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Autore: Sora_D_Aoi    21/08/2014    5 recensioni
Marineford: l'imminente esecuzione del prigioniero Portgas D. Ace ha portato l'Imperatore Edward Newgate a intervenire con tutte le sue flotte per salvarlo. La battaglia si dimostra fin da subito violenta e senza esclusione di colpi. Inoltre, l'intervento di una delle Undici Supernove Monkey D. Rufy complica ulteriormente la situazione. Tuttavia, nello scontro fra Marina e pirati, una terza persona si unisce segretamente, nascosta da un cappuccio nero, e inizia a fare strage di marines. Il suo scopo? Liberare il condannato. Perché? Semplice, se proprio quell'idiota deve morire lo farà per mano sua, quando lo prenderà a sberle per il macello combinato. E lo stesso vale per Mugiwara.
[Sì, so che l'ambientazione è stata usata fino allo sfinimento, ma ci sono troppe persone che amano quel fiammifero, e io sono tra loro (perché ci hai fatto questo, Oda ç_ç?!)]
Nient'altro aggiungere... Spero che la storia sia di vostro gradimento!
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NEL CAPITOLO PRECEDENTE...

Sono ormai trascorsi due giorni dalla sanguinosa guerra di Marineford, conclusasi con la morte di uno dei Quattro Imperatori Edward Newgate e con l’intervento di un altro di essi, Akagami no Shanks.

L’uomo che ha rappresentato la causa della guerra, Portgas D. Ace, è riuscito a mettersi in salvo assieme ai suoi fratelli minori adottivi Monkey D. Rufy e Sora D. Aoi e all’ex Shichibukai Jinbē grazie al tempestivo intervento del Chirurgo della Morte Trafalgar Law.

I tre fratelli sono stati curati dalla Supernova, e benché Ace fosse stato il primo a svegliarsi i primi due a scendere su Amazon Lily, l’Isola delle Donne, sono prima Rufy, che si mette subito alla disperata ricerca dei fratelli maggiori e poi Aoi, l’unica che riesce a tranquillizzarlo.

La ragazza scopre così di essere finita sull’isola natia di sua madre, che sapeva essere una Kuja esiliata dalla sua patria, e si ritrova ad essere riverita da nientedimeno che Boa Hancock, attuale Principessa di Amazon Lily nonché membro degli Shichibukai, la quale pare essere innamorata di Rufy.
 
 - LA MANCATA PROMESSA
UNA DOLOROSA REALTÀ CHE VA ACCETTATA 

Aoi dovette probabilmente aver assunto una faccia shockata, perché la Principessa Serpente iniziò presto a scuoterla delicatamente, preoccupata: “T-ti senti male, Onee-Sama?! Tu, col cappello a macchie! La mia adorata sorella si sente male! Ti ordino di fare qualcosa!!!”

“Io non obbedisco proprio a nessuno, Hebihime-ya. E comunque a far star male Aoi-ya è stata la notizia appena ricevuta.” ribatté seccato Law, le braccia incrociate dietro la testa e le gambe accavallate, la schiena contro un albero.

“S-sto bene... N-non si preoccupi, Hebihi... Hancock-San.” si corresse in tempo vedendo la sua espressione dolce e supplichevole “S-sono solo... Wow.” trasse un profondo respiro, senza parole.

Quindi... non soltanto era finita senza saperlo sull’isola che stava cercando da tanto tempo, luogo d’origine di sua madre, ma oltretutto in qualche assurdo e perverso modo quell’imbecille di Rufy era riuscito a far innamorare di sé nientedimeno che la Principessa Serpente Boa Hancock! Che accidenti aveva fatto per riuscirci?! C-che... che il suo fratellino fosse cresciuto abbastanza per sapere come comportarsi con il gentil sesso...?! Eppure sembrava talmente disinteressato... Non era nemmeno certa che avesse ancora capito come venivano concepiti i bambini...

Però... non aveva comunque senso! Avrebbe avuto più senso che si fosse innamorata di quella faccia da schiaffi di Ace, che almeno non aveva sempre un’espressione da babbeo stampata in viso... Ma Rufy! Quella fu l'ennesima dimostrazione di come il mondo e la natura potessero essere proprio bizzarri e ironici, a volte...

