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Autore: GretaHorses    21/08/2014    18 recensioni
"L'intera aula viene invasa da una risata generale e sì, la battuta pessima arriva proprio dal vicino di banco di Andrès, dal deficiente. Se c'è qualcuno che odio più di Ludmilla in questa classe è proprio lui. E' arrogante, viziato, ignorante e pure troglodita! Mi domando come possa una persona essere così tanto sfaticata perché essere bocciati due volte è proprio da somari e soprattutto ad aver avuto così tante ragazze a soli diciassette anni! Da quando cavernicolo è bello?"
E' la mia prima fanfic su Violetta, per favore non aggreditemi D:
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 23

EPILOGO

 

 

 

Caro diario,

come hai ben visto, non ho messo la data. Questo perché non è un pezzo della mia vita che voglio annotare, non è uno sfogo né altro. Diciamo che è un lungo discorso finale che voglio fare, un saluto. Sì, finale. Sento che sono arrivata alla conclusione di un ciclo e che se ne è aperto uno nuovo e tutto da scoprire, non necessito più di un diario segreto. Questo non significa che tu non sia stato importante per me, anzi! Ti porterò sempre nel cuore e ti conserverò con cura nel mio cassetto, chissà magari un giorno in futuro ti riaprirò e sorriderò di fronte a te. Mi hai accompagnato per un periodo delicato della mia vita e non posso far altro che esserti debitrice, in principio eri il mio unico amico. Ricordo ancora quando ti acquistai, guardavo attentamente la vasta gamma di diari esposti e quando mi sono imbattuta in te non c'è stata storia. Dovevi esseri mio. Così grazioso, in velluto blu scuro come il cielo nelle notti limpide estive e soprattutto con un sacco di pagine su cui scrivere. Spesso quasi quattro dita, sapevo che ne avrei avuto per molto. Era un complemento per la terapia, infatti l'ho comprato una volta rilasciata dal centro a fine estate. Mancava poco più di una settimana all'inizio del mio secondo anno di medie e papà aveva pensato bene di farmi questo regalo, guarda ora: mancano a malapena una quindicina di pagine al termine. Tre anni e mezzo da quel giorno. Non ho mai avuto il coraggio di leggerti dall'inizio, ci ho provato l'anno scorso fallendo. Faceva troppo male. Era come se con un nastro mi avvolgessero il collo sempre di più, ad ogni riga sempre più. Oggi l'ho fatto e non ho provato più quella sensazione di soffocamento, sono rimasta impassibile di fronte al mio passato. Ho rivissuto la solitudine, il dolore, la paura. Ero convinta che se fossi morta a nessuno sarebbe importato, forse tutti avrebbero vissuto meglio senza un peso costante da portarsi appresso. Mi sentivo di troppo, un sassolino nella scarpa di papà, zia Angie e nonna. Facevano chilometri per portarmi al centro, da ospedali a farmacie. Non stavano fermi neanche in casa, mi controllavano sempre per vedere come stavo con quell'espressione solcata da angoscia e preoccupazione. Come potevano sapere cosa avrebbero trovato una volta aperta quella porta? Se andava bene potevano vedermi intenta a disegnare o dormire, se andava male a fissare il muro o il vuoto con sguardo vacuo e la bocca semiaperta e non rispondevo ai loro implori nemmeno con un cenno di qualsiasi parte del corpo. A volte potevo anche piangere senza apparente motivo, ma cercavo di stare attenta a non farmi scoprire da nessuno. Seguire una malata non è vivere, più andavo avanti e più dentro di me si faceva grande l'idea di farla finita e di togliere il disturbo per far star meglio la mia famiglia. Pensandoci bene adesso e guardando le cose oggettivamente, sarebbe stata la mossa più sbagliata da fare: se il lutto di mamma era stato devastante e difficile da superare per tutti, non oso pensare se mi fossi tolta la vita. Nonostante avessi pensieri suicidi per il novanta percento del tempo, non ho mai realmente provato perché ero troppo codarda. Infondo la morte mi spaventava e non poco, avevo paura anche solo di salire nelle automobili figurarsi di imbottirmi di strane sostanze o di gettarmi da una finestra. Il primo anno con te, diario, era un alternarsi di “sono a terra, voglio farla finita” o se andava 'bene' osavo scrivere “hey, oggi sono un po' triste!”