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Autore: Fenicella    22/08/2014    1 recensioni
Guardo incredulo l'orologio che ticchetta, e scandisce i secondi. Il rumore mi sembra quello di un tamburo, da tanto silenzio c'è qui, in questa casa enorme. E tu non lo sai di essere così vicina a me, sebbene adesso tu sia lontana. Sento forte il dolore della solitudine, che niente potrà lenire. Ma lo so che tu mi puoi sentire.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Accanto a te'
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                       Lontana

Michael e Ariel

"La vuoi smettere?" Grido. 
"Di fare cosa? Di respirare?" Gridi. 
"Di fare finta che io non esista!" Rispondo, urlando. 
Un piatto viene scaraventato a terra. Da te, ovviamente. 
"Ma se quando ti parlo litighiamo!" Stavolta tu urli più forte. "Quando non credi alla nostra storia urlo di più" sussurro. Un altro piatto finisce rotto contro la parete. Un bicchiere, adesso. 
"Ne parliamo domani" ti lascio un bacio fugace sulla guancia, prima di andarmene a letto. 

Ti alzi di soppiatto, nell'oscurità della camera. Non sono ancora del tutto sicuro di quello che stai per fare, del perché non sei più distesa accanto a me, e ti stai dirigendo a passo felpato verso la porta. Vedo le tue gambe bellissime e magre, così lisce quando ci passo la mano sopra, e i calzoncini viola che ti ricoprono a malapena i glutei, che usi solo per dormire. La coda disfatta dalla permanenza tra le lenzuola. Ricordo solo ora di quando mi hai chiesto se ti amavo, di quando mi hai baciato e mi hai sussurrato che saresti stata per sempre con me. E rivivo quei momenti nella mia testa solo per rendermi conto che in realtà é tutto finito. Perché non tornerai nel nostro letto, nella nostra camera, nella nostra casa. Mentre le lancette della sveglia sul comodino vanno avanti, sento il tempo scorrermi via dalle mani, ed andarsene lontano da me. Proprio come stai facendo tu adesso. Sento già il dolore della solitudine, mentre la linfa vitale sembra uscire dal mio corpo, con la distanza sempre crescente tra noi due. 

Mi sveglio la mattina, illuso che tutto quello che ricordo sia soltanto un sogno. Un brutto sogno. Un incubo. Fatto questa notte per paura di perderti, come frutto della nostra litigata e delle tue parole sussurrate al mio orecchio tra le lenzuola del letto "Mi dispiace, ma é finita. Per tutti e due". Non avevo capito cosa intendessi. Credevo fosse una delle tue solite frasi ad effetto, una di quelle che poi non pensi. E così non avevo fatto niente. Mi ero limitato a stringerti, mentre tu mi lasciavi fare, e a portarti ancora per un po' con me. A baciarti a lungo, come se non fosse successo nulla. E invece avevamo litigato, sì, come avevamo continuato a fare per tanto tempo. Mi stropiccio gli occhi. Mi guardo intorno. Mi rendo conto che non sei nel mio letto. Non ci sono i tuoi vestiti nell'armadio, ma hai la valigia preparata da settimane, non ancora disfatta dopo il tuo viaggio di lavoro. Devi essere in cucina, a preparare la colazione. Sì, sono sicuro che sei lì. Mi infilo le ciabatte, poste come ogni mattina accanto al mio letto, allineate perfettamente. Prendo la vestaglia, che come ogni giorno é appesa alla sedia della scrivania, vicino ai bicchieri d'acqua che tu prepari per la notte, nel caso qualcuno abbia sete. Tutto questo mi conforta, perché queste ciabatte blu allineate, questi bicchieri al loro posto sono il segno della tua presenza, quella cura maniacale che hai per i dettagli. Non mi preoccupo di cercarti in cucina. So che sei lì. Voglio che tu sia lì. Mi trascino in bagno. Sbadiglio. Mi guardo allo specchio. I capelli sono spettinati, e avrebbero bisogno di una sistemata, tipo un taglio decente o un' altra tinta. Rimasugli di quella precedente sporcano le punte, mentre alla base la ricrescita é più scura. I miei occhi verdi sembrano più chiari di mattina, ma tu ti ostini a dire che a te sembrano azzurri. Ma a me paiono solo verdi. Sono grandi, e me li sciacquo per togliere quell'aria mattutina e per svegliarmi. Sbadiglio di nuovo, mi stiracchio. Mi lavo i denti, e mentre spremo il dentifricio mi accorgo che é finito "Ariel-grido all'aria-dobbiamo comprare un altro dentifricio!" lo butto dentro al cestino, e scorgo una scatola più grande tra le tante, lì dentro. Guardo meglio. E' la scatola di una tinta per capelli, color nero scuro. Mi illudo che forse te la sei fatta tu, questa mattina presto. Mi vuoi fare una sorpresa. Vengo in cucina, con la scatola in mano, pronto per fingermi sorpreso e dirti quanto sei bella con i capelli corvini, anche se il tuo colore vero, quel rosso ramato, mi mancherà.  
Entro nella stanza con il bancone addossato alla parete sinistra, il tavolo per la colazione di fronte, dove tu prepari sempre un sontuoso banchetto le domeniche terse d'estate, come quella di oggi. Ma non trovo niente di pronto, oggi. Solo il ripiano grigio e costoso, che mi guarda con quel suo lucido terribile. Ti chiamo "Ariel! Dove sei, amore?" Saranno più di due anni che non ti chiamo così, da quando siamo venuti a vivere assieme, almeno. Mi illudo che dandoti quest'appellativo tu possa finalmente comparire. "Hai vinto tu, Ariel, ti amo!" mi rendo conto di gridare all'aria. Mi hai sempre chiesto perché non te lo avessi mai detto. Dicevi anche che tu me lo avresti detto solo dopo di me. Non ci ho mai capito niente, in queste cose d'amore, perché sono sempre stato troppo chiuso. Me lo rimproveravi sempre. Me lo rimproveri. Perché devi essere in qualche altra stanza. Non può essere finita, non adesso. Controllo nelle stanze degli ospiti. Vuote. Negli altri due bagni. Anche quelli, vuoti. Mi affaccio perfino nello sgabuzzino, e in cantina, e in soffitta, come stessi cercando un gattino che si é smarrito. Ma mi rendo conto che quello di stanotte non era un incubo, era la realtà. E io ho continuato a non far niente. Non mi sono opposto a niente, e ho fatto come nella nostra ultima litigata. "Ci penserò domani-ho pensato-non é niente di importante" perché lo avevo sentito, che te ne stavi andando, solo che non ci volevo credere. Mi aggiro per la cucina, incredulo, finché non trovo un biglietto sul ripiano. Non hai scritto il mio nome, dopo il "caro", perché tu non mi chiami mai per nome. Chiamavi. 

