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Autore: de_stro_ya    22/08/2014    0 recensioni
Non mi lasciare così
Ho pensato di averti compreso
Qualcosa è andato terribilmente storto
Tu sei tutto quello che io abbia mai desiderato...
Frank e Gerard. Un piccolo caffè. E una giornata di pioggia a farli incontrare.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si sta facendo buio ed è tutto fin troppo tranquillo
E io non posso credere a niente adesso
Sta venendo verso di me come se fosse tutto un grande errore…
 
“Hai una sigaretta?”
Alzo lo sguardo verso di lui e mi scontro con due vibranti occhi verdi.
I lineamenti del viso, la pelle pallida su cui risalta una riga di eyeliner, le labbra esangui lo fanno assomigliare a una di quelle bambole di porcellana da custodire con cura dietro una vetrinetta di cristallo.
Ricordo che in quel momento la mia testa si era come svuotata, e vi risuonava dentro una sola, sbaragliante parola:
BELLISSIMO
Era il ragazzo più bello che avessi mai visto, e per un paio di minuti non riuscii a rispondere alla sua domanda.
“Ei amico, ci sei?”
Risvegliato come da un sogno, dopo un paio di mormorii finalmente gli porgo questa benedetta sigaretta.
“Grazie” fa lui soddisfatto, accennando un sorriso che mi fa tremare le ginocchia.
Menomale che sto seduto, penso.
Prima di quel momento mi era passato qualche volta per la testa che potessi essere gay.
Sia chiaro, avevo avuto delle storie più o meno serie con alcune ragazze, ma mai nessuna di loro mi aveva colpito a tal punto da potermi dire veramente innamorato di una di loro.
Ma allo stesso tempo, non mi interessavano nemmeno i ragazzi, o forse, non li avevo mai guardati cosi attentamente come stavo guardando lui in quel momento.
Sentivo che c’era qualcosa fra noi due, come una sorta di scarica elettrica, che si era scatenata non appena i nostri occhi si erano incontrati. E l’aveva avvertita anche lui, ne ero sicuro.
Seduto al mio tavolino lo osservavo e coglievo anche i più impercettibili gesti: il look total black in abbinamento con il colore dei capelli, la caviglia destra poggiata sul ginocchio sinistro, il modo che aveva di spostarsi di lato una ciocca che gli ricadeva lungo la guancia.
Ordinò un caffè lungo e mentre aspettava si mise a tamburellare con le dita affusolate il bordo del tavolino. Ottimo senso del ritmo.
Sembravo quasi uno stalker. Che diavolo mi stava succedendo?
Peggio di una ragazzina di 12 anni alle prese con la sua crash sentimentale.
Deciso a darmi una calmata (siamo seri, insomma, chi l’avrebbe più rivisto?) mi misi a leggere il giornale, ma uno squillo mi fece sobbalzare.
“Pronto”, rispose al telefono Bambola Di Porcellana, “amore, sarò lì fra qualche minuto. Mi sono fermato al bar. Sì, sto prendendo un caffè. Lo sai come divento senza”. Qualche attimo di pausa, “ma certo, sta tranquilla, a dopo”.
Ma bene, perfetto.
Il mio amore platonico aveva avuto la resistenza di una margherita sotto un temporale.
E a proposito di temporali.
Quelle che sembravano due gocce d’acqua in qualche minuto si erano trasformate in un acquazzone coi fiocchi che dalla veranda del bar mi costrinsero a entrare dentro.
Con mio grande rammarico (o sollievo) anche BDP ebbe la mia stessa idea.
E udite udite gente, si era seduto proprio al mio stesso tavolo.
“Si direbbe che ne ha per le lunghe” mi dice, cercando di cominciare la conversazione.
Un’espressione idiota mi spunta sulla faccia, un sorriso da ebete con due occhini cuoricino degni di un manga.
Vuoi mandar tutto a puttane? dico fra me e me, e cerco di riprendere un po’ di contegno.
“Già, il solito temporale estivo”.
“Marlboro Rosse, ottima scelta”.
“Eh?”
“La sigaretta che mi hai dato, era una Marlboro. Sono le mie preferite”.
“Guarda tu, che coincidenze” nella mia frase una punta di sarcasmo.
“Comunque io sono Gerard” mi dice, rivolgendomi uno dei suoi sorrisoni.
“Frank”
Così cominciò. L’inizio della fine.
 