. Il terzo anno, invece, è stato leggermente migliore. Almeno davo uno pseudo valore alla mia vita e non facevo più strani pensieri, avevo finalmente superato l'ossessione per la morte grazie alla mia perseveranza nell'esternare le emozioni con il disegno ed alla scoperta di un genere di musica che mi ha risollevata. Diciamo che la solitudine fa da padrona alla terza media, i sentimenti contrastanti: il desiderio di avere finalmente un amico in carne ed ossa e la paura ad avere contatti umani data dalla mia sociofobia. Se da un lato le allucinazioni erano state smaltite con la terapia intensiva al centro e la depressione cronica passo dopo passo, la sociofobia era dura a morire. La gente mi spaventava più di ogni altra cosa. Il loro giudizio soprattutto, quando sentivo dei gruppetti di ragazzini ridere avevo sempre il timore che ridessero di me. La mia autostima all'epoca era pari a zero, non che adesso sia alle stelle eh? Sono un po' migliorata, ho acquisito più determinazione e sicurezza nelle mie capacità. Dei compagni che avevo al tempo ne ricordo solo alcuni, ma neanche tanto. In quella classe parlavo sì e no con tre per cose inerenti alla scuola, per cui si può dire che in quei tre anni non ho mai avuto un briciolo di amico e se possibile è stato peggio delle elementari. C'è stata solo una cosa positiva: almeno non prendevano in giro, ma per il resto erano persone grige. Non rimpiango nulla di tutto quello, bene o male le medie sono un periodo oscuro per tutti: chi più, chi meno. Infatti mi è sfuggita una risata nel leggere la pagina dedicata all'ultimo giorno, è la prima volta che ho letto la parola 'felice' dall'inizio del diario. “Sono felice di non veder più queste mura di merda e queste facce da culo”. La delicatezza da elefante incinta è una mia caratteristica da sempre, perfino nelle situazioni peggiori traspariva un po' del mio cinismo. Ecco quando ho cominciato a divertirmi sul serio, l'inizio delle superiori. C'è una differenza abissale perché le preoccupazioni sono completamente cambiate, siamo passati dal “ho paura che stanotte un assassino irrompa nella mia stanza con un pugnale e mi accoltelli” ad “adesso vicino a chi mi siedo?”. Una parte di me desiderava avere nella nuova classe persone della vecchia per avere qualcuno con cui parlare, l'altra ricordava che erano tutte 'facce da culo'. Non ho potuto non sorridere di fronte a quando ho scritto di Leon per la prima volta, solo ora mi rendo conto che è stato un vero e proprio colpo di fulmine. “Quando mi sono presentata davanti a tutti ero a disagio, soprattutto perché sentivo gli occhi di quel Leon Vargas addosso”. Ricordo ancora come se fosse ieri quando mentre parlavo, ho ruotato leggermente il capo incrociando il suo sguardo ed un brivido mi ha attraversato la schiena. Per tutto il resto del tempo mi guardavo attorno cercando qualche volto amichevole, nel suo mi sono imbattuta diverse volte ed ho sentito la stessa sensazione. Non capivo, però. Aveva un'espressione seria ed indecifrabile, cosa stesse pensando o provando in quel momento è tutt'ora un mistero. Dopo un mese di scuola, avevo trovato una quasi amica ossia Nata e parlavo un po' con Francesca e Camilla. Il paradiso sembrava, gente simpatica ed in più vedevo quel ragazzo tutti i giorni. In dicembre le cose iniziarono a peggiorare. Se prima ero riuscita a costruire una qualche relazione nonostante le mie difficoltà comunicative, ero tornata ad essere sola e con le spalle al muro. Si erano già formati dei gruppi ed io non facevo parte di nessuno, Nata aveva preferito Ludmilla a me. Non avevo nessuno e cominciarono ad affiorare i difetti di quelle persone, crebbe la convinzione di essere finita ancora in un brutto posto. “La classe peggiore del mondo” ero solita ripetere. Camilla non capivo da che parte stesse, oscillava fra una compagnia e l'altra come se nulla fosse. Ludmilla se la tirava e non perdeva