Il freddo
mi penetra nelle ossa, gli occhi mi lacrimano in continuazione, e la
cosa di
cui ho più bisogno in questo momento è togliermi
di dosso tutto lo sporco e la
polvere che questi ultimi giorni passati in clandestinità mi
hanno regalato.
Non solo
per una questione puramente igienica: io mi sento sudicia dentro, e le
cause di
questo mio stato d’animo sono l’amarezza e la
delusione, accompagnate
soprattutto dalla triste consapevolezza di aver combattuto per
un’ideologia che
allo stato attuale sembra essere irrimediabilmente sconfitta.
“Leonor,
sappi che ti ho amata più
di ogni altra donna che io abbia mai conosciuto…”
Queste
parole riecheggiano lontane da me, anche se mi sono state dette solo
poche ore
fa. Le ha pronunciate il mio comandante nella milizia del POUM,
l’uomo che più
ha cambiato la mia vita negli ultimi mesi. Adesso il mio amato
comandante è
rinchiuso come me in una prigione di Barcellona, anche se non lo posso
né
vedere né sentire. Ora i dirigenti politici e militari del
mio partito sono
tutti imprigionati da qualche parte, senza neppure sapere che fine
faranno. Il
nostro segretario probabilmente è stato assassinato, anche
se la propaganda
afferma che se la stia godendo da qualche parte lontano dalla guerra,
stipendiato dai regimi nemici della Spagna repubblicana.
La cosa
assurda è che non sono i fascisti gli artefici di tutto
questo. Sono stati i
nostri stessi compagni di lotta, o almeno noi credevamo che lo fossero.
Lo
stesso governo che abbiamo sostenuto fin dall’inizio, la
nuova Repubblica spagnola,
da un giorno all’altro ha dichiarato il POUM, il Partito
Operaio di
Unificazione Marxista, come un’organizzazione illegale,
marchiata con l’accusa
di collaborare con i franchisti.
Ma queste
sono sporche conseguenze della politica. Ora la sola cosa che conta per
il
governo del mio paese è la sopravvivenza, ed il prezzo da
pagare è l’assoluta
fedeltà all’Unione Sovietica di Stalin,
l’unica super potenza mondiale in grado
di aiutare la democrazia spagnola contro Franco, rifornendoci di armi,
carri
armati ed aviazione. Stalin odia il POUM, ci considera dei luridi
“trotzkisti”,
traditori del socialismo.
“Gli
stalinisti vogliono buttare la
rivoluzione nel cesso. Il loro unico interesse è quello di
presentarsi con la
faccia pulita di fronte alle grandi potenze mondiali, dimostrare di
essere
affidabili agli occhi dei capitalisti. Perciò, non
permetteranno mai ad un
manipolo di ingenui idealisti come noi di portare a termine la
rivoluzione in
Spagna.”
Malcolm,
hai sempre avuto ragione ed adesso me ne rendo conto perfettamente.
Restavo
incantata ad ascoltarti, quando esprimevi le tue opinioni politiche, ma
non mi
sarei mai immaginata di finire in prigione senza una reale accusa,
infangata da
un semplice sospetto menzognero.
Mi chiamo
Leonor, sono nata ed ho vissuto nella città di Lerida, in
Catalogna.
Mio padre
faceva il ferroviere, mentre mia madre lavorava saltuariamente come
domestica
presso alcune facoltose famiglie straniere, che però sono
tutte scappate quando
la monarchia che manteneva i loro privilegi è caduta,
lasciando il posto alla
Repubblica instaurata dalle sinistre.
Sembrava
l’inizio di una nuova epoca, colma di desiderio di giustizia
e di uguaglianza
nella vecchia Spagna arretrata di secoli.
Nella mia
città il partito predominante era proprio il POUM,
così fu abbastanza naturale
per me aderirvi immediatamente, specialmente dopo aver vissuto in un
ambiente
dove i diritti negati, gli orari di lavoro massacranti e le umiliazioni
da
parte di coloro che si credevano superiori ed intoccabili rispetto a
noi poveri
pezzenti, erano all’ordine del giorno.
