Una fine e un inizio
prima parte
Maggio
1998,
casa Tonks
Da
quando aveva sconfitto Voldemort aveva sempre temuto quel momento.
Il momento che aveva atteso con gioia fino a qualche ora prima adesso
si era trasformato, per lui, in un doveroso atto di coraggio, in una
prova spietata quanto difficile, un'altra ancora.
Come se il Prescelto non avesse fatto abbastanza. Come se non fossero
state sufficienti le lacrime versate per gli amici persi, lacrime che
aveva dovuto trattenere perché il suo compito era asciugare
quelle degli altri, confortarli per le perdite subite quando lui per
primo, quella notte, aveva perso forse più di tutti.
A nemmeno diciotto anni, Harry Potter non si era mai sentito
così vecchio.
Forse crescere voleva dire proprio questo. Imparare a portare da soli,
sulle proprie spalle, un fardello troppo pesante.
Eppure quello era il suo fardello, il suo destino. E se Godric
Grifondoro avesse avuto la clemenza di venire in suo soccorso ancora
una volta, magari sarebbe riuscito ad affrontare anche quel momento.
E fu proprio grazie a una forza inaspettata che Harry Potter
riuscì ad alzare il braccio, che gli pesava come tutto il
resto
del corpo, e a bussare alla porta di Andromeda Tonks. Forse il buon
Godric aveva davvero ascoltato le sue preghiere.
Quando la donna aprì la porta non ci fu bisogno di
spiegazioni. Bastò uno sguardo.
O meglio, bastò lo sguardo che il giovane distolse
immediatamente, perché si era improvvisamente reso conto che
quella notte, la stessa donna che aveva appena ricambiato il suo
sguardo aveva perso molto, molto più di lui. Andromeda Tonks
aveva già perso tanto tempo prima la folle famiglia che
l'aveva
rinnegata. E ora la guerra le aveva strappato prima il cugino, poi il
marito e infine la figlia e il genero. Senza pietà, uno ad
uno,
la morte aveva falciato i pochi fiori che avevano dato colore alla vita
di quella coraggiosa donna e Andromeda ora poteva solo rifugiarsi,
ironia della sorte, nella follia distruttrice che aveva sempre
contraddistinto l'animo dei Black, quello contro cui aveva sempre
lottato.
Negli occhi di Andromeda il giovane vide solo dolore. Il dolore immenso e incolmabile di due occhi rossi, gonfi ma asciutti, perché una Black non poteva certo permettersi il lusso di piangere. Ma in quegli occhi pieni di dolore, Harry vide anche una lieve speranza di salvezza. Era il dolore che appena due anni prima - anche se adesso gli parevano secoli - gli aveva permesso di sfuggire al controllo di Voldemort, quando si era impossessato del suo corpo. Silente si ostinava a dire che era stato l'amore a salvarlo, ma lui non ne era mai stato convinto: il dolore era qualcosa di molto più primitivo dell'amore, un'emozione forte e inconscia come l'istinto di sopravvivenza.
Se Andromeda fosse riuscita a trasformare il suo dolore in una spinta alla sopravvivenza invece che in una forza distruttrice, allora la morte, questa volta, sarebbe rimasta a mani vuote.
E Andromeda sarebbe stata capace di questo, nel profondo del suo cuore Harry lo sapeva. Perché Andromeda Tonks era molte cose, ma soprattutto era una donna forte.
- Com'è successo? -
- Cosa? - la debole voce di Andromeda lo distolse dalle sue speranze.
- Com'è successo? Chi è stato? - quest'ultima domanda fu pronunciata con rabbia e Harry vide una luce disperata infiammarle gli occhi.
- Io... io non lo so. Nessuno lo sa, mi spiace - di nuovo il giovane mago non poté che abbassare lo sguardo a terra.
- Probabilmente Dolohov ha ucciso Remus - trattenne per un attimo il respiro, era la prima volta che pronunciava il suo nome da quando, da quando...
- E... e Tonks... - perché doveva essere tutto così estremamente doloroso? - Tonks era andata a cercarlo. C'era una gran confusione... - confusione? chiamarla confusione era uno scherzo, era un vero è proprio inferno!
- Nessuno sa con certezza come sono, come sono... - Harry alzò le braccia impotente, quasi per supplicarla di perdonarlo. - Mi spiace, mi spiace tanto! - disse con voce strozzata.
E poi successe tutto all'improvviso.