“Coraggio! Serviti pure! Hai bisogno di recuperare le forze! Tutto il cibo dell’isola è a vostra più completa disposizione!”

“Fantastico!” esultarono ingenuamente i Pirati Heart avvicinandosi alle cibarie, prima che un’Hancock furibonda non vi si frapponesse.  

La sua espressione dolce e affascinante era stata sostituita da una demoniaca: “Non sono per voi, deplorevoli esseri!!! Provate a sfiorare anche solo una delle mie cibarie e assaggerete tutta la mia furia!!! A voi e a Jinbē verranno portati gli avanzi della cena di stasera! Ritenetevi fortunati, soprattutto per il privilegio di potermi vedere in tutta la mia bellezza!” abbaiò facendo mostra della sua inconfondibile posa, piegandosi verso l’alto e puntando loro contro l’indice accusatore.

“Eh?! Ma non è giusto!”

“Siamo noi che abbiamo salvato Mugiwara e Pugno di Fuoco! Meritiamo una ricompensa per tutta la fatica che abbiamo fatto!”

“Non ci avete nemmeno permesso di entrare nel villaggio! Almeno il cibo lo pretendiamo!”

Una delle Kuja, una mora dallo sguardo duro e gelido sfondò il tagliere e il tavolo su cui stava affettando della carne, lanciando loro un’occhiata assassina: “Voi non avreste nemmeno potuto mettere piede sulla nostra terra, luride creature! Le uniche eccezioni sono Monkey D. Rufy e suo fratello maggiore, al massimo anche il Cavaliere del Mare. Dovreste ritenervi onorati di poter anche solo soggiornare sulla costa della nostra isola e di aver visto l’Imperatrice dal vivo! Se oserete lamentarvi ancora risponderemo di conseguenza!”

“Ben detto, Kikyo!”

“... O-ok...”

“Perdonateci...”

“N... n-non è giusto, però...”

“... Chissà se anche le orse di quest’isola sono così...”-

“PER L’ULTIMA VOLTA, BEPO: NON CI SONO ORSE SU QUEST’ISOLA!” urlarono esasperati i compagni di Law, mentre questo non aveva fatto una piega né detto nulla.

“A-ah! Scusate...”

“Piantala di scusarti ogni volta!”

“Capitano...! Perché non dici niente...?!”

Con quella dimostrazione ogni dubbio fu dissipato: l’ostilità delle Kuja verso gli uomini era mondialmente risaputa, così come l’enorme orgoglio della loro sovrana. Il fatto che la Principessa Serpente dimostrasse quelle premure soltanto nei confronti di Rufy e di chi era molto legato a lui confermavano che doveva nutrire se non amore quantomeno dei sentimenti di sincero affetto e devozione. Non faticò a scommettere che se e quando Ace si fosse svegliato avrebbe ricevuto le stesse riverenze che aveva ricevuto lei pochi minuti prima per il semplice fatto che erano fratelli.

Allungò timidamente un braccio verso una mela, sospirando e ritraendola. Aveva troppi pensieri per la testa per poter avere la forza di mangiare. Nessuno le aveva ancora raccontato come fosse finita la guerra, e il fatto che nemmeno una nave della flotta di Barbabianca si trovasse nei paraggi la faceva sentire ancora peggio, perché se si fosse concluso tutto nel migliore dei modi era certa che si sarebbe risvegliata su una delle loro navi, e si sarebbe ritrovata in mezzo ad una grande festa per celebrare la vittoria.

“Per caso... il cibo non è di tuo gradimento, Onee-Sama?” le chiese preoccupata la sovrana delle Kuja.

“A-assolutamente...! Soltanto che... non ho fame, in questo momento...”

“So già a cosa stai pensando, Aoi-San.” asserì serio Jinbē, guardandola tristemente “... Ecco... Non so da dove iniziare... A-Aoi-San... Sono mortificato...”

Percepì immediatamente l’immenso rammarico con cui l’uomo-pesce le aveva parlato, e ciò unito all’assenza di un qualsiasi membro della ciurma del vecchio le fu più che sufficiente. D’altro canto quel tremendo pensiero la stava tormentando da quando si era svegliata, ma aveva cercato di non pensarci con tutte le sue forze.