Rimanemmo seduti per quasi due ore a parlare delle nostre vite: lui era un’artista (vedi un po’, ci avrei scommesso), suonava in una band con il fratello e di tanto in tanto disegnava qualche fumetto, e chissà perché mi venne subito voglia di vedere una delle sue creazioni.
Io essenzialmente da quando ero uscito dal liceo non avevo combinato nulla. Volevo trovare qualcosa per cui valesse davvero la pena dedicarmi anima e corpo, volevo svegliarmi ogni mattina con un motivo per andare avanti, e non condurre sempre la solita, letale routine.
In una cosa sola me la cavavo: strimpellavo con la chitarra piuttosto bene.
Lui, anzi, Gerard, ne fu subito entusiasta.
“Dovresti venire ad ascoltare le prove della band ogni tanto”
“ Mi farebbe davvero piacere”. Non poteva nemmeno immaginare quanto.
A questo punto, un altro squillo interruppe la nostra conversazione.
“Eliza, sono rimasto bloccato per via della pioggia” spiega lui.
All’altro capo del telefono, sento una vocina stridula gridare. Non so chi sia questa Eliza, ma mi sta già parecchio sul cazzo.
Lui si volta verso l’uscita, poi riprende “Hai ragione, non mi ero accorto. Scusami”.
Ancora grida. “Arrivo” chiude lui, e gli si dipinge sul volto un’espressione afflitta.
Lo guardo, “era la mia ragazza” mi spiega.
Quasi non mi accorgo che contraggo le labbra in una smorfia, lui ride.
“Agitata, la ragazza”.
“Si beh, avevamo un appuntamento e io le ho praticamente dato buca. Ci siamo messi qui a parlare e non mi sono accorto che nel frattempo ha smesso di piovere” dice, “non che parlare con te non sia stato un piacere, anzi…” si giustifica sorridendomi.
BANG! Fuochi d’artificio, banda di paese, botti di carnevale, tutti in una volta dentro la mia testa. Essere la causa del suo sorriso mi mandava in estasi.
Sto delirando.
“È stato un piacere anche per me” dico, “immagino che tu adesso debba andare”.
Guarda la mano che gli ho teso, e cos’è quella? Sbaglio o sembra…triste?
“Qualcosa non va?”
“No, è che… fra me e Liza ultimamente le cose non vanno molto bene. Sai, lei è sempre più esigente, e io.. non sono più tanto sicuro”.
“ Di cosa?”
“Di amarla”
Ci guardiamo un attimo senza parlare, poi interrompo il silenzio
“Dovresti prenderti un po’ di tempo per pensare” dico, “lontano da lei”.
Lui annuisce e mi pare così vulnerabile in questo momento.
Poi: “Passeggiata?” propone.
Ma che dovevo fare io? Spiegatemelo. Immaginatevi al posto mio, se la persona per cui pensate di provare finalmente qualcosa di grande, ma fidanzata con una qualunque, vi chiedesse con quegli occhi, con quella voce, di fare due passi assieme.
Ma come potevo dirgli di no?
“Con piacere” rispondo.
Ci ritrovammo a percorrere le vie di un paesino qualunque del New Jersey, due che fino a poche ore prima erano dei perfetti sconosciuti, come se ci conoscessimo da una vita.
Ridevamo e scherzavamo e sembrava che niente potesse colpirci in quel momento.
Ci chiudemmo in un locale niente male a riempirci lo stomaco di birra, a fumare, per uscirne completamente ubriachi e storditi.
Poi Gerard si gettò per terra, come un barbone.
“Non mi sono mai divertito tanto in vita mia” urlò.
Io mi sdraiai accanto a lui, e cominciammo a ridere a dirotto.
“In culo a Eliza!” esclamò.
“In culo alle ragazze!” dissi io.
“Già, ben detto amico mio!”
Qualcuno da lontano ci urlò qualcosa che doveva essere un insulto, ma Gerard non ci fece nemmeno caso. Poi si girò su un fianco e assunse un atteggiamento serio (per quanto lo poteva essere quella situazione).
“Tu sei diverso” mi disse, “mi ascolti, non lo fa mai nessuno”.
Poi accadde.
Non so da dove presi quel coraggio, so solo che a un certo punto ritrovai le mie labbra addosso alle sue. Lì, sdraiati sull’asfalto, completamente ubriaco, io stavo baciando Gerard.
Lui all’inizio sembrò quasi non capire, poi aprì gli occhi e si staccò velocemente.
Volevo un bacio, solo un bacio.
E l’avevo avuto, ma a quali condizioni.
 
