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Autore: Aiko_Nara    22/08/2014    2 recensioni
Sao paolo e Stoccolma, Lena, Javier e un' agenzia di viaggi che fa pubblicità meravigliose.
A ... delle persone.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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A Ornella, perché … Schiettamuort!
 
A Michele, perché … Pgeee!
 
A Claudia, perché … devi andare a pallavoloooooo!
 
A Luca, perché … perché sì.
 
 
A  Ornella, Michele Claudia e Luca, perché se ne vanno sempre troppo presto; e agli altri, ovviamente, a cui ho un anno di storie da dedicare.
 
                                    
 
 
                                                                                                 Berlino.
 
 
Voglio andare a … Berlino.
 
 
La luce liquida e soffusa del tramonto filtra attraverso le vetrate, il pulviscolo aleggia pigramente nella stanza. Lena, seduta su uno degli alti sgabelli dell’ isola in cucina, giocherella con l’anellino di rame che porta al dito, assorta. Javier, disteso sul grande divano bianco del salotto, sembra ciarliero, oggi: non è stata una buona giornata al lavoro, a quanto pare, ma lui non si abbatte, Tem dias belos y  dias feios, è solito ripetere;  Lena sorride impercettibilmente. Tamburella pensierosa le dita smaltate di rosso sull’ I-pad, consultando le più svariate pagine web di tariffe aeree, sorride di nuovo, incredula, quando la vede.
“Vad tycker du om det har?”* fa, accucciandosi di fronte al compagno.
“Trivago? Voce està brincando?”*
È grazie a quell’ agenzia di viaggi se si sono conosciuti, durante una vacanza a Roma: lei una diciottenne di Stoccolma, fresca di diploma, il taglio più assurdo di questo mondo e il viso più gentile che Javier avesse mai visto; lui un ventiduenne di Sao Paolo, neolaureato, i ricci più crespi di tutto il Brasile , e un sorriso luminosissimo. Non aveva potuto fare a meno di ridere sommessamente, Javier, quando, dopo aver pensato che fosse solo una ragazzina imbranata che gli aveva rovesciato il caffè addosso a colazione, e che aveva decisamente sbagliato parrucchiere, se l’era ritrovata in ascensore che ruminava rumorosamente un chewing-gum, senza il minimo segno di imbarazzo sul visino pallido e ovale; lei gli aveva lanciato un’occhiata sfuggente e si era unita a lui ,fino a che non avevano preso  a sghignazzare entrambi. Un colpo di fortuna, il caso, il destino, Lena aveva smesso di chiederselo quando Javier l’ aveva baciata, qualche giorno dopo, in uno squallido Kebab della periferia romana dove erano finiti alla ricerca di qualcosa di anche solo vagamente commestibile, dopo un’ intera giornata di cammino. Da lì allo stracciare i biglietti di ritorno, che parlavano di due direzioni, due vite, due posti diversi, il passo era stato breve. Parlavano due lingue che non avevano niente a che fare l’una con l’altra, spesso si capivano a malapena, comunicavano a gesti e passavano la maggior parte del tempo a ridere dei continui equivoci che ne venivano fuori; poi, col tempo, Javier aveva fatto l’ abitudine alla cadenza dura e un po’ impastata dello svedese, Lena a quella musicale e agile del portoghese, ed avevano creato una lingua tutta loro, un calderone di Nord Europa e America Latina, con un pizzico di inglese, spagnolo e persino italiano, con cui si capivano alla perfezione. Avevano vissuto un po’ qui e un po’ lì, Lena che restaurava opere d’arte, Javier che le progettava e, sei anni dopo, eccoli di nuovo qui, a Roma, immersi nell’atmosfera sonnolenta di un’estate romana che muore con lentezza, alla ricerca di un prezzo abbordabile per una puntata a Berlino.
Javier ride:
“Perfetto” scandisce in italiano.
 
                                                                                                    *     *    *
 
 
 
 
 
 
 
Voglio raccontarti mille cose …
 
Le lanterne a goccia del pub tedesco ardono scoppiettando di tanto in tanto, a intervalli irregolari, la luce mobile guizza, si specchia nella birra chiara di Javier. Lena blatera allegramente di … un mucchio di cose, ridacchia spesso,e Javier con lei; ciarlano passando distrattamente da un argomento all’altro, con quel consueto pot-pourri che gli è familiare e che stasera, sarà l’alcool, sarà l’atmosfera, sarà l’euforia del viaggio, è più ingarbugliato del solito; Lena gli si avvicina, tenta di soffocare l’ennesimo risolino contro il suo collo, poi lui perde l’equilibrio, quasi rovescia la birra e la risata di lei sbocca spontanea dai suoi denti:
 “There’s someone timpsy here, es verdad?”* mormora Javier sottovoce, senza riuscire a smettere di sorridere. Lena sogghigna svagata:
“Nej, nej …” nega “... kanske.”* aggiunge malandrina.
“Volvemos a casa?”*
“Ja … Cantando.”*
Escono dal locale con passo malfermo, sghignazzando, gli occhi lucidi e la bocca impastata. Intonano canzoni popolari portoghesi che raccontano di bellezze perdute e viaggi senza ritorno.
 