Caro, 
lo so che ti sembrerà tutto terribilmente strano. Ti vedo già, mentre di mattina presto cammini per casa, con addosso la tua vestaglia, e mi cerchi in giro. Non ho fatto nessuna scenata plateale, quando ti ho detto che era finita. Te l'ho sussurrato all'orecchio questa notte, prima di addormentarci. Non mi volevo sottrarre agli ultimi momenti sul tuo petto, agli ultimi baci. Perché sono anni, caro, che ormai siamo distanti. Tu mi dici di non ignorarti, ma io non posso farne a meno. E non perché ogni volta che ci parliamo litighiamo, come ho detto mentre rompevo i piatti, ma perché credo di non amarti. Non l'ho mai fatto in realtà, ma ero certa che per te fosse il contrario. Così, quando mi hai chiesto di venire a vivere con te, ho preferito fingere. Ti ho detto di sì, perché pensavo che stando più vicini anch'io avrei imparato a provare ciò che provavi tu. Ma così non è stato, e nonostante fossimo vicini, eravamo lontani. Eravamo assieme ogni giorno, ma non ci dicevamo mai "ti amo". Ci baciavamo, ci coccolavamo, ci parlavamo. Ma io mi sentivo distante, come fossi su un altro pianeta, o in un'altra stanza. Alle volte immaginavo anche di essere a letto con un altro uomo. Comincio a piangere, caro. Mi dispiace di non essere mai riuscita ad avvicinarmi, perché io lo volevo davvero. Ma poi tu hai cominciato a lasciar perdere, a fuggire le nostre discussioni, anche se eri stato tu a iniziarle. E io ho cominciato a rompere i piatti, a sfogarmi. Tutto é diventato così teatrale che anche nelle litigate seguivamo un copione, ed eravamo lontani. Non ci sentivamo neanche gridando. E mi dispiace, davvero. Lo so che soffrirai, ma mi sono accorta che oramai non ti importa più. Mi dai per scontata, così come il nostro amore. Forse sei talmente innamorato da non accorgerti della mia assenza di sentimento. O forse ti illudi di esserlo. Quale che sia la ragione, la causa, l'effetto, io me ne devo andare. Non seguirmi, non rintracciarmi. Ho cambiato colore di capelli, e città, e forse cambierò nome. Quando avrò trovato me stessa, forse potremo essere davvero vicini.   Scusami...Ariel

C'è una grossa macchia sulla fine, una sbavatura che indica che hai pianto. Ma adesso piango anch'io, su questo foglio. Le nostre lacrime sono vicine. 

Sono passati più di due mesi, ormai, da quando te ne sei andata. Io continuo la mia vita come quando c'eri. Tu mi hai detto di non cercarti, ma per me é impossibile. Ti vedo nelle ragazze che passeggiano per strada, nelle scarpe col tacco che indossano, che tu non hai mai voluto portare. Sento ancora il suono dei tuoi passi dietro di me, quasi che tu mi stia per raggiungere, il tuo odore sul cuscino del letto, i tuoi sospiri tra le lenzuola. Aspetto di sentirti cantare mentre stiri ogni volta che rientro a casa, come succedeva quando stavamo assieme. Quando tu eri vicina, ma anche lontana. E mi fa stare ancora più male pensare che non ti sei accorta di un sacco di cose. Non hai visto la mia premura quando stavi male, la mia angoscia che cresceva quando ti sentivo triste. Perché, se le avessi sentite, ti saresti innamorata. E' solo che eri troppo distante, troppo incentrata su te stessa per poter costruire un noi. Ci hai provato, ma io non ho mai voluto cambiarti. Perché anche io non mi sono accorto di un sacco di cose. Di come soffrivi, ad esempio. 
E adesso, adesso che non so dove tu sia, sono vicino a te, e ti penso come quand'eri qui. Forse di più. Perciò, che tu lo voglia o no, ci addormentiamo ancora sotto lo stesso cielo, sotto le stesse coperte, anche se tu sei lontana. Siamo ancora vicini, e lo so che tu mi puoi sentire. 


Angolo autrice. 
Ciao!! U.u oggi son in vena di faccine, scusate. Allora, ho scritto questa cosina su Michael, sperando che a voi piaccia. Non so che dire, perché ne avevo proprio bisogno. Dopo aver visto il backstage dell'ultimo video, e aver fatto più di un sogno su di loro, ho deciso di scrivere la famosa OS su Clifford. Non so come sia venuta, lascio a voi i pareri! Lo so che molte saranno in vacanza, ma efp ci segue ovunque, no? U.u (faccia di supplica) 
Grazie anche a chi legge soltanto! A presto, Fenix
  
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