Qualcosa ha fatto diventare freddi i tuoi occhi.
 
Si mise in piedi, e cominciò a urlare, e a urlare, e a urlare.
“Che cazzo fai? Sei impazzito? Come ti è saltato in mente?”
Nessuna risposta.
“Hai idea di quello che hai fatto? Io.. Io.. Ti ho aperto il mio cuore.. Credevo fossimo amici!”
“Non voglio essere solo un amico per te, Gerard. Voglio essere di più”
Lui mi guarda, non c’è nessuna pietà nei suoi occhi. E va via.
Lo afferro per l’orlo logoro della maglia.
“Ti prego, aspetta! Ascoltami!”
“Non c’è nulla da ascoltare, Frank! Torna a casa, sei ubriaco, domani mattina ti sveglierai e ti sembrerà tutto un orribile incubo”.
“Non potresti mai essere un incubo tu…”
“Ho detto basta! Smettila! E non farti rivedere mai più!”
Si scrolla di dosso la mia mano e stavolta va via. Davvero.
 
Me ne stavo lì a guardarti andare via
Da tutto quello che avevamo
Ma penso ancora ogni singola parola che ti ho detto
 
Così me ne sono tornato a casa, col cuore a pezzi, vomitando fino all’ultimo sentimento che avevo dentro me stesso insieme all’alcool.
 
È incredibile come il mondo continui ad andare avanti fregandose se tu sei morto.
Passò quasi un mese da quella maledetta sera. 28 giorni, per l’esattezza (si, tenevo il conto, che ragazzina innamorata sarei altrimenti?)
Non solo il pensiero di Gerard non era andato via, ma anzi, continuava a pulsare sempre di più dentro la mia testa, più presente che mai.
Anche adesso che sono qui, dietro le quinte di questo palco attrezzato alla meno peggio, a suonare con un gruppo di amici che amici non sono.
Non lo so spiegare, ma tutto mi sembra lontano, distante.
Come se ora che non c’è lui, tutto si sia spento.
Strimpello quelle quattro canzoni mettendoci tutta l’anima possibile:
la musica è la mia unica amica.
Scendo dal palco, mi avvicino al bancone del bar, di quello stesso bar, e ordino una birra.
“Ei!” grida un tizio con dei capelli da pazzo.
Mi volto. “No, no! Tu, proprio tu! Il chitarrista, quello alto come un nano da giardino!”
Bene. Se c’è una cosa che mi fa incazzare sono le persone che mi prendono in giro per la mia statura. Il che equivale praticamente a…tutti. Sono basso, e allora?
Si siede accanto a me “Ti ho visto sul palco. Sei stato da paura, amico! Come ti chiami?”
“Frank” rispondo stizzito.
“Beh Frank, oggi è il tuo giorno fortunato! Ti andrebbe di fare un provino per entrare nella band in cui suono? Sai, sono anch’io un chitarrista!”
Lo guardo. Ma da dove la prenderà mai tutta quell’energia?
“No senti, grazie mille, ma non…”
“Non accetto un no come risposta. Devi almeno provare! Ah a proposito, mi chiamo Ray e gli altri membri della band sono Matt alla batteria, e i fratelli Way al basso e al microfono. Mikey e Gerard, li conosci?”
BANG! Il suo solo nome riusciva a mandarmi in tilt il cervello.
“Sai che ti dico amico? Proviamo. Quando facciamo?”
“Alle 3, domani pomeriggio, ci vediamo qui!”
Incredibile, penso fra me e me. Qui è iniziata e qui deve finire.
O ricominciare, chi lo sa. Non sono uno che si da per vinta facilmente.
 
Inutile dire che quella notte non ho chiuso occhio, mi sono bevuto tre caffè in suo nome, e sono rimasto sveglio ad aspettare l’alba, fino all’ora fatidica.
 
Me ne stavo sul palchetto ad accordare la chitarra, quando lo vidi.
Da dietro le vetrate parlava animatamente con Ray, il tizio pazzo coi capelli pazzi, e uno che gli somiglia, ma era più smilzo e più chiaro di capelli.
Poi, ecco aprirsi la porta.
Mi vede, lo vedo.
Ray è in delirio per quello che crede il “nuovo talento” della band.
L’altro ragazzo è l’emblema della tranquillità.
E lui.
Gerard è furioso.
Non ho nemmeno il tempo di saltare giù dal palco che è già schizzato fuori.
 