A quei
tempi in Catalogna, soprattutto nella grande Barcellona, tutti si
chiamavano
compagni; non esistevano distinzioni tra chi possedeva tutto e chi
niente.
Persino portare il cappello non si usava più. Veniva
considerato un simbolo
borghese.
Certo,
ripensandoci adesso comprendo perfettamente che c’erano
moltissime persone che
semplicemente si adeguavano a quel nuovo modo di vivere, per pigrizia
credo, o
solamente per poter stare tranquilli.
Magari
qualcuno di loro aveva già intuito che quella
società perfetta ben presto
sarebbe crollata come un castello di carte…
Di sicuro
però, io ho creduto fino in fondo alla
possibilità di un reale cambiamento
rivoluzionario in Spagna.
Per questo
motivo, quando i soldati cosidetti “ribelli”,
guidati da quel porco del
generale Francisco Franco, hanno tentato di riportare il mio paese
nell’oblio
dell’oppressione, ho sentito che dovevo fare qualcosa in
prima persona e
l’unico modo per me era arruolarmi nella milizia.
Un giorno,
senza sapere niente di fucili o pistole, ho abbandonato Lerida per
Barcellona,
con il chiaro intento di imparare a sparare.
“Adoro
il clima della Catalogna.
Quasi quasi riesce a non farmi rimpiangere la Scozia!”
Ricordo
che ridevi mentre mi dicevi questa frase, Malcolm. Spero tanto che
riuscirai a
tornarci un giorno in Scozia, anche senza di me. Purtroppo
però, temo che
dovrai restare in Catalogna ancora per un po’, ma non potrai
goderti il clima,
come facevi prima della tua prigionia.
Per me
comunque,
è stato molto facile trasferirmi a Barcellona.
Il POUM era
sempre alla ricerca di nuove leve da inserire nella milizia, e la
maggior parte
di esse provenivano da famiglie contadine, che in Catalogna da sempre
si
caratterizzano per la propria coscienza di classe, alimentata grazie
all’azione
determinante del CNT, il sindacato anarchico.
Vi erano
però anche moltissimi stranieri, provenienti da tutto il
mondo, che si
arruolavano spontaneamente nella milizia per combattere al fronte,
richiamati
dal fascino di un futuro rivoluzionario.
Uno di
questi era Malcolm, il mio Malcolm.
La prima
volta che lo vidi mi trovavo nella caserma del POUM, e da pochi giorni
ero
entrata a far parte della milizia.
Tutti i
nuovi volontari furono riuniti in una stanza che serviva come
magazzino, e poco
dopo un miliziano piuttosto stempiato ci ricevette ed iniziò
a parlare in tono
solenne.
“Questo
è
il compagno Malcolm Perry, il vostro comandante, che vi
insegnerà come
sconfiggere i fascisti. Sarà anche colui che vi
guiderà al fronte, quando
sarete sufficientemente preparati.”
Fino a
quel momento il comandante Malcolm era rimasto in disparte, in piedi
vicino ad
un sacco di farina. Quando venne il momento di presentarsi alla sua
truppa,
fece capolino timidamente, mentre il suo sguardo scrutava tutti quanti.
Non si
poteva certo definire bello, ma il suo aspetto era per me
così esotico che lo
trovai irresistibile. Non avevo mai visto uno straniero di persona,
prima di
allora.
Di
corporatura era abbastanza magro, fin troppo a dire la
verità. Portava i
capelli arruffati, ed un paio di basette gli donavano un aspetto ancora
più
selvaggio.
Ma la cosa
che notai immediatamente nel mio nuovo comandante furono i suoi occhi,
di un
azzurro acceso, brillante.
Quando
iniziò il suo discorso, io mi sistemai istintivamente i
capelli, per rendermi
più presentabile davanti a lui.
“Molto
bene, compagni e compagne.” disse, mentre la sua voce
rimbombava nel deposito,
rivelando più il suo spiccato accento anglosassone che il
suo stentato
spagnolo.