Tuttavia non riuscì a non sentire il suo cuore frantumarsi in mille pezzi come fosse stato di cristallo.

Si portò indici e medi sulle tempie, mordendosi le labbra e socchiudendo gli occhi. Chinò il capo: “N-no... non è... necessario... non devi sentirti in colpa, Jinbē... H-ho... già capito... quello che volevo sapere...”

“Aoi...”

“... Te lo chiedo comunque... Jinbē... Il Babbo... i-il Babbo è morto, vero...?”

Jinbē chinò il capo, annuendo appena: “... Sì... Aoi-San... Il Babbo... ci ha lasciati durante la guerra...”

Il suo più grande timore si era perciò avverato.

Si sforzò di continuare: “... Chi...?”

“Marshall D. Teach assieme alla sua nuova ciurma gli ha inferto le ferite decisive... Anche se sai che ancor prima della guerra...”-

“Sì... Q-quel vecchio testardo... non voleva accettare di essere avanti con gli anni... P-per quanto le sue infermiere lo rimproverassero ha sempre fatto di testa sua, perché ‘lui era Barbabianca’. T-tutti sapevano bene che prima o poi sarebbe accaduto... Forse, però... se avesse seguito i consigli delle infermiere e si fosse concesso meno al suo amato sakè sarebbe stato sufficientemente forte per respingere o resistere a più colpi...”

“... Aoi-San...”

“Aoi...”-

“Devo stare da sola. Scusatemi.” tagliò corto lei mordendosi ancor più forte le labbra fino a farle sanguinare. Si mise a correre sulla costa, alla ricerca di un luogo in cui sfogare quel vortice di emozioni: tristezza, rabbia, frustrazione, amarezza, nostalgia, rancore e molte altre a cui non avrebbe saputo dare un nome. Si sentì subito colpevole, quasi l’avesse ucciso lei. Colpevole della sua debolezza, colpevole di non aver mantenuto la promessa, colpevole... di non averlo chiamato Babbo almeno una volta.

Si fermò su un’alta scogliera, dove il mare s’infrangeva con violenza, quasi volesse anch’esso dare sfogo alla rabbia accumulata. Una fredda brezza la scosse fino alle ossa. Si accorse soltanto in quel momento che il sole era ormai del tutto tramontato, lasciando spazio ad un cielo buio ma pieno di stelle, che lo illuminavano come tante piccole lanterne. Si chiese se tra di esse ci fosse anche la sua, e se potesse sentire la sua voce.

Una volta sedutasi le lacrime scesero senza controllo, mentre le labbra sanguinanti non poterono più sopportare: si strinse nelle ginocchia e scoppiò in un pianto disperato, urlando e gemendo fino a farsi bruciare la gola. Non ricordava l’ultima volta che aveva pianto a quel modo. Anzi, no. Riuscì a fare un paragone con il giorno in cui vide la nave del suo adorato Sabo sparire all’orizzonte divorata dalle fiamme. Anche in quell’occasione nonostante fosse stata lì non era riuscita a fare niente per impedirlo.

In quel momento, però, il dolore che provava era solo per quel gigante tanto forte quanto gentile e amorevole. Le immagini, i suoni e le voci cominciarono a riaffiorare, impazziti:

*UN ANNO PRIMA*
 
“Gurarararara... Quindi, mocciosa... ti sei introdotta sulla mia nave perché stai cercando una persona... Ho capito bene?” sorrise divertito il grande Imperatore Edward Newgate, scrutando con attenzione la sua piccola e bionda interlocutrice e assaporando con gusto il sakè che questa gli aveva portato. Aveva intuito subito quanto fosse sveglia, soprattutto perché gli aveva portato il dono più opportuno di tutti. Doveva conoscerlo davvero bene.

Lei, seduta sulle ginocchia ad una decina di metri dal suo trono, sosteneva senza problemi il suo sguardo dorato: “Sì. So che tempo fa tu e la persona che sto cercando avete combattuto, e pare che quella persona e la sua ciurma si siano unite a te sotto tuo diretto invito. Sono venuta qui per accertarmi di aver sentito giusto. Sto cercando quella persona da due anni e mezzo, ormai, e non ho intenzione di andarmene fino a che non avrò ricevuto delle conferme.”

