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Autore: Vale Hicks    18/09/2008    2 recensioni
Spagna, 1937. La guerra civile è ormai una triste realtà, ma nella Catalogna anarchica e rivoluzionaria gli abitanti ed i volontari venuti da tutte le parti del mondo cercano di resistere al fascismo e di trasformare in meglio la neonata Repubblica.
Le cose però degenerano presto, soprattutto per gli anarchici e per il POUM, accusati dal governo repubblicano formato da comunisti e socialdemocratici di collusione con i fascisti.
Leonor è una giovane miliziana del POUM che è stata arrestata dalla polizia come tanti altri suoi compagni senza un’accusa attendibile, solo per un semplice sospetto.
Mentre è in prigione, Leonor ripercorre con la mente l’esperienza nella milizia; non solo i combattimenti contro i fascisti, ma anche il suo rapporto con Malcolm Perry, comandante della sua truppa, che ora si trova nella sua stessa galera.
Genere: Guerra, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Novecento/Dittature
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Il freddo mi penetra nelle ossa, gli occhi mi lacrimano in continuazione, e la cosa di cui ho più bisogno in questo momento è togliermi di dosso tutto lo sporco e la polvere che questi ultimi giorni passati in clandestinità mi hanno regalato.

Non solo per una questione puramente igienica: io mi sento sudicia dentro, e le cause di questo mio stato d’animo sono l’amarezza e la delusione, accompagnate soprattutto dalla triste consapevolezza di aver combattuto per un’ideologia che allo stato attuale sembra essere irrimediabilmente sconfitta.

 

“Leonor, sappi che ti ho amata più di ogni altra donna che io abbia mai conosciuto…”

 

Queste parole riecheggiano lontane da me, anche se mi sono state dette solo poche ore fa. Le ha pronunciate il mio comandante nella milizia del POUM, l’uomo che più ha cambiato la mia vita negli ultimi mesi. Adesso il mio amato comandante è rinchiuso come me in una prigione di Barcellona, anche se non lo posso né vedere né sentire. Ora i dirigenti politici e militari del mio partito sono tutti imprigionati da qualche parte, senza neppure sapere che fine faranno. Il nostro segretario probabilmente è stato assassinato, anche se la propaganda afferma che se la stia godendo da qualche parte lontano dalla guerra, stipendiato dai regimi nemici della Spagna repubblicana.

La cosa assurda è che non sono i fascisti gli artefici di tutto questo. Sono stati i nostri stessi compagni di lotta, o almeno noi credevamo che lo fossero. Lo stesso governo che abbiamo sostenuto fin dall’inizio, la nuova Repubblica spagnola, da un giorno all’altro ha dichiarato il POUM, il Partito Operaio di Unificazione Marxista, come un’organizzazione illegale, marchiata con l’accusa di collaborare con i franchisti.

Ma queste sono sporche conseguenze della politica. Ora la sola cosa che conta per il governo del mio paese è la sopravvivenza, ed il prezzo da pagare è l’assoluta fedeltà all’Unione Sovietica di Stalin, l’unica super potenza mondiale in grado di aiutare la democrazia spagnola contro Franco, rifornendoci di armi, carri armati ed aviazione. Stalin odia il POUM, ci considera dei luridi “trotzkisti”, traditori del socialismo.

 

“Gli stalinisti vogliono buttare la rivoluzione nel cesso. Il loro unico interesse è quello di presentarsi con la faccia pulita di fronte alle grandi potenze mondiali, dimostrare di essere affidabili agli occhi dei capitalisti. Perciò, non permetteranno mai ad un manipolo di ingenui idealisti come noi di portare a termine la rivoluzione in Spagna.”

 

Malcolm, hai sempre avuto ragione ed adesso me ne rendo conto perfettamente.

Restavo incantata ad ascoltarti, quando esprimevi le tue opinioni politiche, ma non mi sarei mai immaginata di finire in prigione senza una reale accusa, infangata da un semplice sospetto menzognero.

 

 

Mi chiamo Leonor, sono nata ed ho vissuto nella città di Lerida, in Catalogna.