“Sono
molto felice di vedere tanti volontari pronti a combattere con noi per
la
libertà. Nelle condizioni in cui ci troviamo, più
siamo e meglio è. L’addestramento
durerà un mese e mezzo, dopodiché partiremo tutti
per il fronte di Saragozza,
dove andremo a dare il cambio ai miliziani che in questo momento
combattono
laggiù. Cercherò di mettere la mia esperienza
militare a disposizione di tutti.
Collaboriamo insieme e vedrete che riusciremo a catturare consegnare i
fascisti
alla giustizia repubblicana.
Ma non
dimenticatelo:
noi non combattiamo solo per
E detto
questo, tutti noi lo applaudimmo entusiasticamente. I sorrisi riservati
al
comandante, in quel momento si sprecavano.
Anch’io
gli sorridevo. Sentivo che potevo fidarmi di quel ragazzo scozzese
pieno di
determinazione.
A volte
Malcolm pensava che i compagni non lo prendessero molto sul serio, ma
perlopiù
ci rideva sopra.
Il POUM si
differenziava dai consueti eserciti regolari: innanzitutto, anche se vi
erano i
capitani, gli ufficiali e i comandanti nelle nostre truppe, non
esistevano
assolutamente distinzioni di sorta tra di noi. Tutti quanti, non aveva
importanza quale ruolo ricoprissero, ricevevano la stessa paga ed il
saluto
militare non era previsto in nessun caso.
Era vero e
proprio socialismo applicato. Un miliziano poteva essere buttato fuori
dal POUM
solamente nel caso in cui vi fosse una provata collaborazione con i
fascisti.
L’addestramento
di per sé non è stato molto difficile. A parte i
primi colpi di fucile, in
realtà sparare una pallottola mi sembrava tutto sommato
semplice e la cosa mi
divertiva, in un certo senso.
L’idea
di
uccidere un altro essere umano, quello sì, mi terrorizzava,
ma poi mi bastò
pensare a ciò che stavano facendo i fascisti al mio popolo,
tentando di
affondare la prima Repubblica, abbattendo quei pochi diritti
fondamentali che
il nuovo governo aveva legiferato. Come metodo utilizzavano la violenza
brutale, uccidendo a sangue freddo decine di uomini, con la sola colpa
di
essere dei sindacalisti o dei simpatizzanti repubblicani.
Pensavo
quindi che la guerra non l’avevamo certo iniziata noi. Era
ora di vendicare
tutta quella povera gente.
Alla luce
di tutto ciò che è accaduto nel periodo
successivo, ad un osservatore esterno
la milizia può sembrare un’inutile isola felice in
cui regnava l’utopia, ma io
al suo interno ho passato i mesi più adrenalinici ed
appassionanti della mia
povera vita.
Quando
arrivammo al fronte però, iniziarono i primi guai.
Inizialmente
tutti noi eravamo tesi come corde di violino ma credo che questa
tensione fu
una cosa positiva per la nostra truppa.
Le prime
settimane la nostra azione si dimostrò efficace: riuscimmo a
far arretrare il
nemico ed anche a catturare qualche soldato fascista. Erano poco
più che
ragazzini, non sapevano niente di politica e di ideologia. Si trovavano
lì
perché i dirigenti franchisti li avevano ingannati, con la
promessa di facili
guadagni per aiutare le loro misere famiglie.
Comunque
sia, sentivamo di avere la vittoria in pugno.
Ben presto
però, le notizie sull’andamento della guerra
iniziarono a scarseggiare, così
come il cibo, le munizioni, le sigarette e gli stipendi.
D’altro
canto, in trincea non mancava mai la compagnia dei ratti e delle
piattole.
Malcolm ce
la metteva tutta per tirarci su di morale e soprattutto per vincere
l’atavica
pigrizia di noi spagnoli, che generalmente tendiamo a rimandare tutto
quanto al
giorno dopo.
In quel
periodo io ed il comandante Perry iniziammo la nostra tenera amicizia.