“Ohi, ragazzina! Come osi parlare al Babbo in questo modo?!”

“GURARARARARA! Calmati, Marco... Questa ragazzina ha una linguetta piuttosto tagliente, ma si vede chiaramente che non ha intenzioni ostili... E per qualche strano motivo credo di sapere a chi si riferisca... ha un atteggiamento molto simile al suo quando era appena arrivato! Va bene, mocciosa, chiedimi pure qualunque cosa. Cercherò di accontentare ogni tua curiosità. In fondo mi hai portato dell’ottimo sakè... GURARARARARA!”

“Ottimo... La persona che sto cercando pare essere divenuta da qualche tempo Comandante della tua Seconda Divisione... voglio sapere il nome di questo Comandante.”

Il vecchio osservò accigliato il suo gelido sguardo celeste, prima di scoppiare in un’altra risata: “GURARARARARA! Avevo proprio visto giusto! Sei tale e quale a lui!!! Ebbene, mocciosa, risponderò alla tua domanda... Attualmente, nella mia ciurma, il posto di Comandante della Seconda Divisione è occupato da un ragazzo che si chiama Portgas D. Ace, meglio conosciuto come Hiken no Ace, un tempo Capitano dei Pirati di Picche.”

La ragazzina parve irrigidirsi un poco, ma lentamente si rilassò, allentando la forte presa che aveva fatto sui lembi dei suoi pantaloni a tre quarti neri: “... Capisco.”

“È lui la persona che stavi cercando, mocciosa?”

“... Non mi pare di avere dei vincoli che mi obblighino a rispondere.” sorrise strafottente lei, causando ulteriore nervosismo nel Comandante della Prima Divisione.

“Adesso stai calcando un po’ troppo la mano, ragazzina! Dovresti già essere grata per essere stata accolta su questa nave con così tanta facilità!”

Di risposta lei lo congelò con lo sguardo: “Non sto parlando con te, pollo con la testa ad ananas.”

Un piccola vena pulsante si fece visibile sulla tempia della Fenice: “... Come mi hai chiamato...?!”

“GURARARARARA! Non darle peso, Marco! È soltanto una bambina...! Non riesco a capire se la tua spavalderia derivi da un’estrema sicurezza o da un’incredibile stupidità! Hai davvero un bel coraggio, considerando dove ti trovi! Mi chiedo però... se tu sappia fare altro, oltre che usare quella tua linguetta biforcuta...”

“Se vuoi testare le mie abilità, vecchio, non ho problemi.” sogghignò lei, facendo trattenere a stento Marco dal darle un pugno.

“GURARARARARA! Ma sì, mi voglio divertire! E poi sei riuscita a far arrabbiare Marco, e ti assicuro che non è da tutti! Vuoi pensarci tu, figliolo?”

Il biondo sorrise, maligno: “Non sai che regalo mi stai facendo, Babbo... Insegnerò la buona educazione a questa ragazzina, finalmente!”

“Vedremo, pennuto. Però se vincerò questa sfida mi direte dove si trova il vostro Comandante di Seconda.”

“GURARARARARA! Affare fatto, mocciosa!”

 
§

Il duello fra il Comandante della Prima Divisione e la piccola ospite durò tre giorni interi, e sarebbe durato probabilmente all’infinito a causa delle loro capacità di rigenerazione. Nonostante la differenza di forza e di esperienza mettesse in chiaro vantaggio la Fenice la ragazzina non arretrò mai, né perse quella sicurezza che aveva dimostrato fin da subito, ottenendo così la stima di tutti gli spettatori e dello stesso Comandante, oltre che ovviamente quella del Capitano. Inutile dire che le venne rivelato subito che Ace era partito poco tempo prima perché sulle tracce del traditore che aveva assassinato Satch, il Comandante della Quarta Divisione.