Sto trattenendo il respiro.
Non ti perderò di nuovo.
 
Lo rincorro per la strada, sembra impossibile raggiungerlo, ma devo.
Deve sapere tutto quello che ho pensato da quando è andato via.
Devo provarci.
Di scatto si volta: “Che cosa vuoi? Perché sei tornato? Ti avevo detto di non volerti rivedere mai più.
Ho lasciato Eliza per te, perché mi hai fatto mettere in discussione anni di fidanzamento, perché non so cosa fare, perché non so più chi sono.
Chi sei per arrivare così e mi sconvolgermi la vita?”
 
Dai, dai, non mi lasciare così
Ho pensato di averti compreso
Qualcosa è andato terribilmente storto
Tu sei tutto quello che io abbia mai desiderato
 
“Gerard, lo so che è difficile per te, ma lasciami parlare.
Per anni ho cercato qualcosa per cui valesse la pena vivere, la mia passione, il mio compito in questa mondo e finalmente l’ho trovato: sei tu.
Ti ho amato dal primo momento in cui ti ho visto, l’ho sempre saputo.
E adesso tu mi stai dicendo che è finita, anzi, che non è mai iniziata. Perché? Perché ti spaventano i giudizi della gente? Per una donna che non ami, e che non ti ama?
Sai bene cosa c’è fra noi due. Non è solo amore, no. È qualcosa di più, se esiste.
In così poco tempo sei diventato la mia ossessione, ciò senza cui non vivo, il pensiero che mi perseguita non appena mi sveglio e l’ultimo alla sera, il mio sogno più grande.
Scegli me: non sarà per niente facile, ma ci lavoreremo insieme, giorno dopo giorno, passo dopo passo. E ti prometto che ti renderò l’uomo più felice dell’universo”.
 
Dai, dai, non mi lasciare cosi
Ho pensato di averti compreso
Non riesco a respirare ogni volta che te ne vai
Non posso tornare indietro ora
Sono ossessionato
 
Lui non risponde. Mi guarda assorto nei suoi pensieri.
Sono abituato a questa faccia, all’espressione dei suoi occhi velati di una leggera maliconia.
Io li curerò quegli occhi, mi dico. E saranno più vivi che mai.
Mi posa una mano sulla guancia, e io già sento i brividi percorrermi la schiena e le farfalle svolazzarmi nello stomaco. Ma che cazzo dico, altro che farfalle, c’ho gli elefanti in pancia.
Si avvicina al mio viso, lentamente, quasi volesse assaporare fino in fondo quell’istante che precede quello che entrambi sappiamo bene, arriva alle labbra, adesso ci separano solo pochi centimetri che non vedo l’ora di colmare. Occhi negli Occhi.
Ed ecco, finalmente arriva.
Il bacio che ho così ardentemente desiderato.
Non come il primo, no; intenso, travolgente.
In quel bacio ci siamo confidati tutto quello che c’era da dire, che ci eravamo cercati a lungo e finalmente ci eravamo trovati, che non ci saremmo separati mai più, qualunque cosa fosse accaduta.
“Ti amo Frank, e non immagino come si possa amare qualcuno di più” mi sussurra dolcemente sulle labbra.
“Ti amo anch’io” gli rispondo, ed è semplice, quasi fosse la cosa più naturale del mondo.
 

Sono passati sette anni da quel pomeriggio. Sdraiati su questo divano, pelle contro pelle, la mia testa contro il suo petto, so che potrei restarci anche tutta la vita.
Non mi stancherei mai di lui.
Lo guardo, come se fosse la prima volta, come quel maledetto giorno di pioggia che ci fece incontrare. È ancora più bello, se possibile.
 
Tu vuoi salvare vite, ma la prima che necessita di essere salvata è proprio la tua.
Non lo ammetteresti mai.
Che grand’uomo che sei Gerard, sono così fiero di te.
Non dovrai più preoccuparti, a te ci penso io ora, è una promessa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Hey, bella gente, come va? Okay, è la prima OS che scrivo e spero vi sia piaciuta (altrimenti, non picchiatemi cc). Spero anche che passiate a lasciare una recensione perché mi farebbe mooolto piacere ricevere un vostro parere. Il titolo si rifà a una canzone di Taylor Swift, Haunted appunto. Ringrazio la Erika (TWITTER @_EchelJoy) che mi ha aiutata e consigliata nella scelta della canzone, e bu, che altro?
Viva i My Chemical Romance e che la Frerard sia sempre con voi.
 
   
 
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