Io
cercavo di comportarmi diversamente dai miei compatrioti, ed, infatti,
Malcolm
mi chiamava scherzosamente: “la
dolce
eccezione che conferma la regola”.
Intanto
però, Franco poteva contare sulla disponibilità
militare di Hitler e Mussolini,
mentre il governo repubblicano spagnolo ha avuto come unico sostegno il
lontano
Messico e l’ancora più lontana Unione Sovietica.
Gli altri
paesi si dichiaravano retoricamente preoccupati per il nostro popolo,
ma nella
sostanza non fecero poi molto per aiutarci.
Un brutto
giorno, gli ufficiali riunirono le poche donne miliziane presenti al
fronte.
Ora capisco che quella era solo l’inizio della fine.
Ci
comunicarono che da quel momento in avanti le donne non avrebbero
più dovuto
combattere.
Secondo la
nuova teoria del governo, non era nella natura femminile sparare
pallottole. Se
lo desideravamo però, potevamo continuare a restare nella
milizia in qualità di
cuoche, infermiere ed altre piccole attività più
consone ad una donna.
Mi
arrabbiai moltissimo per questa discriminazione e protestai
immediatamente
insieme alle altre. Ci fu una gran caciara, anche se non
servì a nulla. Gli
ufficiali del POUM si dimostrarono sinceramente dispiaciuti, ma
irremovibili.
Gli ordini superiori non si potevano ignorare, c’era in gioco
la sopravvivenza
della milizia.
Inez, una
compagna con la quale avevo legato parecchio, invece di prendersela con
il
governo si sfogò contro i dirigenti miliziani.
“Non
ne
posso proprio più. Siamo considerati come pezze per i piedi,
non ci mandano
armi, non ci mandano i rinforzi… e adesso questo! Vorrei
sapere perché ci
ostiniamo a recitare la parte dei duri e puri. Se i nostri dirigenti
non
capiscono che uno come Stalin è meglio averlo con noi che
contro di noi, perderemo
la guerra!”
“Inez,
come fai a capire che a Stalin non importa niente del proseguimento
della revolucion in
Spagna?”
“Beh,
almeno nel suo paese c’è stata la revolucion!
Ne saprà comunque più di noi tutti!”
“Ti
sbagli, non l’ha voluta lui. Quelli che l’hanno
portata avanti, ora sono morti
e sepolti, o sono stati costretti a scappare in un’altra
nazione per salvarsi
la vita!” le spiegai io, in quanto avevo letto alcuni
opuscoli politici che
Malcolm mi aveva prestato.
“Secondo
me sono tutte sciocchezze. E poi, prima di tutto dobbiamo pensare a
sconfiggere
i fascisti, solo dopo potremo pensare alla revolucion.”
Mi
allontanai da lei scuotendo la testa. Possibile che una giovane
militante del
POUM, piena di intelligenza ed intuito come Inez, non riuscisse a
capire che
per liberarci definitivamente dai fascisti, era necessario garantire la
continuità dello spirito rivoluzionario nella popolazione?
In ogni
modo, non mi preoccupai più di tanto per Inez. Pensai che il
suo ragionamento
così insensato fosse frutto del suo nervosismo, dovuto al
fatto di non poter
più combattere.
Ma mi
sbagliavo. Di lì a poco, la mia amica decise di lasciare il
POUM e si iscrisse
al Partito Comunista.
Intanto la
guerra per noi si trasformò in un vero e proprio inferno.
All’inizio
di maggio del 1937 la mia truppa si trovava ancora al fronte.
Io avevo
scelto di lavorare in cucina, benché non abbia mai avuto il
minimo talento, ma
non mi sentivo in grado di guidare gli autocarri e men che meno curare
i
feriti, visto che mi sarei sentita male io stessa nel sentire i
compagni urlare
di dolore.
Mi trovavo
davanti ad un pentolone pieno di fagioli, quando Malcolm
chiamò me e le altre
per una riunione urgente.