Mio padre faceva il ferroviere, mentre mia madre lavorava saltuariamente come domestica presso alcune facoltose famiglie straniere, che però sono tutte scappate quando la monarchia che manteneva i loro privilegi è caduta, lasciando il posto alla Repubblica instaurata dalle sinistre.

Sembrava l’inizio di una nuova epoca, colma di desiderio di giustizia e di uguaglianza nella vecchia Spagna arretrata di secoli.

Nella mia città il partito predominante era proprio il POUM, così fu abbastanza naturale per me aderirvi immediatamente, specialmente dopo aver vissuto in un ambiente dove i diritti negati, gli orari di lavoro massacranti e le umiliazioni da parte di coloro che si credevano superiori ed intoccabili rispetto a noi poveri pezzenti, erano all’ordine del giorno.

A quei tempi in Catalogna, soprattutto nella grande Barcellona, tutti si chiamavano compagni; non esistevano distinzioni tra chi possedeva tutto e chi niente. Persino portare il cappello non si usava più. Veniva considerato un simbolo borghese.

Certo, ripensandoci adesso comprendo perfettamente che c’erano moltissime persone che semplicemente si adeguavano a quel nuovo modo di vivere, per pigrizia credo, o solamente per poter stare tranquilli.

Magari qualcuno di loro aveva già intuito che quella società perfetta ben presto sarebbe crollata come un castello di carte…

Di sicuro però, io ho creduto fino in fondo alla possibilità di un reale cambiamento rivoluzionario in Spagna.

Per questo motivo, quando i soldati cosidetti “ribelli”, guidati da quel porco del generale Francisco Franco, hanno tentato di riportare il mio paese nell’oblio dell’oppressione, ho sentito che dovevo fare qualcosa in prima persona e l’unico modo per me era arruolarmi nella milizia.

Un giorno, senza sapere niente di fucili o pistole, ho abbandonato Lerida per Barcellona, con il chiaro intento di imparare a sparare.

 

“Adoro il clima della Catalogna. Quasi quasi riesce a non farmi rimpiangere la Scozia!”  

 

Ricordo che ridevi mentre mi dicevi questa frase, Malcolm. Spero tanto che riuscirai a tornarci un giorno in Scozia, anche senza di me. Purtroppo però, temo che dovrai restare in Catalogna ancora per un po’, ma non potrai goderti il clima, come facevi prima della tua prigionia.

Per me comunque, è stato molto facile trasferirmi a Barcellona.

Il POUM era sempre alla ricerca di nuove leve da inserire nella milizia, e la maggior parte di esse provenivano da famiglie contadine, che in Catalogna da sempre si caratterizzano per la propria coscienza di classe, alimentata grazie all’azione determinante del CNT, il sindacato anarchico.

Vi erano però anche moltissimi stranieri, provenienti da tutto il mondo, che si arruolavano spontaneamente nella milizia per combattere al fronte, richiamati dal fascino di un futuro rivoluzionario.

Uno di questi era Malcolm, il mio Malcolm.

La prima volta che lo vidi mi trovavo nella caserma del POUM, e da pochi giorni ero entrata a far parte della milizia.

Tutti i nuovi volontari furono riuniti in una stanza che serviva come magazzino, e poco dopo un miliziano piuttosto stempiato ci ricevette ed iniziò a parlare in tono solenne.

 

“Questo è il compagno Malcolm Perry, il vostro comandante, che vi insegnerà come sconfiggere i fascisti. Sarà anche colui che vi guiderà al fronte, quando sarete sufficientemente preparati.”

 

Fino a quel momento il comandante Malcolm era rimasto in disparte, in piedi vicino ad un sacco di farina. Quando venne il momento di presentarsi alla sua truppa, fece capolino timidamente, mentre il suo sguardo scrutava tutti quanti.

Non si poteva certo definire bello, ma il suo aspetto era per me così esotico che lo trovai irresistibile. Non avevo mai visto uno straniero di persona, prima di allora.

Di corporatura era abbastanza magro, fin troppo a dire la verità. Portava i capelli arruffati, ed un paio di basette gli donavano un aspetto ancora più selvaggio.

Ma la cosa che notai immediatamente nel mio nuovo comandante furono i suoi occhi, di un azzurro acceso, brillante.

Quando iniziò il suo discorso, io mi sistemai istintivamente i capelli, per rendermi più presentabile davanti a lui.