occasione di sbattere in faccia la sua ricchezza a tutti. Federico era incoerente, diceva di non sopportare qualcuno e poi lo vedevi assieme. Broadway era un bambinone come Maxi, non sembravano prendere seriamente nulla ed il loro continuo ironizzare su qualsiasi cosa alla lunga risultava snervante. Marco era il contrario, troppo serio e chiuso. Andrès era ed è tuttora una ciofeca, ma infondo non l'ho mai biasimato. Braco e Napo stavano sempre fra loro come se gli altri fossero merde, mentre Tomas era un saccente di prima di categoria. In più Leon aveva dato libero sfogo al suo lato stronzo, si atteggiava in continuazione e sembrava provarci con tutte. Tranne che con me, ovviamente. L'unica persona a cui non trovavo qualcosa che non andasse era Fran, la sola che si degnava di rivolgermi la parola ogni tanto. Provavo una certa simpatia nei suoi confronti, ma pessimista com'ero cercavo di convincermi che lo facesse solo per pietà. Infondo bene o male a quasi metà anno si sapeva qualcosa di tutti ed io ero l'orfana di madre asociale ai loro occhi. L'anno nuovo portò dei piccoli miglioramenti, ossia cominciai a chiacchierare sempre più con la mia attuale migliore amica non solo di compiti e cose così. In verità non la comprendevo inizialmente, perché decidere di perdere tempo con me anziché con gli altri amici che si era già fatta? L'avevo sempre vista con Maxi, Marco e Camilla. Perché me? Nacque quindi gradualmente una bellissima amicizia e stentavo a malapena a crederci, più andavo avanti e più mi chiedevo se avere un'amica significasse quello. Purtroppo verso fine febbraio cominciarono le prese in giro di Ludmilla, offese taglienti e non solamente su cose futili come il vestiario. Parole che toccavano l'animo torturandolo, che prendevano a sprangate la mia autostima già precaria e constatare che c'era gente che rideva di tutto ciò mi faceva soffrire. Quindi facevo bene ad evitare le persone? Francesca era l'unica al mio fianco e che mi difendeva a spada tratta in quanto io non sapevo rispondere alle provocazioni. Leon era l'altro tasto dolente, perché stavo tanto male per uno sconosciuto? Mascheravo la tristezza che provavo nel vederlo sempre appresso a Ludmilla con l'odio. Viscido, stronzo, troglodita, puttaniere, egocentrico, ipocrita mi ripetevo. Mi straziavo mentalmente ogni volta che me li trovavo davanti: lui seduto sulla sedia e lei che si piazzava sulle sue gambe attorcigliando le braccia attorno al suo collo. Non stavano insieme, però flirtavano che era uno schifo. Non ho idea di quanti monologhi carichi di disprezzo fosse stata costretta ad ascoltare Fran di lì alla fine dell'anno scolastico, la invitavo spesso da me e mi dilungavo in discorsi su loro due ed è stato proprio da questi pomeriggi che ne è uscito il soprannome 'Homo Stronzus'. Più i mesi passavano, più sentivo la testa esplodere. Sono arrivata anche a pensare di cambiare scuola nonostante sia stata una delle migliori scelte che avessi fatto. L'unica nota positiva è che approfondendo la conoscenza di Francesca ho avuto modo di conoscere e frequentare un po' Cami, Maxi e Marco che non erano poi così tanto male come pensavo. In maggio conobbi Diego durante un concerto del mio coro, mi aveva dato l'impressione di essere un tipo simpatico e spigliato. A mia sorpresa lo ritrovai alle successive prove aperte al pubblico ed era venuto solamente per me, la cosa mi lusingò non poco dal momento che effettivamente era il primo ragazzo che dimostrava interesse nei miei confronti. Così cominciammo a sentirci su Facebook fino a scambiarci i numeri di cellulare, dentro di me si insinuò l'idea che forse potevo avere la mia prima storia e dare il mio primo bacio. Le prese in giro persistevano, ma cercavo di resistere concentrandomi su questo. Mi riusciva però difficile ogni volta che vedevo Leon, nel giro di una frazione di secondo Diego diventava l'ultimo dei miei pensieri. Tante volte quando mi inviava un messaggio dolce coprivo il suo nome ed immaginavo dentro di me che fosse Leon a mandarmelo. Lo so, è da scemi. Ma sono