Nonostante tutto la ragazza dovette ammettere di essersi trovata davvero bene su quella nave, soprattutto per i modi gentili e bonari con cui l’Imperatore l’aveva trattata. Non faticò a credere che Ace si fosse unito alla sua ciurma di spontanea volontà, soprattutto per l’usanza del vecchio di farsi chiamare
Babbo’ da tutti i membri del suo equipaggio.

Tuttavia, aveva trascorso ben altri quattro giorni dalla fine del duello con Marco sulla grande Moby Dick, ed era giunto per lei il momento di ripartire: “Bene. Allora io vado. Adesso che ho saputo quello che dovevo sapere non ho più motivi per rimanere qui. Ho già perso troppo tempo, per quanto sia stato rilassante.”

“GURARARARARA! Sempre dritta al sodo, eh, mocciosetta? Ma ti dirò... le persone fredde e arroganti come te non mi dispiacciono, sai? Perché non diventi mia figlia? Potresti vivere come più ti aggrada, rispettando poche semplici regole... Oltretutto hai già ottenuto il rispetto di molti dei miei figli! Che ne dici?”

Si sorprese, Aoi, nel riflettere seriamente su quella proposta prima di dare una risposta all’uomo: “... Mi spiace, vecchio... ma declino la tua offerta. Non sono il tipo a cui piace dipendere da altri, e non sono nemmeno troppo di compagnia. Inoltre non mi fermerò fino a che non avrò rintracciato quell’idiota infiammabile, e ora che ho avuto le mie conferme non voglio trattenermi oltre.”

L’Imperatore sospirò: “Immaginavo, mocciosa... Sei proprio un bel tipetto, tu... mi ricordi Ace quando era salito da poco su questa nave... anche se tu sei molto più calma e riflessiva di quella testa calda! GURARARARARA!”

“Devo ammetterlo, ragazzina... Non te la cavi male per la tua età... Inoltre non avrei mai pensato che avessi ingerito proprio uno dei Frutti del Diavolo ritenuti leggendari...” ammise Marco accennando ad un sorriso.

“Tsk! Se è per questo neanche tu sei tanto male... pennuto!”

Il biondo sospirò, ormai abituatosi agli atteggiamenti, peraltro molto simili a quelli di Ace, della ragazzina: “Sei fortunata che io sia così maturo... Altrimenti ti mostrerei chiaramente cosa questo pennuto è in grado di fare!”

“Immagino... Beh, ora vado. Non esagerare con il sakè, vecchio, se non vuoi una fine precoce e oltremodo imbarazzante...”

La grossa risata dell’uomo risuonò nell’aria: “GURARARARARA! Ma sentitela, questa mocciosa! Chi ti credi di essere per potermi dare dei limiti?! Io posso fare tutto quello che voglio, e sai perché?! Perché io sono Barbabianca!!! GURARARARARA!!!”

Un piccolo ghigno le si dipinse sulle labbra rosee: “Lo terrò a mente, vecchio...!”

**

“S-scusami... Scusami, Babbo...!!! N-non ho... non ho mantenuto... l-la promessa che ti avevo fatto...! S-sono... sono ancora così dannatamente debole...! P-pensavo... che con gli allenamenti di Jinbē e Rayleigh a-avrei potuto... avrei potuto proteggervi tutti... I-invece... invece ho permesso che ti portassero via da tutti i tuoi amati figli...! I-io... non merito di essere stata considerata tua figlia... P-perché... se lo fossi stata non sarei svenuta...! S-se lo fossi stata... ti avrei protetto e ti avrei salvato...! A-anche se... anche se so che non ti sarebbe rimasto tanto tempo... m-mi sarebbe piaciuto... stare ancora una volta con te... Avrei voluto tanto che gli altri mi accettassero a braccia aperte come hai fatto tu...! S-scusami... scusami... E-e... tutti voi... scusatemi... A-Ace... Perdonami...!”

S’irrigidì appena, quando sentì delle braccia calde e robuste avvolgerla con dolcezza, ma poi pianse ancora più forte, fino ad esaurire la voce e a chiedergli scusa con un sussurro: “P-per... donami... Ace... P-perdonami...!”

Era però ben consapevole che nessuna scusa o supplica l'avrebbe mai riportato indietro.

A distanza di dieci anni, dopo un fratello, entrambi avevano perso un padre.
  
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