 

“Molto bene, compagni e compagne.” disse, mentre la sua voce rimbombava nel deposito, rivelando più il suo spiccato accento anglosassone che il suo stentato spagnolo.

“Sono molto felice di vedere tanti volontari pronti a combattere con noi per la libertà. Nelle condizioni in cui ci troviamo, più siamo e meglio è. L’addestramento durerà un mese e mezzo, dopodiché partiremo tutti per il fronte di Saragozza, dove andremo a dare il cambio ai miliziani che in questo momento combattono laggiù. Cercherò di mettere la mia esperienza militare a disposizione di tutti. Collaboriamo insieme e vedrete che riusciremo a catturare consegnare i fascisti alla giustizia repubblicana.

Ma non dimenticatelo: noi non combattiamo solo per la Repubblica, noi combattiamo in primo luogo per dare dignità agli sfruttati e agli oppressi di questo paese. Noi del POUM combattiamo per un cambiamento rivoluzionario permanente!”

E detto questo, tutti noi lo applaudimmo entusiasticamente. I sorrisi riservati al comandante, in quel momento si sprecavano.

Anch’io gli sorridevo. Sentivo che potevo fidarmi di quel ragazzo scozzese pieno di determinazione.

 

A volte Malcolm pensava che i compagni non lo prendessero molto sul serio, ma perlopiù ci rideva sopra.

Il POUM si differenziava dai consueti eserciti regolari: innanzitutto, anche se vi erano i capitani, gli ufficiali e i comandanti nelle nostre truppe, non esistevano assolutamente distinzioni di sorta tra di noi. Tutti quanti, non aveva importanza quale ruolo ricoprissero, ricevevano la stessa paga ed il saluto militare non era previsto in nessun caso.

Era vero e proprio socialismo applicato. Un miliziano poteva essere buttato fuori dal POUM solamente nel caso in cui vi fosse una provata collaborazione con i fascisti.

L’addestramento di per sé non è stato molto difficile. A parte i primi colpi di fucile, in realtà sparare una pallottola mi sembrava tutto sommato semplice e la cosa mi divertiva, in un certo senso.

L’idea di uccidere un altro essere umano, quello sì, mi terrorizzava, ma poi mi bastò pensare a ciò che stavano facendo i fascisti al mio popolo, tentando di affondare la prima Repubblica, abbattendo quei pochi diritti fondamentali che il nuovo governo aveva legiferato. Come metodo utilizzavano la violenza brutale, uccidendo a sangue freddo decine di uomini, con la sola colpa di essere dei sindacalisti o dei simpatizzanti repubblicani.

Pensavo quindi che la guerra non l’avevamo certo iniziata noi. Era ora di vendicare tutta quella povera gente.

Alla luce di tutto ciò che è accaduto nel periodo successivo, ad un osservatore esterno la milizia può sembrare un’inutile isola felice in cui regnava l’utopia, ma io al suo interno ho passato i mesi più adrenalinici ed appassionanti della mia povera vita.

Quando arrivammo al fronte però, iniziarono i primi guai.

Inizialmente tutti noi eravamo tesi come corde di violino ma credo che questa tensione fu una cosa positiva per la nostra truppa.

Le prime settimane la nostra azione si dimostrò efficace: riuscimmo a far arretrare il nemico ed anche a catturare qualche soldato fascista. Erano poco più che ragazzini, non sapevano niente di politica e di ideologia. Si trovavano lì perché i dirigenti franchisti li avevano ingannati, con la promessa di facili guadagni per aiutare le loro misere famiglie.

Comunque sia, sentivamo di avere la vittoria in pugno.

Ben presto però, le notizie sull’andamento della guerra iniziarono a scarseggiare, così come il cibo, le munizioni, le sigarette e gli stipendi.

D’altro canto, in trincea non mancava mai la compagnia dei ratti e delle piattole.

Malcolm ce la metteva tutta per tirarci su di morale e soprattutto per vincere l’atavica pigrizia di noi spagnoli, che generalmente tendiamo a rimandare tutto quanto al giorno dopo.