quelle sbandate che ti segnano, penso tutti ne abbiano avuta una. Cominciai a frequentarlo di persona e tutto sembrava andar bene fino a quando non tentò di baciarmi, con un rapido riflesso l'ho spinto lontano da me facendolo inciampare e quasi cadere. Non ero io quella che voleva baciare un ragazzo? Non volevo avere una storia? Non potevo illuderlo, non se lo meritava. Nessuno lo merita. Sono stata offesa pesantemente, però. Compresi con che razza di persona avevo a che fare e ci misi una pietra sopra praticamente subito. Cominciata l'estate, non avevo voglia di far niente e sai che novità. Fran era partita per l'Italia lasciandomi sola, un'altra volta. Almeno era una solitudine con data di scadenza, per cui pensarla in questo modo mi consolava in qualche modo. Lei però rimaneva in contatto anche con altri compagni di classe, così seppe tramite qualcuno che Ludmilla aveva una storia con Leon. Anche se non ero lontana dall'immaginarlo, speravo comunque fosse un'impressione solo mia e che mi sbagliassi. Era più che evidente anche se non volevo accettarlo: quegli sguardi languidi durante le lezioni, il modo in cui si osservavano parti poco caste e il loro continuo giocherellare provocandosi a vicenda. Non ho mai provato invidia per lei come molte, ma se si trattava di lui facevo un'eccezione. Inspiegabilmente venivo investita da un'ondata di gelosia e l'idea che lui potesse anche solo sfiorare il motivo principale della mia emarginazione mi faceva impazzire. Guardavo spesso il suo profilo Facebook e realizzai che era perfetta: bionda, corpo da favola, lineamenti delicati e ricca. Nonostante avesse un carattere pessimo, quale ragazzo non si infatuerebbe di lei? Mi guardavo allora allo specchio attentamente. Dei giorni mi vedevo una balena, altri troppo magra e senza curve. Uno schifo in entrambi i casi. Capelli sfibrati e di un colore banale, occhi comunissimi e labbra carnose che detesto. Il viso era troppo a punta, le occhiaie marcate e la carnagione marmorea. Chi si sarebbe potuto innamorare di un disastro sotto tutti i punti di vista? No, non caddi in depressione. Era piuttosto malinconia mista a solitudine e ribrezzo nei confronti di me stessa. Papà era preoccupatissimo, temeva un'altra mia ricaduta e faticava persino a dormire la notte. Vedevo spesso la luce accesa della sua stanza, detesto averlo fatto stare così tanto in pensiero. Francesca credeva che stessi male per il distacco da Diego, ma a quanto pare aveva capito fin da subito il vero motivo. Avevo cominciato a comportarmi in modo strano da quando mi aveva riferito quella notizia, uno più uno fa due. Nuovo anno scolastico, nuovo comportamento. La mia fragilità persisteva, ma la tenevo ben nascosta sotto ad uno strato di menefreghismo verso tutto e tutti. Riavere Fran accanto aveva di sicuro contribuito, in un certo senso l'esperienza estiva mi aveva fortificata. Il primo giorno andai con lei a fare colazione, per poi aggregarci a Marco, Maxi e Cami per ritornare fra i banchi. Misi un piede dentro la classe guardando in basso, alzai lo sguardo e mi trovai Leon davanti. Se fossero stati pochi mesi prima avrei balbettato iniziando a fare discorsi senza senso, mentre ricordo come se fosse ieri che gli dissi “Spostati che devo passare” in tono freddo e distaccato. Da lì iniziò la diatriba fra me e lui, ogni lezione era un pretesto per lanciarsi frecciatine e se mi parlava era per fare commenti poco carini ai quali ovviamente rispondevo a tono. Se c'erano delle discrepanze fra i vari gruppi da sempre, in quel periodo si notavano ancora di più. Avevamo spesso creato problemi ai professori, ma con i continui battibecchi li facevamo dannare. Ogni scusa era buona per attaccare qualcun altro e ciò che ne derivava era una litigata generale, ho perso il conto di tutte le note di classe che abbiamo preso quest'anno. Mi chiamavo sempre fuori, fatta eccezione per quando a provocarmi era lui. Era l'unico al quale stranamente avevo il coraggio di ribattere, la cosa sembrava divertirlo un mondo mentre io ero piuttosto irritata. Fino ad un