 
 
E poi, voglio rimanere con te fino all’ alba …
 
 
11 luglio 2014 Brasile-Olanda.
“Ràpido ràpido ràpido!”* grida Javier all’ indirizzo di Marcelo, la maglietta del Brasile stretta convulsamente tra le dita. Sono già uno a zero, Lena lo canzona da dieci minuti buoni, e tifa Olanda solo per fargli dispetto.
“Ja … ja … JAAAAAAA!”* al secondo gol, Lena si slancia in avanti e, in piedi sul materasso, prende a saltare con l’evidente intenzione di sfondarlo; Javier, dal canto suo, tira testate ad un innocente cuscino, disperato:
“Nej nej nej!”* mugola.
Quando Wijnaldum sfonda per la terza volta la difesa della Seleçao, Javier si accascia distrutto tra le lenzuola, il volto seppellito sotto una maglietta di Lena, e lei non se la sente proprio di esultare di nuovo; gattona silenziosamente verso di lui e, con i denti, morde delicatamente il tessuto bluastro fino a scoprirgli il viso:
“Miao” fa lui, osservandola. Lei inclina la testa di lato, miagola lievemente a sua volta; strofina il naso contro il collo di lui, con pigrizia, continuando a miagolare sommessamente. Poi Javier la abbraccia, la stringe, le scioglie la coda e districa distrattamente i nodi rossastri. Rimangono così, svegli e aggrovigliati, fino all’alba. Il Brasile dovrebbe perdere più spesso, se quello è il premio di consolazione.
 
 
 
Voglio solo trovare il nostro hotel ideale …
                    
 
In taxi Lena si appisola sulla sua spalla, vinta dal sonno e dal Dornfelder* che hanno bevuto a cena. Arrivati a destinazione – Hotel Linnen, Mitte*- , ormai è notte fonda; Javier ringrazia il tassista con un cenno del capo, poi apre di lo sportello, e prende Lena tra le braccia. Lei si muove, biascica qualcosa e fa per scendere, lui si limita a stringere la presa con un sorriso.. Il vestito di seta leggera di Lena si accartoccia sotto le sue mani, lasciando scoperta la pelle nivea delle gambe, le spalline cadono mollemente sugli avambracci, donandole una sensualità eterea e inconsapevole. Javier si perde tra le lentiggini lievi che spolverano il bianco spumeggiante del viso di lei, il profilo morbido e le guance un po’ scavate. In camera, Lena non molla la presa e lo costringe a sdraiarsi con lei.
Poco male, guardarla dormire sarà un passatempo perfetto.
 
 
 
 
E quando prenoto, voglio farlo al miglior prezzo …
 
 
È l’ultima sera. Lena ha preparato le valigie alla rinfusa, senza particolare attenzione; ha lasciato fuori soltanto due spazzolini, il dentifricio, il bagnoschiuma e il pettine, ma presto anche quelli finiranno en maleta.*  
Arriva in bagno ancora in accappatoio, saltellando; ciancia animata del museo che hanno visitato al mattino, afferra lo spazzolino viola e accenna sottovoce una melodia svedese, muovendo qualche passo di walzer tra gli asciugamani bagnati sparsi sul pavimento. Javier la osserva assorto mentre si lava i denti poi, con lo spazzolino ancora in bocca, intreccia le mani alle sue, la segue nella danza, e lei canta a squarciagola che “ Nu sa kommer julen”*, anche se è luglio inoltrato. Lena balla in punta di piedi sulle mattonelle umide, sussultando per le risa che si mescolano disordinatamente alle parole della canzone, volteggia leggera, inneggia al Natale fino a che non ha più fiato. Quando ha ancora tra i denti le ultime parole della strofa finale, si appoggia a Javier, sfinita, e si riempie la bocca di dentifricio, tanto che il suo sorriso ha un che di grottesco. Javier scuote la testa, divertito, e Lena, uno sguardo tra il contrariato e il malandrino, gli lascia una pennellata bianca sul naso per poi baciarla via; rimane lì, Lena, in bilico su di lui:
“ Jag sover inte”* sussurra, sorride.
“Yo tampoco”* risponde lui.
La notte profuma, i lampioni sulla strada ronzano placidamente: Berlino invece dorme, stanotte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*-Cosa ne pensi di questo?
*-Trivago? Stai scherzando?
 
*-C’è qualcuno brillo qui, vero?
*-No, no … forse.
*-Torniamo a casa?
*-Si … cantando.
 
*-Veloce veloce veloce!
*-Si … si … SIIIIIII!
*-No no no
 
*-Dornfelder. Rinomato vino rosso tedesco.
*-Mitte: il centro di Berlino.
 
*-in valigia.
*“Ora arriva il Natale”
*-Non ho sonno.
*-Nemmeno io.
 
Liberamente tratto dallo spot 2014 della Trivago.
 
 
 
N/A:
Ragazzi, una fan fiction sulla pubblicità della Trivago; mi faccio pena da sola ma non ho resistito, è troppo bella. Non potete immaginare le parolacce che mi sono presa dalla sensei. Per quanto riguarda i dialoghi, ho davvero utilizzato tutte le lingue sopracitate, anche se per quanto riguarda svedese e portoghese ho dovuto fare affidamento su Google traduttore, quindi non oso immaginare quali orrori io possa aver scritto; inoltre vi informo che il mio computer è un relitto radioattivo rinvenuto nelle miniere ucraine, quindi non ho potuto scrivere la a con il tondino sopra. Nel caso in cui qualcuno noti degli errori, è supplicato di avvisarmi … Ah, dimenticavo, la canzone esiste sul serio, è un canto natalizio molto popolare in Svezia e, per amor di trama, ho fatto finta di non vedere che nella pubblicità la ragazza indossa una maglia bianca, quindi è tedesca.
Mi farebbe molto piacere se mi faceste sapere cosa pensate di questa follia,
Aiko.
  
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