In
quell’ultimo periodo la segreteria del POUM, dopo una
votazione democratica di
tutti i suoi militanti, aveva deciso di opporsi al governo che voleva
raggruppare i variegati movimenti politici antifranchisti
all’interno
dell’esercito popolare. Il POUM sarebbe rimasto un partito
indipendente,
rivoluzionario.
Dopo
questo affronto, il governo foraggiato dagli stalinisti non poteva
certo stare
a girarsi i pollici. Ed, infatti, la reazione arrivò,
violenta e terribile.
“Compagni
e compagne, ascoltatemi tutti attentamente.”
Iniziò Malcolm.
“La
direzione centrale del POUM mi ha informato solo ora dei gravi
avvenimenti che nei
primi giorni di maggio hanno infiammato Barcellona. Due giorni fa, la
centrale
telefonica controllata dalla CNT è stata attaccata dalle guardie di assaltos e dalla guardia
civile. Dopo questa vergognosa
provocazione, si sono create delle barricate in tutta la
città e noi del POUM
ci siamo impegnati in prima linea al fianco dei lavoratori che hanno
impugnato
le armi.
Adesso le
cose si stanno mettendo male per noi, il governo ha mandato rinforzi da
Valencia ed intende rovesciare le responsabilità degli
scontri sul nostro
partito.
In parole
povere, siamo nella merda. Il POUM è diventato
un’organizzazione illegale ed è
stato sciolto formalmente.”
Di colpo
sentii le mie gambe diventare molli come pastafrolla.
Dopo tutto
quello che avevamo fatto per
Rimasi
immobile
a guardare Malcolm senza dire una parola, mentre intorno a me i
compagni
sbraitavano di rabbia, tirando calci al terreno.
Lui si
accorse di me e mi raggiunse.
“Non
piangere
Leonor. Immaginavo che sarebbe accaduto presto o tardi, gli stalinisti
hanno una
spiccata capacità nel diffamare chi è in
contrasto con il loro pensiero.
Ascolta, ho deciso di raggiungere Barcellona per aiutare i compagni che
sono
là. Non ho intenzione di farmi prendere, non ti
preoccupare…” affermò lui,
intuendo ciò che stavo per dirgli.
“E’
necessario che io parta per Barcellona, devo trovare gli altri compagni
inglesi
e scozzesi e dargli una mano a nascondersi, prima che sia troppo tardi.
Tu
resta qui, non ti succederà niente. Sono i pezzi grossi che
vogliono avere
sotto le grinfie.”
“Non
posso
lasciarti andare! Morirei se restassi qui ad aspettare tue notizie,
senza
sapere se sei al sicuro. Io vengo con te!”
“Leonor,
è
pericoloso! Potrebbero prendersela anche con te, non devi essere
coinvolta…”
“Correrò
questo rischio, Malcolm. Non puoi impedirmi di venire con te, tanto
più che la
maggior parte dei compagni ha deciso di abbandonare il fronte per
raggiungere
Barcellona. Cosa posso fare, qui da sola?”
Così,
grazie alla mia testardaggine, il mio comandante accettò di
portarsi appresso
la sottoscritta.
In
verità
non sembrava molto dispiaciuto, e la cosa mi riempiva di
felicità.
Ma
sfortunatamente non è durata molto a lungo, quella
felicità.
Appena
arrivati a Barcellona, trovammo la città blindata dalla
guardia civile, a causa
degli ultimi scontri.
Per questo
motivo non abbiamo potuto raggiungere la caserma Marx, luogo nel quale
si
trovavano i nostri compagni.
In quel
momento, ha avuto inizio la mia vita da fuggiasca, che purtroppo mi ha
malauguratamente portata fino all’interno di questa brutta
cella.
A
Barcellona vivevamo come animali braccati. La possibilità di
venire
imprigionati da un momento all’altro si faceva sempre
più concreta, i nostri
capi venivano accusati di avere simpatie per i fascisti e le calunnie
piovevano
dal cielo.