mese fa. Non posso credere che la mia vita sia completamente cambiata nel giro di trenta giorni e con una sola persona. Ora ho un ragazzo, ho dato il mio primo bacio e pure fatto l'amore. Lo stesso che dicevo di odiare dal profondo del mio cuore, lo stesso che mi chiamava 'musona', lo stesso che cambiava tipa con la stessa frequenza delle mutande. Ci ho pensato bene e sinceramente non credo sia cambiato, sono convinta che lui infondo fosse sempre stato così solo che non lo dava a vedere per orgoglio o chissà per altro. Non riuscirei ad immaginare la mia vita senza di lui e non saprei nemmeno cosa ne sarebbe stato se non l'avessi mai conosciuto, sarei ancora un caso clinico? Di chi mi sarei innamorata? Chi lo sa, so per certo che al solo pensiero mi vengono i brividi. Ogni tanto lo osservo quando dorme in bus accanto a me, quando è intento a giocare ad Angry Birds, quando è concentrato su qualcosa. Lo guardo e non mi sembra ancora vero, nessuno avrebbe mai puntato un pesos su me e lui. Sarà esagerato da dire, ma desidero veramente averlo con me per sempre. Perché non ho mai provato niente di così forte e intenso se non con lui, quando incrocio il suo sguardo adesso è come la prima volta durante le presentazioni. Leon ha aperto un ciclo, il mio nuovo ciclo. Quello per cui ho deciso di chiuderti e di porre fine alla nostra avventura, sarai un bellissimo ricordo che mi porterò dietro. L'accompagnatore nei miei periodi più bui, il mio primo amico. Sembro pazza, do del tu ad un oggetto inanimato e gli voglio pure bene. No, non voglio pensarla così. Per me sei di più di un semplice diario, hai quasi il valore di una persona. Sei l'unico confidente che non ha mai giudicato il mio modo di essere o agire, è come se dietro a queste pagine ci fosse qualcuno che mi ascolta sempre e comunque senza mai ribattere. Una presenza costante con cui, nonostante non dica mai nulla, hai la garanzia di sentirti meglio dopo essertici sfogata. Sei paragonabile a quegli abbracci silenziosi, quando qualcuno ti abbraccia senza proferire parola e riesce lo stesso a darti conforto. Ecco, per me sei stato tutto questo. Leggendo ciò che ho scritto in tutti questi anni ho potuto rivivere un cambiamento interiore che nella realtà è stato lento e graduale, ora sono maturata e sento di non aver più il bisogno di avere un diario con me. Certo, sentirò ogni tanto l'esigenza di riportare degli sfoghi su carta, ma nulla di comparabile al farlo con una cadenza regolare. L'hai visto anche tu, no? Ultimamente ti ho scritto solo quando c'è stata l'incomprensione con Leon e non mi va ti utilizzarti un giorno sì e l'altro no, per cui ho deciso di darti un saluto degno per uno come te. Oddio, quanto sto scrivendo? Non lo so nemmeno io, sto quasi finendo le pagine mancanti! Ho le dita indolenzite, ma voglio continuare un altro po'. Quando scrivo è un po' come quando disegno, svuoto la mente e la mano va da sola. In più è tardissimo perché stasera sono tornata a mezzanotte dall'uscita a quattro con Fran, Marco e Leon. E' andata benissimo, siamo andati in una pizzeria piccolina appena fuori dal centro consigliata dal mio ragazzo ovviamente. Non so come faccia a conoscere così tanti posti, la mia conoscenza si limita al tragitto casa-scuola. Ah, a proposito: lo sai che ieri abbiamo prenotato l'hotel? Sono felicissima, non vedo l'ora che sia agosto per poter volare negli States! Francesca mi ha pure chiesto di andare in vacanza con lei un mese a Roma, ma non so se chiederlo a papà dal momento che mi ha già permesso di andare una settimana a Chicago. Tentar non nuoce, ci proverò più avanti anche se non credo mi lasci stare all'estero per un mese. Che dire di più? Grazie. Grazie di tutto, della presenza costante anche quando a nessuno sembrava importare, dell'aiuto datomi silenziosamente. La sto tirando lunga, ma è solo perché fatico a dirti addio. E' tremendamente difficile, sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Addio è una brutta parola. Non mi piace, meglio dire altro. Lo devo fare anche se mi si spezza il cuore...

