sono coscente che all'epoca Maps dei Maroon 5 non esisteva, però appena l'ho ascoltata mi sono venuti in mente loro due, il moro sbruffone e la rossa altezzosa, e non ho potuto fare a meno di scrivere questa storia. 
Infine ti chiedo un piccolo favore mio caro lettore, se puta caso ti fosse piaciuta la storia o anche avessi trovato qualcosa da ridire (probabile visto che non scrivo più nulla da un anno e passa. ^.^), mi farebbe piacere ricevere un commento o una recensione. :D
Detto questo mi Smaterializzo che è meglio. 
Un bacio, 
Miss H_


  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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