Il giovane non seppe dire da quando le lacrime avevano iniziato a rigargli il viso o se fossero stati gli asciutti occhi di Andromeda ad inumidirsi per primi. Ad un tratto si erano trovati l'uno nelle braccia dell'altra, un ragazzo che aveva vissuto troppo in troppo poco tempo e una donna che, nell'arco di qualche mese, aveva perso tutto quello che aveva costruito in una vita. Due anime ferite e sanguinanti di dolore, ma ancora vive, si aggrappavano in un abbraccio disperato e allo stesso tempo trovavano sollievo nel loro pianto silenzioso, in un contatto così debole e insieme così forte.
Harry non seppe dire quando la sua stretta si fece meno salda, né quando i singhiozzi di Andromeda cominciarono ad affievolirsi.
I loro sguardi si incrociarono di nuovo, occhi più rossi ma meno vuoti, come se quel dolore avesse dato loro una nuova vita.
- Vuoi vederlo? -
Fu di nuovo la donna a distoglierlo dai suoi pensieri.
- Come? -
- Vuoi vedere Teddy? -
- Vedere Teddy? - la sola idea sembrava appartenere ad una vita passata, una vita in cui c'era ancora Remus che gli mostrava fiero la foto di quel figlio che non avrebbe mai conosciuto.
- Sei... sei il suo padrino, dopo tutto. Loro... loro vorrebbero che tu lo vedessi e... e se conta qualcosa, vorrei anch'io che lo vedessi -
Voleva vedere davvero Teddy?
Certo, che lo voleva vedere! Ma mai avrebbe pensato di provare così tanto dolore e così tanta paura al solo pensiero di vedere il suo figlioccio. Il suo figlioccio! E quella sarebbe stata la notte in cui l'avrebbe incontrato per la prima volta! La notte in cui erano stati assassinati la sua mamma e il suo papà!
Andromeda parve leggergli nel pensiero, le sue labbra si tirarono in quello che avrebbe dovuto essere un sorriso comprensivo.
- Se... se non ti senti di vederlo adesso, ti capisco... sarai stremato... Magari quando, quando... Voglio dire... ero riuscita a farlo addormentare appena qualche minuto fa, piangeva come un disperato, come se avesse sentito, come se avesse capito... - cercò di calmarsi inspirando forte.
- Voglio dire, ci saranno altre occasioni... -
- No. No, Andromeda - All'improvviso si era accorto di come non potesse esistere momento più giusto per conoscere Teddy Lupin.
- E' questo il momento giusto. Teddy ne ha bisogno adesso più che mai. Ha bisogno... ha bisogno di noi -
E per la prima volta da quando gli aveva aperto la porta, come se stesse vivendo un'altra vita, Andromeda gli rivolse il suo primo sorriso. E la luce che un tempo aveva brillato negli occhi di sua figlia per un momento brillò anche nei suoi occhi, una luce che mostrava quanto Andromeda non fosse una Black. Era Andromeda Tonks ed era per questo che ce l'avrebbe fatta nonostante tutto.
Angolo dell'autrice
Rieccomi qua! Chi l'avrebbe mai detto?
A quasi un anno di distanza dal mio ultimo aggiornamento, sono tornata... per vostra immensa sfortuna! xD A proposito, mi scuso nell'improbabile caso in cui qualche lettore di First Times fosse rimasto deluso per la mancanza di ulteriori capitoli: in testa ho davvero qualcosa (anche se magari non sembra xD), ma, sinceramente, in quest'anno appena passato il lavoro e altri impegni hanno preso il sopravvento e, come se non bastasse, pigrizia e mancanza di ispirazione hanno fatto il resto.
Tuttavia... per ragioni tuttora inspiegabili ho avuto un'illuminazione improvvisa da cui è nata questa breve storia divisa in tre parti. Non preoccupatevi: gli altri due capitoli sono già scritti e aspettano solo di essere pubblicati. Anzi, inizialmente pensavo di postare una one-shot, ma forse sarebbe risultata un po' troppo lunga e noiosa, poiché, essendo molto introspettiva, ha dei ritmi mooooooooolto lenti.
Ad ogni modo, sappiate che non sono morta (e se siete riusciti a leggere fin qui, penso che ormai il concetto vi sia chiaro) e che a distanza di una settimana pubblicherò anche le parti restanti... se qualcuno mai fosse interessato a leggerle.
E ora, bando alle ciance: se avete qualche commento da lasciarmi, sarò più che felice di conoscere il vostro parere, anche se fosse soltanto per sapere che avrei fatto meglio a non tornare su EFP! xD
Al prossimo aggiornamento, spero!
fennec
ps: la frase con cui chiudo la presentazione della storia "Nella vita non ci sono veri inizi né vere fini" è una citazione del bellissimo libro che sto leggendo in questi giorni e che vi consiglio vivamente, "Lo strano mondo di Alex Woods" di Gavin Extence, per la precisione la trovate questa bellissima massima a pagina 84.
Ok, con questo ho davvero chiuso.