A presto,

Violetta

 

 

Chiudo il diario stringendolo e sospiro. Non sono triste, ho un sorriso appena abbozzato. “Amore che leggi?”. Alzo lo sguardo e lo poggio sul comodino. “Una cosa che ho scritto più di un mese fa”. Torno stesa e mi volto verso di lui ruotando il capo. “E tu che hai fatto finora?”. Si porta le mani sotto la nuca con nonchalance. “Pensavo”. Scivolo dall'altra parte del letto e mi accoccolo a lui. “A cosa?”. “Niente di che”. Alzo la testa dal suo petto in modo da guardarlo in viso. “Non penserai mica di farmi un regalo la settimana prossima, vero?”. Per un momento assume un'espressione come se l'avessero scoperto in flagrante, poi torna normale. “Cosa? Io? No”. “Come no? Il mese scorso abbiamo fatto quel lungo discorso sul fatto che il mesiversario fosse una cosa stupida e che non avremo speso soldi per niente, poi mi hai fatto un regalo lo stesso facendomi sentire una merda perché io non l'avevo fatto”. Sul suo volto si estende un sorriso sornione. “Ammetti però che quel completino intimo ti sta da favola”. Gli do una sberla leggera. “Stupido”. “Questo mese sono obbligato a fartelo anche perché compi gli anni”. “Ma mi hai già regalato i biglietti per il concerto!”. “Shh”. Mi posa un dito sulle labbra zittendomi all'istante. “Pronta per il terzo round?”. Scrollo le spalle. “Posso farne a meno”. Stinge le mani attorno alla mia vita e con un rapido movimento me lo ritrovo sopra. “Sei un cretino”, dico ridendo. “Lo vuoi più di me”. Riduco gli occhi a due fessure. “Indovina perché ti odio?”. Scuote il capo. “Non saprei, dimmelo”. Allungo il braccio verso l'abat-jour e rendo la luce soffusa, poi torno a guardarlo. “Perché ti amo anche quando fai il deficiente”. Avvicino la sua bocca alla sua dando vita ad un bacio passionale. Pronti per amarci un'altra volta come se fosse la prima.

 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE

ULTIMO CAPITOLO, OLE'! *stappa lo spumante* Insomma siamo giunti al termine di questa fanfiction, non so se esserne felice o triste. Felice per il lavoro svolto ed il riscontro positivo, triste per questi due zucconi che tanto adoro. Nel dubbio bevo lo spumante! Però ci sarà il sequel ed è un modo per dare continuità a questa storia che vi ha appassionati anche se sarà ambientata tre anni dopo, in circostanze e ambientazioni differenti. Insomma, starete a vedere. Ho riletto alcuni capitoli addietro per rivedermi alcune cose da riportare nella pagina di diario e devo ammettere che sono rimasta sorpresa nel pensare che quelle cose le avevo scritte io, di solito a parte per la revisione prima della pubblicazione non li rileggo mai. E vi dirò: rileggerli dopo diverso tempo è più bello, di solito se lo faccio mentre lavoro la maggior parte delle volte è un 'ni' in pratica il mio giudizio ondeggia fra il 'Cristo, c'è di meglio' e il 'Mi fa cagare più delle Dodici Erbe'. Invece vedendoli ora non mi sono dispiaciuti e penso sia una gran cosa per una che ha tanta autostima quanta i capelli di Claudio Bisio. Ed ecco i ringraziamenti finali: ringrazio chi mi ha recensito la storia, chi l'ha messa fra i preferiti, le ricordate e le seguite, chi mi ha contattata su Twitter e chi sopporta spesso le mie stronzate (sì, sto parlando in modo particolare con ChibiRoby e Syontai. Vorrei dire i vostri veri nomi, ma c'è la “praivasi”). Senza di voi tutto questo non sarebbe stato possibile, il vostro affetto mi ha spinta a scrivere, scrivere e ancora scrivere! Grazie di cuore, il vostro supporto ha incrementato ancora di più la mia fantasia e la mia creatività.

Un abbraccio fooorte fooorte,

Gre :3

*getta la bottiglia vuota e saluta con la mano*

  
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