In quel periodo io ed il comandante Perry iniziammo la nostra tenera amicizia. Io cercavo di comportarmi diversamente dai miei compatrioti, ed, infatti, Malcolm mi chiamava scherzosamente: “la dolce eccezione che conferma la regola”.

Intanto però, Franco poteva contare sulla disponibilità militare di Hitler e Mussolini, mentre il governo repubblicano spagnolo ha avuto come unico sostegno il lontano Messico e l’ancora più lontana Unione Sovietica.

Gli altri paesi si dichiaravano retoricamente preoccupati per il nostro popolo, ma nella sostanza non fecero poi molto per aiutarci.

La Spagna stava diventando sempre più dipendente dall’URRS, e purtroppo l’URRS al momento si chiama Stalin di secondo nome; perciò, ben presto l’esistenza del POUM divenne sempre più instabile.

Un brutto giorno, gli ufficiali riunirono le poche donne miliziane presenti al fronte. Ora capisco che quella era solo l’inizio della fine.

Ci comunicarono che da quel momento in avanti le donne non avrebbero più dovuto combattere.

Secondo la nuova teoria del governo, non era nella natura femminile sparare pallottole. Se lo desideravamo però, potevamo continuare a restare nella milizia in qualità di cuoche, infermiere ed altre piccole attività più consone ad una donna.

Mi arrabbiai moltissimo per questa discriminazione e protestai immediatamente insieme alle altre. Ci fu una gran caciara, anche se non servì a nulla. Gli ufficiali del POUM si dimostrarono sinceramente dispiaciuti, ma irremovibili. Gli ordini superiori non si potevano ignorare, c’era in gioco la sopravvivenza della milizia.

Inez, una compagna con la quale avevo legato parecchio, invece di prendersela con il governo si sfogò contro i dirigenti miliziani.

“Non ne posso proprio più. Siamo considerati come pezze per i piedi, non ci mandano armi, non ci mandano i rinforzi… e adesso questo! Vorrei sapere perché ci ostiniamo a recitare la parte dei duri e puri. Se i nostri dirigenti non capiscono che uno come Stalin è meglio averlo con noi che contro di noi, perderemo la guerra!”

“Inez, come fai a capire che a Stalin non importa niente del proseguimento della revolucion in Spagna?”

“Beh, almeno nel suo paese c’è stata la revolucion! Ne saprà comunque più di noi tutti!”

“Ti sbagli, non l’ha voluta lui. Quelli che l’hanno portata avanti, ora sono morti e sepolti, o sono stati costretti a scappare in un’altra nazione per salvarsi la vita!” le spiegai io, in quanto avevo letto alcuni opuscoli politici che Malcolm mi aveva prestato.

“Secondo me sono tutte sciocchezze. E poi, prima di tutto dobbiamo pensare a sconfiggere i fascisti, solo dopo potremo pensare alla revolucion.

Mi allontanai da lei scuotendo la testa. Possibile che una giovane militante del POUM, piena di intelligenza ed intuito come Inez, non riuscisse a capire che per liberarci definitivamente dai fascisti, era necessario garantire la continuità dello spirito rivoluzionario nella popolazione?

In ogni modo, non mi preoccupai più di tanto per Inez. Pensai che il suo ragionamento così insensato fosse frutto del suo nervosismo, dovuto al fatto di non poter più combattere.

Ma mi sbagliavo. Di lì a poco, la mia amica decise di lasciare il POUM e si iscrisse al Partito Comunista.

Intanto la guerra per noi si trasformò in un vero e proprio inferno.

All’inizio di maggio del 1937 la mia truppa si trovava ancora al fronte.

Io avevo scelto di lavorare in cucina, benché non abbia mai avuto il minimo talento, ma non mi sentivo in grado di guidare gli autocarri e men che meno curare i feriti, visto che mi sarei sentita male io stessa nel sentire i compagni urlare di dolore.

Mi trovavo davanti ad un pentolone pieno di fagioli, quando Malcolm chiamò me e le altre per una riunione urgente.

In quell’ultimo periodo la segreteria del POUM, dopo una votazione democratica di tutti i suoi militanti, aveva deciso di opporsi al governo che voleva raggruppare i variegati movimenti politici antifranchisti all’interno dell’esercito popolare. Il POUM sarebbe rimasto un partito indipendente, rivoluzionario.