Malcolm
tentava ogni giorno di contattare i compagni britannici che erano
arrivati in
Spagna insieme a lui, ma i suoi tentativi sembravano del tutto inutili:
non vi
erano tracce di loro. Magari si stavano nascondendo come noi da qualche
parte,
o forse erano già riusciti a scappare. Non osavamo pensare
che fossero già
stati catturati, ma purtroppo sembrava l’ipotesi
più plausibile, visto il clima
di caccia alle streghe che si respirava in quei giorni in
città.
Ormai,
dopo qualche giorno di ricerche avevamo deciso di lasciare perdere e
pensare
solo a lasciare il paese.
Di giorno la paura si faceva
sentire di più,
perché c’erano un sacco di poliziotti e membri
della guardia civile in cerca di
disertori e sostenitori del POUM, ma dopo esserci lavati per bene e con
un
cambio d’abiti puliti, sembravamo solo due normali fidanzati
a passeggio.
In
verità
era di notte che la situazione diventava più pericolosa.
Non
potevamo andare a dormire in albergo, era troppo rischioso. Malcolm
aveva con
sé il suo documento di congedo, marchiato con il timbro
della ventinovesima
divisione, quella del POUM, e quel documento gli serviva per fuggire
dalla
Spagna, sperando che alla frontiera nessuno si sarebbe ricordato del
numero di
divisione della milizia.
Sarebbe
stata una vera imprudenza presentare quei documenti ad un albergatore
preventivamente istruito, che avrebbe potuto denunciarci prontamente
alla
polizia.
Per questo
motivo, dormivamo all’aperto, sdraiati sull’erba o
sull’asfalto di Barcellona,
con il cuore che batteva forte per il terrore di essere catturati il
giorno
successivo o la notte stessa.
A me
però,
il cuore batteva forte anche per un altro motivo.
Stavo
fianco a fianco con l’uomo che desideravo e ammiravo.
Avevo una
paura del diavolo, ma la mia fiducia in Malcolm non sarebbe mai venuta
meno, e
nei miei sogni ad occhi aperti già mi immaginavo di vivere
con lui in Scozia,
quella Scozia irraggiungibile di cui mi parlava spesso in tono tanto
appassionato.
Sogni. Solo
sogni.
Poi un
giorno siamo venuti a conoscenza del fatto che una nave stava salpando
per
Era la
nostra occasione, non potevamo perderla. Riuscimmo a farci passare per
dei
profughi di guerra dal personale di bordo, senza destare sospetti.
Stavamo
già tirando dei grandi sospiri di sollievo, abbracciandoci e
sorridendo per la
fortuna che finalmente incominciava a girare dalla nostra parte, quando
sulla
nave ci fu una retata della polizia, che al contrario dei marinai,
sospettava
di tutti.
E’
passato
pochissimo tempo dalla mia cattura, ma nonostante ciò,
quegli attimi sono così
annebbiati, così confusi che non li ricordo affatto con
precisione: i
poliziotti ci strattonavano, accusandoci con le loro urla di essere dei
traditori, Malcolm gridava, accusandoli di essere solo servi del potere
stalinista, farabutti e figli di puttana, mentre io tentavo inutilmente
di
divincolarmi dalla loro stretta e cercavo il sostegno delle persone che
stavano
intorno a noi.
Ma quelli
non si mossero di un millimetro, anzi, ci squadravano come se fossimo
stati dei
criminali.
Per questo
oggi mi trovo qui, in questa cella piccola e umida, insieme ad altre
sei
ragazze accusate di cospirazione e collusione con i fascisti.
Non ho
nemmeno il conforto di una visita di un parente, perché i
miei genitori sono a
Lerida e non hanno più ricevuto mie notizie da quando sono
tornata a
Barcellona.
Non so
neanche se rivedrò ancora la luce del sole, ma non mi
importa più di tanto.
Il mio
sole era Malcolm, ma me l’hanno strappato via dei bruti in
divisa, mossi dalle
ragioni di stato.
La mia
speranza era la rivoluzione a favore dei proletari spagnoli, ed anche
quella è
stata oscurata da logiche di convenienza politica che non hanno nulla a
che
vedere con la volontà di cambiare il mondo.