Dopo questo affronto, il governo foraggiato dagli stalinisti non poteva certo stare a girarsi i pollici. Ed, infatti, la reazione arrivò, violenta e terribile.

“Compagni e compagne, ascoltatemi tutti attentamente.” Iniziò Malcolm.

“La direzione centrale del POUM mi ha informato solo ora dei gravi avvenimenti che nei primi giorni di maggio hanno infiammato Barcellona. Due giorni fa, la centrale telefonica controllata dalla CNT è stata attaccata dalle guardie di assaltos e dalla guardia civile. Dopo questa vergognosa provocazione, si sono create delle barricate in tutta la città e noi del POUM ci siamo impegnati in prima linea al fianco dei lavoratori che hanno impugnato le armi.

Adesso le cose si stanno mettendo male per noi, il governo ha mandato rinforzi da Valencia ed intende rovesciare le responsabilità degli scontri sul nostro partito.

In parole povere, siamo nella merda. Il POUM è diventato un’organizzazione illegale ed è stato sciolto formalmente.”

Di colpo sentii le mie gambe diventare molli come pastafrolla.

Dopo tutto quello che avevamo fatto per la Repubblica spagnola, dopo i miliziani morti e feriti, dopo mesi di combattimento al fronte, dopo tanti sacrifici individuali e collettivi, il governo ci offriva come capri espiatori davanti alla nazione ed al resto del mondo.

Rimasi immobile a guardare Malcolm senza dire una parola, mentre intorno a me i compagni sbraitavano di rabbia, tirando calci al terreno.

Lui si accorse di me e mi raggiunse.

“Non piangere Leonor. Immaginavo che sarebbe accaduto presto o tardi, gli stalinisti hanno una spiccata capacità nel diffamare chi è in contrasto con il loro pensiero. Ascolta, ho deciso di raggiungere Barcellona per aiutare i compagni che sono là. Non ho intenzione di farmi prendere, non ti preoccupare…” affermò lui, intuendo ciò che stavo per dirgli.

“E’ necessario che io parta per Barcellona, devo trovare gli altri compagni inglesi e scozzesi e dargli una mano a nascondersi, prima che sia troppo tardi. Tu resta qui, non ti succederà niente. Sono i pezzi grossi che vogliono avere sotto le grinfie.”

“Non posso lasciarti andare! Morirei se restassi qui ad aspettare tue notizie, senza sapere se sei al sicuro. Io vengo con te!”

“Leonor, è pericoloso! Potrebbero prendersela anche con te, non devi essere coinvolta…”

“Correrò questo rischio, Malcolm. Non puoi impedirmi di venire con te, tanto più che la maggior parte dei compagni ha deciso di abbandonare il fronte per raggiungere Barcellona. Cosa posso fare, qui da sola?”

Così, grazie alla mia testardaggine, il mio comandante accettò di portarsi appresso la sottoscritta.

In verità non sembrava molto dispiaciuto, e la cosa mi riempiva di felicità.

Ma sfortunatamente non è durata molto a lungo, quella felicità.

Appena arrivati a Barcellona, trovammo la città blindata dalla guardia civile, a causa degli ultimi scontri.

Per questo motivo non abbiamo potuto raggiungere la caserma Marx, luogo nel quale si trovavano i nostri compagni.

In quel momento, ha avuto inizio la mia vita da fuggiasca, che purtroppo mi ha malauguratamente portata fino all’interno di questa brutta cella.

A Barcellona vivevamo come animali braccati. La possibilità di venire imprigionati da un momento all’altro si faceva sempre più concreta, i nostri capi venivano accusati di avere simpatie per i fascisti e le calunnie piovevano dal cielo.

Malcolm tentava ogni giorno di contattare i compagni britannici che erano arrivati in Spagna insieme a lui, ma i suoi tentativi sembravano del tutto inutili: non vi erano tracce di loro. Magari si stavano nascondendo come noi da qualche parte, o forse erano già riusciti a scappare. Non osavamo pensare che fossero già stati catturati, ma purtroppo sembrava l’ipotesi più plausibile, visto il clima di caccia alle streghe che si respirava in quei giorni in città.

Ormai, dopo qualche giorno di ricerche avevamo deciso di lasciare perdere e pensare solo a lasciare il paese.

 Di giorno la paura si faceva sentire di più, perché c’erano un sacco di poliziotti e membri della guardia civile in cerca di disertori e sostenitori del POUM, ma dopo esserci lavati per bene e con un cambio d’abiti puliti, sembravamo solo due normali fidanzati a passeggio.

In verità era di notte che la situazione diventava più pericolosa.

Non potevamo andare a dormire in albergo, era troppo rischioso. Malcolm aveva con sé il suo documento di congedo, marchiato con il timbro della ventinovesima divisione, quella del POUM, e quel documento gli serviva per fuggire dalla Spagna, sperando che alla frontiera nessuno si sarebbe ricordato del numero di divisione della milizia.

Sarebbe stata una vera imprudenza presentare quei documenti ad un albergatore preventivamente istruito, che avrebbe potuto denunciarci prontamente alla polizia.

Per questo motivo, dormivamo all’aperto, sdraiati sull’erba o sull’asfalto di Barcellona, con il cuore che batteva forte per il terrore di essere catturati il giorno successivo o la notte stessa.

A me però, il cuore batteva forte anche per un altro motivo.

Stavo fianco a fianco con l’uomo che desideravo e ammiravo.

Avevo una paura del diavolo, ma la mia fiducia in Malcolm non sarebbe mai venuta meno, e nei miei sogni ad occhi aperti già mi immaginavo di vivere con lui in Scozia, quella Scozia irraggiungibile di cui mi parlava spesso in tono tanto appassionato.

Sogni. Solo sogni.

Poi un giorno siamo venuti a conoscenza del fatto che una nave stava salpando per la Francia, strapiena di profughi.

Era la nostra occasione, non potevamo perderla. Riuscimmo a farci passare per dei profughi di guerra dal personale di bordo, senza destare sospetti.

Stavamo già tirando dei grandi sospiri di sollievo, abbracciandoci e sorridendo per la fortuna che finalmente incominciava a girare dalla nostra parte, quando sulla nave ci fu una retata della polizia, che al contrario dei marinai, sospettava di tutti.

E’ passato pochissimo tempo dalla mia cattura, ma nonostante ciò, quegli attimi sono così annebbiati, così confusi che non li ricordo affatto con precisione: i poliziotti ci strattonavano, accusandoci con le loro urla di essere dei traditori, Malcolm gridava, accusandoli di essere solo servi del potere stalinista, farabutti e figli di puttana, mentre io tentavo inutilmente di divincolarmi dalla loro stretta e cercavo il sostegno delle persone che stavano intorno a noi.

Ma quelli non si mossero di un millimetro, anzi, ci squadravano come se fossimo stati dei criminali.

 

Per questo oggi mi trovo qui, in questa cella piccola e umida, insieme ad altre sei ragazze accusate di cospirazione e collusione con i fascisti.

Non ho nemmeno il conforto di una visita di un parente, perché i miei genitori sono a Lerida e non hanno più ricevuto mie notizie da quando sono tornata a Barcellona.

Non so neanche se rivedrò ancora la luce del sole, ma non mi importa più di tanto.

Il mio sole era Malcolm, ma me l’hanno strappato via dei bruti in divisa, mossi dalle ragioni di stato.

La mia speranza era la rivoluzione a favore dei proletari spagnoli, ed anche quella è stata oscurata da logiche di convenienza politica che non hanno nulla a che vedere con la volontà di cambiare il mondo.

 

 

 

Note dell'Autrice: Questa storia è un mio piccolo modo di rendere omaggio a quegli eroi della guerra civile spagnola, che non solo furono costretti ad imbracciare un fucile per scacciare i ribelli franchisti che minacciavano la democrazia, ma che si sono anche dovuti confrontare con la degenerazione stalinista che a suon di menzogne e nei casi più gravi di uccisioni, riuscirono a cancellare tutto l’impegno di centinaia di persone che lottarono per una società di uguaglianza. Per un approfondimento sul periodo qui descritto, consiglio di leggere “Omaggio alla Catalogna” di George Orwell e di vedere il film “Terra e libertà” di Ken Loach, che sono stati la mia fonte di informazioni e di ispirazione per questa storia.
  
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